Vandenbroucke: «L’UE si è fatta carico del problema della carenza di medicinali»

Intervistato da TrendSanità, il ministro della Salute e degli Affari sociali belga ha parlato delle maggiori sfide che l’Unione europea ha di fronte a sé per quanto riguarda la sanità: oltre all’uso dei dati (per il quale è stato raggiunto un accordo a metà marzo), la carenza di farmaci e di personale, la riforma farmaceutica e l’intelligenza artificiale

«La questione principale è la necessità di un’applicazione armonizzata dei principi del GDPR negli Stati membri dell’Unione. Lo Spazio europeo dei dati (EHDS) potrebbe offrire una via d’uscita, basata su un sistema ben congegnato per facilitare la disponibilità dei dati, e non per renderla più difficile». È questo l’auspicio di Frank Vandenbroucke, vice primo ministro e ministro della Salute e degli Affari sociali belga, che guida l’ultimo semestre europeo prima delle elezioni di giugno.

Intervistato da TrendSanità, Vandenbroucke ha parlato delle maggiori sfide che l’Unione europea ha di fronte a sé per quanto riguarda la sanità: oltre all’uso dei dati (per il quale è stato raggiunto un accordo a metà marzo), la carenza di farmaci e di personale, la riforma farmaceutica e l’intelligenza artificiale.

Lo spazio europeo dei dati sanitari

Partiamo dall’uso sicuro dei dati dei pazienti: perché la gestione del GDPR è così complessa per i dati sanitari e cosa si potrebbe fare in questo campo?

Il GDPR offre un quadro giuridico per l’uso primario e secondario dei dati sanitari. Le condizioni per l’uso primario da parte degli operatori sanitari comprendono l’assistenza sanitaria, e quindi il GDPR offre un terreno adeguato per i sistemi con cartelle cliniche elettroniche.

Tuttavia, la condivisione di dati tra operatori sanitari, anche in un contesto transfrontaliero, è difficile da realizzare sulla base del consenso informato da parte della persona per un insieme specifico di dati, per uno scopo specifico e per un utente specifico.

Un consenso generico ed etico che si applichi nel contesto della deontologia degli operatori sanitari avrebbe offerto maggiore flessibilità, con la condizione aggiuntiva che in un rapporto di cura (sotto il controllo della persona interessata) è una conditio sine qua non che l’operatore sanitario possa avere accesso a determinate categorie standardizzate e interoperabili di dati sanitari.

Per quanto riguarda l’uso secondario, esiste la possibilità di utilizzare dati anonimizzati o pseudonimizzati per la ricerca scientifica e di interesse pubblico, e il diritto di opporsi sulla base di una motivazione adeguata se una persona non è d’accordo con l’uso dei suoi dati.

La questione principale è la necessità di un’applicazione armonizzata dei principi del GDPR negli Stati membri dell’UE.

L’EHDS potrebbe offrire una via d’uscita, basata su un sistema ben congegnato per facilitare la disponibilità dei dati, e non per renderla più difficile.

Come possiamo bilanciare il diritto dei pazienti di decidere sull’uso dei loro dati personali e l’importanza di questi dati per la ricerca scientifica, ad esempio nelle malattie rare?

Sulla base dei negoziati sull’EHDS, gli Stati membri intendono rendere disponibili tutti i dati sanitari per la ricerca scientifica e per le statistiche di interesse pubblico, alle condizioni del GDPR che preservano il principio di non identificazione della persona.

Anche il Parlamento dell’UE aderisce a questa visione, ma vuole anche offrire una possibilità di un opt-out per i cittadini, che impedirebbe che i loro dati siano disponibili per la ricerca scientifica o per le statistiche di interesse pubblico.

Soprattutto nel caso delle malattie rare, questo potrebbe limitare la qualità e il volume dei dati della ricerca.

Pertanto, il caso delle malattie rare merita un interesse particolare ed è uno degli esempi più importanti di ricerca che dovrebbe essere facilitato.

Lo Spazio europeo dei dati aiuta davvero una migliore condivisione dei dati dei pazienti?

Sì, l’EHDS dovrebbe contribuire a garantire la disponibilità di dati sanitari per uso primario e secondario, consentendo ai cittadini e agli operatori sanitari dell’UE di accedere ai dati e ai servizi necessari per offrire un’assistenza sanitaria di alta qualità e continuità anche in situazioni transfrontaliere.

