Approccio sistemico alla comunicazione in sanità: aspetti organizzativi e di risk management

Occorre apprendere dagli insegnamenti offerti dalla pandemia, che ha definitivamente messo in evidenza l’importanza della continuità e qualità della comunicazione e degli aspetti umani e relazionali della cura

Criticità relative alla comunicazione e al trasferimento delle informazioni rappresentano, da diverse angolazioni, la causa profonda di eventi avversi, chiamando in campo profili organizzativi, di risk management, etici e giuridici che richiedono un approccio di tipo sistemico, strategico e multidisciplinare al problema.

Tali criticità devono essere analizzate e affrontate attraverso una prospettiva che tenga conto del fatto che si inscrivono in un sistema organizzativo complesso come quello sanitario, tanto in riferimento al numero e alle diverse competenze specialistiche dei professionisti coinvolti nella cura del paziente, quanto rispetto alla natura e alla complessità della prestazione erogata e dei diversi setting di cura, tali da imporre una comunicazione interna chiara, tempestiva, efficace e integrata.

E ciò avuto riguardo sia ai rapporti verticali tra organizzazione e operatori sanitari che vi operano all’interno, sia ai rapporti orizzontali tra professionisti sanitari che intervengono sincronicamente o diacronicamente (passaggi di consegne) nella relazione di cura, ove la comunicazione è chiamata a confrontarsi con la sempre maggiore frammentazione della relazione di cura e alla parcellizzazione dei saperi e destinata a riflettersi non solo su aspetti organizzativi, gestionali e relazionali ma anche sulla prestazione tecnica in senso stretto (errori, ritardi, omissioni) nonché sulla continuità e qualità delle cure.

Aumentare l’efficacia della comunicazione e della condivisione delle informazioni tra tutti gli operatori sanitari che intervengono nella cura attraverso l’adozione di metodi strutturati, integrati e condivisi, nonché mediante l’impiego di un linguaggio comune e di comportamenti uniformi, significa incidere positivamente sulla sicurezza delle cure quale parte costitutiva del diritto alla salute che, anche in un’ottica legislativa (art. 1 l.24/17), si realizza mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla  gestione  del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie.

Sul punto è necessario rimarcare come a corollario di un efficace trasferimento delle informazioni tra gli esercenti la professione sanitaria, si ponga la corretta gestione della cartella clinica e di tutta la documentazione clinica che la compone, che rappresenta un veicolo informativo essenziale, avente tra l’altro valore probatorio privilegiato, e che deve rispondere ai requisiti redazionali di comprensibilità, veridicità, contestualità, tracciabilità e pertinenza.

La corretta gestione della cartella clinica e di tutta la documentazione clinica che la compone rappresenta un veicolo informativo essenziale

In un’ottica prospettica e strategica occorre evidenziare che significative potenzialità in punto di scambio delle informazioni rilevanti relative al paziente provengono dall’implementazione, dal potenziamento e dall’interoperabilità del Fascicolo Sanitario Elettronico e dalla sua integrazione con la telemedicina, entrambi valorizzati dallo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Un’efficace comunicazione rappresenta inoltre un asset strategico di risk management anche nella sua dimensione esterna e in particolare nella relazione tra équipe sanitaria e paziente-familiari, in cui omissioni e carenze a livello informativo/comunicativo/ relazionale non di rado rappresentano la causa più profonda del contenzioso medico-legale, oltre ad avere una propria autonomia giuridica e risarcitoria rispetto ad eventuali errori di natura tecnica.

Una comunicazione chiara, efficace e trasparente con il paziente si riflette positivamente in termini di governo clinico, appropriatezza e adeguatezza delle cure, di outcome, di fiducia e di soddisfazione, di adozione di comportamenti preventivi e di aderenza alle prescrizioni mediche, oltre ad essere funzionale all’esercizio del diritto di autodeterminazione del paziente.

Una comunicazione efficace con il paziente non deve tuttavia arrestarsi ed essere strumentale alla sola corretta acquisizione del consenso informato all’atto medico, ma deve accompagnare l’intero processo di cura e deve essere mantenuta anche a fronte del verificarsi di un evento avverso: ciò ha mostrato rilevanti ricadute positive anche in termini di riduzione dei costi e di rischio contenzioso, consentendo di ottenere controlli e trattamenti appropriati e tempestivi, mitigare danni, ottenere scelte consapevoli del paziente e favorire l’adesione a nuovi trattamenti o a modifiche del piano terapeutico ed assistenziale e a prevenire il contenzioso.

