Il Caring nurse, una nuova funzione per l’infermiere di Pronto Soccorso

Una figura dedicata alla comunicazione e alla relazione tra l’ospedale, il paziente e i familiari nel momento più critico, quello dell’arrivo al Pronto Soccorso. Le esperienze dell’Ospedale Niguarda e degli Ospedali San Carlo e San Paolo di Milano

Una figura dedicata alla comunicazione e alla relazione tra l’ospedale, il paziente e i familiari nel momento più critico, quello dell’arrivo al Pronto Soccorso. Si chiama “Caring nurse” ed è stata introdotta per la prima volta in Italia in Lombardia, all’Ospedale Niguarda di Milano. E dopo poco tempo anche agli Ospedali San Carlo e San Paolo del capoluogo meneghino.

Con ottimi risultati per quanto riguarda la riduzione dello stress di pazienti e familiari da un lato e del personale sanitario dall’altro.

Laura Zoppini (Ospedale Niguarda, Milano)

Ma come nasce l’idea di dedicare alcuni infermieri proprio alle attività di accoglienza e relazione con l’utenza? Racconta Laura Zoppini, direttore della Direzione aziendale delle Professioni Sanitarie e Sociosanitarie del Niguarda: “Il percorso dei pazienti che entrano in Pronto Soccorso (PS) è particolare. È la prima porta di accesso all’ospedale. Quando la persona che necessita di assistenza sanitaria arriva al PS è soggetta a un’attesa delicata, che spesso dura molte ore. E lo stesso avviene per i familiari e i caregiver. Ciò può generare problemi non per forza collegati alle aggressioni al personale sanitario, ma più in generale connessi alla presa in carico dei pazienti e dei loro cari. Molta letteratura scientifica conferma che quando il parente viene aggiornato costantemente sul percorso del paziente all’interno del PS, affronta l’attesa in modo migliore. Lo stesso dicasi per il paziente in attesa, che ha tante necessità: dal caricare il telefono al poter parlare con i familiari. Necessità a cui non sempre possono far fronte i medici impegnati nelle visite. Abbiamo quindi pensato di dedicare alcune risorse proprio per gestire tutta questa molteplicità di aspetti che riguarda la relazione con il paziente di Ps e con i suoi parenti”. E così è stata introdotta la figura del Caring nurse.

Agli Ospedali San Paolo e San Carlo invece il Caring nurse era già “stato sperimentato al Pronto Soccorso durante la pandemia, proprio per consentire ai pazienti di rimanere in contatto con i parenti che non potevano nemmeno entrare in ospedale. L’esperienza positiva di allora ci ha indotto a replicare il modello ora, con 8 Caring nurse in totale, che operano in turnazione diurna dalle 8 alle 20 sette giorni su sette”, racconta il direttore della Direzione aziendale Professioni Sanitarie e Sociali dell’Asst, Barbara Pinna.

Gruppo Caring nurse (Ospedali San Carlo e San Paolo, Milano)

L’idea di avere figure preposte a questo tipo di attività certo non è nuova. In molti ospedali italiani operano persone che si occupano di dialogare con i familiari, ma “di solito sono volontari o studenti, che non hanno la preparazione specifica per farlo al meglio, nonostante la buona volontà. Né conoscono bene le dinamiche del PS”, spiega Zoppini. Con la conseguenza che essi stessi devono chiedere al personale infermieristico e medico del PS le informazioni da riferire poi ai pazienti e parenti e perdita di efficacia.

In molti ospedali ci sono volontari che si occupano dei pazienti o dei familiari: il valore aggiunto del Caring nurse è che si tratta di un infermiere con esperienza di PS

Invece al Niguarda di Milano i Caring nurse sono proprio infermieri e infermiere che hanno lavorato in PS, ne conoscono le complessità e le dinamiche e per questo sono in grado di intercettare esigenze particolari dei pazienti. Possono essere indipendenti dal resto del personale sanitario perché conoscono il percorso che seguono i pazienti dopo il triage a seconda delle specifiche condizioni di salute. Provenendo proprio dal PS sono in grado di consultare anche i software ospedalieri alla ricerca delle informazioni necessarie al paziente e ai suoi parenti, senza dover per forza chiedere al personale sanitario impegnato nell’assistenza.

