Dall’82° Congresso Nazionale FIMMG in corso a Cagliari arrivano messaggi forti. Innanzitutto che la medicina generale, pur essendo un pilastro fondamentale della sanità territoriale, «è in grande sofferenza ma ha ancora le energie per farsi ascoltare». Che c’è una crisi di attrattività nei confronti dei giovani. Che, nonostante la digitalizzazione sia partita negli studi dei medici di famiglia negli anni Ottanta, oggi sono spesso accusati di essere l’anello debole nella implementazione della sanità digitale e della telemedicina. Che, a fronte dell’impegno della categoria nel percorso di riforma dell’assistenza territoriale, con l’evoluzione degli Accordi Collettivi Nazionali che hanno previsto forme quali le Aggregazioni Funzionali Territoriali e le Unità Complesse di Cure Primarie, questo impegno rimane spesso misconosciuto e anzi, ogni volta che si giunge a discutere la Legge di Bilancio, l’attenzione alla medicina di famiglia viene meno. Il quadro lo delinea nella sua relazione Silvestro Scotti, Segretario Generale Nazionale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale.
La medicina generale è in grande sofferenza ma ha ancora le energie per farsi ascoltare
Un intervento dai toni accesi, forse anche più del solito, rivolto spesso agli interlocutori politici e istituzionali, non solo italiani, ma soprattutto ai giovani aspiranti medici e alla popolazione di un’Italia sempre più vecchia e affetta da patologie croniche, destinataria della cura dei medici di famiglia, che vogliono continuare ad occuparsene, nonostante il contesto difficile.
La crisi di attrattività: un problema europeo
L’intervento di Scotti ha ricordato un dato preoccupante: la mancanza di attrattività della professione di medico di medicina generale non riguarda solo l’Italia. Il Congresso nei giorni scorsi è stato anche occasione di un confronto internazionale dal quale è emerso che Paesi come Spagna, Regno Unito e Francia vivono una situazione simile alla nostra, dove la professione di MMG fatica a trovare nuovo slancio. Nonostante le differenze di contratti e inquadramento (ad esempio in Francia la medicina generale trova la massima espressione della libera professione, mentre in UK l’organizzazione è più simile a quella italiana), il risultato è lo stesso: sempre meno giovani medici scelgono la medicina generale come percorso professionale. Tra le cause di questa situazione, un mix di eccesso burocratico, scarso riconoscimento e mancanza di adeguata formazione specifica.
L’urgenza di una riforma: messaggio per il G7
Nasce anche dal confronto con i rappresentanti degli altri Stati il messaggio lanciato da Scotti al G7 della Salute che si sta svolgendo in parallelo ad Ancona in questi giorni: serve un cambio di passo globale sulla formazione medica e del personale sanitario che deve costituire una priorità.
Parlando con TrendSanità Scotti aggiunge: «I paesi industrializzati, in particolare quelli del G7, devono riconoscere l’importanza della formazione medica e sanitaria, dando priorità alla cura primaria e al personale sanitario per affrontare le esigenze di una popolazione sempre più anziana e cronica. È fondamentale investire in professioni come medici di famiglia e infermieri, invece di focalizzarsi eccessivamente su iperspecializzazioni, per mantenere un equilibrio generazionale e garantire la salute e la coesione sociale».
Contratti collettivi e riforma dell’assistenza territoriale
Il sistema italiano della medicina generale è regolato dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN), che presenta tuttora importanti sfide strutturali. A febbraio 2024 è stato firmato l’ACN 2019-2021, segnando un passo avanti nella riforma del territorio, con l’intenzione di offrire sia un riconoscimento economico ai medici che una base organizzativa chiara, soprattutto per i giovani professionisti. Tuttavia, nonostante l’impegno nella definizione dei modelli di governance basati sugli ACN, resta il timore che questo sforzo non sia adeguatamente riconosciuto dalle istituzioni, che sembrano ignorare il ruolo primario di tali norme.