Garantire la standardizzazione dei dati, l’armonizzazione dei processi, l’interoperabilità dei servizi e dei sistemi EHR, le infrastrutture per lo scambio di dati, e consentire lo scambio di dati, contribuirà in larga misura alla disponibilità di dati sanitari, grazie ai servizi messi a punto dalla Commissione.

Con le nuove regole, le persone avranno un accesso più rapido e semplice ai dati sanitari elettronici, indipendentemente dal fatto che si trovino nel proprio Paese o in un altro Stato membro. Avranno inoltre un maggiore controllo sull’utilizzo di questi dati.

I Paesi dell’UE dovranno istituire un’autorità per la salute digitale per attuare le nuove disposizioni. Allo stesso tempo, gli Stati membri potranno consentire ai pazienti di rinunciare all’accesso ai propri dati sanitari da parte di un professionista sanitario.

L’EHDS fornirà inoltre ai ricercatori e ai responsabili politici l’accesso a tipi specifici di dati sanitari sicuri, consentendo loro di sfruttare il vasto potenziale offerto dai dati sanitari dell’UE per informare la ricerca scientifica nel pubblico interesse.

Gli Stati membri devono predisporre un meccanismo di opt-out per l’ulteriore trattamento (uso secondario, sempre a condizioni rigorose), tranne che per scopi di interesse pubblico, elaborazione di politiche, statistiche e ricerche nel pubblico interesse.

Attualmente, il livello di digitalizzazione dei dati sanitari nell’UE varia da uno Stato all’altro, rendendo più difficile la condivisione dei dati attraverso i confini degli Stati membri.

La proposta di regolamento prevede che tutti i sistemi di cartelle cliniche elettroniche siano conformi a determinate specifiche, in modo da garantire l’interoperabilità a livello europeo.

L’esperienza belga

Il Belgio ha recentemente lanciato un’agenzia nazionale per i dati sanitari per facilitare l’accesso all’uso secondario dei dati: come funziona e qual è la sua opinione in merito?

Nei prossimi anni, l’Agenzia per i dati sanitari (HDA) si concentrerà sull’agevolazione della disponibilità di dati relativi alla salute e sullo sviluppo e l’attuazione di una strategia politica in merito a tali dati, al fine di sostenere la ricerca e l’innovazione scientifica e politica.

Il quadro di riferimento è costituito dal regolamento EHDS. L’agenzia intende essere un punto di contatto unico per condividere e rendere accessibili i dati sanitari in modo conforme al GDPR. Svolgerà un ruolo chiave in un sistema sanitario orientato ai dati. Ciò avverrà in modo uniforme, trasparente e sicuro, in stretta collaborazione con i fornitori e gli utenti dei dati.

Se i nostri cittadini mettono a disposizione i loro dati, dovrebbero ottenere un ritorno in termini di salute e assistenza sanitaria migliore

Stiamo studiando, insieme agli enti federali, come conferire all’Agenzia per i dati sanitari anche un ruolo interfederale.

Un’iniziativa integrata a livello federale e interfederale è davvero necessaria per

  • delineare una visione e una politica sanitaria a lungo termine, incentrata sull’evidenza scientifica
  • organizzare una politica che si concentri su cambiamenti sostenibili nel modo in cui organizziamo le nostre cure
  • realizzare una politica che si concentri sugli investimenti sanitari che – sia a breve che a lungo termine – contribuiscono maggiormente a migliorare la salute, l’accessibilità, la qualità e l’efficienza.

Naturalmente, tutto questo può avere successo solo se i cittadini credono in questo approccio. Ma non finisce qui: solo comunicando in modo trasparente, fornendo informazioni e spiegando a cittadini e pazienti perché è così importante – ad esempio per lo sviluppo di nuove terapie – si può costruire un rapporto di fiducia.

L’industria, che opera nel campo delle scienze della vita, delle tecnologie mediche e degli strumenti digitali per la salute, ha la grande responsabilità di dimostrare chiaramente e contribuire a garantire il ritorno sugli investimenti per i nostri cittadini e per il “bene comune”, che c’è fiducia nell’uso dei loro dati sanitari.

Se i nostri cittadini mettono a disposizione i loro dati, dovrebbero ottenere un ritorno in termini di salute e assistenza sanitaria migliore.

La carenza di farmaci

Quali sono i vostri piani per far fronte alla carenza di farmaci in Europa? Come può essere d’aiuto la Critical Medicines Alliance?

