In questi mesi le strategie di intervento contro il Covid-19, in primo luogo la vaccinazione, hanno avuto un impatto fondamentale nel ridurre le ospedalizzazioni e i decessi per Covid. Nonostante ciò, la circolazione del virus SARS-CoV-2 rimane alta anche nel nostro Paese e continuano ad essere necessarie misure di profilassi, in particolare dedicate ai soggetti fragili.
La vaccinazione rimane lo strumento principale per proteggere da infezioni, malattia grave e ospedalizzazioni e, in definitiva, per porre fine alla pandemia da Covid-19. Ma in alcune categorie di soggetti il vaccino può non essere sufficiente. Come si può, quindi, cercare di raggiungere il bisogno di protezione completa? Quali priorità deve darsi la sanità pubblica per disegnare nuovi percorsi di gestione dei soggetti fragili? E per iniziare, chi sono e quanti sono questi soggetti fragili?
La vaccinazione rimane lo strumento principale per proteggere da infezioni, malattia grave e ospedalizzazioni, ma in alcune categorie il vaccino può non essere sufficiente
La situazione è sempre in evoluzione, sia dal punto di vista scientifico e clinico, sia dal punto di vista logistico e organizzativo. Ad esempio, la fine dello stato di emergenza e la dismissione della struttura commissariale del Generale Figliuolo hanno portato con sé una serie di cambiamenti anche nella gestione di approvvigionamenti e forniture, e con la fine del 2022 alcune misure di gestione più “emergenziale” corrono il rischio di essere definitivamente archiviate. Ma le esigenze di accesso rapido e uniforme per i pazienti della sanità pubblica non verranno meno. Come si stanno preparando le Regioni per la gestione “ordinaria” di quanto necessario, dalle campagne di vaccinazione dedicate a tutta la popolazione all’acquisto di farmaci, vaccini e dispositivi per garantire la protezione anche dei soggetti più fragili?
Ne abbiamo parlato di recente in una Live dedicata, interpellando come ospiti Claudio M. Mastroianni, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università Sapienza Roma, nonché Presidente SIMIT (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali), e Walter Ricciardi, Professore Ordinario di Igiene e Medicina Preventiva, Università Cattolica Sacro Cuore, Roma e Consigliere scientifico del Ministro della Salute per la pandemia da Covid-19.
Quando la vaccinazione non è sufficiente: chi sono i pazienti fragili e come proteggerli?
“La vaccinazione rappresenta il cardine fondamentale per la prevenzione dell’infezione da Sars-Cov-2 – conferma il professor Mastroianni. – L’abbiamo sperimentato in questi anni, e ce ne rendiamo conto anche guardando che cosa avviene nei Paesi dove il tasso di vaccinazione è molto basso e dove il virus sta circolando ancora e facendo ancora molti danni. Però, avendo vaccinato milioni di persone, ci siamo resi conto nel corso del tempo che ci sono anche diverse categorie di soggetti, con vari gradi di immunocompromissione, in cui purtroppo il vaccino non dà quelle risposte adeguate che si riscontrano nel resto della popolazione. Si tratta, ad esempio, di malati oncoematologici in terapia immunosoppressiva, malati reumatologici in cura con farmaci biologici, malati con immunodeficienze congenite o acquisite, pazienti sottoposti a trapianti di organo solido, persone con deplezione dei linfociti B”.
Secondo il presidente SIMIT, è proprio in questa nuova fase della circolazione dell’infezione da Sars-Cov-2 che gli sforzi devono essere concentrati nel proteggere le persone fragili con le nuove “armi” che abbiamo a disposizione, non soltanto vaccini ma farmaci come gli anticorpi monoclonali, anche in profilassi pre-esposizione, secondo le indicazioni di Aifa.
