Il 2022 per l’epilessia potrebbe essere l’anno della svolta: a maggio l’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrà ratificare il primo documento ufficiale sulla gestione dell’epilessia e di altri disturbi neurologici.
Il 10-year Intersectoral Global Acton Plan for Epilepsy and other Neurological Disorders (IGAP) è un piano d’azione che include la promozione della salute fisica e mentale, della prevenzione, della diagnosi precoce, dell’assistenza, del trattamento e della riabilitazione, nonché dei bisogni sociali, economici, educativi e di inclusione delle persone e delle famiglie che convivono con l’epilessia e con altre malattie delle quali essa è sintomo. Si tratta dell’epilogo di un lavoro iniziato nel 1997 a cui hanno contribuito sia società scientifiche sia associazioni dei pazienti. In Italia, la Federazione Italiana Epilessie (FIE) e la Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) sono state tra le protagoniste di questo importante risultato, lavorando a fianco dell’International Bureau of Epilepsy (IBE) e dell’International League Against Epilepsy (ILAE).
È un documento importante perché per la prima volta nella storia di questa malattia, l’epilessia viene riconosciuta quale priorità di salute pubblica e tutti gli Stati membri dell’OMS sono chiamati a stilare un dettagliato piano decennale, con obbiettivi di cura e di presa in carico specifici.
“Finalmente l’epilessia ottiene l’attenzione che merita – ha commentato Rosa Cervellione, presidente della Federazione Italiana Epilessie e Epilessia Lombardia Onlus – perché è una condizione che per troppo tempo è stata sottostimata e ignorata dalle istituzioni. Siamo fieri di questo importante traguardo frutto di un lavoro tenace e appassionato svolto con le istituzioni nazionali e internazionali che insieme a noi operano a fianco delle persone con epilessia, quali l’IBE e la LICE, ma anche con il prezioso supporto del Ministero della Salute che in questa sfida non ci ha fatto mancare il suo sostegno”.
La ratifica di questo documento da parte Assemblea Generale dell’OMS, dove siedono tutti gli Stati Membri, non è un passaggio per nulla scontato, dove ogni voto sarà determinante. Anche quello dell’Italia che dovrà arrivare preparata all’importante appuntamento.
“Per questo chiediamo al Ministero di lavorare insieme – sottolinea Francesca Sofia, direttrice scientifica FIE e presidente dell’IBE – affinché si arrivi a maggio consapevoli delle sfide che ci attendono e ci si possa attivare fin da subito per mettere a terra gli importanti obbiettivi proposti dal piano globale”.
Il 10-year Intersectoral Global Action Plan for Epilepsy and other Neurological Disorders (IGAP)
Questo action plan decennale chiede agli Stati membri di impegnarsi in modo concreto per raggiungere una serie di obbiettivi entro il 2031.
1. Aggiornamento delle politiche
Il 75% dei paesi dovrà adottare o aggiornare le leggi e i piani nazionali per includere in modo corretto le malattie neurologiche.
Il 100% dei paesi dovrà attivare almeno una campagna di informazione o advocacy per le malattie neurologiche.
2. Inclusione dei disturbi neurologici nei sistemi di assistenza sanitaria universale
Il 75% dei paesi dovrà assicurare una copertura universale alle malattie neurologiche.
L’ 80% dei paesi dovrà fornire medicine essenziali e le tecnologie necessarie per gestire i disturbi neurologici nelle cure primarie.
3. Programmi destinati alla promozione della salute del cervello e alla prevenzione dei disturbi neurologici
L’80% dei paesi dovrà attivare un programma intersettoriale destinato alla promozione della salute del cervello e alla prevenzione dei disturbi neurologici
Gli obbiettivi globali rilevanti per la prevenzione dei disturbi neurologici sono compresi in tre importanti piani dell’OMS:
- La realizzazione del NCD-GAP; Piano d’azione Globale per la prevenzione e il controllo della malattie non trasmissibili.
- Defeating meningitis by 2030: a global road map; il piano dell’OMS per sconfiggere la meningite entro il 2030.
- Every newborn: an action plan to end preventable deaths; il piano per evitare i decessi neonatali.
4. Valutazione periodica dei progressi tramite indicatori specifici
L’ 80% dei paesi dovrà, almeno ogni tre anni, raccogliere dati e redigere appositi report basati su specifici set di indicatori di disordini neurologici, attraverso il sistema informativo nazionale.
I risultati, a livello globale, sulla ricerca nei disturbi neurologici devono raddoppiare entro il 2031.
5. Copertura dei servizi per le persone con epilessia
Tutti i paesi dovranno aumentare del 50% i servizi dedicati all’epilessia.
L’80% dei paesi dovrà sviluppare o aggiornare la propria legislazione soprattutto per proteggere i diritti delle persone con epilessia.