Prima di rispondere, vorrei fare un passo indietro. Un anno fa il Belgio stava affrontando una pericolosa carenza di trombolitici. Non potevamo più garantire la disponibilità in tutti gli ospedali. Dovevamo centralizzare le scorte. A un certo punto, avevamo scorte sufficienti solo per le due settimane successive. I trombolitici devono essere somministrati entro quattro ore dalla trombosi: se un ospedale deve aspettare che il farmaco arrivi da un altro luogo, potrebbe essere troppo tardi e il paziente potrebbe morire. In quel periodo avevamo paura che i pazienti morissero a causa della carenza di farmaci.

La nostra agenzia per i farmaci lavorava giorno e notte per contattare le aziende e gli altri Stati membri per trovare anche una minima scorta di trombolitici. Alla fine, la Francia è intervenuta per aiutarci.

Vogliamo tutti la stessa cosa: più sicurezza per i nostri cittadini. E sappiamo tutti la stessa cosa: non possiamo ottenerla da soli

L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ci ha aiutato a cercare fornitori alternativi, cosa di cui saremo eternamente grati. È passato un anno da quel momento di crisi e non siamo ancora al sicuro. Non siamo più in una situazione acuta, ma non abbiamo nemmeno la sicurezza a lungo termine di cui abbiamo bisogno. Questa è la realtà che la maggior parte dei ministri della Salute si trova ad affrontare oggi.

Quello che voglio trasmettere è questo: l’Europa è cambiata enormemente nell’ultimo anno. Un anno fa, l’UE non era un attore importante nel problema delle carenze. I farmaci erano per lo più di competenza nazionale. Erano soprattutto le agenzie nazionali del farmaco a dover risolvere i problemi, con l’EMA e la Commissione che svolgevano un ruolo di interlocutori.

Da allora, abbiamo visto che i ministri della Salute, la Commissione e l’EMA si sono davvero uniti per affrontare le questioni comuni. È una delle cose positive emerse dalla pandemia.

Durante la corsa al vaccino anti-Covid, abbiamo visto che l’UE ha il potenziale per realizzare grandi cose. C’è un alto livello di solidarietà tra i governi e la volontà di pensare fuori dagli schemi. Soprattutto, le tradizionali differenze tra Paesi piccoli e grandi, così come tra Est e Ovest, non contano quasi più nella discussione sulle carenze. Vogliamo tutti la stessa cosa: più sicurezza per i nostri cittadini. E sappiamo tutti la stessa cosa: non possiamo ottenerla da soli.

In vista della sua presidenza, il Belgio ha redatto un documento informale sostenuto da 23 Stati membri che conteneva tre punti d’azione:

  • istituire un meccanismo volontario di solidarietà
  • creare un elenco europeo di farmaci critici e mappare le vulnerabilità delle catene di approvvigionamento
  • varare una legge sui farmaci critici

La Commissione e l’Agenzia europea per i medicinali hanno reagito rapidamente, presentando una comunicazione che annunciava una serie di azioni. La differenza si vede già oggi.

L’anno scorso la nostra agenzia per i medicinali ha dovuto chiamare separatamente ogni Stato membro per trovare i trombolitici. Oggi abbiamo messo in atto un meccanismo di solidarietà, per evitare che i cittadini subiscano gravi danni a causa della carenza di farmaci.

Ogni Stato membro che si trova ad affrontare un problema acuto adesso può contattare l’EMA, ed entro 5 giorni si avranno le prime reazioni dagli altri Stati membri. Entro i primi 10 giorni si dovrebbe ricevere un aiuto. È così che l’UE protegge le persone: organizzando un’azione collettiva.

L’anno scorso stavamo ancora discutendo a livello europeo in quali circostanze un farmaco dovesse essere considerato critico. Oggi disponiamo di un elenco europeo di circa 200 farmaci critici. L’analisi di vulnerabilità per i farmaci di questa lista è ben avviata; la Commissione e l’Executive Steering Group on Shortages and Safety of Medicinal Products (MSSG) hanno selezionato i primi farmaci che saranno analizzati.

Infine, la Presidenza belga e la Commissione europea lanceranno il 24 aprile un’Alleanza per i farmaci critici (Critical Medicines Alliance), che preparerà piani d’azione concreti per diversificare le catene di approvvigionamento e sostenere la produzione europea, sulla base delle prove fornite dall’analisi di vulnerabilità.