È proprio in questa nuova fase della circolazione del virus che bisogna concentrare gli sforzi per proteggere le persone fragili con i nuovi strumenti che abbiamo a disposizione
Un’attenzione che conferma anche il professor Ricciardi: “Questo è un momento molto difficile per i governi responsabili, perché di fatto c’è una spinta enorme da parte dei cittadini e da parte di alcuni loro rappresentanti politici ad una cessazione di qualsiasi tipo di cautela, di prevenzione e di controllo, come se la pandemia fosse finita. E naturalmente le persone che pagano maggiormente le spese di questa diffusione sono proprio i soggetti fragili. In questo momento l’Italia è al terzo posto nel mondo per la mortalità da Covid-19 e al quarto posto per la diffusione del virus. Purtuttavia oggi assistiamo ad una forte sottovalutazione della situazione: al momento potrebbe andar bene allentare alcune misure, soprattutto all’aperto, ma smantellare completamente il sistema di prevenzione mi appare temerario, soprattutto in vista dell’autunno e del ritorno ad una maggiore frequentazione degli ambienti chiusi”.
La cultura della prevenzione e le nuove forme di profilassi
Nel nostro Paese la cultura della prevenzione stenta da sempre ad affermarsi, soprattutto nel caso della popolazione adulta. A parte qualche sacca di resistenza, in effetti verso i soggetti pediatrici, Covid a parte, c’è una maggiore consapevolezza dell’importanza della vaccinazione, mentre gli adulti sono scarsamente propensi a ricorrere alla prevenzione vaccinale. È un tema sul quale la SIMIT sta lavorando alacremente, coinvolgendo non solo i medici di medicina generale, che rappresentano spesso il primo contatto del paziente con il Servizio Sanitario Nazionale, ma anche con i medici specialisti, e in particolare quelli che hanno in carico le persone fragili: ad esempio ematologi, oncologi, reumatologi, specialisti dei centri trapianto, neurologi che seguono malati di sclerosi multipla in terapia con farmaci biologici, ecc.
Prosegue Mastroianni: “Nelle situazioni in cui non è possibile garantire con la vaccinazione un’adeguata protezione, è importante ricorrere a strategie alternative, come gli anticorpi monoclonali da utilizzare anche in profilassi pre-esposizione. Anche in questo caso è fondamentale una corretta informazione e diffusione a tutti i professionisti coinvolti: è importante sensibilizzare gli specialisti di riferimento sul fatto che questi pazienti fragili, oltre ad essere curati per la loro patologia, devono anche essere protetti nei confronti delle infezioni. E l’infezione da Sars-Cov-2 ne è un esempio molto significativo, perché proprio in questi pazienti la malattia si sviluppa in maniera più grave”.
È importante sensibilizzare gli specialisti di riferimento sul fatto che i pazienti fragili, oltre ad essere curati per la loro patologia, devono anche essere protetti nei confronti delle infezioni
Il ruolo dell’infettivologo può essere quello di “regista” o consulente per la somministrazione di determinate terapie particolari, come gli anticorpi monoclonali o alcuni farmaci antivirali, ma poi è lo specialista che ha in carico il soggetto fragile che deve stimolarlo in maniera proattiva rintracciandolo e invitandolo alla vaccinazione o alla profilassi pre-esposizione. Si tratta di una medicina di iniziativa ma anche di chiamata proattiva. “Questo è il punto cruciale che deve essere risolto – ribadisce Mastroianni: cercare di attuare percorsi virtuosi per identificare il paziente fragile e indirizzarlo alla vaccinazione o alla profilassi”.
Solo adottando un’ottica di integrazione tra le diverse discipline sarà possibile lavorare per risolvere questo problema, ragionando secondo un nuovo approccio che valorizzi il tema della prevenzione da attuarsi in forma attiva o in forma passiva, rispettivamente con vaccini e farmaci.
Vanno in questa direzione le raccomandazioni della SIMIT sull’uso di tixagevimab/cilgavimab (Evusheld) nella profilassi pre-esposizione dell’infezione da Sars-CoV-2. Come si legge in questo documento, “lo sviluppo di anticorpi monoclonali attivi contro il virus SARS-CoV-2 è stato reso possibile dall’analisi della produzione anticorpale di pazienti che avevano superato l’infezione e dalla selezione delle immunoglobuline in grado di determinare un effetto neutralizzante su colture virali”. In Italia i primi anticorpi monoclonali sono stati autorizzati da Aifa a novembre 2021, inizialmente a fini terapeutici e da ultimo, a partire dal febbraio 2022, anche come profilassi pre-esposizione. Secondo gli stessi report di Aifa però, ad oggi la prescrizione degli anticorpi monoclonali va piuttosto a rilento, soprattutto nel caso di quelli più nuovi e indicati per la profilassi pre-esposizione.
