Real World Evidence: i dati che fanno risparmiare la sanità e riducono le liste d’attesa

È di oltre 4.000 euro la spesa per la gestione di un paziente con problemi cardiologici di fibrillazione atriale che si sottopone alla procedura di ablazione transcatetere, contro gli oltre 5.000 euro di chi non utilizza questa tecnologia. Inoltre, nei tre anni successivi alla procedura di ablazione si riducono significativamente i ricoveri per eventi cardiovascolari con evidente impatto sulla riduzione dei costi nella cura di questi pazienti. Infine, il tasso di mortalità è significativamente ridotto nei pazienti che ricevono l’ablazione rispetto a coloro che vengono trattati solamente con farmaci. Queste sono solo alcune delle evidenze che emergono da uno studio sulla real world evidence presentato oggi a Roma e svolto da Clicon, società benefit che si occupa di health economics in collaborazione con il professor De Ponti, Past president Aiac, Associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, con il contributo incondizionato di Confindustria Dispositivi Medici.

“Questo studio – ha dichiarato Nicola Barni, presidente di Assobiomedicali di Confindustria Dispositivi Medici – dimostra che la tecnologia genera risparmi e quando ben utilizzata contribuisce a un SSN sostenibile. Misurare l’innovazione in base al costo della singola prestazione non ha senso, è necessario piuttosto focalizzarsi sul processo. E la metodologia usata della real world evidence è assolutamente replicabile. L’obiettivo è una programmazione efficiente ed efficace del sistema sanitario attraverso la costruzione di un procurement innovativo in grando di valutare l’impatto dei processi e della tecnologia sull’intero percorso di cura del paziente. In tutto questo – prosegue Barni – l’Hta può avere un ruolo fondamentale. Valorizzando le informazioni che si hanno, si potrebbero utilizzare le tecnologie a disposizione in modo più appropriato, facendo risparmiare al servizio sanitario, decongestionando gli ospedali e riducendo le liste d’attesa. Si creerebbe così un ecosistema che permetterebbe di prendere decisioni di politica sanitaria quali la revisione dei percorsi assistenziali, la revisione dei DRG e LEA, l’investimento nella prevenzione e l’implementazione del value based procurement”.

Lo studio “Evaluation of the Impact of Catheter Ablation Procedure on Outcomes and Economic Burden in Patients with Atrial Fibrillation: Real-World Data from Italian Administrative Databases” è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Healthcare. Nell’analisi viene preso in considerazione l’impatto economico e sanitario della procedura di ablazione transcatetere per i pazienti con fibrillazione atriale. Si basa sull’analisi dei real world data, ovvero su dati e informazioni reali relativi allo stato di salute dei pazienti e ai servizi sanitari erogati che sono generalmente accessibili attraverso il database delle strutture sanitarie, le SDO o il fascicolo sanitario elettronico. Quest’analisi permette una valutazione mirata e appropriata dei processi di cura e della tecnologia a disposizione, ponendo le basi anche per una programmazione efficiente ed efficace del sistema sanitario e della salute del cittadino.

“Per l’analisi si è scelta una patologia a grande impatto – ha dichiarato Roberto De Ponti, Past President AIAC-Associazione italiana aritmia e cardiostimolazione -, sia per la salute sia per quanto riguarda l’aspetto economico: la fibrillazione atriale è, infatti, l’aritmia più comune, con una prevalenza del 3% nella popolazione generale, che va oltre il 10% per i pazienti anziani. Dallo studio emerge inoltre che l’ablazione transcatetere è associata a una riduzione significativa nell’uso di farmaci antiaritmici nei 3 anni successivi all’ablazione, oltre che a una significativa diminuzione della spesa sanitaria totale, principalmente correlata alla riduzione delle ospedalizzazioni dopo l’ablazione. Paradossalmente, però, la procedura di ablazione transcatetere di fibrillazione atriale è sottoutilizzata in Italia rispetto agli altri Paesi europei ed è necessario quindi ripensare il processo di cura di questi pazienti”.

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