Vaccinazione antinfluenzale, in Italia manca una visione d’insieme

La vaccinazione antinfluenzale negli ultimi anni non ha mai raggiunto il 25% di copertura della popolazione generale, un obiettivo ben lontano dal minimo raccomandato. Uno studio di Sda Bocconi indaga la situazione e le cause

In Italia le persone a cui è fortemente raccomandata la vaccinazione antinfluenzale sono oltre 24 milioni. Il nostro Paese per la stagione 2022-2023 ha acquistato circa 16 milioni di dosi.

Sono questi i risultati di uno studio condotto da Sda Bocconi e curato da Francesca Lecci (Associate Professor of Practice e Direttore Emmas -Executive Master in Management delle Aziende Sanitarie e Socio-Assistenziali), Niccolò Cusumano (Associate Professor of Practice e Osservatorio Masan) e Laura Giudice (Junior Lecturer).

Il lavoro è partito dall’osservazione che, ad eccezione della campagna 2020-21, i tassi di copertura vaccinale non sono cresciuti come sarebbe raccomandato.

Francesca Lecci

“Ci siamo concentrati sull’aspetto dell’organizzazione delle campagne vaccinali dall’acquisto fino alla somministrazione, provando a cercare dei dati che aiutassero a spiegare la crescita molto limitata dei tassi di copertura vaccinali”, afferma Francesca Lecci, che ha coordinato lo studio.

Due i presupposti di partenza:

  • non vaccinarsi costa, non solo in giorni di lavori persi, ma anche di vite umane, ricoveri e in generale effetti a medio e lungo termine che l’influenza genera soprattutto nei pazienti cronici;
  • cosa succede in altri Paesi, dove si definisce meglio il target di popolazione che ha bisogno del vaccino.

E, di conseguenza, due le domande a cui il lavoro ha cercato di rispondere:

  1. l’Italia compra un numero di vaccini sufficienti a raggiungere i tassi raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Ministero della Salute?
  2. al di là dei volumi, il mix di vaccini è coerente con il tipo di fabbisogno?

Frammentazione della somministrazione

L’Organizzazione mondiale della Sanità stabilisce come obiettivo minimo di copertura il 75% della popolazione target

L’Organizzazione mondiale della Sanità stabilisce come obiettivo minimo di copertura il 75% della popolazione target. Il traguardo ottimale sarebbe raggiungere il 95%. In Italia la vaccinazione antinfluenzale è fortemente raccomandata agli over60, ai malati cronici, alle donne incinte, ai bambini con meno di sei anni d’età e ad alcune categorie professionali (sanitari, vigili del fuoco, polizia), oltre che ai donatori di sangue. Il vaccino è comunque a disposizione di chiunque desideri proteggersi contro l’influenza, che ogni anno è responsabile in Europa di un numero di decessi che oscilla tra i 15.000 e i 70.000.

In Italia dal 2000 esiste InfluNet, un sistema di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza a cura dell’Istituto superiore di sanità con il sostegno del Ministero della Salute. La Rete si avvale del contributo dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, dei referenti presso le Asl e le Regioni e della rete dei Laboratori di riferimento regionale per l’influenza. Sul portale è possibile accedere ai report periodici che monitorano l’andamento dei contagi per la stagione in corso.

Le informazioni sui vaccini acquistati e sulle modalità di somministrazione, invece, sono meno trasparenti.

Negli anni abbiamo moltiplicato i canali di somministrazione – osserva Lecci – Oggi possiamo vaccinarci nelle farmacie, nei vecchi hub vaccinali anti-Covid, nei centri vaccinali delle Asl, dai medici di medicina generale, nelle Rsa… Però non abbiamo a disposizione i dati sul canale preferito dalla popolazione target. Sarebbero informazioni preziosissime per capire per esempio se gli anziani cercano la prossimità, si fidano del medico di famiglia anche se meno vicino rispetto alla farmacia, oppure se hanno bisogno del centro vaccinale dove possono per esempio ricevere anche l’antipneumococcico”.

Dal 2013 a oggi il tasso vaccinale medio della popolazione generale in Italia è stato tra il 15% e il 20%

Il dato certo riguarda l’andamento delle coperture negli anni scorsi: dal 2013 ad oggi, il tasso vaccinale medio della popolazione generale in Italia è stato tra il 15% e il 20% circa della popolazione. È stato registrato un miglioramento nelle ultime nove stagioni per quanto riguarda i soggetti anziani, con tassi di copertura che vanno dal 50% al 60% della coorte over-65 (con l’eccezione della stagione 2020-21, che ha raggiunto un picco del 69%)

Anche a livello regionale, sono poche le aree che si sono avvicinate al 30% di copertura della popolazione generale, risultato raggiunto solo nel corso della stagione 2020-2021 per poi registrare – in tutte le Regioni – performance meno brillanti nella stagione 2021-2022.

Mancano i dati in tempo reale

Ogni anno, nel mese di febbraio, l’Oms stima quali saranno i ceppi che circoleranno di più durante la stagione influenzale successiva nell’emisfero Nord. Il Ministero della Salute fa proprie queste informazioni e produce a sua volta un documento con le raccomandazioni per quanto riguarda il nostro Paese.

Per le ultime 13 stagioni è stato necessario attendere in media 149 giorni (quasi 5 mesi) per la pubblicazione della Circolare contenente le raccomandazioni del Ministero della Salute – riassume Lecci – La stagione 2021-2022 costituisce un caso eccezionale, in quanto si è atteso solo poco più di un mese (41 giorni); per la stagione attualmente in corso, l’attesa è stata di 131 giorni (4 mesi circa)”.