In particolare, l’obbiettivo strategico 5 sarà fondamentale per un approccio corretto di salute pubblica all’epilessia. Sarà necessario proseguire il lavoro già avviato, in sinergia tra le istituzioni rappresentative della comunità delle persone con epilessia e dei medici che le curano, affinché si possano migliorare:
- l’educazione sanitaria delle persone con epilessia
- la quantità e qualità dei servizi erogati e da erogare
- lo sviluppo della ricerca
- l’accesso alle cure
- il sostegno dei programmi di advocacy e così via.
Per realizzare tutto questo è indispensabile un’assunzione di responsabilità da parte degli organi politico-decisionali che, sulla base di informazioni corrette e complete e con il supporto nelle necessarie competenze, devono promuovere una legislazione idonea e monitorare l’attuazione del piano d’azione globale.
Epilessia, la patologia neurologica più diffusa e ignorata di sempre
L’epilessia è la malattia neurologica più diffusa nel mondo e si esprime in forme molto diverse; è quindi più corretto parlare di epilessie al plurale, piuttosto che al singolare.
A livello globale, colpisce 50 milioni di persone di diversa età, sesso ed etnia. Ma è anche una condizione curabile: il 25% dei casi è prevenibile e più del 70% delle persone affette da epilessia potrebbe vivere una vita senza crisi epilettiche se avesse accesso a un trattamento sanitario appropriato che, in alcuni casi, non è neanche costoso. Ciò nonostante, l’epilessia viene spesso trascurata nelle agende di salute pubblica dei diversi Stati. In Italia questa malattia interessa circa 600.000 persone, il 30-40% delle quali è resistente ai farmaci.
Dall’insieme dei dati pubblicati, risulta che, in un anno, il numero di nuovi casi di epilessia in Italia è pari a circa 36.000. L’esordio può avvenire a qualunque età, con picchi nella popolazione pediatrica e anziana.
In età pediatrica l’epilessia rappresenta la principale malattia neurologica: nel 60% dei casi, l’esordio avviene in questa fascia di età e, in Europa, circa 5 bambini su 1.000 sono affetti da una forma di questa patologia. Si tratta di un dato preoccupante poiché l’insorgenza precoce della malattia causa, in molti casi, deficit neurologici a lungo termine.
In un gran numero di casi di epilessia è molto difficile individuare la causa della patologia e quindi determinare la migliore terapia. Questa situazione spesso obbliga gli specialisti a ricercare il trattamento più efficace, utilizzando di volta in volta farmaci diversi per selezionare quello che dà la migliore risposta.
A livello globale, colpisce 50 milioni di persone di diversa età, sesso ed etnia. Ma è anche una condizione curabile: il 25% dei casi è prevenibile e più del 70% delle persone affette da epilessia potrebbe vivere una vita senza crisi epilettiche se avesse accesso a un trattamento sanitario appropriato
Diverse ricerche stimano che le persone con epilessia sono a maggiore rischio di mortalità prematura: il rischio è fino a sette volte superiore nei Paesi a basso e medio reddito.
Gli anziani con epilessia hanno un tasso di mortalità 2-3 volte superiore a quello della popolazione generale e l’incidenza è più del doppio rispetto alla popolazione pediatrica, un aspetto che in questo momento, con l’allungamento dell’aspettativa di vita e la crescita della popolazione anziana, soprattutto in un paese come il nostro, non può essere sottovalutato.
L’epilessia, da dati del gruppo collaborativo sul Global Burden of Disease, viene classificata come la sesta patologia neurologica più impattante in termini di mortalità e la quinta in termini anni di vita rapportati alla disabilità (Disability-Adjusted Life Years, DALYs). Secondo gli ultimi dati disponibili, le malattie neurologiche hanno rappresentato il 10,2% dei DALYs globali e il 16,8% delle morti nel mondo. Tra le malattie neurologiche, l’epilessia ha contribuito per il 5% dei DALYs e per l’1,3% dei decessi.
I costi dell’epilessia
Secondo il Libro Bianco dell’Epilessia in Italia, i costi diretti di questa malattia variano notevolmente in funzione della gravità (frequenza delle crisi, comorbidità), della risposta ai trattamenti (i costi diretti triplicano nei pazienti farmacoresistenti) e del tempo intercorso prima della diagnosi. Si stima che il costo medio annuo dell’epilessia in Italia sia di circa 1.764 € per paziente, il che permette di stimare una spesa sanitaria annuale per l’epilessia di 882 milioni di euro. La media dei costi diretti per paziente è stimata intorno a:
- 500-800 €/anno per le forme in remissione
- 2.200-4.700 €/anno per le forme farmacoresistenti
- 3.700-3.900 €/anno per i pazienti candidati alla chirurgia.
