Distribuzione diretta e per conto: il ruolo delle farmacie di comunità

Prosegue alla Camera dei Deputati l'indagine conoscitiva sulle modalità di distribuzione del farmaco: quali vantaggi e prospettive per DPC e DD? Intervista a Roberto Tobia, Segretario Nazionale Federfarma

A inizio anno, la Camera ha avviato un’indagine conoscitiva in materia di “distribuzione diretta (DD)” dei farmaci per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche e di “distribuzione per conto (DPC)” per il tramite delle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Il punto della questione è capire se la distribuzione diretta generi quel risparmio per cui è stata pensata o se, a fronte dei vantaggi dovuti agli sconti sugli acquisti dei farmaci, vi siano poi una quantità di costi indiretti tali da annullare qualsiasi beneficio economico.

L’erogazione diretta dei farmaci, nelle sue diverse forme organizzative descritte nel DL 347/2001 convertito con legge 405/01, è una modalità di erogazione di farmaci acquistati direttamente dal sistema sanitario tramite le procedure ad evidenza pubblica che consentono l’acquisto al prezzo più conveniente a fronte di quantitativi predeterminati, derivanti da una determinata programmazione dei fabbisogni. Il Servizio sanitario regionale acquista i farmaci con procedure centralizzate la cui base d’asta è rappresentata o dal prezzo massimo di cessione al SSN (comprensivo delle scontistiche obbligatorie e negoziate) o da un benchmark con le stazioni appaltanti di altre Regioni.

In audizione alla Camera si stanno alternando gli attori di questo sistema, da Farmindustria a SIFO, dalla FOFI a Federfarma, dalle Regioni agli economisti sanitari

Ad oggi in audizione alla Camera si stanno alternando gli attori di questo sistema, da Farmindustria a SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera), dalla FOFI (Federazione Ordini Farmacisti Italiani) a Federfarma, l’associazione che rappresenta i farmacisti di comunità e a cui diversi di questi attori guardano (non tutti) per trovare una soluzione al problema.

Se per Massimo Scaccabarozzi (Farmindustria) le terapie prescrivibili dal MMG dovrebbero essere tutte disponibili e contabilizzate sul territorio, per Letizia Moratti, intervenuta quale vice coordinatrice della commissione Salute della Conferenza delle Regioni, la questione non è se tenere in vita entrambi i canali (diretta e per conto) ma come remunerare le farmacie di comunità in modo che la distribuzione dei farmaci sia fatta soprattutto sul territorio. Per SIFO, al contrario, la distribuzione diretta può continuare rafforzando il rapporto con il territorio (menzionano ospedali e case di comunità, home delivery, ma non farmacie territoriali) e pare in linea con il rapporto approvato in Conferenza Stato Regioni a metà dello scorso marzo, rapporto che sarebbe stato presentato proprio in audizione alla camera.

In questo documento la DPC viene ridimensionata nel suo ruolo di possibile sostituta della DD, per una serie di ragioni, tra cui quella che afferma come la DD consenta di assistere con maggiore qualità il paziente in termini di conoscenza complessiva dei farmaci, di farmacovigilanza, di controllo della capacità del paziente di seguire la terapia prescritta e di un rapporto continuo aderenza terapeutica; nella convenzionata e DPC, al contrario, il paziente è libero di recarsi presso qualsiasi farmacia e quindi viene meno la possibilità di creare un rapporto di continuità dell’erogazione dei farmaci, tra una stessa farmacia e uno stesso cittadino. E questo compromette anche il monitoraggio della corretta aderenza terapeutica, perché il paziente può ritirare il farmaco in farmacie diverse. Per le regioni, quindi, la DPC può essere solo complementare alla distribuzione diretta, perché per sua natura non è una attività che possa essere permanentemente garantita.

Che cosa ne pensa Federfarma? Ne abbiamo parlato con Roberto Tobia, segretario nazionale.

Segretario, che cosa pensa di questa indagine sulla DD e DPC?

Qualsiasi indagine che cerchi soluzioni per i pazienti e i cittadini è ben accetta, tanto più che in questo caso viene svolta in un ambito molto istituzionale, come la Camera.  Venendo al contenuto in senso stretto, stiamo parlando di un tema che tiene banco da diversi anni.

Io credo che il meccanismo delle gare che si fanno per la Diretta sia da rivedere perché, in realtà, a fronte al presunto risparmio che deriva dalla minor spesa per i farmaci, esistono costi sommersi che caricano la struttura pubblica e non rendono più conveniente questo canale di distribuzione.

