Legge di riordino IRCCS, il punto di vista dei ricercatori

Ricercatori in sanità e riforma: criteri di valutazione della ricerca basata sull’impatto e istituzione della figura del dirigente ricercatore sono gli aspetti più critici. Lo sottolinea a TrendSanità Maria Gabriella Donà, membro del direttivo dell’Associazione dei Ricercatori in Sanità - Italia (ARSI)

Criteri di valutazione della ricerca, accesso ai fondi, inquadramento del personale. Dei nodi legati alla riforma degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), TrendSanità ha parlato con Maria Gabriella Donà, membro del direttivo dell’Associazione dei Ricercatori in Sanità – Italia (ARSI), e ricercatrice sanitaria presso l’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma.

Maria Gabriella Donà

ARSI nasce nel 2017 come associazione culturale dal coordinamento nazionale dei lavoratori precari dei 20 IRCCS pubblici italiani, con l’obiettivo di sostenere la promozione della cultura, della libertà di ricerca scientifica e della circolazione delle idee nell’ambito della Ricerca in Sanità. I soci ARSI sono principalmente ricercatori sanitari e collaboratori di supporto alla ricerca sanitaria degli IRCCS e dei dieci Istituti Zooprofilattici Sperimentali.

Qual è il punto di vista di ARSI sulla riforma degli IRCCS, quali miglioramenti ha portato?

«Un aspetto positivo riguarda la comunicazione delle dotazioni organiche della ricerca alle Regioni competenti, ora ottenuta. Un annoso problema degli IRCCS, associato alla duplice missione, è che la Regione si occupa di gestire e finanziare le dotazioni organiche di assistenza, mentre il settore della ricerca è di competenza del Ministero della Salute.

ARSI è un’associazione culturale che riunisce i precari dei 20 IRCCS pubblici italiani

Tuttavia le risorse restano separate e i ricercatori risultano essere retribuiti dal Ministero e non dalle Regioni, per le quali restano “inesistenti”».

Quali sono gli aspetti più critici?

«Certamente esiste un problema importante legato ai finanziamenti. Negli ultimi 20 anni il numero degli IRCCS è raddoppiato, mentre i fondi di ricerca corrente, circa 150 milioni di euro erogati annualmente dal Ministero della Salute agli Istituti, sono rimasti gli stessi. Questo può creare una competizione svantaggiosa per la qualità della ricerca che dovrebbe essere l’obiettivo primario degli IRCCS pubblici e privati. Un altro aspetto non pienamente soddisfacente riguarda la mobilità dei ricercatori tra diversi ambiti, prevista dalla riforma.

Finanziamenti e mobilità sono tra gli aspetti più critici

Una disposizione che non tiene conto della unicità e specificità legate all’aspetto traslazionale della ricerca degli IRCCS, diverso da quello che caratterizza le Università. Un cambio di ambito è poco realistico, e porta alla dispersione di personale con esperienza spesso pluriennale e qualificata, che sarebbe invece da tutelare».

Come procede il processo di stabilizzazione del personale?

«Il processo di stabilizzazione è stato avviato più o meno velocemente in tutti gli Istituti. Ma il nodo fondamentale è che la stabilizzazione sta avvenendo in posizioni non in linea con le competenze e le mansioni svolte per circa la metà del personale. L’inserimento dei ricercatori con titolo post laurea di Dottorato di Ricerca (o di specializzazione, o addirittura entrambi) nel comparto della sanità e non nella dirigenza crea infatti un ingiustificabile svantaggio rispetto ai colleghi con titolo post laurea di specializzazione dedicati all’assistenza. Un problema enorme, che rende gli IRCCS scarsamente attrattivi per chi volesse impegnarsi nella ricerca pubblica; i ricercatori infatti si trovano confinati in un ruolo penalizzante, sebbene le mansioni siano equiparabili a quelle dirigenziali, e ricevono un trattamento economico inadeguato. Nell’arco di cinque anni, il numero dei lavoratori è sceso del 30%, e questo calo sostanziale è imputabile alle scarse prospettive di crescita professionale.

Chiediamo che il Dottorato di ricerca venga valorizzato negli IRCCS tramite equipollenza alla specializzazione

Inoltre per l’accesso tramite concorso alla dirigenza – non medica -, è richiesto il solo titolo della specializzazione. Chiediamo che il Dottorato di ricerca venga valorizzato negli IRCCS tramite equipollenza alla specializzazione per l’accesso alla dirigenza. Questo tema non è stato considerato nella riforma, e andrebbe risolto il prima possibile per frenare l’abbandono dal settore».

Gli IRCCS sono soggetti a una valutazione della produttività: come viene vista la scelta degli indicatori?

«Quello della valutazione è un tema critico, che la legge di riordino non ha risolto; a oggi infatti accreditamento, riconferma e performance di un IRCCS, oltre che l’assegnazione di fondi e i ricercatori stessi, vengono valutati principalmente tramite indici bibliometrici quantitativi, tra i quali anche l’Impact Factor; un sistema che porta a una interpretazione falsata della qualità della ricerca che dovrebbe essere superato.

La legge di riordino non ha risolto il nodo della valutazione

La riforma fa riferimento all’adozione di criteri e standard di valutazione internazionali, richiamando la Carta Europea dei Ricercatori del 2005, dove già era sancito l’utilizzo di indicatori bibliometrici in associazione a un’ampia gamma di criteri di valutazione. Ma la realtà è diversa. Inoltre, la Commissione Europea ha supportato la creazione dell’accordo per la riforma della valutazione della ricerca (ARRA) dal quale è nata la Coalition for Advancing Research Assessment (CoARA). Tra gli obiettivi, quello di modificare il sistema a favore di una valutazione qualitativa della ricerca.

L’accordo è già stato sottoscritto da oltre 800 organizzazioni a livello globale e da innumerevoli università italiane. ARSI ha sottoscritto l’accordo nel 2024 mentre a oggi solo quattro IRCCS, due dei quali pubblici (Istituto Neurologico Besta di Milano e Policlinico San Matteo di Pavia), risultano firmatari. Permane una difficoltà a recepire la necessità di un cambiamento in questo ambito, certamente non semplice. Auspichiamo che il Ministero della Salute possa sottoscrivere l’accordo e farsi portavoce di questo tema».

Quali sono le proposte di ARSI in questo senso?

«Il progetto di ARSI “Impact-based assessment of the translational research in the Italian research hospitals“, che ha ottenuto un finanziamento dall’Unione Europea tramite iniziativa CoARA, mira a superare le limitazioni della valutazione della ricerca in base a indicatori quantitativi e promuove di affiancare una valutazione qualitativa basata sull’impatto nel mondo reale della ricerca degli IRCCS. Nel progetto pilota proponiamo infatti di valutare l’adattabilità del framework del Translational Science Benefits Model (TSBM), sviluppato dalla Washington University in St. Louis, il quale considera gli aspetti di natura clinica, sociale ed economica dell’impatto della ricerca.

Ad esempio, verrebbero considerati i miglioramenti di processi diagnostici o terapeutici basati sulla ricerca sanitaria negli IRCCS i quali, seppur principale missione di questi Istituti, risultano impossibili da valutare secondo gli indici bibliometrici quantitativi attualmente in uso. Il passaggio è complesso ma è necessario avviare il cambiamento con il coinvolgimento dei ricercatori e dei decisori».

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Stefania Cifani
Giornalista in ambito medico-scientifico e medical writer