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Masterpharm 2025, al via il secondo modulo: modelli integrati a confronto, dall’Italia e dal Mondo

“Dopo quattro anni di esperienza con Masterpharm abbiamo raccolto l’evidenza che i professionisti sanitari, i farmacisti ospedalieri in primis, ma non solo, domandano luoghi di confronto e interazione dove possano emergere esperienze concrete di gestione sanitaria, soprattutto alla luce di un pensiero capace di risolvere problemi complessi con organizzazioni leggere”: così Francesco Cattel – ideatore dell’iniziativa e Direttore Generale dell’ASL VCO – introduce l’approccio e la chiave di lettura del secondo modulo di Masterpharm 2025 – Modelli integrati a confronto: HTA, HTM e Lean Management dall’Italia e dal Mondo (23-24 ottobre, Hotel DoubleTree Torino).

“Come si intuisce, il nostro contributo intende essere dunque quello di far interagire gli approcci più avanzati in sanità con le problematiche concrete che i professionisti e le organizzazioni si trovano a vivere quotidianamente. Il tutto per offrire riferimenti utili a chi deve rispondere effettivamente ai bisogni dei pazienti senza trincerarsi dietro ad analisi puramente teoriche o a modelli non applicabili”.

Partendo da queste premesse, si comprende la “singolarità” del programma di Masterpharm, incentrato sulla necessità di condividere soluzioni. Da qui la scelta dell’agenda, che propone in prima giornata – dopo il saluto inaugurale dell’Assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi – le sessioni sulla governance sanitaria (giovedì 23 ottobre, ore 10.00), sui nuovi modelli organizzativi (giovedì 23, ore 11.00), sugli investimenti in ricerca (giovedì 23, ore 16.50).

Professionisti e istituzioni insieme per condividere esperienze reali e costruire soluzioni sanitarie applicabili

“Tra i nuovi modelli”, sottolinea Cattel, “intendiamo soprattutto approfondire le esperienze esistenti nell’ambito delle Reti Oncologiche e delle Reti Cardiovascolari, mentre parlando di ricerca desideriamo realizzare un confronto tra professionisti, voci ministeriali e manager di grandi aziende attualmente impegnate con investimenti in ricerca nel nostro Paese, ricordando sempre di osservare le cose con uno sguardo attento all’health technology assessment”.

Parlando di professionisti e del loro rapporto con l’HTA, risulta pertanto particolarmente stimolante all’interno di questo secondo modulo di Masterpharm25 la presentazione (a cura di Cattel in collaborazione con gli esperti ALTEMS-Università Cattolica di Roma Eugenio di Brino e Paolo Sciattella) del programma di assessment training che l’ASL-VCO e SIHTA hanno congiuntamente definito e stanno per avviare come prima esperienza nazionale. 

Una delle sessioni più innovative dell’agenda di Masterpharm25 è poi quella dedicata alla sanità internazionale: “Abbiamo deciso quest’anno di proporre un doppio confronto tra voci europee”, dice Cattel, “il primo coinvolgerà direttori generali di differenti provenienze, per riflettere su ruoli, competenze e criticità vissute nelle diverse situazioni nazionali; il secondo ci vedrà dialogare con colleghi di altri Paesi sui nuovi modelli organizzativi in farmacia ospedaliera, ben sapendo che la nostra è una professione in profondo sviluppo, coerentemente con lo sviluppo della sanità, con le innovazioni terapeutiche e con il radicale mutamente che sta provocando l’ingresso di tecnologie sempre più innovative”.

Dialogo, ricerca e tecnologia: la formazione come leva per una sanità più efficace

E parlando di tecnologie c’è da sottolineare che i referenti scientifici di Masterpharm – Annarosa Fornero (Torino), Piera Polidori (Piera Polidori) e Francesca Venturini (Padova) insieme ad un Board Scientifico prestigioso di cui fanno parte tra gli altri Eugenio di Brino (ALTEMS), Adriano Leli (direttore generale di Azienda Zero Piemonte), Fabrizio Priano (Responsabile Ufficio Comunicazione e Staff, Assessorato alla Sanità) e Pietro Presti (Sharing Progress in Cancer Care), hanno assemblato un programma in cui l’intelligenza artificiale ed il contributo delle automazioni alle professioni sanitarie (in particolare in chirurgia e in farmacia ospedaliera) permetteranno uno sguardo verso un futuro di servizi già a portata di mano.

Il secondo modulo di Masterpharm 2025 si concluderà con due tavole rotonde trasversali: la prima (venerdì 24 ottobre, ore 15.30) dove un gruppo prestigioso di giornalisti nazionali e regionali dialogheranno con Cattel ed altri esponenti della sanità su Giornalismo, media e sanità: come creare una relazione “virtuosa per una sanità migliore e di tutti”; la seconda (venerdì 24 ottobre, ore 16.30) è un confronto tra Società Scientifiche ed Istituzioni a cui parteciperanno esponenti di SIFO, SIFACT, EAHP, SIHTA, ANCI e FIASO insieme ad esponenti del Ministero della Salute.

