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Quali novità sui biosimilari ha introdotto la legge di bilancio 2017?

 

Breve intervista doppia a Loredano Giorni (Regione Piemonte) e Paolo Stella (Regione Puglia)

Il comma 407 della legge di bilancio 2017 contiene alcune novità in merito all’utilizzo dei biosimilari e alle relative procedure pubbliche di acquisto. Obiettivo principale delle disposizioni è la «razionalizzazione della spesa per l’acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari». Ma che cosa ne pensano i responsabili regionali delle risorse farmaceutiche, ai quali spetta il compito di applicare nella pratica queste procedure e verificarne la validità e i punti critici? L’abbiamo chiesto a Loredano Giorni, Responsabile del settore Assistenza Farmaceutica, Integrativa e Protesica della Regione Piemonte e a Paolo Stella, Dirigente del Servizio Politiche del Farmaco della Regione Puglia.

Intervista a Loredano Giorni

Secondo lei, le novità sui biosimilari introdotte con la legge di bilancio 2017 possono rappresentare un vantaggio per la sanità pubblica?

A mio parere, il comma 407, che va a regolamentare le gare, il commercio e la prescrizione dei biosimilari, non comporta particolari vantaggi per la spesa pubblica. Anzi, come parte della pubblica amministrazione, posso dire che non ne sentivamo la necessità, che invece, evidentemente, era sentita da parte di Farmindustria e dalle Associazioni di biosimilari e di generici. Comunque, rispetto a quello che si era prospettato, l’ex articolo 59 della proposta di legge, emendato in base alle correzioni volute dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, nella sua definitiva stesura ci consente di indire le gare sui farmaci biologici e di ottenere delle significative economie. Insomma, non siamo entusiasti ma neanche preoccupati. Diciamo che manteniamo alta l’attenzione.

Come valuta l’utilizzo di accordi-quadro per la procedura pubblica di acquisto, quando i medicinali biologici con medesima molecola sono più di tre?

Per valutare correttamente la questione degli accordi-quadro, bisognerà vedere come viene interpretata nelle singole realtà. Dal mio punto di vista, come Regione Piemonte, non ritengo che il ricorso ad accordi-quadro possa creare particolari difficoltà. In pratica, la legge di stabilità afferma l’obbligo di stipulare accordi-quadro con le aziende produttrici quando sul mercato sono presenti più di 3 biosimilari dello stesso farmaco originatore. In questo modo diventano fornitori del prodotto le aziende che presentano le offerte economicamente più vantaggiose. Inizialmente la proposta di legge, sempre l’ex articolo 59, prevedeva che il medico non dovesse giustificare la propria prescrizione in nessun caso e in nessun modo. La conversione del disegno di legge ha cancellato questo passaggio e anzi, nella stesura definitiva, prevede che gli enti preposti non solo possono ma devono chiedere al medico una giustificazione basata su evidenze scientifiche allorquando effettui la prescrizione di un biosimilare diverso da quelli frutto dell’accordo-quadro e, in particolare, nel caso di prescrizione nel prodotto che non risulta primo aggiudicatario. In questo modo la legge ci consente di governare il sistema in modo efficace ed economicamente sostenibile.

Per quanto riguarda il limite dei 3 medicinali tra cui scegliere, io sarei stato maggiormente “garantista” e avrei concesso la possibilità di scegliere tra tutti quelli in commercio, sempre a patto, però, di rispettare il vincolo della migliore proposta economica. In sostanza, il criterio applicato sarebbe rimasto comunque lo stesso in modo da poter valutare le decisioni del medico e tenere sotto controllo la spesa sanitaria.

La questione del lotto unico può comportare delle limitazioni all’accesso o dei vincoli al mercato?

Con il lotto unico si prevede che, laddove si tratti di biosimilari, non sia possibile considerare l’equivalenza terapeutica tra molecole diverse ma si debba fare riferimento ad un unico principio attivo, con lo stesso dosaggio e la stessa via di somministrazione. Tutto sommato, questo vincolo non risulta di ostacolo in quanto, comunque, ci muoviamo già all’interno di un sistema concorrenziale che ci consente di governare i prezzi. Anche su questo punto, avremmo fatto volentieri a meno di questo vincolo, ma rispetto alla prima stesura della proposta di legge, che non consentiva gare omogenee per nessun tipo di farmaco, neanche per quelli non biosimilari, la versione definitiva della norma ci lascia comunque dei margini per mettere in concorrenza le aziende produttrici e, in conclusione, governare la spesa.