I costi indiretti, quelli sostenuti a causa della malattia ma non sanitari, associati quindi alla perdita di produttività o alla mortalità prematura, sono una delle voci più onerose per l’individuo con epilessia e per la società, soprattutto nei casi delle persone con crisi non controllate dalla terapia. Gli adulti che rispondono alla terapia sono in grado di svolgere una normale attività lavorativa senza perdita di produttività economica, mentre le forme di epilessia farmacoresistente o con gravi comorbidità cognitive richiedono assistenza e supervisione continua e impongono che uno o più familiari adattino la propria attività lavorativa in funzione della malattia. Non sono disponibili studi che quantifichino i costi indiretti dell’epilessia in Italia. Tuttavia, i costi indiretti medi in Europa sono stati stimati intorno al 50-55% dei costi totali. Queste stime permettono di supporre che in Italia la perdita di produttività causata dall’epilessia sia pari almeno a 882-950 milioni di euro per anno.
Stigma e pregiudizi sull’epilessia
Per usare una famosa affermazione della rivista Nature, risalente al 2014, ma assolutamente attuale: “La storia dell’epilessia può essere riassunta come 4.000 anni di ignoranza, superstizione e stigma, seguiti da 100 anni di conoscenza, superstizione e stigma”.
Ancora oggi continua a circolare l’idea che l’epilessia sia una malattia mentale, le cui crisi spaventano perché si credono ingestibili. Questi pregiudizi causano difficoltà di accesso alla scuola e all’occupazione
Ancora oggi, a causa della scorretta informazione che si fa su questa malattia, continua a circolare l’idea che l’epilessia sia una malattia mentale, le cui crisi spaventano perché si credono ingestibili.
Questi pregiudizi causano difficoltà di accesso alla scuola e all’occupazione.
In ambito scolastico, le maggiori criticità sono però attribuibili a problemi di integrazione e socializzazione, dovuti soprattutto alla scorretta informazione, alle attitudini negative del personale scolastico nei confronti degli alunni con epilessia, e all’assenza di una regolamentazione riguardo la somministrazione della terapia cronica e di emergenza in orario scolastico.
Per gli adulti, le cose non vanno meglio. Salvo casi particolari in cui le crisi interferiscono con la possibilità di esercitare specifiche attività lavorative, l’epilessia di per sé non impedisce il normale svolgimento delle mansioni lavorative. Tuttavia, avere l’epilessia può rappresentare un ostacolo nel trovare e mantenere un’occupazione e i datori di lavoro, spesso, mostrano diffidenza verso l’inserimento occupazionale di persone con epilessia, nell’errata convinzione di evitare complicazioni di varia natura alla propria azienda. In alcuni casi, vengono inoltre poste restrizioni non giustificate alle mansioni assegnate. Si tratta di comportamenti discriminatori che si spera il Global Action Plan For Epilepsy aiuti a cancellare.
La gestione dell’epilessia in Italia
La qualità dell’assistenza sanitaria è strettamente connessa agli aspetti organizzativi che dovrebbero prevedere, su tutto il territorio nazionale, modelli assistenziali omogenei in termini di personale dedicato, coinvolgimento multidisciplinare, percorsi diagnostici, terapeutici e riabilitativi e differenziati secondo diversi livelli di qualificazione. Non è così: ogni Regione segue modelli diversi, alcune sono più virtuose, altre meno.
A ogni persona con epilessia deve essere garantito l’accesso e una presa in carico specifica presso centri dedicati, con diversi livelli di qualificazione, tenuto conto della singola diagnosi
Ad ogni persona con epilessia, deve essere garantito l’accesso ed una presa in carico specifica presso centri dedicati, con diversi livelli di qualificazione, tenuto conto della singola diagnosi. La cura delle persone con epilessia è a carico di neurologi, neurofisiologi clinici, neuropsichiatri infantili, neuropediatri e neurochirurghi con una documentata esperienza in campo epilettologico (in genere denominati per questo epilettologi, ma per cui ad oggi non esiste una specializzazione nelle Facoltà di Medicina).
Ad oggi i centri specializzati non sono purtroppo distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale; oltre a questo mancano percorsi diagnostico-terapeutici riconosciuti e omogenei a livello regionale. Attualmente, i centri sono più diffusi al Nord e questo comporta trasferte, anche onerose, da parte delle persone con epilessia che risiedono al Sud. Inoltre, solo in un limitato numero di Regioni è attivo un percorso diagnostico-terapeutico specifico per l’epilessia e, anche in questo limitato numero di casi, non sempre è implementato in modo uniforme in tutti i centri regionali.
La Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) si occupa, tra l’altro, di riconoscere, in base a criteri ben definiti, i centri che nel nostro Paese si occupano di diagnosi e cura dell’epilessia e che sono in grado di documentare gli standard richiesti. Ad oggi, secondo gli ultimi dati disponibili, solo 62 centri hanno ottenuto un riconoscimento LICE di vario livello, tra questi, quasi la metà si trova al Nord.
Il piano globale che presto approverà (si spera) l’OMS è un primo passo per la soluzione di tutte queste problematiche, anche se il vero lavoro dovrà essere fatto da ogni singolo paese. Ci auguriamo che il nostro, alle prese con l’emergenza sanitaria da Sars-Cov-2 e già in difficoltà con la continuità delle cure per diverse patologie, abbia il tempo e la determinazione giusti per attuare quanto richiede l’Organizzazione Mondiale della Sanità.