“Le due tavole rotonde finali sono il coronamento di Masterpharm 2025”, afferma concludendo Francesco Cattel, “In questo modo offriamo la possibilità di un dialogo senza rete con il mondo dei comunicatori e dei produttori di informazione. Anche questi sono obiettivi che Masterpharm ritiene essenziali per offrire strumenti sempre nuovi ai professionisti che frequentano il nostro appuntamento”.

Coming soon, MediCinema: il linguaggio universale del cinema come strumento terapeutico

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Tra le corsie di pediatria e le sale dedicate alla ricerca, c’è un luogo nella Fondazione Policlinico Gemelli di Roma in cui la cura passa anche attraverso la luce di un proiettore. Qui nasce MediCinema, un progetto che trasforma il cinema in strumento terapeutico: un’esperienza immersiva capace di stimolare l’immaginazione, ridurre l’ansia e rafforzare i legami emotivi nei pazienti. Non si tratta di semplice intrattenimento, ma di una vera e propria cineterapia, con evidenza di studi scientifici.

Per il nono anno consecutivo, MediCinema Italia ETS e la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS rinnovano la loro collaborazione con la Festa del Cinema di Roma, portando sullo schermo alcuni titoli del programma ufficiale della ventesima edizione. L’iniziativa, parte integrante della manifestazione in programma dal 15 al 26 ottobre 2025, diventa un’occasione per promuovere una riflessione sul valore terapeutico della settima arte, sempre più riconosciuta come strumento capace di generare benessere e supporto emotivo.

Il cinema è una realtà immersiva che può riaccendere il cervello emotivo

A TrendSanità ne parlano Daniela Chieffo (Professore di psicologia all’Università Cattolica di Roma, facoltà di medicina e chirurgia e Direttore della Psicologia Clinica della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli) e Marianna Mazza (Professore di Psichiatra del dipartimento di Psichiatria Clinica e d’urgenza della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli): insieme esplorano le potenzialità del grande schermo come nuova frontiera della cura.

Daniela Chieffo

Professoressa Chieffo, partiamo dallo studio legato al progetto Medicinema. Di cosa si tratta?

«Il progetto si chiama SEI Supereroi Insieme ed è stato realizzato nella sala Medicinema del Policlinico Gemelli. Ha coinvolto 30 bambini tra gli 8 e i 12 anni: metà ricoverati presso il nostro ospedale e metà provenienti da una scuola elementare vicina. L’obiettivo era favorire l’integrazione tra bambini ospedalizzati e bambini “sani”, creando un ponte di relazione e crescita reciproca. Ogni mese veniva proiettato un film d’animazione su temi come amicizia, empatia, resilienza e collaborazione. Dopo la visione, i piccoli partecipavano a giochi e riflessioni guidate, ispirate alle “sei A magiche”: Amicizia, Ascolto, Accoglienza, Accompagnare, Attenzione e Alleanza».

Quali risultati avete osservato?

«Abbiamo misurato vari indicatori psicologici all’inizio e alla fine del percorso: consapevolezza di sé, autostima, competenze socio-emotive. I bambini ricoverati mostravano inizialmente una maggiore vulnerabilità, ma al termine del progetto le differenze tra i due gruppi si sono ridotte in modo significativo. L’autostima corporea e familiare, la consapevolezza sociale e la capacità decisionale sono aumentate con valori di significatività statistica molto elevati (p < 0,001). In sostanza, il cinema ha agito come catalizzatore di benessere e di connessione mente-corpo-ambiente, favorendo l’immaginazione e la reattività cognitiva anche nei bambini più fragili».

Nei bambini ricoverati l’autostima corporea e familiare, la consapevolezza sociale e la capacità decisionale sono aumentate con valori di significatività statistica molto elevati

Dal punto di vista neuroscientifico, in che modo la visione di un film può incidere sul cervello di un bambino?

«La visione di un film attiva processi di memoria, attenzione e creatività. Attraverso la cosiddetta embodied cognition, ovvero la cognizione incarnata, il bambino “vive” ciò che vede, simulando emozioni e azioni dei personaggi. Questo rafforza la rappresentazione spazio-temporale e riattiva circuiti neuronali spesso “spenti” nei contesti ospedalieri o dall’eccesso di digitale. Il cinema, in questo senso, è una realtà immersiva che riaccende il cervello emotivo».

Come immagina l’integrazione della cinematerapia nei protocolli ospedalieri?

«La considero una forma di medicina complementare. Non sostituisce la terapia farmacologica o psicologica, ma la accompagna, alleviando la percezione del dolore e restituendo senso di appartenenza a chi vive la malattia. Guardare e commentare un film insieme può riattivare legami, far sentire parte di una comunità e migliorare l’umore».

Potrà diventare un supporto stabile accanto ai trattamenti tradizionali?

«Il cinema dovrebbe entrare in più ospedali possibile, anche dove non ci sono sale dedicate. In studi precedenti, abbiamo visto che durante la visione di un film molti pazienti chiedevano meno antidolorifici: l’immersione nella storia creava una sorta di “pausa dal dolore”».