Nel panorama italiano l’utilizzo dei biosimilari non è uniforme in tutte le Regioni: a suo parere, la legge di bilancio può centrare l’obiettivo di incentivarne il ricorso?

In effetti la penetrazione dei biosimilari nel mercato italiano è davvero molto variegata: secondo stime recenti, si passa da percentuali molto alte, come il 70% della Regione Piemonte, a percentuali che sfiorano appena il 10% in altre Regioni. In questo senso, io mi auguro che la legge di bilancio possa essere uno stimolo e un incentivo verso l’utilizzo dei biosimilari anche per quelle Regioni che al momento risultano più indietro nella loro adozione, e mi sembra chiaro che sia anche questo l’obiettivo del comma 407 laddove afferma che «in caso di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare di un farmaco biologico durante il periodo di validità del contratto di fornitura, l’ente appaltante entro sessanta giorni dal momento dell’immissione in commercio di uno o più farmaci biosimilari contenenti il medesimo principio attivo, apre il confronto concorrenziale tra questi e il farmaco originatore». Questo vincolo rappresenta un vantaggio per la pubblica amministrazione e si riflette in un incentivo verso il biosimilare.

A questo proposito, mi preme sottolineare un aspetto interessante che noi, come Regione Piemonte, abbiamo inserito nella procedura di gara per la fornitura dei farmaci: se nel periodo di validità di una gara viene immesso sul mercato un farmaco generico o biosimilare, il cui prezzo ex-factory è inferiore al prezzo di aggiudicazione, in attesa di un nuovo bando, all’azienda produttrice che ha vinto la gara viene riconosciuto il prezzo massimo ex-factory del farmaco generico o biosimilare appena autorizzato. In questo modo è possibile per la Regione ottenere un vantaggio economico in base alle regole di mercato e della concorrenza. Questa procedura ci ha causato delle contestazioni da parte di alcune aziende aggiudicatarie, ma siamo in fase di risoluzione dei contenziosi con l’obiettivo di chiuderli favorevolmente per tutti i soggetti coinvolti.

Infine, vorrei evidenziare un aspetto importante sul tema e cioè l’impiego dei biosimilari nei pazienti naïve. Alcuni ritengono che il farmaco biosimilare possa essere prescritto solo ed esclusivamente nel paziente naïve, ma non esistono dati scientifici a supporto di questa affermazione. Nella Regione Piemonte abbiamo eliminato questa distinzione e abbiamo disposto che il medico debba presentare una giustificazione scientifica in caso prescriva un farmaco diverso da quello che si è aggiudicato con gara non solo per il paziente naïve ma anche per quello già in trattamento con il farmaco biotecnologico originatore. Questa disposizione è stata messa in atto, ad esempio, meno di un anno fa in relazione al biosimilare dell’insulina glargine: oggi in varie ASL della nostra Regione il consumo del farmaco biosimilare, aggiudicatario della gara, supera l’80% del consumo totale di insulina glargine con punte di oltre il 95%. È evidente che non possa trattarsi di soli pazienti naïve ma che ci sia una percentuale per i quali è stato effettuato lo “switch” rispetto al farmaco originatore. In questo modo si è garantita la continuità terapeutica e allo stesso tempo si sono generati notevoli risparmi per poter effettuare nuovi ed efficaci investimenti per la salute dei cittadini. A mio parere questa è la chiave per incentivare la prescrizione del biosimilare e raggiugere le percentuali di utilizzo registrate, ad esempio, nella nostra Regione.

Intervista a Paolo Stella

Secondo lei, le novità sui biosimilari introdotte con la legge di bilancio 2017 possono rappresentare un vantaggio per la sanità pubblica?

Non sono sicuro che possano rappresentare un vantaggio per la sanità pubblica, in quanto restringono la possibilità per le aziende sanitarie di svolgere un’attività negoziale tramite procedure ad evidenza pubblica in alcuni casi anche più selettive, limitando in tal modo la convenienza economica. Tuttavia, riconosco che possano consentire di raggiungere risultati economici positivi dal momento che la normativa prevede l’utilizzo di accordi-quadro, che costituiscono anch’essi una procedura di acquisto ad evidenza pubblica e danno l’opportunità a più operatori economici di aggiudicarsi una parte del lotto acquistato. Sebbene io veda una riduzione dal punto di vista del risparmio ottenibile applicando le norme introdotte dalla legge di bilancio rispetto ad una procedura ad evidenza pubblica, convengo che tali norme rappresentino “un male minore” rispetto ad un acquisto effettuato con procedura negoziata diretta con i diversi fornitori: è un modo per risparmiare, ma non è quello più efficace.