Prima del Covid le Regioni indicevano le gare per l’acquisto dei vaccini antinfluenzali a maggio o giugno, basandosi sullo storico degli anni precedenti. Stessa cosa faceva l’industria, che non aveva più il tempo necessario per produrre quantitativi diversi da quelli che aveva in casa e che si basavano a loro volta sulle richieste pervenute in passato.

“La pandemia ha fatto sì che le Regioni accelerassero questa fase: ora le gare vengono indette nel mese di marzo. Il problema? Mancano le indicazioni del Ministero della Salute”.

Eppure due anni fa le raccomandazioni sono uscite dopo 41 giorni: “Gli anni del Covid sono stati eccezionali: oltre a somministrare sia l’antifluenzale che il vaccino contro SarS-CoV2, il Ministero aveva predisposto una piattaforma aggiornata in tempo reale per fascia d’età in grado di tracciare che tipologia di vaccino era stato somministrato e a quale paziente. Questo livello di dettaglio sull’influenza non ce l’abbiamo”.

La vaccinazione viene segnata sul fascicolo sanitario del paziente, ma mancano la visione d’insieme e la lettura tempestiva del dato

La vaccinazione viene infatti segnata sul fascicolo sanitario del paziente, ma mancano la visione d’insieme e la lettura tempestiva del dato: “Tra un mese le Regioni indiranno le gare per gli acquisti senza sapere come è andata la stagione 2022-23 – afferma Lecci – Questo dato sarà disponibile solo a luglio, quando ormai sarà tardi”.

Gli esperti di Sda Bocconi hanno rilevato un deficit di regia: “Non significa che in Italia vacciniamo male, ma ci limitiamo a migliorare di poco quanto fatto l’anno precedente – osserva Lecci – Anche per questo i numeri non crescono come vorremmo”.

Ragionare in modo proattivo

Tra i problemi individuati, la carenza di campagne di comunicazione nei confronti dei cittadini: “Nel linguaggio manageriale parliamo di logica ‘push’ per descrivere quanto succede oggi nel nostro Paese: la richiesta arriva dal basso, da parte delle persone che si sono sempre vaccinate e continuano a farlo. Tuttavia, la letteratura scientifica concorda nell’affermare che la prevenzione è un’attività che va organizzata con una logica ‘pull’: bisogna convincere i cittadini che non si sono vaccinati, gli anziani, i fragili… fornendo loro un’offerta completa. Questo passaggio in Italia non c’è ancora stato”.

Lo studio di Sda Bocconi evidenzia una certa farraginosità nella gestione della somministrazione: “Manca la ricerca attiva del cittadino che si deve vaccinare e non c’è coordinamento per quanto riguarda le modalità di somministrazione”.

Il vaccino antinfluenzale è percepito come qualcosa che interessa solo la popolazione anziana

Una campagna informativa potrebbe anche far superare una volta per tutte lo stigma di cui gode l’influenza e di conseguenza il vaccino: la malattia è sottovalutata, spesso considerata poco più di un raffreddore. Il vaccino, per contro, è percepito come qualcosa che interessa solo la popolazione molto anziana.

“Con il Covid abbiamo imparato che la protezione non è solo per noi stessi, ma anche per chi ci vive attorno: se nella nostra famiglia abbiamo una persona fragile, è tutto il nucleo a doversi vaccinare per proteggerla. Eppure, questa misura di puro buonsenso non viene applicata nel caso dell’influenza”, osserva Lecci.

L’altro aspetto riguarda la personalizzazione del vaccino: “In Germania, per esempio, a tutti gli over65 viene somministrata una versione potenziata dei vaccini. È stato dimostrato che, nelle persone anziane e nei fragili, questa composizione è più efficace rispetto alla dose standard”.

In Italia ci sono circa 14 milioni di persone che rientrano nella categoria di fragili, ma il nostro Paese ha acquistato solo 6 milioni di vaccini potenziati. “Non significa che restino scoperte 8 milioni di persone, ma che saranno trattate con il vaccino standard”.

La visione sul lungo periodo

Una migliore programmazione permetterebbe di essere più aderenti al fabbisogno e di intercettare un maggior numero di cittadini

Una migliore programmazione permetterebbe di essere più aderenti al fabbisogno e di intercettare un maggior numero di cittadini. In assenza di indicazioni particolari, invece, come detto le Regioni per i loro acquisti si rifanno allo storico e alla propria esperienza.

“I vaccini potenziati costano di più. Abituate a ragionare a silos e con il budget di risorse disponibili per la vaccinazione sempre più o meno uguale, le Regioni sono in grado di spostare in modo significativo l’ammontare – riflette Lecci – Abbiamo calcolato che se acquistassimo più vaccini di questo tipo, mirati per tipologia di popolazione e per fasce d’età, dando per esempio quelli più costosi ai superfragili, questo farebbe crescere il budget destinato alla vaccinazione antinfluenzale da 180 milioni a 260 circa. Abbiamo stimato che le sole ospedalizzazioni per influenza costino circa 100 milioni l’anno. Senza contare l’impatto della malattia sul territorio o le complicanze, cioè le persone che non sono ospedalizzate in fase influenzale, ma per problemi cardiologici o respiratori legati alla malattia. Sarebbe importante smettere di ragionare nel breve periodo e avere una visione d’insieme proiettata sul futuro”, conclude l’esperta.

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista