Con la pubblicazione della Nota Aifa 99, sono cambiate le indicazioni per la prescrizione delle terapie inalatorie contro la broncopneumopatia cronico-ostruttiva (Bpco). La Nota 99 elimina i Piani Terapeutici per le associazioni precostituite di farmaci broncodilatatori come beta2-agonisti a lunga durata d’azione (Laba) e anticolinergici a lunga durata d’azione (Lama), che pertanto a partire dal 1° settembre 2021 possono essere prescritti dal medico di medicina generale. La prescrizione delle associazioni precostituite di Laba/Lama/Ics rimane invece appannaggio del solo specialista (pneumologo e internista) attraverso la compilazione del Piano Terapeutico, valido fino ad un massimo di 12 mesi.
Per comprendere quali implicazioni abbia la novità per la salute dei pazienti e il lavoro dei sanitari, abbiamo raccolto le considerazioni del coordinatore della Società italiana di medicina generale (Simg) area Pneumologia Franco Lombardo, del presidente Simg Claudio Cricelli, del responsabile area politica del farmaco della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) Roberto Venesia e del pneumologo dell’ospedale Sacco e docente all’Università di Milano Pierachille Santus.
La Simg: un riconoscimento per i medici di base, ma ci sono delle criticità
La Nota consente al medico di medicina generale di prescrivere le terapie necessarie a gestire un’eventuale fase acuta della malattia e di gestire con tempi adeguati la prenotazione di una visita specialistica per la conferma della diagnosi e del trattamento. Una novità accolta positivamente dalla Simg, ma con alcune riserve.
“Elemento positivo è sicuramente l’abolizione del Piano Terapeutico per i farmaci Laba e Lama”, sottolinea Franco Lombardo, coordinatore della Simg area Pneumologia -. Adesso il medico di famiglia può prendere in carico il paziente e prescrivergli qualsiasi terapia, eccezion fatta per le triplici associazioni Laba/Lama/Ics, che continueranno invece a essere prescritte dallo specialista con piano terapeutico. Proprio su quest’ultimo punto però emerge una prima criticità: i pazienti a cui non risulti sufficiente l’indicazione terapeutica del medico di famiglia, si devono rivolgere a un centro di secondo livello indicato dalle Regioni, che non sempre è facilmente accessibile. Inoltre, il Piano Terapeutico adesso esclude anche i geriatri, rimanendo appannaggio solo di pneumologi e internisti”.
“La Nota 99 stabilisce che la Bpco non è una patologia su cui possiamo fare una diagnosi clinica: serve un esame spirometrico di primo livello che può fare anche il medico di famiglia – evidenzia il presidente Simg Claudio Cricelli -. Questo provvedimento ha un significato importante: è il primo documento ufficiale dove al medico di base viene riconosciuto non solo il fatto che può fare una spirometria, ma anche che può fare un referto (se è adeguatamente formato) e interpretare quel referto ai fini anche della terapia. Proprio per questo noi medici di famiglia iniziamo immediatamente il percorso di presa in carico di pazienti con Bpco, mentre la nostra scuola ha già iniziato la formazione alla diagnostica. Il nostro obiettivo non è solo la corretta e appropriata prescrizione dei farmaci, ma la presa in carico globale di tutti i pazienti con Bpco e patologie respiratorie, un passaggio che richiede la formazione certificata della capacità di eseguire la diagnostica pneumologica di base”.
Il nostro obiettivo è la presa in carico globale di tutti i pazienti con Bpco, che richiede la formazione certificata della capacità di eseguire la diagnostica pneumologica di base
Nonostante la Nota 99 sia dunque stata accolta con favore, la Simg ha però rilevato anche dei limiti che auspica vengano superati mediante un approccio concertato con gli altri attori. “La nota è uscita in un momento critico, poiché si basa sulla spirometria, un esame complesso che si è ridotto in questi mesi a causa del Covid – spiega Lombardo –. L’esecuzione della spirometria per la conferma della diagnosi rappresenta un elemento di appropriatezza ormai irrinunciabile nella prescrizione dei farmaci per la Bpco. Inoltre, la Nota prevede che i pazienti che abbiano un Fev1 (il volume espiratorio massimo al secondo) inferiore al 50% vengano inviati a dei centri identificati dalle Regioni per fare esami di secondo livello: sebbene questo approccio sia ineccepibile dal punto di vista scientifico, presenta delle difficoltà sotto il profilo logistico, visto che di cabine pletismografiche valide per questo esame ve ne sono pochissime e sono presenti perlopiù nelle grandi città. Questo problema risulta amplificato dalla numerosità dei pazienti affetti da asma o Bpco, circa 3,5 milioni, patologie che tra i maschi over 80 colpiscono il 18% della popolazione. A questo si aggiungono una serie di elementi tecnici che restano problematici: un approccio condiviso potrà produrre efficaci miglioramenti”.