Conferma Mastroianni: “Sicuramente c’è da considerare l’approccio culturale, ma non possiamo trascurare l’esistenza di una problematica organizzativa legata anche alla prescrizione e alle indicazioni di Aifa. Uno dei limiti, sottolineato anche dalla SIMIT, riguarda la necessità, in base a quanto stabilito da Aifa, di dover effettuare la ricerca sierologica degli anticorpi contro Sars-Cov-2, che deve risultare negativa, prima di poter prescrivere questo farmaco ad un paziente. Ma noi sappiamo che queste persone, soprattutto i più fragili, alle volte, pur avendo un titolo anticorpale rilevabile, non hanno necessariamente attività neutralizzante. Quindi, se la possibilità di prescrivere questi farmaci fosse indipendente dal risultato del test sierologico, come avviene secondo raccomandazioni emesse da altri enti all’estero, credo che si potrebbe facilitare un maggiore utilizzo di questi farmaci. Dover eseguire prima il test sierologico non è sempre semplice, e inoltre non ha un valore predittivo in termini di protezione”.
Oltre lo stato di emergenza, verso una nuova normalità
Lo stato di emergenza è ufficialmente terminato il 31 marzo, così come l’attività commissariale del generale Figliuolo. Come si sta preparando la sanità pubblica, per gestire quanto serve in condizioni di nuova normalità? Terminata la gestione commissariale ed emergenziale toccherà alle Regioni occuparsi di farmaci, vaccini e dispositivi medici anche in termini di acquisti e approvvigionamento. Quali prospettive si aprono?
Risponde il professor Ricciardi: “Dalla cessazione dello stato di emergenza e fino al 31 dicembre è subentrata una struttura, retta molto bene dal generale Petroni, in collaborazione con il Ministero della Salute e supervisionato dal dottor Giovanni Leonardi, Segretario generale del Ministero della Salute, che si sta occupando di garantire una transizione per quanto possibile morbida, cioè che non ci sia sperequazione negli approvvigionamenti e nella distribuzione. Non c’è dubbio che, in qualche modo, il venir meno della centralizzazione delle responsabilità di acquisizione e di distribuzione genera il fenomeno sempre presente in Italia, cioè quello della eterogeneità tra le Regioni e la diseguaglianza tra i cittadini. Di fatto in Italia niente è mai uguale nelle diverse Regioni: cambia l’approccio, cambia la modalità di gestione, cambiano le persone”.
Il Covid è un fenomeno complesso e deve essere affrontato con soluzioni articolate, non c’è un’unica soluzione
Come sottolineato dal consulente del Ministero della Salute, già la situazione del secondo booster della vaccinazione, la cosiddetta quarta dose, sta mettendo in evidenza queste differenze a livello regionale, con tassi di vaccinazione che oscillano anche di 10 volte tra la Regione più “virtuosa” e quella meno “virtuosa”. Una realtà molto complessa soprattutto per i cittadini e pazienti, che vengono penalizzati da scelte non uniformi sul territorio. “A meno di una riforma della Costituzione o di un accordo tra Stato e Regioni – prosegue Ricciardi – quello che possiamo prevedere è che ci sarà comunque un aumento della eterogeneità nei comportamenti tra le Regioni”.
Conclude Ricciardi: “Il Covid è un fenomeno complesso e deve essere affrontato con soluzioni articolate, non c’è un’unica soluzione. La vaccinazione sta sempre migliorando ed è il perno fondamentale però le cosiddette misure di sanità pubblica che richiedono determinati interventi per cercare di limitare la circolazione del virus devono essere messe in campo anche per proteggere i soggetti più fragili. Bisognerebbe sempre rendersi conto che la popolazione va tutelata nella sua interezza e soprattutto vanno tutelate le persone più fragili e che, spesso, hanno meno voce. Il decisore deve proteggere le vite dei soggetti fragili perché sappiamo che, con il nostro alto tasso di mortalità da Covid, la maggioranza dei decessi avviene proprio nella popolazione fragile”.