Spostarsi dalla corsia alla sala proiezione diventa un gesto simbolico: significa uscire, anche solo per un’ora, dalla malattia

Avete già condotto altre ricerche in questo ambito?

«Con Medicinema abbiamo realizzato anche il cortometraggio Il tempo dell’attesa, dedicato alle pazienti oncologiche e ginecologiche. Lo studio, pubblicato su PubMed, ha mostrato come la visione condivisa di un film potesse riattivare la relazione di coppia e migliorare la comunicazione con il partner. Il cinema in ospedale favorisce anche la partecipazione delle famiglie e rafforza il legame tra equipe curante, bambini e genitori. Anche solo spostarsi dalla corsia alla sala proiezione diventa un gesto simbolico: significa uscire, anche solo per un’ora, dalla malattia e tornare a vivere».

Marianna Mazza

Professoressa Mazza, dai vostri studi emerge che la visione guidata e rielaborata di un film può ridurre ansia e stress nei pazienti. Quali sono i meccanismi psicologici e fisiologici che spiegano questo beneficio?

«La cineterapia è un intervento strutturato e professionale, prescritto da psichiatri o psicologi. Il film diventa una metafora attraverso cui esplorare vissuti personali ed elaborare emozioni. I meccanismi sono due. Da un lato quello psicologico: il cinema funziona come l’inconscio, attivando dinamiche di proiezione e identificazione che permettono di esprimere anche emozioni traumatiche difficili da verbalizzare. È il cosiddetto effetto catartico. Dall’altro lato c’è un meccanismo neurobiologico: i neuroni specchio, alla base dell’empatia, si attivano quando osserviamo un’emozione altrui, come se la vivessimo in prima persona. Questo spiega la potenza partecipativa del cinema, che nei giovani è ancora più forte perché le reti neurali sono più plastiche».

La cineterapia è un intervento strutturato e professionale, prescritto da psichiatri o psicologi

Avete appena concluso anche un progetto di ricerca dove avete coinvolto donne con fragilità psichica. Quali risultati sono emersi?

«Io mi sono occupata del progetto Gynemotion, dedicato alle donne con disturbi ansiosi e depressivi. È importante ricordare che le donne hanno un rischio doppio rispetto agli uomini, per fattori ormonali e sociali. Abbiamo coinvolto 30 pazienti: metà inserite in un percorso di cineterapia, metà seguite solo con trattamento farmacologico. Il programma prevedeva otto incontri mensili, ciascuno basato su un film centrato su una specifica emozione. Dopo la visione, la discussione di gruppo ha favorito un’espressione autentica: alcune donne hanno verbalizzato emozioni che non erano mai riuscite a comunicare, neanche in altri contesti terapeutici. I dati raccolti mostrano una riduzione significativa dei sintomi ansiosi e depressivi rispetto al gruppo di controllo. Abbiamo registrato anche parametri fisiologici, come la variabilità cardiaca, che confermano un miglioramento della regolazione emotiva. Un aspetto innovativo è stato il coinvolgimento dei partner, che hanno arricchito le dinamiche di gruppo e rafforzato il sostegno emotivo».

In prospettiva, quali passi servono per integrare la cineterapia nei protocolli ospedalieri in modo strutturale?

«Servono studi sempre più ampi per consolidare l’evidenza scientifica e garantire a questa pratica la piena dignità terapeutica. Alla Fondazione Agostino Gemelli abbiamo la fortuna di disporre di una sala cinema interna, ma l’obiettivo è rendere la cineterapia accessibile anche in contesti meno strutturati, fino a pensare a una “prescrizione culturale”, sul modello di quanto accade in Canada con l’accesso ai musei. Sarebbe auspicabile che i pazienti potessero usufruire di cinema o piattaforme a costi agevolati, come parte di un percorso clinico. La cineterapia non ha effetti collaterali, utilizza un linguaggio universale e dispone di un patrimonio vastissimo di film, adattabili a diverse età ed esigenze. È una risorsa immediatamente disponibile e, integrata con trattamenti farmacologici e psicoterapeutici, può davvero migliorare la resilienza e la qualità della vita dei pazienti».

Prenotare una visita ortopedica online con la nuova rete di siti verticali di Eccellenza Medica

Nel panorama della sanità privata italiana, il tema della specializzazione è diventato sempre più centrale. Molto spesso, oggigiorno, i pazienti si muovono alla ricerca di professionisti altamente qualificati per una specifica esigenza, come il trattamento di patologie del ginocchio, della spalla o del piede.

In questo contesto, EccellenzaMedica.it, realtà leader nelle prenotazioni di visite mediche online, esami ed interventi, ha da poco ampliato la propria gamma di servizi, dando vita a una serie di portali verticali dedicati esclusivamente all’ortopedia.

Il progetto nasce con un duplice obiettivo:

  • Semplificare il percorso dei pazienti che desiderano effettuare la prenotazione online di una visita ortopedica con un ortopedico specialista;
  • Selezionare e accreditare all’interno del network Eccellenza Medica i migliori professionisti e i migliori centri di ortopedia in Italia.