“Quella del Caring nurse è una sperimentazione iniziata a maggio nel nostro ospedale, con tre infermieri attivi su 12 ore nella fascia diurna. A novembre valuteremo se incrementare il numero di operatori dedicati, in base agli effetti che saremo in grado di misurare”, riferisce la dirigente del Niguarda. Che però ci anticipa che un primo sondaggio effettuato a luglio tramite questionario anonimo su pazienti, parenti e medici del PS ha dato le prime conferme sulla validità dell’iniziativa per quanto riguarda la gestione dell’attesa. L’80% degli intervistati afferma di essere soddisfatto dell’iniziativa. Tra i principali outcome clinici, la diminuzione dell’ansia e della preoccupazione dei familiari in attesa e una migliore possibilità di concentrazione del personale sanitario. Senza dimenticare l’effetto positivo sulle aggressioni di medici e infermieri del PS, molto diminuite in senso assoluto e anche in termini di segnalazione di contenziosi presso l’Ufficio relazioni con il Pubblico.

Positivi in risultati in termini di diminuzione di ansia e preoccupazione dei familiari in attesa, migliore possibilità di concentrazione del personale sanitario e calo di aggressioni a medici e infermieri

Come ha confermato il direttore generale dell’ospedale Marco Bosio: “Gli episodi di aggressione nei confronti del personale sanitario sono diminuiti del 36%. Da maggio a luglio 2022, infatti, si erano verificati 14 episodi di violenza (verbale e/o fisica); nello stesso periodo del 2023, con l’introduzione del servizio si sono ridotti a 9. Anche le segnalazioni dei pazienti riguardo difficoltà di relazione e comunicazione con i professionisti sanitari all’Ufficio relazione con il pubblico (URP) sono calate del 60%”.

Nel caso dell’Asst SS. Carlo e Paolo, dice Pinna, “la nuova sperimentazione del Caring nurse è iniziata il 5 luglio scorso. Abbiamo già le prime evidenze di una diminuzione dello stress di medici, pazienti e parenti. Così come della diminuzione degli episodi di aggressione. Tuttavia avremo una prima verifica più precisa dei diversi indicatori, tra cui quello della produttività tra novembre e dicembre”.

Di fatto però i Caring nurse non sono nuovi infermieri assunti ad hoc, ma infermieri di PS spostati dalla mansione tradizionale. Vien da chiedersi se, nel ben noto quadro di importanti carenze di personale sanitario, togliere tre infermieri da un PS non sia un azzardo. Risponde Zoppini: “La qualità del lavoro del Caring nurse è analoga a quella collegata all’erogazione di una assistenza sanitaria. Ha la stessa importanza di altre attività. Il Caring nurse dal punto di vista di sistema può agevolare e ottimizzare l’efficienza generale dell’intera filiera del Ps”.

Valorizzare il lavoro dell’infermiere presso pazienti e parenti non può che far aumentare il rispetto verso questa professione

Allineata su questa posizione anche Pinna: “Assegnare un operatore a funzioni nuove e non codificate è un arricchimento della professione con un ritorno professionale e organizzativo”.

Insomma, nuove forme di attività a cui possono aspirare gli infermieri il cui lavoro per natura è dedicato intimamente anche alla relazione con il paziente. Forse il ruolo di Caring nurse potrà essere una nuova leva su cui agire per attirare i giovani alla professione di infermiere? “Valorizzare il lavoro dell’infermiere presso pazienti e parenti non può che far aumentare il rispetto verso questa professione”. Troppo spesso sottovalutata.

Può interessarti

Carlo M. Buonamico
Giornalista professionista esperto di sanità, salute e sostenibilità