A suo parere, quale potrebbe essere il metodo più efficace per innescare un risparmio nella spesa sanitaria pubblica in merito ai farmaci biotecnologici e biosimilari?

In realtà, io ritengo che questo compito, che è stato affidato alle Regioni e alle stazioni appaltanti, sia un compito e una decisione che spetti all’AIFA perché, se l’Agenzia Italiana del Farmaco assume una presa di posizione più chiara in merito, elaborando e pubblicando dei pareri di equivalenza terapeutica effettivi su queste categorie di farmaci, di certo le stazioni appaltanti possono risultare molto più facilitate nell’effettuare procedure di acquisto senza incorrere in contenziosi con i fornitori. Potendo contare su una base normativa più forte e più decisa a livello centrale, sicuramente a livello periferico le Regioni e le stazioni appaltanti potranno essere avvantaggiate nella messa in atto di procedure di acquisto con maggiori livelli di autonomia e, di conseguenza, migliori risultati di economicità.

La questione del lotto unico può comportare delle limitazioni all’accesso o dei vincoli al mercato?

In questo caso la norma, secondo me, contiene una incongruenza di base che può creare notevoli problemi di interpretazione e applicazione. Infatti, se da una parte si afferma che «non possono essere posti in gara nel medesimo lotto principi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche», più avanti nella stessa norma si dice che per la costituzione del lotto unico di acquisto «si devono considerare lo specifico principio attivo (ATC di V livello), i medesimi dosaggio e via di somministrazione». Se prendiamo come esempio le eritropoietine, appare chiara l’incongruenza a cui accennavo: infatti, allo stesso ATC di V livello, cioè B03XA01, corrispondono sia l’eritropoietina alfa sia l’eritropoietina beta. Questa situazione può generare confusione nell’elaborazione del bando di gara e comportare l’avvio di ricorsi in giudizio da parte dei diversi operatori economici interessati. Su questo punto, a mio parere, sono necessari dei chiarimenti e degli approfondimenti, per guidare con chiarezza l’operato delle Regioni e delle stazioni appaltanti, ed evitare l’impugnazione dei risultati da parte dei fornitori.

Nel panorama italiano l’utilizzo dei biosimilari non è uniforme in tutte le Regioni: a suo parere, la legge di bilancio può centrare l’obiettivo di incentivarne il ricorso?

Di certo poter fare riferimento ad un indirizzo uguale per tutti rappresenta un vantaggio perché, in qualche modo, consente anche di livellare e uniformare le condizioni economiche a livello regionale e soprattutto tra le Regioni del nord e quelle del sud, dove storicamente esiste un divario notevole. Avere una normativa che preveda procedure comuni per le diverse realtà è importante ma, per trarne il beneficio maggiore, è altrettanto importante che la normativa sia chiara e che possa essere interpretata da tutti alla stessa maniera. Perché, ripeto, non è opportuno che si verifichino casi di diversa interpretazione e applicazione della legge, ad esempio in merito alla definizione del lotto unico da mettere in gara, così come abbiamo visto prima per le eritropoietine. Senza la sufficiente chiarezza, la normativa che ha l’obiettivo di uniformare le strategie a livello delle Regioni rischia di veder limitato il suo valore.

Legge di bilancio 2017. Comma 407

«L’esistenza di un rapporto di biosimilarità tra un farmaco biosimilare e il suo biologico di riferimento sussiste solo ove accertato dalla European Medicine Agency (EMA) o dall’Agenzia italiana del farmaco, tenuto conto delle rispettive competenze. Non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari. Nelle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari non possono essere posti in gara nel medesimo lotto principi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche. Al fine di razionalizzare la spesa per l’acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari, si applicano le seguenti disposizioni:

a) le procedure pubbliche di acquisto devono svolgersi mediante utilizzo di accordi-quadro con tutti gli operatori economici quando i medicinali sono più di tre a base del medesimo principio attivo. A tal fine le centrali regionali d’acquisto predispongono un lotto unico per la costituzione del quale si devono considerare lo specifico principio attivo (ATC di V livello), i medesimi dosaggio e via di somministrazione;

b) al fine di garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie, i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il medico è comunque libero di prescrivere il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura di cui alla lettera a), ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti;

c) in caso di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare di un farmaco biologico durante il periodo di validità del contratto di fornitura, l’ente appaltante, entro sessanta giorni dal momento dell’immissione in commercio di uno o più farmaci biosimilari contenenti il medesimo principio attivo, apre il confronto concorrenziale tra questi e il farmaco originatore di riferimento nel rispetto di quanto prescritto dalle lettere a) e b);

d) l’ente appaltante è tenuto ad erogare ai centri prescrittori i prodotti aggiudicati con le procedure previste dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

e) eventuali oneri economici aggiuntivi, derivanti dal mancato rispetto delle disposizioni del presente comma, non possono essere posti a carico del Servizio sanitario nazionale»

