La malattia renale cronica, una patologia dal forte impatto sociale ma ancora poco riconosciuta

Lo stato dell’arte e i possibili sviluppi per il futuro di questa patologia, nel contesto del SSN, con il professor Loreto Gesualdo e la senatrice Elisa Pirro

La malattia renale cronica (MRC) è una patologia molto diffusa e con una prevalenza crescente nella popolazione generale: secondo stime internazionali, il 10% della popolazione è affetto da MRC ma nella maggior parte dei casi non viene correttamente diagnosticata.

In considerazione del suo impatto molto significativo sulla morbilità e mortalità dei pazienti, con risvolti importanti anche sulla qualità di vita, rappresenta un crescente problema di salute pubblica: infatti è associata a costi ingenti per la società, sia diretti sia indiretti.

Nel 2014 il Ministero della Salute italiano ha redatto un Documento di indirizzo per la malattia renale cronica coinvolgendo in un tavolo di lavoro i principali stakeholder clinici e istituzionali. A distanza di alcuni anni, e in relazione alle novità portate dal PNRR e dalla riforma dell’assistenza territoriale, sembrano essere necessari alcuni aggiornamenti, per migliorare la presa in carico e la gestione del paziente con MRC, e anche per ottimizzarne la diagnosi, che rimane un punto dolente.

La malattia renale cronica è una patologia molto diffusa e con una prevalenza crescente nella popolazione generale

In una Live dedicata abbiamo discusso lo stato dell’arte e i possibili sviluppi per il futuro di questa patologia, nel contesto del Servizio Sanitario Nazionale italiano, con il Professor Loreto Gesualdo (Ordinario di Nefrologia presso l’Università Aldo Moro di Bari e Direttore dell’Unità di nefrologia, dialisi e trapianto dell’azienda Consorziale Policlinico di Bari) e la Senatrice Elisa Pirro (Membro della Commissione Affari Sociali e Sanità, Movimento 5 Stelle).

Lo stato dell’arte e le criticità da superare

Loreto Gesualdo

In Italia, come nel resto del mondo, la malattia renale cronica presenta numeri significativi, anche se spesso sottovalutati e non correttamente percepiti dalla popolazione. La patologia colpisce il 10% della popolazione ed è quindi molto frequente: nel mondo sono 850 milioni i pazienti affetti da MRC, mentre in Italia la stima è di 5 milioni di pazienti. Sottolinea il professor Gesualdo: “Sono numeri decisamente più alti, ad esempio, del diabete mellito, che ad oggi nel mondo colpisce circa 450 milioni di persone. Nonostante ciò, tutti conoscono il diabete mellito e hanno consapevolezza del suo impatto sulla salute delle persone e sui sistemi sanitari, mentre la malattia renale cronica è ancora poco conosciuta”.

La malattia renale cronica è una malattia silente, i cui sintomi vanno ricercati, ed è pericolosa, perché aumenta notevolmente il rischio cardiovascolare dei pazienti

Oltre ad essere molto frequente, la MRC è subdola, perché è una malattia silente, i cui sintomi vanno ricercati, ed è pericolosa, perché potenzia notevolmente il rischio cardiovascolare nei pazienti che ne sono affetti. Per tutte queste ragioni, risulta fondamentale il ricorso alla diagnosi precoce: “Solo in questo modo infatti è possibile impostare in tempo utile il percorso terapeutico più mirato. Oggi abbiamo a disposizione nuovi approcci farmacologici che ci permettono di prevenire e rallentare la progressione del danno renale”, chiarisce Gesualdo.

Elisa Pirro

A questo quadro già complesso, si sono sommate in questo periodo pandemico anche le criticità che riguardano la sanità pubblica in generale: i modelli attuali di gestione sono infatti stati ulteriormente gravati dai ritardi nell’esecuzione di esami e visite e dall’allungamento delle liste d’attesa. “È il paradigma della medicina del territorio che deve cambiare”, conferma la senatrice Pirro. “Il rapporto tra medico di medicina generale e cittadino è cruciale: vediamo ora che i medici di famiglia si trovano a dover gestire un numero eccessivo di pazienti, ci sono delle carenze dovute alla mancata programmazione nei decenni passati delle figure mediche, che spesso non vengono sostituite quando i medici vanno in pensione. In questa situazione non è possibile mettere in atto la cosiddetta ‘medicina di iniziativa’ che consentirebbe ai curanti di analizzare adeguatamente la storia clinica dei loro assistiti per evidenziare alcuni campanelli d’allarme significativi e suggerire le visite necessarie”.