Un altro punto critico riguarda l’attesa per l’approvazione dell’Atto di Indirizzo per l’ACN 2022-2024, necessario per aggiornare le norme e adeguarle alle esigenze attuali, comprese le progettualità legate al PNRR.
La pazienza dei medici di famiglia è finita
Sono molti i temi per i quali Scotti utilizza parole forti: in particolare parla di “strage di Stato” in relazione alla carenza dei medici di famiglia ricordando che la definizione degli ambiti carenti e del Ruolo Unico di assistenza primaria è un aspetto critico, poiché senza una soluzione entro marzo 2025, la mancanza di una programmazione adeguata rischia di bloccare l’assegnazione degli incarichi, aggravando ulteriormente la carenza di professionisti nei territori.
Senza medici di famiglia, saltano la sanità territoriale e la coesione sociale
E non manca un richiamo alle prerogative sindacali della FIMMG: «Siamo pronti ad applicarle – sottolinea Scotti – dallo stato di agitazione allo sciopero, facendo capire ai nostri pazienti che è in gioco non un interesse di parte ma la salvaguardia un diritto collettivo costituzionale che dia un futuro: a noi, ai nostri pazienti, al nostro SSN e ai giovani che oggi hanno partecipato al Concorso per diventare Medici di Famiglia».
Il paradosso tecnologico
«Anche sul campo tecnologico – rivendica ancora Scotti – è arrivato il momento di ricordare con orgoglio che la digitalizzazione del SSN è iniziata nello studio di quel singolo medico di famiglia che ha investito su sé stesso, a garanzia dei propri pazienti, con i primi esempi di informatizzazione presenti nella storia del nostro SSN».
Il paradosso emerge quando si osserva che, mentre ai medici di famiglia è richiesto un costante impegno nella digitalizzazione, altri settori sanitari faticano a stare al passo. La transizione digitale appare incompleta, e, nelle parole di Scotti, strumenti come il Fascicolo Sanitario Elettronico spesso includono solo i dati inseriti dai medici di base, lasciando lacune per quanto riguarda i contributi da altri ambiti assistenziali come quelli dell’area specialistica ospedaliera e territoriale.
Legge di bilancio e flat tax
La discussione sulla Legge di Bilancio, da anni, vede la medicina di famiglia chiedere maggiore attenzione. I medici di famiglia, infatti, non solo offrono assistenza sanitaria ma generano occupazione assumendo personale e investendo in tecnologia. Questo sforzo diventa ancora più rilevante per affrontare le sfide organizzative future, soprattutto per i giovani medici che necessitano di supporto con personale sanitario e amministrativo per gestire l’aumento dei pazienti.
Dopo anni di attesa, la categoria percepisce come provocatorio il fatto che si discuta di detassare indennità specifiche per il solo personale dipendente del SSN
Tra le richieste chiave vi sono misure di decontribuzione per i giovani medici e la proposta di una “flat tax variabile” per la medicina di famiglia. Quest’ultima consentirebbe di valorizzare l’impegno professionale e gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi del servizio. Tuttavia, dopo anni di attesa, la categoria percepisce come provocatorio il fatto che si discuta di detassare indennità specifiche per il solo personale dipendente del SSN.
Il futuro della medicina generale non è ancora scritto
Nelle battute finali della sua relazione Scotti torna alla citazione cinematografica con la quale aveva aperto il suo intervento e, richiamandosi al film “Ritorno al futuro”, sottolinea che «il nostro futuro non è scritto, il futuro di nessuno è scritto. Il futuro è come lo creiamo». Il rinnovo dei contratti collettivi, le nuove opportunità tecnologiche e un maggiore sostegno ai giovani possono invertire la tendenza. Tuttavia, senza un rinnovato impegno per valorizzare la medicina generale, il SSN rischia di perdere uno dei suoi pilastri fondamentali.