La responsabilità medica alla prova della legge (che è incompleta)

Varata sei anni fa, la legge Bianco-Gelli non è pienamente attuata a causa della mancanza di decreti attuativi. Il ministero della Giustizia ha istituito una Commissione per lo studio delle criticità della colpa medica. In attesa di una riforma, abbiamo fatto il punto sull’impatto che l’attuale legge ha sui medici e sul Ssn

Quando è stata approvata è stata salutata come una legge lungimirante, che sarebbe intervenuta sulla responsabilità sanitaria tutelando sia il medico sia il paziente. 

A distanza di 6 anni, però, mancano i decreti attuativi che sarebbero necessari per renderla pienamente operativa.

È la legge Bianco-Gelli: varata nel 2017, prevede da un lato che i professionisti si attengano a linee guida elaborate da enti e istituzioni e dalle società scientifiche e disciplinate con decreto dal Ministro della salute. In questo contesto, il medico non può essere punito per imperizia se si è attenuto alle raccomandazioni pubblicate.

Dall’altro lato il sanitario che si è comportato in modo conforme alle linee guida non è più sottoposto a sanzioni penali per colpa lieve, ma viene punito solo in caso di colpa grave, ferma restando la prevenzione del rischio sanitario.

Il testo prevede inoltre l’obbligo di predisporre un’adeguata copertura assicurativa per ogni professionista per gli eventuali risarcimenti derivanti da colpa grave e quella per le strutture.

Obiettivo: ridurre i costi legati alla medicina difensiva (che si stima costi al Ssn 11 miliardi di euro all’anno) e le pratiche opportunistiche, mantenendo ferma la tutela del paziente (e quella del medico).

Depenalizzazione in salita

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha istituito un tavolo per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica e per rivedere la legge Bianco-Gelli.

L’intenzione è avere un’idea precisa del quadro normativo e delle maggiori criticità, per muoversi di conseguenza in base alle informazioni raccolte. Tuttavia, i sindacati lamentano la carenza di aggiornamenti sull’andamento dei lavori.

Quasi impossibile depenalizzare la responsabilità medica

A differenza del ministro della Salute Orazio Schillaci, che aveva detto si sarebbe impegnato nella depenalizzazione della responsabilità medica, Nordio fin dall’insediamento della Commissione è stato più cauto: “Mi rendo conto che è molto difficile per non dire impossibile una depenalizzazione del reato di colpa medica – aveva dichiarato all’epoca – perché bisognerebbe intervenire sulla struttura complessiva di omicidio e lesioni colpose, della responsabilità omissiva, del nesso di causalità e via dicendo. Tuttavia, si può ridurre la possibilità di aggredire gli operatori sanitari con denunce e cause civili: il paziente è il primo interessato ad avere un medico che operi in serenità”.

È recentemente approdato alla Commissione Giustizia della Camera un disegno di legge presentato da alcuni deputati della Lega, con prima firmataria Simonetta Matone, che va nella direzione opposta a quella auspicata dalle associazioni di categoria, limitando il potere delle linee guida in caso di lesioni gravi.

Pierino Di Silverio, Segretario nazionale di Anaao Assomed, in una nota ha parlato di “idee strampalate”, sottolineando che “depenalizzare l’atto medico non significa sottrarsi a eventuali responsabilità, bensì prendere atto che il medico non può essere sottoposto a tre tribunali (ospedaliero, ordinistico e civile) e che per giudicare non si può partire da una presunzione di colpevolezza”.

“Il numero di contenziosi è elevatissimo, ma in oltre il 90% dei casi si riduce con una non condanna del medico – rileva Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed – Spesso si tratta di problemi di natura organizzativa”.

Il modello francese

E se il timore di un contenzioso legale può spingere un medico a prescrivere visite ed esami in un numero superiore a quanto sarebbe necessario, che cosa dire per chi deve entrare in sala operatoria? “Purtroppo questa “cattiva aria” ha un impatto”, afferma Marco Scatizzi, presidente dell’Acoi, l’Associazione chirurghi ospedalieri italiani.

“I più anziani vanno in sala operatoria preoccupati – prosegue -, mentre i giovani scelgono altre branche con meno contenziosi e più disponibilità per quanto riguarda la libera professione, quindi con stipendi più alti, meno azioni legali e orari più umani”.

Anche se facciamo tutto bene purtroppo in sala operatoria le cose possono andare male

Senza contare che “ospedali e chirurghi sono diventati istituzioni non assicurabili – afferma Pierluigi Marini, past president di Acoi – Gli ospedali molto spesso sono privi di copertura considerati – con la chirurgia – ad alto rischio. Poiché le compagnie assicurative considerano il rischio d’impresa non accettabile, le gare per assicurare gli ospedali vanno deserte“.

L’Italia e la Polonia sono gli unici due Paesi in Europa a prevedere sanzioni penali per gli errori medici.

L’Acoi, con il proprio ufficio legale, ha prodotto un documento con alcune proposte che sono state consegnate e relazionate alla Commissione Nordio. “Di fatto abbiamo proposto un modello alla francese basato sul riconoscimento di un indennizzo per l’area terapeutica – spiega Scatizzi – Questo perché anche se facciamo tutto bene purtroppo le cose possono andare male in sala operatoria. In casi come questo non ha senso risarcire, poiché non c’è colpa, ma è corretto fornire un indennizzo”.

Dal 2005 l’Alto Adige sta sperimentando un sistema di indennizzo alla francese nell’ambito di commissioni conciliative regionali che favoriscono accordi stragiudiziali.

Quando l’intelligenza collettiva viene in aiuto

Un team di ricerca del Max Planck Institute for Human Development, dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr e della Norwegian University of Science and Technology ha sviluppato un approccio basato sull’intelligenza collettiva per aumentare l’accuratezza delle diagnosi mediche: emerge che una soluzione completamente automatizzata aumenta significativamente l’accuratezza diagnostica.

Mettere insieme le diagnosi di più medici migliora l’esito del consulto, ma combinare i diversi riscontri non sempre è semplice.

I ricercatori hanno hanno testato la loro soluzione su 1.333 casi medici, ognuno dei quali è stato diagnosticato in modo indipendente da 10 medici. La soluzione collettiva ha aumentato in modo sostanziale l’accuratezza diagnostica: i singoli partecipanti hanno raggiunto il 46% di accuratezza, mentre l’unione delle decisioni di 10 partecipanti ha aumentato l’accuratezza fino al 76%.

I miglioramenti sono stati osservati per tutte le specialità mediche, i sintomi principali e i livelli di inquadramento dei partecipanti.

L’intelligenza collettiva grazie all’Ai ha aumentato l’accuratezza delle diagnosi mediche fino al 76%

Sebbene si sapesse che l’intelligenza collettiva aumenta l’accuratezza delle decisioni in molti settori (previsioni geopolitiche, investimenti, diagnostica in radiologia e dermatologia…), finora era stata applicata a decisioni relativamente semplici. 

Le applicazioni a problemi più complessi e aperti, come la gestione delle emergenze o la diagnostica medica generale, presentano difficoltà nell’integrare input non standardizzati provenienti da persone diverse.

Grazie all’intelligenza artificiale questi limiti, almeno nello studio comparso su Pnas, sembrano superati.

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista