La Lean Organization rappresenta un approccio innovativo di cui si discute sempre più anche in campo sanitario, per i vantaggi che una corretta applicazione potrebbe consentire in questo settore, nell’ottica di migliorare la qualità dei servizi erogati e di razionalizzare il consumo di risorse. Per un vero cambio di paradigma, servono motivazioni molto forti e un ambiente propenso al cambiamento: in questo senso, la pandemia di Covid-19 ha fatto innescare una serie di innovazioni repentine, generate dall’emergenza ma da implementare nella cosiddetta “nuova normalità” post-Covid. Sarà l’occasione giusta per incrementare il ricorso alla Lean Organization in sanità anche nel nostro Paese? Ne parliamo con il professor Angelo Rosa, Direttore Laboratorio Lean & Value Based Management in Healthcare dell’Università LUM.
Professor Rosa, partiamo dalle basi: che cosa si intende per Lean Organization in sanità? Quali sono i concetti chiave e quale situazione c’è oggi in Italia?
Nell’epoca del risparmio a tutti i costi, della continua e incessante lotta agli sprechi e della ricerca della massima efficienza, l’attuale situazione del settore della sanità non poteva che essere notata e studiata per alcune inefficienze presenti al suo interno. La pandemia che stiamo vivendo ha messo in luce le numerose falle organizzative presenti nel nostro Sistema Sanitario; le interminabili liste d’attesa, la difficoltà organizzativa nella campagna vaccinale, la disorganizzazione nella gestione dei pazienti, la duplicazione di visite, la scarsa integrazione ospedale-territorio sono solo alcuni dei tanti elementi che rendono quanto mai necessaria una riorganizzazione strutturale della sanità pubblica.
L’organizzazione del nostro Sistema Sanitario si è dimostrata estremamente vulnerabile, è necessario ripensare le organizzazioni partendo dall’efficientamento delle stesse cercando di accorpare e integrare l’intera filiera del sistema salute. Una risposta a questa necessità può essere l’applicazione del metodo della Lean Organization che ha come presupposto l’eliminazione degli sprechi attraverso una corretta mappatura dei flussi volti ad un efficientamento dei servizi erogati.
La Lean è un approccio manageriale che include metodi, procedure e strumenti volto alla comprensione di ciò che il paziente ritiene importante e che consente di riorientare i processi organizzativi, siano essi primari o secondari, verso il raggiungimento delle migliori performance di valore.
L’applicazione della Lean in sanità ci porta ad evidenziare alcuni tra i principali sprechi, detti “muda”, quali la sovrapproduzione che si verifica ogni volta che si decide di produrre più delle quantità richieste; le attese che possono essere relative oltre che al personale, anche ai processi amministrativi e generali; il trasporto, inteso non solo dei materiali ma anche di pazienti e informazioni; i movimenti inutili, come gli spostamenti e le azioni improduttive; i processi che consistono nella riproduzione o duplicazione delle attività; i disservizi e gli errori relativi non solo allo scarto di prodotti difettosi (es. flebo, fiale, ecc.), ma anche ai danni che vengono arrecati ai pazienti in merito ad attività diagnostiche, terapeutiche, interventi chirurgici e carenze professionali; l’inappropriatezza di prestazioni e ricoveri, oltre che di percorsi diagnostici e terapeutici; la mancata innovazione che porta a una dispersione delle risorse; frodi e abusi; l’acquisto di macchinari e strumenti sanitari a costi eccessivi; le complessità amministrative dovute a una burocrazia spesso ingessante che sottrae tempo alle attività “core” del reparto; l’inadeguato coordinamento dell’assistenza, che riguarda quegli sprechi relativi allo scarso setting assistenziale. È importante distinguere le attività generatrici di valore rispetto a quelle che non lo generano e quelle che non generano valore ma sono necessarie per lo sviluppo delle altre attività.
L’obiettivo è orientare i processi organizzativi verso performance di valore
Rispetto ad altre prassi manageriali finalizzate al miglioramento della qualità e delle performance aziendali introdotte con l’avvio del processo di aziendalizzazione del nostro SSN dal 1992 in poi, la diffusione del Lean management è un fenomeno abbastanza recente, basti pensare che nel 2013 erano solo nove le aziende che applicavano il Lean (di cui quattro in fase sperimentale) e che ad oggi in quasi tutte le Regioni ci sono strutture sanitarie che stanno applicando il Lean o che si stanno approcciando alla sperimentazione.
In merito alla conoscenza e alla sperimentazione di questo nuovo modello c’è un grande fermento da parte delle aziende sanitarie: nel solo anno 2020 il nostro Laboratorio Lean della School of Management dell’Università LUM, grazie al contributo del suo gruppo di ricercatori, ha effettuato oltre venti progetti di ricerca/intervento su scala nazionale in ben 12 Regioni italiane.
Nella sua esperienza, quale rapporto può esserci tra la Lean Organization e la Value Based HealthCare? E con quali vantaggi per il sistema sanitario nel suo complesso?
La Lean Organization è un approccio manageriale basato sul process improvement nell’ottica del valore del paziente. Il paradigma mira a migliorare la qualità dei processi organizzativi primari e secondari e a incrementarne la produttività tramite la riduzione degli sprechi; esso si fonda sul concetto di miglioramento continuo e sul coinvolgimento e responsabilizzazione del personale di struttura mediante nuovi modelli decisionali (misti top-down; bottom-up). Mentre il valore del paziente è visto come il principale obiettivo strategico, il personale aziendale è considerato la principale risorsa per il raggiungimento degli obiettivi operativi e al tempo stesso il destinatario del miglioramento. Sebbene l’introduzione e l’implementazione della metodologia a livello micro sia semplice e intuitiva, la disseminazione e l’adozione della stessa a livello meso non è affatto self evident. Senza un mirato e continuo sforzo del top-management e il coinvolgimento attivo basato sul consenso e sulla fiducia dei medici e del management di struttura, l’organizzazione metterebbe a repentaglio i risultati ottenuti nelle prime fasi dell’adozione a livello di singoli processi.
Sebbene la Lean sia stata riconosciuta a livello globale come il paradigma più efficace per il miglioramento dei processi organizzativi, la sua sola implementazione tuttavia non consente di rispondere alla sfida della sostenibilità dei sistemi sanitari perché guarda solo internamente alle organizzazioni e non alle relazioni tra esse. Oltre al livello di gestione intra-organizzativo vi è la necessità di riorganizzare la catena di servizio a livello inter-organizzativo.
ll modello Value Based Healthcare (VBHC) intende superare i limiti della Lean e offrire indicazioni per la definizione di policy di gestione dei provider sanitari a livello macro. Il VBHC è quindi un approccio che, oltre a ribadire la dovuta attenzione ai processi interni, prevede la definizione e l’implementazione di componenti strategiche per il governo della riorganizzazione del sistema sanitario. Il VBHC parte dall’assunto che l’intero settore salute sia caratterizzato da competizione a somma zero e su profondi conflitti di interesse degli stakeholder, motivo per cui le soluzioni per il suo miglioramento devono in primis includere policy maker per creare competizione positiva basata sull’individuazione di un parametro di performance che allinei gli interessi di ogni portatore di interesse. Il VBHC individua nel valore per il paziente l’elemento su cui basare le politiche di riorganizzazione del sistema sanitario, ma amplia e definisce in maniera più approfondita il concetto già espresso dalla Lean scomponendo lo stesso in tre principali elementi (“tier”): outcome clinico, funzionalità e sostenibilità della cura, includendo tra l’altro l’elemento di costo del percorso di cura.