I nuovi siti verticali: un network dedicato a ogni articolazione

Il nuovo ecosistema digitale creato da Eccellenza Medica si compone di quattro portali:

  • Ortopedicoweb.it: sito per prenotare online una visita ortopedica e che offre una panoramica generale sulle principali patologie che interessano l’apparato muscolo-scheletrico
  • Ortopedicoginocchio.net: portale di prenotazione online di visite ortopediche al ginocchio, interamente dedicato all’approfondimento di patologie e condizioni come artrosi, legamenti crociati, meniscopatie e protesi di ginocchio
  • Ortopedicospalla.net: piattaforma web per pazienti interessati a prenotare una visita ortopedica alla spalla. È rivolto a chi soffre di instabilità, lesioni della cuffia dei rotatori o altre patologie della spalla
  • Ortopedicopiede.net: sito web dedicato a chi è interessato alla prenotazione di una visita ortopedica al piede e/o di esami di approfondimento. Consente di approfondire tematiche come deformità del piede e patologie come fascite plantare, fratture, artrosi etc.

    L’idea alla base del nuovo progetto è semplice: creare siti che rispondano a domande e bisogni molto specifici, offrendo contenuti mirati e facilitando la prenotazione di una visita con ortopedici che hanno maturato competenze approfondite in quella particolare branca.

Una rete di centri ortopedici selezionati in tutta Italia

Uno dei tratti distintivi di Eccellenza Medica è la capacità di costruire una rete solida e qualificata di centri medici accreditati su tutto il territorio italiano. Il lavoro di selezione degli specialisti, affinato grazie ad un’esperienza ormai ventennale nel settore, si basa su criteri rigorosi: competenze certificate, esperienza documentata, specializzazione in un determinato distretto anatomico, innovatività delle procedure e capacità di proporre trattamenti minimamente invasivi.

Il nuovo ecosistema digitale creato da Eccellenza Medica si compone di quattro portali dedicati all’ortopedia

Attraverso la piattaforma, che presenta un’architettura e un’organizzazione delle informazioni semplice e intuitiva, tutti i pazienti possono in pochi secondi individuare il professionista di cui hanno bisogno.

Che si tratti di un dolore cronico al ginocchio, di una frattura del piede o di un problema alla spalla, il paziente avrà la possibilità di essere assistito, visitato e curato da professionisti che rappresentano un’eccellenza nel proprio campo.

Prenotare una visita ortopedica non è mai stato così semplice

Uno degli aspetti più apprezzati dai pazienti riguarda la semplicità di prenotazione. Oltre al portale principale EccellenzaMedica.it, i pazienti possono prenotare una visita ortopedica anche direttamente attraverso i siti verticali dedicati.

Per offrire un servizio realmente vicino al paziente, Eccellenza Medica offre la possibilità di richiedere prenotazioni sia online che telefonicamente oppure tramite WhatsApp.

La prenotazione online è sempre attiva. Dopo aver visitato la pagina del medico e/o del centro di ortopedia presso il quale s’intende effettuare la prenotazione, bisognerà semplicemente selezionare dal listino la voce corrispondente alla prestazione a cui si è interessati e indicare data e orario di preferenza, a seconda delle opzioni disponibili.

La prenotazione telefonica consente, invece, di parlare direttamente con il team del Centro Unico per le Prenotazioni (CUP) di Eccellenza Medica. Anche questa soluzione è di grande utilità perché permette al paziente di poter facilmente porre domande e ottenere risposte in tempo reale. Per le prenotazioni telefoniche è fondamentale attenersi agli orari del CUP Eccellenza Medica, attivo dal lunedì al sabato dalle ore 09:00 alle 18:00.

Molto pratica e alla portata della stragrande maggioranza dei pazienti anche la prenotazione WhatsApp. In questo caso è sufficiente l’invio di un messaggio al numero dedicato, specificando nel testo la prestazione alla quale si è interessati e la struttura presso cui si desidera prenotare l’esame o la visita.

Quanto è importante la specializzazione in ortopedia?

L’ortopedia è una disciplina complessa e articolata. Pensiamo, ad esempio, alle differenze tra una lesione meniscale e un’infiammazione della cuffia dei rotatori: entrambe rientrano nell’ambito ortopedico ma richiedono conoscenze e trattamenti molto diversi in quanto parliamo di patologie che coinvolgono distretti anatomici profondamente differenti tra loro.

Con i nuovi portali verticali, Eccellenza Medica risponde pienamente a questa esigenza di iper-specializzazione sempre più avvertita dai pazienti. In altre parole, chi ad esempio visita Ortopedicoginocchio.net troverà contenuti, specialisti e soluzioni legati esclusivamente alle patologie del ginocchio, azzerando il rischio di incappare in informazioni non pertinenti. Medesimo discorso per gli altri siti dedicati alle patologie della spalla e del piede.

Di contro, con Ortopedicoweb è fatta salva la possibilità di cercare, all’interno di un’unica piattaforma, informazioni e servizi legati alle diverse branche dell’ortopedia.

La missione di Eccellenza Medica: rendere la sanità più accessibile

Il progetto dei siti ortopedici verticali si inserisce nella più ampia missione di Eccellenza Medica: migliorare e facilitare l’accesso a cure specialistiche ad un numero sempre più alto di pazienti.

