Influenza aviaria H5N1: diffusione in crescita tra gli uccelli e rischi per l’essere umano

Negli ultimi 20 anni sono stati registrati nel mondo 873 casi di influenza aviaria H5N1 nell’uomo e parallelamente si osserva un andamento crescente di infezioni nei volatili selvatici e da allevamento. Ne parliamo con Rita Castrucci, ricercatrice del Dipartimento di Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità veterinaria dell’ISS

Il 21 febbraio 2023 una bambina di 11 anni che da 5 giorni mostrava segni e sintomi di polmonite viene ricoverata presso l’ospedale pediatrico nazionale in Cambogia. Il giorno successivo muore per una Severe Acute Respiratory Infection (SARI). Il campione biologico prelevato il giorno precedente dalle vie respiratorie e sottoposto alla reazione a catena della polimerasi inversa (RT-PCR) risulta positivo nei confronti del virus dell’influenza aviaria H5N1. Vengono poi identificate 12 persone entrate in contatto con la bambina e di queste solo il padre risulta positivo allo stesso virus ma in assenza di sintomi. Il sequenziamento del genoma virale isolato mostra delle similarità con il virus circolante nel pollame del sud-est asiatico dal 2014.

L’OMS riferisce che da febbraio 2003 al 25 febbraio 2023, in Cambogia, sono stati accertati 58 casi di infezione umana da virus dell’influenza aviaria H5N1, con 38 decessi. A livello mondiale, nello stesso periodo, i casi di influenza aviaria H5N1 nell’ uomo sono stati 873, con 458 morti.

Dal 2003 è stata accertata la capacità di questo virus di compiere salti di specie

Dal 2003 è stata accertata la capacità di questo virus di compiere salti di specie, diventando infettivo anche per gatti e topi e di contagiare gli esseri umani nei casi di contatto stretto con volatili infetti. Il rischio è dato anche dalla compresenza nella stessa persona del virus aviario e di quello dell’influenza umana: vi è infatti la possibilità di ricombinazione genetica che potrebbe portare alla produzione di un nuovo virus influenzale capace di trasmettersi direttamente nella popolazione umana senza l’intermediazione di altri animali.

Castrucci (ISS): “È probabile che prima o poi una pandemia avverrà”

Per capire meglio la situazione in Italia, i fattori di rischio per l’uomo e le misure da adottare, abbiamo intervistato la dottoressa Maria Rita Castrucci, ricercatrice del Dipartimento di Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità.

Quali sono i fattori di rischio per l’uomo relativamente alla trasmissione dell’influenza aviaria?

I fattori di rischio per l’uomo sono rappresentati dal grado di esposizione e dalla natura del virus in circolazione

I fattori di rischio per l’uomo sono rappresentati dal grado di esposizione e dalla natura del virus in circolazione. I virus dell’influenza aviaria sono altamente specie-specifici ma in rare occasioni possono effettuare un salto di specie ed infettare i mammiferi, incluso l’uomo. Tuttavia, l’ampia diffusione di virus dell’influenza aviaria negli uccelli selvatici e domestici e nel pollame potrebbe aumentare il rischio di trasmissione all’uomo in seguito ad una maggiore esposizione diretta con animali infetti (vivi o morti) e ambienti contaminati con loro escrementi.

In Italia ci sono pericoli di trasmissione dell’infezione all’uomo?

Il Centro di Referenza Nazionale ed Europeo per l’influenza aviaria presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) riporta un aumento della circolazione del virus H5N1 fra gli uccelli selvatici in Italia, come anche rilevato in altri paesi europei. Vi è pertanto la possibilità che questi virus possano trasmettersi agli allevamenti avicoli e in tal modo aumentare il rischio di esposizione al virus di soggetti addetti agli allevamenti.

Quali sono i protocolli di sorveglianza e intervento nei casi di infezioni negli uccelli in Italia?

La continua attività di sorveglianza da parte del IZSVe e le normative nazionali e procedure operative da attuare emesse dal Ministero della Salute permettono l’individuazione precoce, il controllo e l’eradicazione della malattia in tutti i casi in cui vi sia una comparsa di influenza aviaria. Le autorità veterinarie di ogni Regione cooperano e pianificano rigorosi controlli sulla loro applicazione.

In seguito ai recenti casi in Cambogia di trasmissione di H5N1 all’uomo, quali misure state adottando?

L’OMS ritiene che vi sia un basso rischio di trasmissione del virus H5N1 per l’uomo

Sulla base delle informazioni finora disponibili, l’OMS ritiene che vi sia un basso rischio di trasmissione del virus H5N1 per l’uomo.  Tuttavia, l’ampia diffusione di virus H5N1 negli uccelli in tutto il mondo e le crescenti segnalazioni di casi in mammiferi terrestri e acquatici, come ad esempio visoni, volpi e foche, impongono una vigilanza rafforzata da parte di tutti i Paesi, incluso l’Italia. Ciò implica maggiore attività di sorveglianza sul territorio nazionale e l’adozione di tutte le misure di biosicurezza in aree ove vengono rilevati casi di influenza aviaria, necessarie per evitare o quanto meno ridurre il rischio di esposizione per le persone professionalmente coinvolte nella manipolazione di animali infetti, pulizia e risanamento di ambienti contaminati.