Nelle gare per la distribuzione diretta devono essere evitati costi sommersi che potrebbero inficiare la minor spesa per l’acquisto dei farmaci

La gestione delle gare, l’assunzione del personale addetto ai magazzini, le problematiche relative ai furti dei farmaci che continuano a esserci – e non sono pochi – la necessità di fornire al paziente una quantità di farmaco per terapie per sei mesi, sono tutti costi. Per non parlare degli sprechi: capita che il paziente inizi la terapia (di sei mesi) con un farmaco, e poi debba interromperla perché ha cambiato trattamento o perché è venuto a mancare: dove finiscono i farmaci rimasti? Questo è uno spreco, e quindi un costo.

Sa quante persone incontriamo noi ogni giorno in farmacia con sacchetti pieni di farmaci costosi e di cui non sanno che farsene? Chiedono a noi di smaltirli, ma noi non siamo tenuti a smaltire farmaci che non sono distribuiti nel nostro canale. La Asl dovrebbe farlo. E pagare per smaltirli. Altri costi.

A conti fatti quindi, per lei, la DD genera più costi che risparmi?

Tutti questi costi indiretti di cui ho parlato credo che di fatto annullino lo sconto iniziale che si ottiene in gara. È un risparmio solo di tipo contabile, nella realtà dei fatti i costi sono più alti.

Senza parlare dei disagi procurati alle famiglie che devono andare in ospedale a ritirare il farmaco, e che invece potrebbero trovarlo comodamente sotto casa. Parliamo di soggetti ammalati che spesso non hanno aiuti. In molti casi, si devono percorrere anche 100 km per arrivare al primo presidio sanitario per avere il farmaco. Come vede, non parliamo solo di costi economici, ma anche di costi sociali e umani considerevoli.

La DPC quindi per voi potrebbe essere la soluzione?

Io credo che tutti quei farmaci che non necessitano un controllo ospedaliero possano passare alla DPC. In questo modo da noi, in farmacia, arriverebbero solo le quantità richieste (non per sei mesi!). E già questo è un risparmio.

La remunerazione della DPC si attesta mediamente sui 5 euro a pezzo: se ci mettiamo a calcolare la spesa per i costi indiretti cui ho accennato, vedrete che a conti fatti si risparmia di più passando la DD in farmacia.

I risparmi che la farmacia può procurare al sistema sono superiore ai costi.

Le farmacie di comunità svolgono un ruolo chiave sul territorio, così come è emerso nelle fasi iniziali della pandemia da Covid

Le faccio un esempio per rendere più chiaro il tema: nelle scorse settimane c’è stata la problematica sulla distribuzione del farmaco anti COVID-19, paxlovid, che va somministrato entro cinque giorni dal riscontro della positività. Le persone dovevano ritirarlo in ospedale. Ma i vari giri burocratici erano tali che spesso si arrivava ad ottenere il farmaco oltre i cinque giorni in cui andrebbe assunto. Così, abbiamo deciso di rispondere alla richiesta di AIFA, permettendone la distribuzione gratuita attraverso le farmacie di comunità. Abbiamo dimostrato come la farmacia del territorio può rispondere in tempi brevi e dare soluzioni molto pratiche. E allora, se la farmacia può risolvere questi problemi, perché non renderla davvero un pilastro del SSN?

Possiamo essere attori importanti, insieme ai medici di medicina generali, ai pediatri di libera scelta e alle strutture sanitarie territoriali. Lo abbiamo già dimostrato con la pandemia, quando con apposita ordinanza della Protezione Civile, molti farmaci distribuiti negli ospedali sono passati dalle farmacie: la DD in quel periodo è molto diminuita, in alcuni casi è sparita, e la Protezione Civile ha permesso, con un’apposita ordinanza, di ritirare i farmaci ospedalieri direttamente in farmacia.

A cosa crede siano dovute le resistenze nel passare la DD alla DPC?

Non credo sia una questione di controllo o di aderenza terapeutica, perché semmai in farmacia è possibile fare queste due cose molto meglio. Tutti i farmaci sono tracciati e tracciabili, cosa che non si può dire avvenga sempre nella rete generale del SSN. Per quanto riguarda l’aderenza, io so se il paziente ha completato il farmaco nel momento in cui torna a comprare un’altra confezione, perché so quanto dura quella confezione. Il tema è sul tavolo da molto tempo, la pandemia ha solo accelerato la questione. Non so a quale decisione arriverà la Camera, noi siamo a disposizione.

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Angelica Giambelluca
Giornalista professionista in ambito medico