«La carenza di istituzioni accademiche nel settore medico e farmaceutico rappresenta una sfida significativa che richiede un’attenzione continua»
Il Lussemburgo emerge come un caso interessante e peculiare ragionando di servizi sanitari europei. Con una popolazione di circa 653mila abitanti, in grande aumento negli ultimi vent’anni, il Paese affronta le sfide e le opportunità legate alla gestione dei servizi sanitari in un contesto di crescita dinamica e di trasformazione sociale. È bene notare come il Lussemburgo sia il primo Paese, in Europa, in termini di spesa sanitaria pro capite, ma con il 5,7% nel rapporto tra spesa sanitaria e PIL, si posiziona all’ultimo posto su questo parametro.
A TrendSanità ne parla il farmacista Xavier Schoubben, un professionista con vent’anni di esperienza nel sistema sanitario lussemburghese. Schoubben condivide punti di forza e di debolezza del sistema sanitario del Paese, offrendo uno sguardo privilegiato all’accesso alle cure mediche, alle sfide finanziarie e alle prospettive future.
Il servizio sanitario del Lussemburgo, dunque, è fondato su un regime d’assicurazione sanitaria obbligatoria noto come Caisse d’Assurance Maladie. Un elemento chiave di questo sistema è rappresentato dalla Caisse Nationale de Santé (CNS), o Fondo Sanitario Nazionale, che garantisce a ogni cittadino un’assicurazione sanitaria obbligatoria. Il sistema prevede l’affiliazione automatica per i lavoratori dipendenti, gestita dai datori di lavoro, mentre ci sono disposizioni specifiche per coloro che si trovano al di fuori del mercato del lavoro.
Denaro e accessibilità, i punti di forza del Paese
Schoubben evidenzia il notevole vantaggio finanziario derivante dalla crescita della popolazione e dall’apporto dei lavoratori frontalieri, che contribuiscono al sistema sanitario senza gravarne in modo completo sulle risorse: «Circa 700mila persone vivono in Lussemburgo, 20 anni fa erano solo 450mila (+55%). Inoltre, circa 226mila persone attraversano il confine ogni giorno. Queste persone contribuiscono al sistema sanitario e pagano le tasse ma non vivono nel Paese – continua il farmacista –. Questi lavoratori frontalieri possono utilizzare il sistema sanitario ma ad esempio, i loro figli non vanno a scuola in Lussemburgo, non utilizzano le infrastrutture perché lasciano il Paese ogni sera per quello di origine (tra i più comuni, Belgio, Francia e Germania). Quindi, l’ammontare di denaro disponibile per il sistema sanitario è certamente superiore rispetto ad altri paesi europei».
Inoltre, il Paese garantisce l’accessibilità universale alle cure mediche «anche se non hai un lavoro, puoi comunque essere coperto dal sistema sanitario. Se sei al di fuori del sistema, ci sono anche alcune associazioni che aiutano i gruppi vulnerabili» spiega il professionista sanitario.
«Il paziente viene rimborsato entro due settimane, ma alcune persone hanno problemi di liquidità e anticipare quelle somme sta diventando un problema»
Nonostante i vantaggi finanziari, Schoubben identifica nella mancanza di una lunga tradizione medica del Lussemburgo uno dei punti deboli del sistema sanitario. La carenza di istituzioni accademiche nel settore medico e farmaceutico rappresenta una sfida significativa che richiede un’attenzione continua: «La tradizione medica in Lussemburgo non è rodata come in altri Paese europei. In Lussemburgo non ci sono le facoltà di medicina o farmacia, ad esempio».
La sostenibilità finanziaria e la sfida logistica
Negli ultimi due anni, con il Paese che affronta il deficit di bilancio, il Governo si trova di fronte a nuove sfide; nonostante ciò, Schoubben afferma: «Questo è un problema nuovo per il Lussemburgo, il Governo sta osservando l’evolversi della situazione, e il suo rientro, perché il bilancio è in deficit solo da due anni».Considerando altre questioni su cui il Governo sta riflettendo, come il tema caldo dei rimborsi delle cure mediche, «l’unica soluzione che viene avanzata è quella di ridurre il prezzo che il paziente deve pagare quando va dal medico. Il paziente viene comunque rimborsato entro due settimane, ma alcune persone hanno problemi di liquidità e anticipare quelle somme sta diventando un problema – aggiunge il farmacista –. La CNS vorrebbe avere per i medici lo stesso sistema che ha per le farmacie: il paziente paga solo la sua parte che viene rimborsata automaticamente e immediatamente. Ma il Governo sta ancora discutendo di questo con i medici. Dovrebbe essere fatto nei prossimi due o al massimo tre anni».
Il Lussemburgo, nonostante le dimensioni modeste, ha una superficie doppia rispetto a quella di Roma, e affronta un’interessante sfida logistica nel garantire un accesso equo ai servizi sanitari in tutto il territorio nazionale: «La densità di popolazione è piuttosto alta in Lussemburgo. La maggior parte dei cittadini vive nel centro e nel sud del Paese, potrebbe essere più difficile trovare un ospedale nel nord… – continua Schoubben –. Ma vorrei ricordare le dimensioni del Paese: più o meno 2.600 km quadrati, al massimo ci sono 55 km da ovest a est e 110 km da nord a sud. Il Lussemburgo ha 13 ospedali. Un ospedale non sarà mai così irraggiungibile».
Nell’Europa del domani non lasciamo indietro i farmacisti
Guardando al futuro, ogni Paese sottolinea l’importanza dell’efficienza nel sistema sanitario, incoraggiando i pazienti a essere più responsabili nell’uso dei farmaci e promuovendo un approccio più sostenibile e collaborativo per garantire cure mediche di alta qualità per tutti i cittadini. In una delle note conclusive, Schoubben sottolinea: «Non dimentichiamoci dei farmacisti. Abbiamo giocato un ruolo chiave durante la pandemia da covid-19, ora più che mai bisogna incoraggiare i pazienti a essere più responsabili nell’uso dei farmaci, pensiamo all’uso degli antibiotici e del crescente pericolo dell’antibiotico resistenza. Una sfida per l’Europa del domani».
Da sottolineare, infine, la questione dell’approvvigionamento dei farmaci e della medicina nella dimensione europea, tutti risvolti che sono emersi chiaramente durante la pandemia. Nodi cruciali da affrontare con determinazione e visione su cui Schoubben conclude le sue considerazioni: «Per i farmaci la concorrenza tra gli Stati europei è troppo grande. Le aziende farmaceutiche possono vendere gli stessi prodotti a prezzi molto diversi in ciascun Paese, questo meccanismo continuerà a favorire Paesi dove gli interessi delle aziende sono maggiori. L’Europa dovrebbe essere più forte – come lo è stata durante la pandemia – continuando ad insistere su un prezzo europeo per i farmaci. La medicina non dovrebbe essere un valore commerciale. Ogni paziente in Europa dovrebbe avere le stesse possibilità».