Il valore per il paziente deve rappresentare l’elemento centrale
Secondo il VBHC gli incentivi ai provider devono basarsi sul raggiungimento di alti valori di outcome e non sui volumi delle prestazioni. La trasformazione degli attuali sistemi sanitari in sistemi a valore deve prevedere l’adozione di sei componenti strategiche che insieme compongono la Value Agenda e che includono sia elementi di programmazione sia pianificazione:
- organizzare i percorsi di cura in Integrated Practice unit (IPU);
- implementare sistemi di monitoraggio degli outcome e dei costi;
- passare da pagamenti per singole prestazioni a pagamenti di tipo bundled;
- ricercare l’integrazione tra i provider;
- garantire l’espansione territoriale dei servizi;
- adottare sistemi informativi per il supporto alle decisioni e all’integrazione.
Mentre l’adozione efficace di IPU e di sistemi di misurazione degli outcome e costi richiede a livello aziendale l’implementazione degli strumenti Lean (come ad esempio gli strumenti di mappatura, di analisi delle varianze, di programmazione delle attività, ecc.), l’implementazione degli altri quattro pillar necessita di strumenti e politiche di integrazione a supporto dell’integrazione tra attori pubblici e privati accreditati che caratterizzano i sistemi sanitari (ad esempio la condivisione dei protocolli di integrazione delle cure tra erogatori diversi, l’adozione di tecnologie e sistemi informativi che consentano di coordinare le attività, di integrare e diffondere le informazioni tra i provider, l’organizzazione delle reti ospedaliere in Hub&Spoke, ecc.).
La Lean è un elemento operativo determinante per il successo del VBHC perché consente di raggiungere efficacemente almeno due dei sei obiettivi strategici dalla Value Agenda, perché guida il cambiamento organizzativo e crea infine terreno fertile per una corretta pianificazione strategica. Partendo dalla ricerca della perfezione interna o “ottimo organizzativo”, ai policy maker è quindi richiesto di impegnarsi a garantire le condizioni di sistema che consentano di raggiungere “l’ottimo sistemico”.
Dalle esperienze internazionali sull’adozione della VBHC a livello di singola struttura sanitaria emerge che la Value Agenda nella sua interezza non è ancora stata implementata da nessun provider. Tuttavia molte evidenze restituiscono i benefici dell’adozione delle singole componenti strategiche dell’Agenda. Le IPU e i sistemi di misurazione degli outcome e dei costi hanno un forte impatto sia sugli outcome clinici sia su quelli di processo, inoltre consentono l’attecchirsi della cultura del cambiamento e il superamento delle logiche di silo. La metodologia time-driven activity based costing (TDABC) consente di individuare le aree di spreco e di allocare più efficacemente le risorse, eliminando i colli di bottiglia e semplificando la pianificazione delle attività. All’integrazione dei provider corrisponde l’incremento delle continuità delle cure, un miglior monitoraggio delle condizioni dei pazienti, il miglior coordinamento degli attori fornitori del servizio e la riduzione dei costi legati ai percorsi di cura. I sistemi informativi giocano un ruolo determinante solo se sono progettati per snellire i processi di supporto alle attività di cura e assistenza e consentono l’integrazione verticale e orizzontale dei dati e di tutti gli attori della filiera
La pandemia di Covid-19 ha fatto emergere molte criticità del SSN, a partire dalla mancata integrazione ospedale/territorio e dalla frammentazione del sistema nazionale nelle diverse applicazioni regionali: un approccio innovativo basato su Lean e Value Based HealthCare potrebbe aiutare nella ripartenza?
La pandemia, un po’ come la teoria dell’iceberg di Hemingway, ha fatto mergere molte delle falle organizzative del nostro sistema sanitario ma da queste ne discendono molte altre, quali una maggiore integrazione ospedale-territorio e una rivisitazione dell’intero modello organizzativo che risulta non essere corrispondente agli attuali bisogni di salute.
Il sistema sanitario nazionale è chiamato a rispondere a due grandi pressioni: da una parte assicurare gli obiettivi assistenziali attraverso l’equità di accesso ai servizi e l’incremento della sicurezza e della qualità delle cure, dall’altra ottimizzare l’utilizzo delle risorse attraverso il raggiungimento di elevati livelli di efficienza.