Il paradigma della medicina del territorio deve cambiare per garantire un’assistenza migliore ai pazienti

Ridurre i massimali per i medici di base, con numeri più bassi rispetto a quelli attuali, sarebbe quindi auspicabile non tanto come misura per ridurre la spesa, quanto per avere un’efficienza migliore del sistema, garantendo ai professionisti della salute di poter valutare a 360° i bisogni degli assistiti.

Inoltre deve essere più stretta la relazione del MMG con il Distretto, con le Asl e con le altre figure professionali coinvolte nella presa di carico e gestione del paziente. Evidenzia la senatrice Pirro: “In quest’ottica guardiamo con attesa e ottimismo alla riforma della medicina territoriale, basata sulle Case di comunità e sugli Ospedali di comunità, perché stiamo cercando di portare la medicina e la sanità più vicine al cittadino, mettendo a disposizione una serie di servizi rivolti anche alla prevenzione”.

Alla ricerca di nuovi modelli organizzativi

Finora la nefrologia è stata troppo centrata sull’ospedale, mentre è fondamentale l’opera di prevenzione che deve avvenire sul territorio

La necessità di rivedere i modelli organizzativi di presa in carico e gestione del paziente con MRC è confermata anche dal professor Gesualdo: “La nefrologia è stata troppo ospedalo-centrica fino ad oggi, forse perché non avevamo questi numeri. Nella situazione attuale, la prevalenza della malattia renale cronica continua ad aumentare perché ci sono patologie come il diabete, l’ipertensione e l’obesità che predispongono alla malattia renale cronica. Da qui nasce l’importanza della prevenzione, che deve essere fatta non dallo specialista ospedaliero ma dalla medicina generale, insieme alla medicina dei distretti. Secondo questo nuovo modello, all’ospedale deve essere indirizzato il paziente ‘selezionato’ sul territorio, il paziente in fase acuta, mentre la cronicità deve essere gestita dal territorio stesso”.

L’integrazione tra territorio e ospedale è un tema di forte attualità e di cui si discute moltissimo, anche se le esperienze già realizzate in maniera concreta e positiva non sono molte. Racconta il professor Gesualdo: “Il Covid ci ha insegnato a lavorare in multidisciplinarietà e ad utilizzare gli strumenti di sanità digitale. Partendo da qui, penso che sia possibile utilizzare queste due strategie per cambiare davvero la presa in cura del paziente cronico.

Multidisciplinarietà e sanità digitale sono gli strumenti da utilizzare per cambiare davvero la presa in cura del paziente cronico

In Puglia noi abbiamo da poco realizzato un progetto di valore con i medici di medicina generale sul tema della consapevolezza sulla malattia renale cronica e della diagnosi precoce. Si è creata una ‘simbiosi’ tra il nefrologo e la medicina generale per capire come identificare la MRC e come effettuare la diagnosi precoce. Grazie al lavoro congiunto, abbiamo capito quali sono le popolazioni a rischio, cioè i diabetici, gli ipertesi, i pazienti affetti da cardiopatie (in modo particolare con scompenso cardiaco), e abbiamo stabilito che questi pazienti debbano essere sottoposti almeno una volta all’anno a due test semplicissimi e dal costo molto ridotto: il dosaggio della creatininemia e il dosaggio dell’albumina nelle urine”.

Un percorso virtuoso che ha coinvolto 15 medici di medicina generale con una formazione dedicata insieme ai nefrologi e che ha consentito, dopo 6 mesi, di individuare molti pazienti a rischio o che stavano già sviluppando una patologia renale.

Evidenzia la senatrice Pirro: “Uno dei mali principali del nostro Paese è la sanità a macchia di leopardo, con eccellenze locali e servizi non omogenei. Il ruolo del politico deve essere quello di fare in modo che le buone pratiche, come quella riportata dal professor Gesualdo, non siano patrimonio solo di alcune realtà ma che vengano esportate ovunque”.

Il documento di indirizzo per la malattia renale cronica: quali aggiornamenti?

