«Non sono solo gli stipendi a far fuggire i medici all’estero: decisivi orari, carriera e gratificazioni»

Esodo di camici bianchi sempre più intenso: soprattutto per emergenza e anestesisti. Fanno il punto con TrendSanità Alessandra Spedicato, neoeletta Presidente della European Federation of Salaried Doctors (FEMS) e Foad Aodi, Presidente dell’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI)

Da ogni angolo d’Europa, dal sud al nord e dall’est all’ovest, cresce il numero di medici del settore pubblico che abbandonano le loro posizioni, attratti da salari più alti e migliori condizioni di lavoro. Questo fenomeno migratorio è al centro dell’analisi che Alessandra Spedicato, neoeletta Presidente della European Federation of Salaried Doctors (FEMS) per il triennio 2025-2027, svolge dialogando con TrendSanità.

Spedicato, anestesista rianimatrice all’ospedale Sandro Pertini di Roma e prima donna a ricoprire questo ruolo, pone l’accento sulle sfide e sulle opportunità che questa tendenza rappresenta per il settore sanitario europeo. «Oggi, i medici del settore pubblico, in particolare i professionisti più giovani, tra i 30 e i 45 anni, hanno aspettative molto diverse rispetto alle generazioni precedenti. Queste nuove aspettative riguardano non solo lo stipendio, ma anche l’organizzazione delle strutture sanitarie nelle quali operano. Un aspetto cruciale per loro è il raggiungimento di un migliore equilibrio tra vita lavorativa e privata».

Alessandra Spedicato

Nel 2023, la European Junior Doctors, organizzazione internazionale attiva dalla metà degli anni ’70, ha pubblicato un report dal titolo “From Tradition to Transition: Navigating Through the Healthcare Workforce Crisis“, che svela un aspetto cruciale: il sovraccarico di lavoro è uno dei principali ostacoli alla soddisfazione dei professionisti sanitari. Alessandra Spedicato conferma questa tendenza, affermando: «I giovani medici europei preferirebbero un orario di lavoro ridotto rispetto alle attuali 38 ore settimanali in Italia e alle 35 ore in Francia». Prosegue Spedicato: «I Paesi europei verso cui oggi si emigra maggiormente sono Germania, Olanda e Francia. Le strategie adottate da questi governi per formare e impiegare il personale sanitario variano notevolmente. La Germania, ad esempio, preferisce formare un numero ridotto di medici per contenere i costi di formazione. Il governo tedesco è consapevole della necessità di mantenere elevate le remunerazioni per trattenere i professionisti nel sistema sanitario nazionale». Spedicato continua: «In Olanda, invece, il sistema prevede significativi benefit e importanti riconoscimenti di carriera, che fungono da forte deterrente all’abbandono del settore pubblico».

E sul piano europeo esiste una strategia risolutiva per affrontare questo fenomeno? Spedicato risponde: «Purtroppo, l’Europa sembra essere poco attenta alla questione. Sia nella mission letter che Ursula von der Leyen a settembre ha inviato al Commissario della Salute, Olivér Várhelyi, sia nella mission letter per Roxana Mînzatu, vicepresidente esecutivo designato per “People, Skills and preparedness“, non ci sono citazioni, né indicazioni, su come affrontarla. Anche il tema della libera circolazione dei professionisti, che non considera le carenze di organico nei Paesi di provenienza, non è menzionato. E conclude la Presidente: «Questa è una delle priorità del mio mandato».

Aodi (AMSI): «Partono i medici con le specializzazioni più ricercate»

La fuga dei medici dal settore pubblico verso Paesi che offrono condizioni di lavoro migliori è un fenomeno globale e allo stesso tempo profondamente italiano. Foad Aodi, Presidente dell’Associazione Medici di origine Straniera in Italia (AMSI), dichiara a TrendSanità: «Nonostante la situazione internazionale e i conflitti in corso, in Italia le richieste per andare a lavorare all’estero non sono diminuite. Non sono i medici generici a lasciare il Paese, ma quelli con le specializzazioni più ricercate, già difficili da reperire e sottoposti a stress lavorativo eccessivo per compensare la carenza di professionisti nel settore. Questi sono i primi candidati a lasciare la sanità pubblica».

Negli ultimi anni, AMSI, nata per accogliere e assistere i medici stranieri in arrivo in Italia, è diventata un vero e proprio sportello d’informazione per chi desidera lasciare la penisola. Dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024, l’associazione ha risposto a oltre 13mila richieste di informazioni, pervenute tramite email, telefono e social media. Secondo le stime dell’organizzazione la fuga dei medici dal settore pubblico verso il privato sarebbe aumentata del 35%.

Foad Aodi

Aodi specifica: «I flussi di professionisti che emigrano includono i medici del pronto soccorso, i medici di emergenza e gli anestesisti, nonché specialisti in ortopedia, fisiatria, neurochirurgia, radiologia, pneumologia, chirurgia, pediatria, ginecologia e dermatologia». Sul fronte italiano, ancora c’è molto da fare. Aodi dichiara: «Con il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, c’è un buon dialogo, sono state intraprese azioni importanti come la depenalizzazione dell’atto medico, gli incentivi fiscali per chi rientra e le leggi per contrastare le aggressioni al personale medico». Tuttavia, aggiunge il Presidente AMSI: «Purtroppo, nell’agenda politica non sono ancora state inserite le soluzioni necessarie ed efficaci per affrontare questioni cruciali come la medicina difensica e una risposta adeguata per contrastare le aggressioni ai medici».

Inoltre, sottolinea: «Mancano azioni per prevenire il suicidio, che è in aumento a causa dei turni insostenibili e delle carenze di professionisti della sanità. Oggi il Governo dovrebbe intervenire economicamente tenendo presente che, senza una copertura finanziaria adeguata, le azioni necessarie rimarranno solo sulla carta».

I professionisti tra campagne di reclutamento globale e agenzie “fasulle”

Mentre in Europa si assiste a un fenomeno che impatta direttamente sulla qualità di vita dei cittadini, alcuni Paesi extra europei come il Regno Unito, e i Paesi del Golfo Persico, già con la pandemia da covid-19, hanno avviato vere e proprie campagne di reclutamento a livello globale. Dati ufficiali dicono che il sistema sanitario inglese ha registrato una presenza di circa il 35% di medici stranieri provenienti da Europa, Africa e altre aree del Mondo e registrati presso il General Medical Council (GMC).

Aodi conclude lanciando un allarme: «Sono presenti online oltre 6mila pagine social, in particolare su Facebook, di agenzie di reclutamento di personale medico che non sono accreditate dagli ospedali. Per questo motivo è facile per il professionista andare incontro ad agenzie fasulle – e sottolinea -. È importante verificare queste organizzazioni. In Europa, ci sono due o tre agenzie principali che offrono servizi affidabili, ma è sempre consigliabile rivolgersi a enti pubblici per essere garantiti con maggiore sicurezza e trasparenza».

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Laura Ghiandoni
Giornalista e video-reporter