Questa Alleanza è la prima grande partnership al mondo tra governi, industria e società civile per affrontare il problema strutturale della carenza di farmaci e la questione della sovradipendenza. Nemmeno gli Stati Uniti, un Paese tradizionalmente molto avanzato in materia di sicurezza sanitaria, hanno una partnership di questo tipo. Siamo regolarmente in contatto con le controparti statunitensi, che sono entusiaste di ciò che stiamo facendo.

Direi che l’Europa si è fatta carico del problema della carenza di medicinali.

La revisione farmaceutica e l’AI Act

La revisione della legislazione farmaceutica non sarà approvata prima della fine della legislatura. È un problema per i cittadini europei? E per l’industria?

Sapevamo che i legislatori non sarebbero stati in grado di concludere i negoziati sulla legislazione farmaceutica prima della fine della legislatura. La legislazione è semplicemente troppo importante e complessa per essere approvata in pochi mesi. È meglio per i cittadini europei e per l’industria avere una buona legislazione che garantisca la qualità, la disponibilità e l’accessibilità dei farmaci, piuttosto che avere una legislazione scritta frettolosamente e per la quale si scopre ogni sorta di problema in seguito.

L’Europa sta approvando l’AI Act: cosa ne pensa delle conseguenze in campo sanitario?

Medtech Europe sostiene che è dimostrato che l’AI nella sanità potrebbe salvare circa 400.000 vite all’anno e fino a 200 miliardi di euro in Europa. Riteniamo inoltre che un’AI sicura, di alta qualità e affidabile nelle tecnologie mediche, nei sistemi di supporto alle decisioni, nei dispositivi indossabili e nelle applicazioni migliorerà l’assistenza sanitaria, la prevenzione e i risultati dei pazienti.

È quindi necessario un quadro normativo che sostenga l’innovazione e la ricerca e la disponibilità di dati per addestrare i sistemi di AI.

L’AI Act dovrebbe facilitare l’innovazione, creare condizioni di parità e mantenere la nostra posizione internazionale, garantendo al contempo la tutela dei diritti fondamentali.

La carenza di personale sanitario

Un altro grande problema è la carenza di medici e infermieri: dopo la pandemia tutta l’Europa sta affrontando un problema di numero, ma anche di retribuzione e di equilibrio tra lavoro e vita privata. Molti di loro stanno emigrando: come vede la questione e quali potrebbero essere le soluzioni per salvaguardare sia la remunerazione dei professionisti sia il diritto alla cura dei pazienti?

Per affrontare la crisi del personale sanitario è necessaria un’azione politica a tutti i livelli: nazionale, europeo e internazionale. Fornire servizi sanitari di alta qualità alla popolazione è una responsabilità primaria degli Stati membri. Ciò significa garantire la disponibilità di un numero sufficiente di operatori sanitari con le giuste competenze. Ma anche l’Europa ha un ruolo da svolgere.

Per affrontare le sfide, la presidenza belga intende inserire nell’agenda dell’UE lo sviluppo di una strategia globale per il personale sanitario europeo. Questa strategia dovrebbe comprendere due grandi aree:

  • Iniziative a sostegno delle strategie nazionali per il personale sanitario, per esempio in materia di assunzione, formazione, sviluppo professionale continuo, mix di competenze, riqualificazione, condizioni di lavoro e mantenimento.
  • Una valutazione ed eventualmente una revisione dei quadri giuridici dell’UE che regolano gli operatori sanitari, in particolare la Direttiva sulle Qualifiche Professionali (DQP), al fine di adattarli meglio alle mutevoli esigenze dei sistemi sanitari. I quadri giuridici dell’UE offrono una serie di soluzioni, ma limitano lo spazio politico delle autorità nazionali, per esempio trascurando le variazioni nei programmi di formazione, le competenze professionali e le richieste specifiche dei diversi sistemi sanitari. Se la portabilità di nuovi compiti, ruoli e specializzazioni è limitata per alcune professioni, ciò può diminuire la loro attrattiva. La valutazione dovrebbe concentrarsi in particolare sull’impatto di questi quadri giuridici sulle strategie nazionali per il personale sanitario.

Durante la presidenza belga, vogliamo esplorare quali dovrebbero essere la portata, il contenuto e le priorità di questa strategia europea per il personale sanitario. Dove l’UE può offrire i maggiori vantaggi quando si tratta di sostenere le politiche nazionali in materia di personale sanitario? Come può l’UE attingere alle buone pratiche nazionali?

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista