In questi mesi di pandemia, quando si parla di assistenza sanitaria, si citano medici, infermieri, operatori sanitari, farmacisti del territorio. Si nomina meno il farmacista ospedaliero, una figura che in realtà è abituata a lavorare nell’ombra, ma che con la pandemia ha riscoperto un ruolo strategico e centrale: non solo dispensatore di farmaci, ma attore importante nelle unità di crisi aziendali, nei trial clinici ospedalieri, figura di supporto per l’approvvigionamento e la distribuzione di farmaci e dispositivi di protezione personale e aiuto prezioso per la produzione galenica di principi attivi utili per trattare l’infezione da Covid-19.
A confermare quanto sia cambiato il ruolo del farmacista ospedaliero è Arturo Cavaliere, Direttore UOC Farmacia Aziendale ASL Regione Lazio, presidente da pochi mesi di SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie) di cui tra pochi giorni, il 10 dicembre, si terrà il quarantunesimo congresso, il primo in modalità virtuale. Sarà dedicato al mondo dei dati sanitari, un tesoro su cui tracciare una nuova governance, soprattutto alla luce della pandemia.
In questa intervista Cavaliere ci parla di come i farmacisti ospedalieri abbiano lavorato in questi mesi di pandemia, del loro ruolo strategico nella distribuzione e produzione galenica dei farmaci e del futuro che inizia oggi, con progetti per avvicinare l’ospedale al territorio attraverso l’uso della digital health e di servizi di consegna farmaci a domicilio.
Dottor Cavaliere, come hanno lavorato i farmacisti ospedalieri durante la pandemia da coronavirus?
Da un lato questa epidemia ha rappresentato una rottura delle certezze consolidate nell’ambito dell’assistenza sanitaria, perché è stato un evento che neanche le aziende più lungimiranti potevano affrontare. Dall’altro lato ha rappresentato un’opportunità professionale per alcune categorie, come i farmacisti ospedalieri. Siamo stati da subito identificati dalle direzioni regionali e dalle unità operative complesse dei servizi farmaceutici ospedalieri come i referenti aziendali per la centralizzazione dei dispositivi di protezione individuale. E questo è stata un’enorme responsabilità, soprattutto nella fase 1 della pandemia. All’inizio, infatti, abbiamo vissuto una carenza di alcune tipologie di dpi che però, nonostante le difficoltà, siamo riusciti a gestire, garantendo a tutti gli operatori sanitari i dispositivi indispensabili a poter governare il processo.
In realtà molti medici si sono lamentanti di non aver ricevuto i dpi in tempo, come lo spiega?
Diciamo che dopo una prima fase particolarmente critica, siamo riusciti poi a gestire la distribuzione dei dpi con una certa continuità. Lo abbiamo potuto fare grazie alla Protezione Civile che aveva la capacità di poter attivare tutte quelle procedure snelle di acquisizione che nel Codice degli appalti richiedono tempi più lunghi. La Protezione Civile ha lavorato in deroga, riuscendo a reperire sul mercato internazionale questi articoli, integrando giornalmente le nostre scorte di magazzino. Ma già noi come SIFO ci eravamo attivati negli anni precedenti con un progetto che di fatto, durante l’emergenza, ha aiutato moltissimo le aziende sanitarie. Si tratta di un’iniziativa realizzata con i provveditori del FARE, chiamato infatti SIFO FARE, grazie al quale erano stati individuati dei criteri di qualità da seguire per gli acquisti di beni e servizi nel campo sanitario. Abbiamo distribuito a tutti gli associati dei volumi che riassumevano in sintesi le finalità del progetto SIFO-FARE e altresì un elenco di capitolati e di fornitori affidabili in termini di assistenza qualificata e assistenza post vendita che è stato determinante nel momento delle carenze: avere una lista di soggetti verificati ci ha permesso di essere dinamici e repentini fin dai primi giorni della pandemia.
Il ruolo del farmacista ospedaliero esce rafforzato da questa crisi
Quindi le lamentale di molti medici e operatori sulla carenza di dispositivi a cosa si devono?
Ogni Regione ha interagito con modalità differenti, alcune hanno avuto questa capacità di maggiore azione, come il Lazio, anche perché sono state meno colpite rispetto, ad esempio alla Lombardia e Piemonte che hanno avuto numeri molto più alti del resto d’Italia. Ogni Regione ha agito con dinamiche differenti. I colleghi lombardi o piemontesi hanno riscontrato maggiori difficoltà perché improvvisamente hanno avuto bisogno di un numero straordinario di dispositivi medici, articoli che fino a qualche giorno prima erano in numero sufficiente per fronteggiare le ordinarie attività delle terapie intensive e delle malattie infettive. Non certo per gestire un’epidemia.
Per quanto riguarda i farmaci per trattare il Covid, come avete gestito le carenze?
Come SIFO abbiamo attivato due progetti che sono stati essenzialmente risolutivi nella carenza di alcune formulazioni di farmaci. Come nel caso di alcuni principi attivi irreperibili che siamo riusciti ad allestire attraverso una formulazione galenica magistrale. Da qui abbiamo emanato una linea guida sulle buone pratiche per gli allestimenti magistrali di quel farmaco che in un primo momento sembrava essere efficace nel controllare la malattia (in seguito AIFA, a causa di scarse prove di efficacia nel trattamento della malattia, ha poi destinato il medicinale solo per studi clinici, ndr). Abbiamo inoltre portato avanti un altro progetto di SIFO che si chiama DruGhost, gestendo la carenza di medicinali attraverso L’importazione estera di farmaci prodotti negli altri stati membri. In questo modo abbiamo sopperito alla mancanza soprattutto di antibiotici utili per gestire eventuali infezioni batteriche di seconda linea in pazienti Covid. Oltre a questo, come farmacisti di ricerca, abbiamo gestito tutti quei farmaci studiati nei trial clinici attivati dalle nostre aziende sanitarie con procedura accelerata. Il farmacista ospedaliero ha coordinato tutta la complessa fase di gestione del processo, sia come membro del comitato etico, sia come responsabile della gestione dei farmaci sperimentali all’interno della struttura. Credo quindi che il ruolo del farmacista ospedaliero ne esca rafforzato, perché siamo intervenuti in diversi processi, e abbiamo assicurato continuità sia agli organi regionali sia agli operatori sanitari affinché avessero un referente che potesse aiutarli a garantire l’assistenza ai pazienti.
Come SIFO abbiamo attivato due progetti per fronteggiare la carenza di alcune formulazioni di farmaci
Per quanto riguarda i vaccini anti Covid, come vi state organizzando?
Le aziende sanitarie che hanno la possibilità di avere una logistica integrata stile “Amazon” sono più facilitate; noi nel Lazio, ad esempio nella mia ASL, abbiamo una logistica di 1200 metri quadrati gestita dall’unità operativa complessa della farmacia ospedaliera che non avrà problemi di stoccaggio e distribuzione. Ci siamo dotati inoltre di frigoriferi a -80 gradi e non avremo problemi a gestire le varie tipologie dei vaccini che saranno commercializzati. Come SIFO abbiamo però manifestato la necessità di avere informazioni più chiare sui volumi e le dosi contenute in ogni collo di spedizione che arriverà presso le nostre strutture. Abbiamo la necessità di avere dettagli precisi per poter dimensionare le nostre capacità di stoccaggio all’interno delle aziende sanitarie e programmare eventuali investimenti tecnologici. Perché la tipologia di vaccini e la conservazione degli stessi sono diverse rispetto ai vaccini utilizzati dalle campagne vaccinali tradizionali.
Il XLI Congresso SIFO si avvicina, quale sarà il tema principale?
Per la prima volta il congresso sarà online, anche perché con una partecipazione media di circa 3.000 persone, non avevamo alternative. Quest’anno parleremo di dati sanitari: sia quelli che servono alle istituzioni per poter fare scelte di governance e real world sia quelli che in un prossimo futuro alimenteranno l’intelligenza artificiale. Nella prima giornata inaugurale è previsto l’intervento del Direttore Generale di AIFA, Nicola Magrini, che ci parlerà di tutto ciò che concerne la vision dell’Agenzia Italiana del Farmaco, sentiremo anche le esperienze a livello regionale e in questo senso si parlerà della necessità di integrare i dati all’interno di un coordinamento unico, poi avremo un’altra sessione plenaria incentrata essenzialmente sul tema della governance dell’assistenza farmaceutica con il Direttore Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute; seguirà il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. Ma questi saranno solo alcuni dei relatori illustri che parteciperanno alle numerose sessioni plenarie inserite nel programma elaborato dal Comitato Scientifico di SIFO.
Al centro del prossimo congresso SIFO è il tema dei dati sanitari
Che ruolo ha il farmacista nella gestione dei dati sanitari?