Esiste un rischio potenziale che un virus dell’influenza aviaria come H5N1 diventi responsabile di pandemia influenzale?

Non è possibile predire se e quando vi sarà una pandemia di influenza aviaria. Tuttavia, considerando gli intervalli di tempo in cui si sono verificate le passate pandemie influenzali, è probabile che prima o poi questo avverrà. La capacità di un virus di origine aviaria come H5N1 di trasmettersi in modo stabile ed efficiente da uomo a uomo, e quindi di causare una pandemia influenzale, può essere dovuto sia a fenomeni di riassortimento genico a seguito di co-infezione con un virus influenzale di origine umana che all’acquisizione graduale di mutazioni adattative delle capacità replicative e di trasmissibilità nel corso di successive infezioni nell’uomo. Pertanto, l’evidenza che il virus H5N1 sia diventato endemico in ampie regioni asiatiche indica che potrebbe aumentare il rischio che si verifichino più casi umani e quindi la probabilità che possa diventare un virus pandemico.

Esistono farmaci efficaci per il trattamento dell’infezione nell’uomo?

I farmaci attualmente disponibili per l’influenza stagionale nell’uomo potrebbero essere efficaci e, come in questo caso, è necessario che siano somministrati precocemente (entro 48 ore dalla comparsa dei primi sintomi).

Per la prevenzione è utile la vaccinazione antinfluenzale nell’uomo?

Allo stato attuale, l’OMS raccomanda a tutte le persone che lavorano a contatto con animali, e particolarmente in allevamenti suinicoli e avicoli, di vaccinarsi contro l’influenza stagionale per ridurre eventuali rari casi di co-infezione e il potenziale rischio di riassortimento, ossia mescolanza di frammenti genici tra virus diversi e possibile rapida acquisizione di capacità di trasmissione da uomo a uomo.

Influenza Aviaria: deriva genetica e riassortimento

L’influenza aviaria è una malattia virale diffusa in tutto il mondo in grado di contagiare quasi tutte le specie di uccelli. Può essere ad alta o bassa patogenicità (rispettivamente HPAI e LPAI), a seconda delle caratteristiche molecolari del virus coinvolto e della sua capacità di provocare morbilità e mortalità nei polli. Nelle forme altamente patogene la malattia insorge in modo improvviso e può condurre alla morte rapida nella maggior parte dei casi.

Una caratteristica importante è rappresentata dall’instabilità del virus

Le riserve naturali dei diversi sottotipi di virus sono rappresentate dalle anatre selvatiche che solitamente non si ammalano ma che entrando in contatto con allevamenti di polli e tacchini trasmettono l’infezione causando in questi ultimi malattia con conseguenze importanti sia per l’eventuale tasso di mortalità sia per il forte impatto economico dato dall’adozione di misure di eradicazione e restrizione al commercio nelle zone in cui si verificano i casi. Una caratteristica importante è rappresentata dall’instabilità del virus, per cui anche i ceppi a bassa patogenicità possono mutare in forme altamente patogene, soprattutto dopo aver circolato anche per brevi periodi in una popolazione di polli. L’instabilità genetica consiste in una serie di mutazioni durante la replicazione del genoma virale e nel fatto che non vi siano meccanismi di correzione. Questo fenomeno viene detto deriva genetica e riguarda tutti i virus influenzali di tipo A, compresi quelli tipici della specie umana, e comporta un’intensa attività di sorveglianza dedicata al monitoraggio di questi cambiamenti al fine di attuare pratiche di prevenzione.

Esistono quattro tipi di virus influenzali: A, B, C e D. I virus influenzali A infettano l’uomo e diversi animali, come uccelli, suini, cavalli e cani. Sono gli unici virus influenzali noti per causare pandemie influenzali. Una pandemia può verificarsi quando emerge un nuovo e diverso virus dell’influenza A che infetta le persone, ha la capacità di diffondersi efficacemente e contro il quale esiste poca o nessuna immunità. In base alla specie interessata dal tipo A, la malattia prende il nome della specie stessa, influenza umana, aviaria, suina e così via.  Il tipo B circola tra le persone e causa epidemie stagionali. Le infezioni da virus dell’influenza C generalmente causano malattie lievi e non si ritiene che causino epidemie umane. I virus dell’influenza D colpiscono principalmente i bovini e non sono noti per infettare o causare malattie nelle persone.