In un’epoca di forte sofferenza ed incertezze legate alla sanità pubblica, poter contare su un network di strutture di eccellenza anche in ambito ortopedico è davvero importante. Grazie ad Eccellenza Medica è possibile dare maggiore visibilità a quelle strutture che, pur proponendo servizi di altissima qualità, non riescono ad emergere come meriterebbero, magari anche a causa del contesto socio-economico di cui fanno parte o di una scarsa propensione all’utilizzo delle tecnologie digitali, oggi più che mai prioritarie anche e soprattutto in ambito sanitario.

Sanità digitale e salute circolare: il ruolo strategico del dato

Per Marisa De Rosa (esperta di sanità digitale, membro del direttivo ASSD e già direttrice del dipartimento di sanità del Cineca), il dato rappresenta la chiave per una sanità più intelligente e sostenibile: uno strumento capace di migliorare la qualità delle cure, supportare le decisioni cliniche e rendere il paziente parte attiva del proprio percorso di salute.

Nella videointervista a TrendSanità, De Rosa riflette sul valore strategico dei dati per il SSN e sulla necessità di una governance capace di trasformarli in conoscenza e innovazione.

L’occasione di approfondire il tema sarà il 27 ottobre a Bologna, durante il convegno La sanità del futuro: dati, tecnologie e salute circolare promosso da ASSD (Associazione Scientifica per la Sanità Digitale), di cui TrendSanità è media partner.

Vaccinarsi per proteggere il cuore: la nuova frontiera della prevenzione

La vaccinazione non è soltanto una strategia per ridurre il rischio di malattie infettive: è sempre più riconosciuta come una forma di prevenzione cardiovascolare. Negli ultimi anni, evidenze scientifiche sempre più solide hanno mostrato come infezioni respiratorie e altre malattie infettive possano influire direttamente sulla salute del cuore e dei vasi sanguigni, aumentando il rischio di eventi cardiovascolari gravi. Questo apre una prospettiva nuova per le politiche sanitarie italiane ed europee: integrare la vaccinazione nei percorsi di prevenzione cardiovascolare.

Su questi temi si è concentrato Marco Del Riccio, medico chirurgo specialista in Igiene e Medicina Preventiva, Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Firenze, intervistato da TrendSanità a margine del workshop europeo “Active Citizens in Europe Advocate for (adult) Vaccination”, tenutosi il 2 ottobre 2025 nell’ambito del progetto VaccinAction2025 e organizzato da Cittadinanzattiva-Active Citizenship Network.

Le infezioni aumentano il rischio cardiovascolare, aprendo una nuova prospettiva per le politiche sanitarie: integrare la vaccinazione nei percorsi di prevenzione del cuore

L’evento ha riunito rappresentanti di associazioni civiche e di pazienti, professionisti sanitari, accademici ed esperti di advocacy per discutere il ruolo delle strategie vaccinali nella gestione delle patologie croniche — in particolare quelle cardiovascolari — e per promuovere azioni di sensibilizzazione presso i decisori politici al fine di riconoscere la vaccinazione come pilastro della prevenzione sanitaria.

Il legame tra malattie infettive e salute cardiovascolare

Marco Del Riccio

“Riguardo alle evidenze, è interessante vedere come ormai si accumulino in senso bidirezionale rispetto alla relazione tra malattie cardiovascolari e prevenzione di malattie infettive” [Ecarnot et al, 2025], afferma il dottor Del Riccio.
Questa relazione non è intuitiva: “Ci si chiede a volte perché la prevenzione di malattie infettive dovrebbe essere importante per la prevenzione di malattie cardiovascolari. È importante soffermarsi su questo punto, perché spesso non è scontato.”

Il meccanismo è duplice. Da un lato ci sono effetti diretti: alcune infezioni possono danneggiare direttamente la parete dei vasi sanguigni. Dall’altro, esistono meccanismi indiretti, come l’infiammazione sistemica e lo stress metabolico indotti da malattie respiratorie. “Pensiamo all’influenza o all’herpes zoster, malattie che possono avere un impatto significativo sul nostro sistema cardiovascolare”, spiega.

Le infezioni possono danneggiare i vasi sanguigni sia direttamente sia attraverso infiammazione sistemica

Un’infezione può costringere l’organismo a un grande dispendio energetico e mettere sotto pressione il sistema cardiovascolare. “Se immaginiamo una persona di 70 anni con uno scompenso cardiaco, le evidenze ci dicono che, nelle prime settimane dopo un’influenza, il rischio di infarto acuto del miocardio risulta aumentato fino a circa 6 volte [Kwong et al, 2018]. Nel caso dell’herpes zoster, il rischio di ictus aumenta soprattutto nelle prime settimane (dall’esordio dell’eruzione, con picco iniziale), per poi ridursi nel tempo [Langan et al, 2014].”

Questi dati mettono in evidenza un concetto chiave: prevenire le infezioni significa anche proteggere il cuore.