Secondo lei, la nuova norma garantisce la continuità terapeutica?

Il ricorso alla procedura pubblica di acquisto tramite accordo-quadro tutela la continuità terapeutica, a patto di includere all’interno dell’accordo-quadro tutti gli operatori presenti sul mercato. La legge non pone limiti sul numero di operatori economici da coinvolgere ma specifica solo che, per poter effettuare una procedura di acquisto tramite accordo-quadro, devono esserci almeno 3 medicinali a base del medesimo principio attivo. Quindi, potrebbe darsi l’evenienza che ci siano 4 terapie erogate da 4 operatori diversi, e in questo caso è necessario prevedere, ed è auspicabile, la partecipazione alla gara di tutti gli operatori coinvolti: in caso contrario, per alcuni pazienti, potrebbe non essere garantita la continuità terapeutica.

Inoltre, il meccanismo dell’accordo-quadro potrebbe, in alcuni casi, diventare addirittura un ostacolo al risparmio se ipotizziamo, ad esempio, che tra gli aggiudicatari di un lotto di gara si trovi un farmaco che gode di una importante fetta di mercato e che, pur non avendo avanzato una proposta di prezzo competitiva, continui a vendere “accontentandosi” della fetta di mercato della continuità terapeutica. In questo caso, il possibile risparmio per il mercato, dovuto alla concorrenza, sarebbe molto attenuato.

Incentivi per l’utilizzo dei biosimilari: il gain-sharing

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I biosimilari come strumento di razionalizzazione della spesa

Le tematiche legate all’utilizzo dei biosimilari, che presentano costi di trattamento inferiori rispetto ai biologici originatori, sono al giorno d’oggi di primaria importanza all’interno di una sempre maggiore necessità di razionalizzazione della spesa sanitaria.

Tuttavia, le opportunità fornite dai biosimilari, in termini di risparmi e sostenibilità del SSN, devono essere conciliate con le esigenze di medici e pazienti riguardo gli aspetti clinici del trattamento, quali l’appropriatezza terapeutica e le indicazioni prescrittive. L’Agenzia Europea dei Farmaci (European Medicines Agency – EMA) definisce un biosimilare come «un farmaco biologico che è simile a un altro farmaco biologico che ha già ottenuto l’autorizzazione», pertanto, la scelta di prescrivere il biosimilare, invece del farmaco biologico di riferimento, rappresenta un’opportunità per migliorare l’accesso ai farmaci biologici e razionalizzare il consumo di risorse mantenendo un elevato profilo di efficacia e sicurezza.

I biosimilari possono giocare un ruolo importante nell’attuale scenario di contenimento della spesa, non solo migliorando l’accesso ai farmaci biologici a un maggior numero di pazienti, ma anche promuovendo la sostenibilità finanziaria dei servizi sanitari. L’ingresso sul mercato dei biosimilari genera infatti competizione con il biologico originatore, con conseguente riduzione dei costi di trattamento, e i risparmi associati all’utilizzo dei biosimilari possono essere riallocati per finanziare nuovi farmaci.

Aspetti regolatori

I biosimilari vengono autorizzati dall’EMA attraverso procedura centralizzata, pertanto l’autorizzazione è valida in tutti gli Stati membri. Permangono, tuttavia, significative differenze tra gli Stati Europei in termini di penetrazione del mercato, policy di pricing e rimborso, intercambiabilità e sostituibilità tra biosimilari e originatore. L’EMA lascia infatti alle autorità locali l’eventuale sostituibilità dei biosimilari, specificando che la scelta di prescrivere un biologico piuttosto che un altro deve essere presa da personale sanitario qualificato. In Italia l’AIFA afferma che, sebbene i biosimilari siano opzioni terapeutiche con lo stesso rapporto rischio-beneficio degli originatori, non possono essere considerati come veri e propri generici e l’eventuale switch da un farmaco biologico a un altro non deve essere automatica, ma rimane affidata al giudizio clinico. In assenza di linee guida nazionali, le Regioni italiane hanno emanato diverse direttive e decreti al fine di incoraggiare l’utilizzo dei biosimilari, rendendo di fatto lo scenario prescrittivo poco omogeneo.