Venesia, Fimmg: “Senza un quadro organizzativo e risorse adeguate sarà un fallimento”
“L’intento della nota è migliorare l’appropriatezza di diagnosi e di terapia farmacologica della Bpco riconoscendo al medico di medicina generale un maggiore ruolo nella gestione dei pazienti con patologia cronica, anche attraverso l’uso nel proprio studio di dispositivi di primo livello (spirometro) che ne sviluppano la sua professionalità- commenta Roberto Venesia, responsabile area politica del farmaco Fimmg -. Con questa nuova funzione la medicina generale potrà implementare un maggior livello di pro-attività nelle proprie strutture. In mancanza però di un definito quadro organizzativo-gestionale e di chiarezza di risorse impiegate e normativo, che definisca l’orizzonte operativo all’interno del quale l’applicazione della Nota 99 dovrà collocarsi, le migliori intenzioni in essa contenute saranno difficilmente realizzabili e destinate a un sicuro fallimento”.
Quali criticità? “Si vedrà più facilmente alla luce dei fatti e dei risultati dell’applicazione della Nota. Molte cose, alla luce di essa, cambiano per i medici e per i pazienti, e non tutte sono funzionali all’interesse dei pazienti e della operatività dei medici prescrittori. Capita in un momento in cui gli impegni legati alla pandemia sono in essere e lungi dall’essere risolti, in particolare in un periodo in cui, tra incertezze, somministrazione di terze dosi e avvio delle vaccinazioni antinfluenzali, queste novità rischiano di congestionare ulteriormente il lavoro della medicina generale, già appesantito dalle attività ordinarie e straordinarie dovute alla gestione della patologia Covid-19, ora sempre di più di pertinenza della assistenza territoriale”.
Le novità rischiano di congestionare ulteriormente il lavoro della medicina generale, già appesantito dalle attività ordinarie e straordinarie dovute alla gestione della patologia Covid-19
Un altro spunto di riflessione sono i numeri: “Dai dati che conosciamo, si intuisce che la popolazione verso cui ci dobbiamo, giustamente, rivolgere, e quindi da sottoporre a valutazione di primo livello e spirometria semplice (si stimano circa 2.500.000 di pazienti con Bpco in Italia), è circa due volte e mezza la popolazione dei pazienti diagnosticati, e che di questi, quelli con Fev1 < 50%: quasi 400mila devono essere inviati allo specialista entro 12 mesi spiega Venesia -. Si comprende facilmente a quale stress test andremo a sottoporre il nostro attuale modello organizzativo. In sostanza la Nota dovrà essere valutata nel tempo, verificandone: la facilità di accesso alle cure da parte dei pazienti e la messa in condizione al medico di base di poter sviluppare le proprie professionalità, necessarie all’applicazione della nota stessa”.
Santus: ecco come superare l’ostacolo dell’accessibilità al sistema diagnostico
“Si tratta di una decisione interessante, che era in procinto di essere deliberata già da diversi anni ed è poi stata rimandata anche a causa del Covid – afferma Pierachille Santus, direttore della Pneumologia all’ospedale Sacco e docente all’Università di Milano -. Il nuovo regime stabilito con la Nota 99 permette di trattare i pazienti con la certezza della diagnosi, favorendo l’esecuzione dell’esame che costituisce il gold standard per la diagnosi di Bpco, la spirometria. La nota consente quindi di generare appropriatezza e adeguatezza di cura”.
Secondo Santus, il vero ostacolo sarà il nodo dell’accessibilità al sistema diagnostico: “La nota prevede che la spirometria sia eseguita entro 12 mesi dalla prescrizione del farmaco oppure che lo sia stata nei 12 mesi precedenti. L’unico problema reale è che genererà intasamento sull’esecuzione della spirometria e aumenterà le liste d’attesa”.
L’unico problema reale è che genererà intasamento sull’esecuzione della spirometria, aumentando le liste d’attesa
È possibile immaginare delle soluzioni? “Per quanto riguarda i decisori, si tratta di implementare l’attività di diagnosi della Bpco favorendo la presenza negli studi medici delle strumentazioni, quindi degli spirometri, del personale tecnico infermieristico per eseguire l’esame e naturalmente degli specialisti per refertare. Se avessimo più risorse e cominciassimo a razionalizzare al meglio quelle che abbiamo arriveremmo all’optimum, ma molte strutture lavorano già a regimi di saturazione: implementare le risorse sarà difficile.
Si dovrà inoltre arrivare a una collaborazione tra specialista pneumologo e medico di medicina generale ancora più forte e armonica per far sì che il paziente abbia il miglior supporto possibile”.