Le evidenze scientifiche: vaccini come protezione cardiovascolare

Un concetto innovativo, che apre la strada a una maggiore integrazione delle vaccinazioni nei programmi di prevenzione

L’ipotesi che prevenire le malattie infettive riduca anche il rischio cardiovascolare non è solo teorica. “Esistono forti evidenze sul fatto che vaccinazioni come quella contro l’herpes zoster diminuiscano il rischio di ictus e altri eventi cardiovascolari maggiori”, conferma l’esperto. Lo stesso vale per la vaccinazione anti-influenzale, che oltre a ridurre il rischio di ospedalizzazione e mortalità per influenza, mostra effetti positivi anche su eventi cardiovascolari: “I dati confermano che la vaccinazione anti-influenzale è molto utile, per prevenire ospedalizzazioni da altre cause cardiovascolari. Questo è un importante risultato [Ecarnot et al, 2025].”

Mariano Votta
Mariano Votta

Questa evidenza ha portato la Società Europea di Cardiologia (European Society of Cardiology – ESC) a pubblicare un Consensus statement ufficiale: “Vaccinazione come nuova forma di prevenzione cardiovascolare”.

“Un concetto innovativo, che apre la strada a una maggiore integrazione delle vaccinazioni nei programmi di prevenzione, come di recente abbiamo ribadito rispondendo alla consultazione pubblica avviata dalla Commissione Europea sul Piano dell’UE per la salute cardiovascolare”, commenta Mariano Votta, Responsabile delle politiche europee di Cittadinanzattiva.

Target e strategie vaccinali

Il ruolo delle vaccinazioni è centrale, ma la scelta dei target non è banale. “La discussione è sempre sui target: dovrebbero essere scelti per età o per categoria? La scelta dipende dal contesto e dagli obiettivi di sanità pubblica, ma gli approcci che combinano criteri anagrafici e di rischio sono quelli più efficaci”, osserva Del Riccio. È necessario considerare entrambi i fattori.

L’età è un fattore anagrafico molto utile dal punto di vista organizzativo per individuare una popolazione target, ma ha un valore biologico e clinico limitato. Per questo motivo, la sola età non è sufficiente a definire le priorità vaccinali: è necessario includere anche i gruppi a rischio, indipendentemente dall’età anagrafica, come le persone affette da patologie croniche cardiovascolari, respiratorie o oncologiche.”

La sola età non è sufficiente a definire le priorità vaccinali: è necessario includere anche i gruppi a rischio

Questi gruppi traggono un beneficio significativo dalla vaccinazione, non solo perché riducono il rischio di infezioni, ma anche perché possono evitare ritardi nelle cure per le loro patologie. “Un malato oncologico che contrae un’infezione può vedere posticipati i trattamenti, con conseguenze significative.”

Italia ed Europa: gap nelle coperture vaccinali

Parlare di modelli organizzativi senza dati significa muoversi in un labirinto. Non si può intervenire su ciò che non si conosce: per questo il primo passo è sempre misurare, comprendere il problema e solo dopo cercare le soluzioni più efficaci. Sottolinea Del Riccio: “È l’approccio che stiamo adottando anche all’interno dell’Adult Immunization Board: definire priorità e indicatori, sintetizzare le evidenze e promuovere standard condivisi per aiutare i decisori a misurare meglio e ad agire in modo più efficace.”

La vaccinazione è uno strumento trasversale a tutte le discipline e dovrebbe far parte dei percorsi integrati di prevenzione, terapia, assistenza e riabilitazione

Un esempio utile è quello della vaccinazione antinfluenzale: si tratta di una pratica consolidata e raccomandata da anni, con livelli di monitoraggio abbastanza uniformi in tutta l’Unione europea, seppure con differenze tra Paesi. Tuttavia, i dati dell’ECDC mostrano che quasi nessuno Stato europeo raggiunge il target fissato dall’OMS — pari alla vaccinazione di tre persone su quattro tra gli over 60 o over 65 — segno che, anche nei programmi più strutturati, resta ancora molto da fare per colmare i gap di copertura.

Durante la stagione influenzale 2021, in piena pandemia da Covid-19, si è registrato in Europa un incremento delle coperture vaccinali. La crescita era legata al timore di una doppia infezione e alla volontà di evitare il sovraccarico degli ospedali. Si è trattato però di un fenomeno eccezionale: nei mesi successivi i livelli di copertura sono tornati ai valori pre-pandemici [Del Riccio et al, 2025].

Prospettive per ricerca e policy

Secondo Del Riccio, il miglioramento dell’implementazione delle strategie vaccinali esistenti è un passaggio cruciale: “Abbiamo prodotti che funzionano, seppur con delle limitazioni che però sono piuttosto note; abbiamo popolazioni a rischio identificate, ma la parte di implementazione è carente. Trovare strategie di migliore implementazione delle conoscenze e degli strumenti già disponibili rappresenta un passaggio fondamentale per rendere più efficienti i modelli organizzativi e gli interventi di salute pubblica. Serve una collaborazione trasversale che coinvolga professionisti, media, cittadini e pazienti: senza un clima di fiducia reciproca, sarà difficile raggiungere risultati concreti.”