Il mercato dei biosimilari

Le scadenze brevettuali dei primi farmaci biologici hanno portato negli ultimi anni a una notevole espansione del mercato dei biosimilari: dall’autorizzazione del primo biosimilare (somatropina) nell’aprile 2006, l’EMA ha infatti autorizzato 21 nuovi prodotti, con indicazioni sia nella terapia di supporto che nel trattamento di patologie croniche, inoltre nel gennaio 2017 5 nuove molecole hanno ricevuto parere positivo dal Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) dell’EMA e 14 applicazioni sono al vaglio della commissione. È stato stimato che entro il 2018 i farmaci biologici/biotecnologici rappresenteranno circa il 49% dell’intero mercato farmaceutico ed entro il 2020 le scadenze brevettuali consentiranno ai biosimilari di entrare sul mercato di Francia, Germania, Spagna, Italia e UK al posto di farmaci biologici (adalimumab, insulina glargine, etanercept, infliximab, rituximab, peg-filgrastim, trastuzumab, alfa-follitropina) che fatturano oltre 40 miliardi di Euro (Figura 1).

Figura 1. Mercato potenziale dei biosimilari

Fonte: IMS Health, MIDAS; IMS Health Market Prognosis; IMS Institute for Healthcare Informatics, Dec 2015

I biosimilari entrano sul mercato a un prezzo inferiore rispetto a quello dell’originatore, innescando meccanismi di competitività che portano a una riduzione dei costi. È stato infatti stimato che il costo giornaliero di trattamento con gli originatori, che hanno già perso o perderanno il brevetto entro il 2018 (adalimumab, insulina glargine, etanercept, infliximab, rituximab, peg-filgrastim, trastuzumab, alfa-follitropina), potrebbe portare entro il 2020 a risparmi complessivi che variano dai 49 ai 98 miliardi di Euro (Figura 2).

Figura 2. Risparmi potenziali derivanti dalla riduzione del costo di trattamento di 8 originatori (adalimumab, insulina glargine, etanercept, infliximab, rituximab, peg-filgrastim, trastuzumab, alfa-follitropina) a causa della competizione con i biosimilari in Francia, Germania, Spagna, Italia, UK e USA

Fonte: IMS Health, MIDAS, IMS Health Market Prognosis; IMS Institute for Healthcare Informatics, Dec 2015

Gain-sharing: l’esperienza italiana

Tra le direttive Regionali, emanate in Italia per incentivare l’utilizzo dei biosimilari, l’elemento di novità è stato introdotto in Regione Campania, nella quale, per favorire il raggiungimento di obiettivi di spesa regionali, è previsto un incentivo economico in caso di risparmio derivante dall’utilizzo di biologici meno costosi.

Il decreto della Regione Campania rappresenta il primo esempio nazionale di gain-sharing

Il decreto della Regione Campania rappresenta il primo esempio nazionale di gain-sharing, una forma di iniziativa pay-for-performance che si distingue dal shared saving in quanto unisce il risparmio ottenuto con il miglioramento della qualità e prevede di condividere solo i guadagni e non le perdite. Nel setting sanitario le iniziative di gain-sharing permettono alle strutture sanitarie di incoraggiare i clinici a effettuare scelte costo-efficaci aiutandoli a prendere coscienza del proprio contributo al costo totale di cura. Il gain-sharing risponde alle esigenze di aumento di efficienza dei sistemi sanitari in quanto l’obiettivo principale dell’incentivo finanziario è quello di migliorare la qualità dei servizi offerti oltre che la produttività. Inoltre, sono programmi auto-finanziati in quanto vengono utilizzate risorse economiche che la struttura sanitaria non avrebbe altrimenti a disposizione.

I programmi di gain-sharing hanno dimostrato di essere dei driver efficaci per aumentare l’uptake dei biosimilari in alcuni mercati europei, portando benefici ai prescrittori, ai decision marker e ai payer. Per quanto riguarda i clinici, il gain-sharing è risultato più efficace se il medico ha modo di vedere benefici tangibili dai risparmi generati, come per esempio servizi aggiuntivi per i pazienti, migliori condizioni di lavoro, risorse supplementari da investire. Nel caso della Regione Campania, è previsto che il 50% del risparmio ottenuto mediante l’utilizzo dei biologici a minor costo vada all’Azienda Sanitaria per l’acquisto di farmaci innovativi, mentre una quota pari al 5% della riduzione è destinata direttamente al centro prescrittore e può essere investita per migliorare la qualità dei servizi erogati e la cura dei pazienti.

