La filiera farmaceutica è una dei settori più rilevanti di un Paese, non solo per le implicazioni di carattere economico e occupazionale ma soprattutto per il ruolo sociale essenziale. In questa catena, la distribuzione dei farmaci presenta alcune peculiarità che ne accrescono la complessità: regolamentazione più stringente; servizio di pubblica utilità, che impone di garantire la reperibilità dei farmaci in commercio, la tempestività delle consegne e un’attenta gestione delle scorte; le caratteristiche intrinseche dei prodotti e la massima attenzione alla sicurezza, garantita con un sistema di tracciabilità che permette anche la pronta identificazione di prodotti contraffatti o provenienti da canali illegali.
La catena è fatta di numerosi anelli. Quando non “dialogano”, si creano disservizi a valle a danno del cittadino-paziente, come ad esempio carenze temporanee di determinati prodotti. Nel tempo, associazioni di settore quali Assoram hanno segnalato come, oltre a prepararsi a emergenze come la pandemia e il caro energia, per far sì che la catena non si spezzi sia necessario ragionare con un linguaggio omogeneo rispetto all’Europa e, già prima, con un linguaggio comune anziché con venti diversi linguaggi regionali. Non è però questa la direzione in cui stiamo andando, anzi, perché il 2023 è l’anno dell’autonomia differenziata. È questo il problema principale? Quali altre possibili chiavi di lettura?
Ne parliamo con:
- Mila De Iure
Direttore Generale Assoram - Carlo Riccini
Vicedirettore Generale, Centro Studi e Piccola Industria di Farmindustria
Conduce:
- Adriana Riccomagno
Giornalista professionista in ambito sanitario