Il farmacista in questo senso ha un ruolo trasversale. Siamo integrati all’interno della gestione dei dati all’interno del registro AIFA, dove il farmacista ospedaliero è inserito in tutta una serie di attività per la garanzia dell’erogazione del farmaco innovativo e non, ma soprattutto per il controllo dell’appropriatezza. Il farmacista è il gestore del budget aziendale per ciò che concerne la farmaceutica ospedaliera e la farmaceutica convenzionata e può, attraverso il controllo informatico, verificare se le prescrizioni sono appropriate da un punto di vista clinico e da un punto di vista di indicatori di spesa individuati da AIFA. È difficile ottenere un bilancio, le risorse sono quelle che sono però cerchiamo sempre di garantire sia la governance delle risorse sia quella dei processi assistenziali, assicurando al clinico le terapie più innovative in linea con il gold standard dei protocolli terapeutici presenti in letteratura.
Il farmacista ospedaliero gestisce i dati sanitari sia per i registri AIFA sia per il monitoraggio dell’appropriatezza
La pandemia ha un po’ cambiato l’accesso tra la farmacia ospedaliera e quella territoriale?
Le farmacie ospedaliere e quelle territoriali non hanno mai chiuso. Abbiamo allungato, su determina AIFA, la durata dei piani terapeutici fino ad un massimo 60 giorni, per evitare più accessi al paziente in ospedale, diminuendo il sovraffollamento delle strutture. Detto questo, il farmaco può essere distribuito in due modi: attraverso l’erogazione diretta o in distribuzione per conto (DPC) e quindi tramite le farmacie di comunità. La polemica che esiste tra distribuzione diretta e distribuzione per conto è una polemica sterile soprattutto per quei medicinali soggetti a monitoraggio intensivo AIFA per la corretta verifica dell’efficacia e la sicurezza dei farmaci innovativi ed eventuali eventi avversi.
Il punto è che bisogna avere un equilibrio nei diversi setting assistenziali: continuare a mantenere un setting ospedaliero per quei farmaci soggetti a monitoraggio AIFA per i quali si necessita un controllo ricorrente, e poter dare in distribuzione per conto quei farmaci per cui il monitoraggio AIFA è finito e per i quali si sia affermata una certa sicurezza di efficacia, senza quindi la necessità di visite frequenti presso le strutture Ospedaliere. Bisogna contestualizzare i due setting, cercando di mantenere un equilibrio che si basa su un criterio scientifico.
Lei è presidente da pochi mesi, quali sono i piani per il futuro della SIFO?
Uno dei primi problemi che ci siamo posti è proprio quello di integrare l’ospedale con il territorio. Stiamo pensando a un modello di governance basato su un sistema di logistica integrata e di home delivery per farmaci in erogazione diretta per certe aree terapeutiche e determinati pazienti fragili, un sistema controllato in rete dai farmacisti ospedalieri, in collaborazione con il clinico e basato su sistemi di telemedicina.
Con le farmacie territoriali di comunità cercheremo di portare avanti l’interlocuzione e la collaborazione che manteniamo da sempre. Credo che queste realtà stiano sviluppando correttamente la farmacia dei servizi, ne sono un esempio i test diagnostici anti Covid che adesso partiranno in molti punti: si tratta di un supporto strategico alle aziende sanitarie. Credo che lo sviluppo della farmacia dei servizi darà un grande contributo anche in termini di decongestionamento delle strutture ospedaliere.
Integrazione ospedale/territorio e maggiore centralità alla galenica clinica sono tra gli obiettivi futuri della SIFO
Un altro obbiettivo importante che ci siamo posti è quello di aumentare sempre di più la centralità della galenica clinica in linea con le nuove tendenza di terapie personalizzate: le nuove terapie geniche saranno sempre più spinte verso la medicina di precisione e, di conseguenza, una parte di queste terapie saranno allestite all’interno delle nostre unità farmaci antiblastici su dose personalizzata, ciò significa rafforzare ancora di più il ruolo della galenica sterile all’interno delle nostre farmacie ospedaliere e quindi la produzione di nuove linee guida. Cercheremo inoltre di aumentare i meccanismi di integrazione informatica al fine di avere dei dati real world che possono amplificare ancor di più quella nostra funzione di controllo e monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva e dell’aderenza terapeutica. Avere un professionista che gestisce solo un flusso di dati oggi non ha più senso: all’interno di un contesto sanitario bisogna creare un team multidisciplinare in cui gli attori, come il farmacista ospedaliero, devono poter condividere tutti i flussi aziendali (Cartella Clinica informatizzata, SDO, Diagnostica di Laboratorio etc.) e sviluppare, ognuno per le proprie competenze, un ruolo specifico.