Su circa 3000 dipendenti dell’Azienda Usl di Ferrara il 74 per cento è donna. Ma una professionista donna rispetto ad un professionista uomo ha una retribuzione minore (fino al 30 per cento) e fa più fatica ad arrivare alle posizioni apicali. Spesso la ragione sta nel fatto che la professionista può essere penalizzata dalle difficoltà di conciliazione famiglia-lavoro. Tant’è vero che gli istituti come la Legge 104 e i permessi parentali sono utilizzati quasi esclusivamente, cioè all’82% per cento, da donne.
Sono solo alcuni dei dati relativi al gender gap (distanza nella parità di genere) che ancora sussiste nell’Ausl di Ferrara e che sono emersi grazie al Bilancio di genere dell’Azienda stessa, appena pubblicato.
Si tratta di uno strumento realizzato per volontà della Direttrice generale di Ausl Ferrara, Monica Calamai, e che mira, oltre a “fotografare l’esistente” al 2021, a porre le basi per sviluppare azioni di miglioramento delle aree critiche e a “valutare quale impatto possano avere le strategie messe in campo sulla popolazione di riferimento”.
Poco diffuso tra le Pubbliche amministrazioni (PA), il Bilancio di genere è un documento non ancora obbligatorio, e senza indicazioni metodologiche chiare.
L’Ausl Ferrara è stata innovativa anche da questo punto di vista: a marzo 2022 ha istituito, con un’apposita delibera, un gruppo di lavoro con il compito di redigere il Bilancio, per “una imprescindibile questione di equità” dichiara la direttrice Calamai, e aggiunge: “Se andiamo a vedere tutti i rapporti che trattano questo tema, da quelli mondiali a quelli europei, fino ai dati nazionali, emerge un fatto: la mancanza di parità fra i generi, che non è più accettabile. Serve imparzialità nelle opportunità di accesso all’occupazione, occorrono sviluppo di carriera, contrasto della differente retribuzione con un incomprensibile, significativo, gap di genere; e poi affrontare il tema della conciliazione dei tempi di vita e lavoro”.