Negli ultimi anni abbiamo registrato un aumento di casi gravi di neonati e bambini sotto l’anno colpiti dal virus respiratorio sinciziale (RSV) e dalla pertosse. Quest’ultima nella passata stagione ha fatto registrare addirittura un +800%, mentre nel 2021 quasi i tre quarti delle ospedalizzazioni per bronchiolite sono state causate da RSV.
Quest’anno per la prima volta abbiamo a disposizione un farmaco per proteggere i bambini con meno di un anno.
Si chiama nirsevimab e si affianca a palivizumab, disponibile dal 1998 ma riservato solo ai bimbi più fragili e a un vaccino da somministrare alle donne in gravidanza.
Le aspettative del RSV per la prossima stagione
«L’RSV è un virus ubiquitario diffuso in tutto il mondo – spiega Fabio Midulla, Past President della SIMRI (Società Italiana Malattie Respiratorie Infantili) e Responsabile Pediatria e del Pronto Soccorso Pediatrico dell’ospedale Umberto I di Roma -. Sotto l’anno di età il 50% dei bambini si infetta e entro i due il 100% dei bambini ha avuto un contatto con il virus».
Dopo la pandemia di Covid, nelle stagioni 2021 e 2022 si è registrato un aumento dei casi gravi, poi tornati nel 2023 a valori normali.
Nel 2021 il 73,5% delle ospedalizzazioni per bronchiolite sono state causate da RSV e il 64% degli ospedali ha dovuto aumentare i posti letto per trovare spazio ai tanti casi inattesi di bronchiolite da RSV.
In Italia, considerando una coorte di 400.000 bambini nel primo anno di vita, nei 5 mesi di stagionalità di RSV:
- 20%, cioè 80.000 bambini, richiede assistenza medica ambulatoriale;
- 6%, cioè 24.000 bambini, accede in pronto soccorso;
- 4%, cioè 16.000, viene ricoverato in ospedale, di cui 3.200 in terapia intensiva
Finora, tuttavia, le opzioni a disposizione dei neonati non fragili si limitavano al vaccino della mamma durante la gravidanza. Nei Paesi dove nirsevimab è già stato utilizzato, si sono azzerati i decessi e c’è stata una forte riduzione dei casi gravi.
«È quello che ci aspettiamo accada anche in Italia: sono molte le regioni ad aver inserito il farmaco nel proprio calendario vaccinale», continua Midulla.
L’AIFA ha infatti inserito l’anticorpo monoclonale in classe C: accessibile tramite prescrizione medica, ma a carico delle famiglie. «Il costo si aggira sui mille euro – rende noto il pediatra -, mentre se viene inserito nel calendario vaccinale è a carico delle regioni».
Al 24 agosto Lazio, Campania, Marche, Puglia, Basilicata, Molise, Friuli Venezia Giulia e Liguria erano in possesso di una delibera regionale per la fornitura gratuita del farmaco su base volontaria ai nuovi nati e ai bambini fino a un anno d’età. Lombardia, Veneto, le province autonome di Bolzano e Trento, Valle d’Aosta, Toscana, Sicilia e Piemonte avevano anche avviato la procedura d’acquisto. «Si tratta di un passaggio fondamentale: la delibera, da sola, non basta per assicurare il farmaco, occorre predisporre le gare».
La ditta produttrice, la Sanofi, ha tuttavia fatto recentemente sapere che, a differenza di quanto concordato, i lotti del farmaco non saranno consegnati a settembre, ma alla fine di ottobre. «Normalmente la stagione inizia ai primi di novembre, con un picco tra gennaio e febbraio – rileva Midulla -. La protezione è immediata, entro 15 giorni dalla somministrazione, e dura per 5 mesi. Se ben gestito il ritardo nella consegna, pur rappresentando un problema, potrebbe essere arginato». È notizia di questi giorni che la Lombardia inizierà la campagna vaccinale dal 1° novembre.
I nuovi nati fino a marzo saranno vaccinati direttamente nei punti nascita, mentre chi nascerà al di fuori del periodo epidemico o i bambini già nati con meno di un anno dovranno recarsi in un centro vaccinale o dal pediatra.
Pertosse +800%
L’altra malattia respiratoria che ha fatto registrare un boom di casi è la pertosse, per la quale esiste però un vaccino. A che cosa si debba il +800% della scorsa stagione è ancora in via di chiarimento, ma intanto si possono fare delle ipotesi.
«Il vaccino contro la pertosse non garantisce un’immunità completa – spiega Midulla -: su 100 bambini che lo fanno, 20 potrebbero non avere una buona risposta immunologica». E poi c’è la questione dei richiami: «Se non si effettuano ogni 10 anni si perde la memoria immunitaria. E sono pochissimi gli adulti e gli adolescenti che li fanno». Il batterio, quindi, continua a circolare.
La pertosse è una malattia grave sotto i due mesi di vita, quando il bambino non è ancora protetto. «Anche in questo caso esiste un vaccino da effettuare in gravidanza, ma la compliance dipende dalla regione: al Nord è più alta che al Sud. Quest’anno abbiamo assistito a un aumento drastico dei casi anche in bambini molto piccoli, con purtroppo 3 decessi e numerosi casi gravi».
La pertosse è una malattia grave sotto i due mesi di vita
È una patologia che non si cura con l’antibiotico, «che permette solo di prevenire il contagio degli altri. Se viene somministrato nei primi giorni di malattia può avere anche un ruolo nel decorso clinico, altrimenti no».
L’ultima ipotesi infine, è che «ci siano varianti diverse che circolano, non coperte dal vaccino. Stiamo studiando questo ultimo aspetto con l’Istituto Superiore di Sanità e al momento non escludiamo che possa essere una concausa importante».
Cosa fare quindi per proteggere al meglio i più piccoli? «Effettuare il vaccino in gravidanza e ricordarsi del richiamo ogni 10 anni», conclude l’esperto.