Come garantire equità di accesso alle cure ed elevati livelli di efficienza?
Tra i modelli organizzativi in grado di rispondere a tali sfide i modelli di rete rappresentano, senza dubbio, la soluzione più adottata da molte realtà nazionali. In Italia il DM 70 del 2 aprile 2015 (dal titolo “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”) ha individuato nell’Hub & Spoke il principale modello di rete di riferimento per gli ospedali, lasciando grande discrezionalità alle Regioni sulle strategie e modalità operative di implementazione. In un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Mecosan, abbiamo identificato gli aspetti critici e le barriere percepiti dagli attori coinvolti nel cambiamento organizzativo attraverso un’analisi basata sul Delphi Method al fine di offrire ai policy maker alcune considerazioni per la progettazione delle reti Hub & Spoke. Dalla review della letteratura e dai dati ottenuti dalla ricerca è emerso che non esiste una soluzione univoca per le reti integrate di cura e assistenza. In particolar modo le differenze organizzative, gestionali e strutturali esistono sia tra modelli diversi sia all’interno dello stesso modello come nel caso dell’Hub & Spoke. Ciò rende difficile la caratterizzazione dei sistemi di rete sia per quanto concerne gli obiettivi definiti sia per quanto riguarda gli aspetti organizzativi. Il modello arcobaleno delle cure integrate di Valentijn et al. (2013) ha permesso di sistematizzare la ricerca basata sul Delphi e di indagare i fattori critici di successo e le barriere all’implementazione del modello di rete Hub & Spoke prevista nel DM 70. L’elenco degli elementi individuati fa emergere come non vi sia ancora la totale convergenza rispetto a questi temi, ed è necessario valutare la forza e la direzione delle relazioni causali degli elementi trovati al fine di restituire una simulazione dell’andamento dei sistemi sulla base di variazioni di intensità degli elementi stessi.
A suo parere, quali esigenze devono essere ancora affrontate a livello di formazione dei professionisti sanitari per rendere più condiviso e applicato l’approccio basato sulla Lean Organization e sul Value Based HealthCare?
Le più consolidate teorie di management sostengono che non è possibile migliorare ciò che non si può misurare. Queste teorie sono ineccepibili nella sostanza, ma vanno completate con altre considerazioni, cioè non basta misurare per poter migliorare, poiché se non si ha un pensiero e una volontà forte, la misurazione può diventare solo uno “specchietto per le allodole”, un abbellimento formale, quando non addirittura un ulteriore carico di attività poco utili, l’esatto contrario della logica Lean; altra considerazione è quella di valutare i soggetti coinvolti, poiché la logica, il metodo e le tecniche Lean non producono effetti se non solo voluti e sostenuti dai vertici aziendali.
Il problema di fondo è ravvisabile nell’individuazione di un metodo in grado di aumentare la produzione dei servizi senza implementare le risorse disponibili e mantenendo, al tempo stesso, costante e appropriato il livello di qualità dei servizi stessi. Una risposta a questa necessità può essere l’applicazione del metodo della Lean Organization che ha come presupposto principale il miglioramento continuo “Kaizen” da cui deriva la possibilità di meglio “customizzare” i servizi erogati in funzione dei flussi di richiesta.
Guardando a domani è auspicabile che tutte le strutture sanitarie si dotino di professionisti specializzati in efficientamento organizzativo. L’accorpamento di aziende sanitarie, presidi e aziende ospedaliere determina problemi di tipo relazionali e gestionali fra la direzione generale, i dipartimenti e le unità operative. In questa prospettiva il migliore investimento è forse quello a sostegno della formazione manageriale e dell’engagement della squadra dei middle manager che dovrà essere formato con elevate capacità gestionali delle risorse assegnate, con capacità di interpretare i processi assistenziali, che sempre più si presenteranno trasversalmente non solo fra unità operative, ma anche nel collegamento fra ospedale e territorio.