Solo una collaborazione tra professionisti, media, cittadini e pazienti può generare fiducia e risultati concreti

L’implementazione non riguarda solo la sanità territoriale, e la percezione del rischio influenza anche i professionisti sanitari: non è questione di scarsa conoscenza, ma di immersione nella routine quotidiana, che porta a dare priorità alla propria area di competenza. “Per questo è importante trasmettere che la prevenzione delle malattie infettive attraverso la vaccinazione è uno strumento trasversale, che dovrebbe essere integrato in tutti i percorsi di cura, assistenza e riabilitazione.”

Vaccinazione come prevenzione integrata

Il legame tra prevenzione delle malattie infettive e salute cardiovascolare è ormai consolidato. Vaccinazioni mirate, monitoraggio delle coperture, strategie organizzative innovative e uso della sanità digitale possono trasformare il modo in cui affrontiamo la prevenzione.

“La vaccinazione è uno strumento trasversale a tutte le discipline e dovrebbe far parte dei percorsi integrati di prevenzione, terapia, assistenza e riabilitazione”, conclude Marco Del Riccio.

Il messaggio è chiaro: integrare la vaccinazione nei percorsi di cura e prevenzione cardiovascolare è una priorità non solo per la salute individuale, ma anche per ridurre il peso delle malattie croniche sui sistemi sanitari in Italia e in Europa — un obiettivo condiviso anche a livello europeo dal progetto VaccinAction2025, di cui il workshop del 2 ottobre ha rappresentato un momento di confronto e collaborazione tra operatori sanitari, comunità scientifica e cittadini attivi.

Bibliografia

Salvatore De Cosmo è il nuovo Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD)

Sarà Salvatore De Cosmo, pugliese, il nuovo presidente nazionale AMD. Figura di spicco della diabetologia italiana e internazionale, il De Cosmo vanta una lunga esperienza in ambito clinico, scientifico e associativo: una guida autorevole che potrà offrire all’intera società scientifica e ai Soci competenza, visione e dedizione.

Attualmente dirige la Struttura Complessa di Medicina Interna-Endocrinologia dell’IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo (FG). È autore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche recensite PubMed e Principal Investigator di numerosi studi e progetti nazionali e internazionali. Da anni contribuisce alla definizione delle linee guida sul diabete mellito. È inoltre revisore per riviste di rilievo, tra cui Diabetes Care, Diabetologia e Journal of Endocrinological Investigation.

In AMD da oltre trent’anni, De Cosmo ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità: Presidente della Sezione Puglia (2005–2007), membro del Consiglio di Amministrazione di Fondazione AMD e Coordinatore del Comitato Scientifico AMD dal 2020 al 2023.
 

Assumere la Presidenza di AMD rappresenta per me un onore e una grande responsabilità. Il mio impegno sarà volto a consolidare il ruolo dell’Associazione come punto di riferimento per i professionisti e per le persone con diabete, promuovendo ricerca di qualità, linee guida condivise e un approccio sempre più multidisciplinare e innovativo alla cura”, ha dichiarato Salvatore De Cosmo, in occasione della cerimonia di chiusura del XXV Congresso Nazionale AMD di Bologna.

Con una formazione accademica di eccellenza, il neo-presidente AMD si è laureato con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Perugia, specializzandosi in Medicina Interna e successivamente in Endocrinologia presso l’Università Cattolica di Roma. Ha svolto periodi di ricerca presso il Guy’s Hospital di Londra e ha frequentato corsi di management sanitario alla Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano.

Al timone di AMD per il prossimo biennio, De Cosmo sarà affiancato da Giuseppina Russo, in qualità di Presidente eletto, e dagli altri membri del Consiglio Direttivo nazionale.

Egualia sulla manovra: «Segnali positivi, ma servono scelte strutturali per la sostenibilità delle imprese»  

«La riduzione degli oneri a carico delle imprese, come il prelievo dell’1,83%, e la revisione dei tetti di spesa rappresentano la concretizzazione di un primo, importante principio di equità, indispensabile per garantire le cure essenziali a milioni di cittadini. Serve ora consolidare questo segnale attraverso un intervento più profondo e strutturale per garantire la sopravvivenza di un settore strategico per l’accesso ai farmaci, anche attraverso il percorso della Legge Delega sul riordino della farmaceutica». Stefano Collatina, presidente di EGUALIA (aziende produttrici di farmaci equivalenti e biosimilari) commenta così le prime indicazioni emerse sulla Legge di Bilancio 2026, approvata dal Consiglio dei Ministri.

Payback, tetti e ritocchi: serve coerenza con la realtà della domanda

La riduzione del prelievo dell’1,83% pagato dalle imprese sui farmaci di classe A – spiega Egualia – è una misura attesa da tempo e rappresenta un primo concreto passo per tutelare il ruolo industriale e sociale dei produttori di farmaci fuori brevetto. È un onere che al più presto va eliminato perché nel tempo ha inciso in modo sproporzionato sulle aziende che producono i farmaci più economici e di uso quotidiano per milioni di cittadini.