Già nel 2014 il Ministero della Salute, all’interno del suo documento di indirizzo per la MRC, si concentrava sul ruolo della prevenzione primaria, sull’importanza della diagnosi precoce e sulla necessità di rallentamento della progressione di malattia. Un documento già all’avanguardia che necessita di alcuni aggiornamenti in relazione, naturalmente, alle evoluzioni della medicina e alle riforme dell’assistenza territoriale disegnate dal PNRR e dal DM77.

L’aggiornamento del documento ministeriale di indirizzo dovrebbe concentrarsi sulla presa in carico globale del paziente, integrandosi con il Piano nazionale della cronicità

In particolare, sottolinea la senatrice Pirro, andrebbe integrato nel documento il tema della multidisciplinarietà nella presa in carico globale del paziente. Inoltre, prosegue la senatrice, il documento dovrebbe essere correlato al Piano nazionale della cronicità, che rappresenta il paradigma perfetto all’interno del quale il documento può trovare la sua collocazione e nel quale potrebbe essere gestito in maniera più organica dalle Regioni attraverso la stesura di PDTA che siano il più possibile rispondenti alle necessità e all’organizzazione territoriale dove deve essere necessariamente calato.

A distanza di 8 anni, sono però ancora poche (circa 10-12) le Regioni che hanno adottato davvero il Documento di indirizzo della malattia cronica. Così come sono ancora pochi i PDTA realmente entrati nella pratica. Qualcosa però inizia nuovamente a muoversi. Il professor Gesualdo riporta infatti che finalmente, dopo una lunga pausa dovuta anche all’emergenza pandemica, un nuovo tavolo ministeriale è ripartito. Facendo parte del tavolo, il professor Gesualdo ha anticipato che il primo lavoro intrapreso riguarda la raccolta dei PDTA attualmente stilati nelle diverse Regioni. L’obiettivo finale del Ministero è di modificare e integrare, soprattutto sulla parte del percorso del paziente, il documento del 2014.

MRC, tra sanità digitale e cure a domicilio

Nell’ambito dei nuovi modelli disegnati dal PNRR, e in modo particolare per quanto riguarda la sanità digitale, la nefrologia non è stata inclusa. A lanciare l’allarme il professor Gesualdo che, forte della sua esperienza, ribadisce: “La nostra esigenza è di portare la dialisi a casa, e anche per potenziare la diagnosi precoce sono fondamentali gli strumenti digitali. Non solo: stiamo andando verso il mondo delle terapie digitali per poter supportare i nostri pazienti su percorsi virtuosi, ad esempio relativi ai corretti stili di vita, come buona alimentazione, attività fisica, mindfulness”.

Nell’ambito dei nuovi modelli disegnati dal PNRR, e in modo particolare per la sanità digitale, la nefrologia non è stata inclusa

Concorda la senatrice Pirro: “Il DM77 è stato costruito a livello di Ministero, con l’interlocuzione con le Regioni, ed evidentemente sono stati considerati ancora prevalenti alcuni aspetti prettamente ospedalieri. Ma la possibilità di effettuare la dialisi a livello domiciliare rappresenta sicuramente un vantaggio per i pazienti, già attivo in alcune realtà. E all’interno del PNRR una quota di fondi è proprio dedicata alla domiciliarizzazione delle cure: un ambito nel quale sicuramente la nefrologia, a mio parere, può trovare il giusto spazio”.

È anche vero che i temi di interesse sanitario sono tanti e complessi, e che alla fine bisogna fare i conti con una coperta che rischia di essere sempre più corta, man mano che assistiamo all’invecchiamento della popolazione e all’aumento di patologie croniche, come anche la MRC. In quest’ottica, la senatrice Pirro torna a ribadire la centralità della prevenzione e la necessità di considerare la spesa sanitaria non solo come una spesa corrente ma come un ambito di investimento, anche nei rapporti con il Ministero dell’Economia, all’interno del quale si dovrebbe generare un nuovo approccio.

Conclusione

Il momento attuale può davvero rappresentare un punto di svolta, con le risorse del PNRR che indicano su che cosa investire, la riforma della sanità territoriale che, con il DM77, si propone di creare nuovi percorsi fra ospedale e territorio, la ripartenza del Piano nazionale cronicità e la spinta della sanità digitale: la malattia renale cronica può e deve far parte di questo rinnovato clima di cambiamenti, perché rappresenta una malattia cronico-degenerativa gravata da un alto rischio cardiovascolare e da costi notevolissimi per la sanità, troppo spesso ancora sottovalutata.

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Rossella Iannone
Direttrice responsabile TrendSanità