Gain-sharing: l’esperienza britannica

Sebbene sia ampiamente condivisa la necessità di incrementare l’utilizzo di prodotti biosimilari, anche in virtù del sovrapponibile profilo di efficacia e sicurezza con l’originatore, sia l’AIFA che le principali società scientifiche italiane non raccomandano lo switch nei pazienti già in trattamento, incoraggiando pertanto l’utilizzo solo nei pazienti di nuova diagnosi. Un punto di vista differente arriva dal Regno Unito, dove è stato implementato un programma di switch da infliximab originatore al biosimilare che prevede, secondo accordi di gain-sharing, la distribuzione dei risparmi ottenuti tra i vari stakeholder.

Il programma è stato sviluppato nel reparto di gastroenterologia dello University Hospital Southampton NHS Foundation Trust ed è stato progettato con il supporto sia di figure sanitarie (gastroenterologi, farmacisti, infermieri specializzati) che di un panel di pazienti precedentemente trattati con farmaci biologici, al fine di raccogliere il punto di vista di tutti i soggetti coinvolti.

Il programma ha avuto inizio nell’aprile 2015 quando tutti i pazienti in trattamento con Remicade sono stati informati della possibilità di switch al biosimilare. Un infermiere specializzato ha fornito ai pazienti tutte le informazioni relative a efficacia e sicurezza dei biosimilari, illustrando i vantaggi derivanti dallo switch in termini di aumento dell’investimento di risorse in servizi a loro dedicati. Dopo due mesi 134 pazienti sono passati da infliximab originatore al biosimilare e nei primi 4 mesi è stato stimato un risparmio pari a circa 300 mila Sterline che sono state re-investite nella struttura sanitaria (ampliamento dello staff e dei supporti informatici) per migliorare l’attenzione e la cura verso i pazienti.

Il Decreto n.66 del 14.07.2016 della Regione Campania

In Regione Campania i dati di monitoraggio dell’AIFA hanno mostrato, nel periodo gennaio-dicembre 2015, uno scostamento in valore assoluto dei tetti della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera pari a € 174.686.914 e € 159.004.883, rispettivamente. Inoltre, dagli indicatori di appropriatezza prescrittiva monitorati nel Cruscotto Tessera Sanitaria, è stato evidenziato un potenziale risparmio per oltre 60 milioni di Euro se venissero utilizzati farmaci a brevetto scaduto e una sensibile differenza tra la spesa pro capite delle singole ASL.

Con il Decreto n.66 del 14.07.2016 il Commissario ad acta della Regione Campania ha emanato una serie di misure di incentivazione dei farmaci a brevetto scaduto e dei biosimilari al fine di stabilire obiettivi di risparmio «attraverso un miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva, un maggior utilizzo di farmaci a brevetto scaduto e/o biosimilari di minor prezzo». Il Decreto fa riferimento alle sensibili differenze di prezzo tra biologici originatori e biosimilari e, prendendo in considerazione anche la posizione esposta dall’AIFA nel Secondo concept paper sui farmaci biosimilari, in cui i profili di efficacia e sicurezza tra il biosimilari e il biologico di riferimento vengono considerati equivalenti, decreta «che tutti i medici prescrittori debbano privilegiare nelle prescrizioni farmaceutiche, nel rispetto delle indicazioni terapeutiche autorizzate, i farmaci con brevetto scaduto, alla stessa maniera di quanto riscontrato tramite sistema Tessera Sanitaria nelle Regioni che fanno maggior uso di tali farmaci o, quantomeno, alla media delle Regioni, ferma restando la facoltà dei medici di prescrivere in scienza e coscienza».