I virus dell’influenza A sono divisi in sottotipi basati su due proteine di superficie del virus: emoagglutinina (H) e neuraminidasi (N). Sono noti 18 diversi sottotipi di emoagglutinina e 11 diversi sottotipi di neuraminidasi (da H1 a H18 e da N1 a N11). Gli attuali sottotipi di virus dell’influenza A che circolano abitualmente tra le persone includono A(H1N1) e A(H3N2). Mentre in natura sono state identificate più di 130 combinazioni di sottotipi di influenza A, principalmente da uccelli selvatici, ci sono potenzialmente molte più combinazioni di sottotipi di influenza A data la propensione al riassortimento del virus. Il riassortimento è un processo mediante il quale i virus influenzali scambiano segmenti genici. Il riassortimento può verificarsi quando due virus influenzali infettano contemporaneamente un ospite e scambiano informazioni genetiche.

Un esempio di riassortimento è quello che ha portato alla pandemia influenzale del 2009-2010 denominata influenza suina che, diffondendosi dal Messico, ha causato migliaia di morti e milioni di contagi nel mondo. Il virus, un nuovo ceppo di H1N1, trasmissibile da uomo a uomo, era frutto di un riassortimento tra tre diversi virus influenzali: suino, aviario e umano.

Influenza aviaria H5N1 in Europa e Italia

A dicembre 2022 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato il report scientifico relativo ai focolai di influenza aviaria accertati in 27 Stati europei nel trimestre compreso tra il 10 settembre e il 2 dicembre 2022. I focolai riguardano tre categorie di uccelli: volatili in allevamenti destinati al consumo alimentare umano, volatili domestici in cattività per uso diverso da quello alimentare, volatili selvatici. In totale risultano 1.162 focolai di infezioni ad alta patogenicità (HPAI) di cui il 99% da influenza aviaria H5N1, riguardanti i volatili selvatici per il 53%, volatili da allevamento per il 34% e volatili in cattività per uso non alimentare per il 13%. Tra i paesi più colpiti ci sono Regno Unito, Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Ungheria, Italia e Spagna (Grafico 1). L’origine di questi focolai è attribuibile alla migrazione di uccelli selvatici da paesi del nord est Europa come Russia, Kazakistan e Mongolia.

Grafico 1: numero di focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità, suddivisi per paese europeo, diagnosticati nei volatili da allevamento per il consumo umano, nei volatili in cattività non destinati al consumo umano e nei volatili selvatici, nel periodo compreso tra il 10 settembre e 2 dicembre 2022 (dati estratti dal report trimestrale pubblicato da EFSA)

Nello stesso periodo analizzato sono stati diagnosticati, a livello mondiale, anche 6 casi di influenza aviaria nell’essere umano in 3 paesi: due casi in Spagna da H5N1, tre in Cina da H5N1, H5N6 e H9N2, uno in Vietnam da H5 senza identificazione della neuraminidasi.

L’EFSA ricorda inoltre che l’epidemia da virus di influenza aviaria altamente patogenetica osservata negli uccelli, in tutto il periodo epidemiologico 2021-2022, è la più grande che ci sia mai stata: 2.520 focolai negli allevamenti di 37 paesi europei con 50 milioni di volatili morti per malattia o abbattuti dall’uomo. Il numero è superiore di 1.7 volte rispetto al periodo 2020-2021 e 2.4 volte rispetto al 2016-2017.

Per quanto concerne l’Italia, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) rappresenta il Centro di referenza nazionale e Laboratorio di Referenza Europeo (EURL) per l’influenza aviaria e la Malattia di Newcastle (altra malattia virale degli uccelli domestici e selvatici sostenuta da un Paramyxovirus). Tra le varie attività esercitate con il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ci sono quelle di confermare le diagnosi di infezione e di caratterizzazione molecolare e biologica dei virus emergenti. Vengono pubblicate periodicamente le informazioni sulla situazione epidemiologica dell’influenza aviaria in Italia.

L’aggiornamento al 28 dicembre 2022 mostra 30 focolai di infezione ad alta patogenicità nel pollame domestico, tutti sostenuti da virus H5N1. Le regioni interessate sono il Veneto con 19 focolai, Lombardia 7, Emilia-Romagna 3 e Friuli-Venezia Giulia 1. Per quanto riguarda i volatili selvatici, in data 28 febbraio 2023, i focolai sostenuti da virus ad alta patogenicità H5N1 sono stati 105 con la maggioranza dei casi nelle regioni del nord Italia e con 2 casi in Sardegna e 1 in Umbria. Gli uccelli interessati sono stati in molti casi il Gabbiano comune, il Cigno reale e il Germano reale. In altri casi sono state interessate la Poiana comune, il Fenicottero rosa, il Falco pellegrino e l’Alzavola.

Può interessarti

Carmine Iorio
Laureato in Farmacia. Dottorando in Etica della Comunicazione, della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica, Università degli Studi di Perugia