È noto infatti che tanto i malati quanto i loro familiari ricordano quanto hanno ricevuto non solo in termini di risultati clinici ma anche di umanità e di vicinanza e sostegno psicologico da parte delle équipe di cura: anche in caso di conflitto è utile creare un contesto che faciliti la partecipazione del paziente e dei suoi familiari e ristabilisca la relazione attraverso la comunicazione e l’ascolto delle parti e un approccio trasformativo del conflitto stesso.

I malati e i loro familiari ricordano quanto hanno ricevuto non solo in termini di risultati clinici ma anche di anche di umanità e di vicinanza e sostegno psicologico

Dall’angolo prospettico della relazione medico-paziente è opportuno richiamare la legge 219/17, frutto di un lungo percorso etico e culturale prima ancora che giuridico e giurisprudenziale, che ha messo al centro l’autonomia decisionale del paziente a cui sono funzionali gli obblighi di informazione gravanti sul medico.

Nella stessa prospettiva legislativa, la comunicazione con il paziente rappresenta un processo informativo e relazionale che assurge a tempo di cura e che si inscrive entro la relazione tra équipe di cura e paziente, ove si incontrano da un lato competenze e responsabilità professionale del medico e dall’altro lato l’autonomia decisionale del paziente, coinvolgendo aspetti organizzativi e formativi che le strutture sanitarie sono chiamate ad attuare.

Una relazione, quella tra medico e paziente, che è bene ricordare ha caratteristiche del tutto peculiari. Si tratta infatti di una relazione che sorge in ragione di una malattia e di una richiesta di cura che pone il paziente in una posizione di vulnerabilità e di asimmetria non solo sul piano informativo, ma anche relazionale ed emotivo e che non di rado coinvolge anche i familiari/caregiver: la malattia e la cura spesso non coinvolgono infatti solo il malato ma l’intero nucleo familiare e ciò sia sotto il profilo decisionale quanto esistenziale, emotivo e psicologico.

Un simile contesto richiede, anche in un’ottica legislativa, che a fianco e ad integrazione delle competenze tecniche dei professionisti sanitari siano sviluppate competenze non tecniche di tipo comunicativo/relazionale e sottende a monte una concezione di malattia e a valle una concezione di cura refrattarie a definizioni meramente cliniche e universali, ma coinvolgenti valutazioni strettamente personali che riflettono l’idea di dignità, di qualità della vita e il bagaglio valoriale e culturale del singolo e la stessa singolare e irripetibile esperienza della malattia, tracciando i binari verso il fondamentale passaggio dalla cura della malattia al prendersi cura del malato.

In questo senso, anche in un’ottica di risk management reattivo e proattivo, occorre apprendere dagli insegnamenti offerti dalla pandemia da SARS-Cov-2 la quale ha definitivamente messo in evidenza l’importanza della continuità e qualità della comunicazione e degli aspetti umani e relazionali della cura.

Occorre apprendere dagli insegnamenti offerti dalla pandemia, che ha definitivamente messo in evidenza l’importanza della continuità e qualità della comunicazione e degli aspetti umani e relazionali della cura

L’importanza di tali aspetti si è infatti mostrata ancor più incalzante a fronte della condizione di isolamento dei pazienti dai propri familiari e delle incertezze scientifiche, terapeutiche ed evolutive che ancora oggi la caratterizzano e che hanno messo in evidenza alcuni inevitabili limiti della medicina evidence based nonché dell’impatto emotivo e psicologico del contesto di riferimento tanto per il paziente e i suoi familiari quanto per gli stessi operatori sanitari.

In particolare occorre tener presente che si tratta di una comunicazione che trascende la mera informazione ma assurge a processo relazionale e bidirezionale che si compone non solo di aspetti verbali, ma anche para verbali e non verbali oltre che di empatia, ove vengono in rilievo non solo aspetti contenutistici ma anche qualitativi di cui devono farsi carico non solo i singoli operatori sanitari ma anche l’organizzazione sanitaria, predisponendo raccomandazioni, tempi e luoghi idonei per una comunicazione efficace con il paziente.

In definitiva, in un’ottica strategica di risk management, ma anche etica, giuridica ed organizzativa, occorre promuovere e favorire a livello di sistema una comunicazione, esterna e interna efficace, definire tempi, modalità e procedure dell’agire comunicativo e standard qualitativi, sviluppare le competenze comunicative e relazionali di ogni operatore sanitario e dirigente e adeguati percorsi formativi.

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Maria Nefeli Gribaudi
Avvocata del Foro di Milano, esperta in responsabilità sanitaria e comunicazione