L’obiettivo da conseguire prevede un incremento nell’utilizzo dei farmaci a brevetto scaduto e, in particolare, dei farmaci biosimilari nelle categorie ATC B03XA01 (eritropoietina), A10AE04 (insulina glargine), H01AC01 (somatropina), L03AA02 (filgrastim) L04AB01 (etanercept) e L04AB02 (infliximab) di almeno il 30% nel 2016 (rispetto a quanto rilevato nel 2015) e di un ulteriore 30% nel 2017, fino al conseguimento di un tasso di utilizzo dei farmaci biologici/biosimilari di minor costo almeno pari al tasso di rinnovo dei pazienti nel trattamento delle patologie in indicazione dei farmaci. Sempre in linea con quanto dichiarato dall’AIFA, si raccomanda l’utilizzo dei biosimilari nei pazienti di nuova diagnosi (qualora il medico prescrittore ritenga di iniziare la terapia con un farmaco a maggior costo dovrà motivare la sua scelta terapeutica), mentre nei pazienti in trattamento è garantita la continuità terapeutica, salvo diversa indicazione del medico prescrittore.

Infine, il Decreto dispone le sanzioni previste dalla normativa vigente nel caso in cui i medici prescrittori non si attengano alle disposizioni emanate e l’incentivo previsto per i centri prescrittori ed i reparti più virtuosi. Viene infatti disposto che il 50% della variazione della spesa ottenuta nel 2016 rispetto al 2015 per le categorie ATC B03XA (altri preparati antianemici), A10AE (insuline ed analoghi per iniezione ad azione lenta), H01AC (somatropina ed antagonisti della somatropina), L02AA (fattori di stimolazione delle colonie) e L04AB (inibitori del fattore di necrosi tumorale alfa) vada attribuito all’Azienda Sanitaria, in particolare: «in caso di riduzione, quale accredito da utilizzare a titolo di fondo specifico finalizzato all’acquisto di farmaci innovativi a monitoraggio dei Registri AIFA (…). Una quota pari al 5% di tale riduzione (…) va destinata direttamente al centro prescrittore, da utilizzare per potenziamento del centro stesso». In caso di aumento della spesa, la variazione viene addebitata all’Azienda Sanitaria.

Il NICE ha emanato delle linee guida per favorire l’implementazione di programmi di adozione dei biosimilari che comprendano sistemi di gain-sharing

Alla luce del successo ottenuto dal programma di switch messo in atto nell’ospedale di Southampton, il NICE (National Institute for Health and Care Excellence) ha emanato delle linee guida per favorire l’implementazione di programmi di adozione dei biosimilari che comprendano sistemi di gain-sharing per il re-investimento dei risparmi ottenuti. Le linee guida prevedono un percorso a step che ha inizio con l’individuazione delle strutture più idonee in cui attivare il programma, saranno poi le singole strutture a individuare il team di lavoro coinvolgendo uno specialista, che avrà il compito della gestione clinica del progetto, un farmacista, che gestirà l’accesso al farmaco, e un amministrativo, a cui verrà affidata la gestione dei risparmi e la definizione degli aspetti di gain-sharing. Il team così definito sarà responsabile dell’operatività del progetto, del coinvolgimento del personale medico e infermieristico e della definizione dell’obiettivo di adozione del biosimilare, compresa la quota di impiego da raggiungere rispetto all’originatore, i pazienti candidabili e le tempistiche attese per il raggiungimento. Dopo aver definito l’obiettivo, sarà necessario calcolare il risparmio atteso e definire le quote destinate ai reparti coinvolti per il miglioramento della qualità di cura. In questa fase è importante definire i bisogni prioritari di ogni reparto anche sulla base dei risparmi potenziali, al fine di pianificare attività realmente attuabili. Infine, un punto fondamentale per l’attuazione del programma è la messa a punto di indicatori da utilizzare per il monitoraggio dell’adozione del biosimilare e il contributo delle varie strutture al successo del programma.

Bibliografia di riferimento

  • Regione Campania. DGR n.66 del 14.07.2016. Misure di incentivazione dei farmaci a brevetto scaduto e dei biosimilari. Monitoraggio delle prescrizioni attraverso la piattaforma Sani.ARP
  • European Medicines Agency (EMA). Questions and answers on biosimilar medicines (similar biological medicinal products). EMA/837805/2011
  • Agenzia Italiana del Farmaco. Secondo Concept Paper Aifa Sui Farmaci Biosimilari. AIFA, 2016
  • The Institute of Health Economics (IHE). Gainsharing and shared savings strategies in the healthcare setting: Evidence for effectiveness. IHE Rapid Report, 2016 (http://www.ihe.ca/download/gainsharing_and_shared_savings_strategies_in_the_healthcare_setting_evidence_for_effectiveness.pdf)
  • Aitken M. Delivering on the potential of biosimilar medicines. The role of functioning competitive markets. IMS. IMS Institute for Healthcare Informatics, 2016
  • Cantelli Forti G, Rossi F. Revisione della posizione sui farmaci biosimilari da parte della Società Italiana di Farmacologia: working paper 2016. SIFO, 2016

Una nuova voce per chi si occupa di procurement nella sanità italiana

La sanità pubblica è un sistema complesso, governato da leggi ed esigenze peculiari: il clima di forte innovazione tecnologica e altrettanto forte crisi economica di questo decennio ha amplificato la necessità di analisi e approfondimenti, alla ricerca di risposte e soluzioni, possibilmente brillanti dal punto di vista medico-scientifico e sostenibili dal punto di vista economico-sociale, per un settore così particolare, così essenziale e così pieno di contraddizioni.

La nuova rivista che presentiamo oggi, Policy and Procurement in Healthcare, vuole inserirsi in questo panorama con l’obiettivo e il desiderio di offrire uno spazio di confronto dedicato al tema degli acquisti e del procurement nella sanità pubblica in Italia e rivolto a tutti gli attori coinvolti in questo sistema, non solo le Regioni e i payers, ma anche i clinici, i professionisti della salute e i pazienti.

Peculiare, nel sistema Italia, è il ruolo centrale assegnato alle Regioni in merito alla gestione della spesa sanitaria pubblica. Come vediamo intorno a noi, ogni provvedimento può essere declinato in maniera molto diversa nelle singole Regioni: con la nostra rivista ci piacerebbe valorizzare questo patrimonio di competenze ed esperienze, pubblicando e facendo conoscere le “best practice” che sono state messe a punto a livello regionale per governare in maniera efficace ed efficiente la spesa sanitaria o sottolineando le criticità e le zone grigie che emergono nella gestione del quotidiano.

Nel contesto di razionalizzazione della spesa sanitaria che caratterizza il periodo che viviamo, ci preme mettere in evidenza come il nostro Servizio Sanitario Nazionale debba essere inteso soprattutto come un valore da garantire e sostenere, e non solo come un costo da contenere e giustificare. In questa ottica vogliamo dare la parola, e farci leggere con interesse, da tutti gli operatori della sanità, affiancando e confrontando le esperienze che derivano dai diversi ambiti della Pubblica Amministrazione in sanità: la gestione clinica, l’amministrazione e gli uffici tecnici.

Il Focus, cioè l’argomento di apertura di questo numero, riguarda la procedura di gain-sharing messa in atto per la prima volta nel nostro Paese dalla Regione Campania con l’obiettivo di razionalizzare la spesa sanitaria attraverso un meccanismo di incentivazione dell’utilizzo dei biosimilari. Questo tema, affrontato dal Dottor Luigi Riccio della Direzione generale per la tutela della salute ed il coordinamento del Servizio Sanitario Regionale campano, ben si presta ad illustrare la necessaria convergenza tra le opportunità di risparmio fornite dai nuovi farmaci e le esigenze di medici e pazienti in termini di efficacia e sicurezza del trattamento.

Segue l’intervista doppia a due rappresentanti delle amministrazioni regionali, il Dottor Loredano Giorni, Responsabile del settore Assistenza Farmaceutica, Integrativa e Protesica della Regione Piemonte, e il Dottor Paolo Stella, Dirigente del Servizio Politiche del Farmaco della Regione Puglia. A loro abbiamo chiesto di commentare le novità introdotte dalla legge di bilancio 2017 in merito alle procedure di acquisto e gara relative ai farmaci biosimilari.

Quindi la rivista presenta il primo intervento della rubrica “L’Avvocato risponde”, curata da Roberto Bonatti, esperto in legislazione della Pubblica Amministrazione: questo spazio sarà a disposizione dei lettori che vogliano sottoporci i propri quesiti e sarà dedicato a chiarire e approfondire le tante novità che riguardano le procedure di procurement in sanità, come il nuovo codice degli appalti e la valutazione qualitativa nelle gare farmaci.

Chiude il numero la rubrica “Dall’Europa” che ci conduce sullo scenario comunitario per rendere conto, in breve, di importanti documenti o iniziative portate avanti dall’Unione europea, nelle sue diverse strutture governative, o da Società scientifiche internazionali.

Per salutare i nostri lettori non ci rimane che rinnovare l’invito a contattarci per segnalare le proprie esperienze di eccellenza in merito a strumenti di gestione e amministrazione della sanità pubblica, o per aprire un confronto sui diversi modelli di governo della spesa.

Intanto, vi auguriamo una buona lettura!

La Redazione

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