La riduzione del prelievo dell’1,83% pagato dalle imprese sui farmaci di classe A è una misura attesa da tempo

«Sul tetto della diretta siamo lontani purtroppo dalla soluzione. Le nostre aziende pagano quasi il 18% di payback: un fardello che è e resterà insostenibile senza un ripensamento delle componenti della spesa che compongono attualmente il tetto stesso – spiega Collatina –. Sono indispensabili interventi che escludano i farmaci acquistati in gara dalle Regioni al massimo ribasso dal computo della spesa sottoposta al tetto, poiché si tratta di un ambito completamente gestito e controllato dalle Regioni e già caratterizzato da una costante riduzione dei prezzi di acquisto. Noi non possiamo interrompere le forniture agli ospedali e non possiamo inglobare nel prezzo negoziato con AIFA questa tassa sproporzionata. Basta guardare i tassi di partecipazione alle gare: scendono di anno in anno e le carenze aumentano».

Stefano Collatina

Prezzi e gare: completare le riforme

«Tra i nodi sul tappeto – avverte ancora il presidente di Egualia – resta ancora irrisolto quello dell’adeguamento dei prezzi ex factory dei farmaci critici più a rischio: le norme impongono all’AIFA di respingere le istanze di aumento dei prezzi non giustificate da aumenti del costo del solo principio attivo, senza tener conto dell’impennata di tutti i costi industriali, energetici e logistici. Senza un meccanismo di revisione equo e tempestivo resta altissimo il rischio di interruzione delle forniture di farmaci essenziali».

Nodo ancora irrisolto l’adeguamento dei prezzi ex factory dei farmaci critici più a rischio

«Dopo due anni di attesa, infine – prosegue Collatina – chiediamo che sia finalmente varata anche la norma che introduce l’obbligo della gara multi-aggiudicatario ad accordo quadro per i farmaci fuori brevetto di sintesi chimica acquistati dagli ospedali. È una misura prevista in più proposte di riforma e già applicata in alcune Regioni, che garantirebbe pluralità di fornitori, continuità di approvvigionamento e maggiore sicurezza per i pazienti. C’è l’accordo di tutti, serve inserirla in manovra».

Quando la scienza batte il virus sul tempo: ConvMut, il software italiano che anticipa le varianti

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Si chiama ConvMut ed è un software tutto italiano in grado di prevedere le varianti future di un virus come SARS-CoV-2. Nato dalla collaborazione tra l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, lo Spallanzani e il Politecnico di Milano, questo strumento analizza milioni di sequenze virali e individua i punti “strategici” su cui il virus tende a mutare per adattarsi all’ospite. Un passo avanti importante per virologi e immunologi, ma anche per le politiche sanitarie e per la ricerca farmacologica, che potrebbero così anticipare l’evoluzione del virus, progettando vaccini e anticorpi monoclonali più mirati ed efficaci.

Prevedere le varianti in anticipo può cambiare il modo in cui programmiamo le campagne vaccinali

Ne parliamo a TrendSanità con Daniele Focosi, ematologo e virologo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e ideatore del progetto.

Cos’è e come funziona ConvMut ?

«Prima di tutto dobbiamo capire come funziona l’evoluzione di una specie. È ben noto come molte specie viventi abbiano in comune un unico antenato, un fenomeno che si chiama evoluzione divergente. Esiste però anche il fenomeno opposto, quello in cui specie che hanno antenati molto distanti fra di loro tendono ad acquisire le stesse caratteristiche esteriori (“fenotipo”) quando condividono un ambiente comune in cui tali caratteristiche risultano vantaggiose per la loro sopravvivenza. In questo caso, prende il nome di evoluzione convergente. Ecco, ConvMut è un software di analisi dell’evoluzione convergente, unico nel suo genere, sviluppato dagli ingegneri informatici del team della Professoressa Anna Bernasconi al Politecnico di Milano, l’Università numero uno in Italia secondo i ranking internazionali. Ci sono moltissimi software che si occupano di evoluzione divergente, ma prima di ConvMut l’evoluzione convergente virale era studiata da un manipolo di volontari (me compreso) che identificava manualmente i raggruppamenti.

Daniele Focosi

Per fare predizioni accurate, ConvMut però ha bisogno di tanti dati forniti in un tempo più reale possibile. Niente di meglio quindi che integrarlo dentro la piattaforma dove ricercatori di tutto il mondo depositano le sequenze dei genomi virali, chiamata GISAID. Ci siamo riusciti grazie al team del Professor Fabrizio Maggi all’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma.

Su GISAID, infatti, ci sono oggi oltre 17,5 milioni di sequenze di SARS-CoV-2. Tra le varie funzioni di ConvMut, oltre alla creazione di mappe grafiche che raggruppano le migliaia di lignaggi di SARS-CoV-2 in pochi cluster facili da comprendere, ci sono anche informazioni su quali step evolutivi (sia a livello di genoma che di fenotipo) ha subito una data proteina, su quando è stato riscontrato per la prima volta quel lignaggio, quante sequenze ne esistono e quante altre volte si è verificato quel cambiamento in altri lignaggi. Non ci stupisce vedere che all’estremo di questi step di ConvMut si trovava mesi fa un cluster che includeva la variante XFG (Stratus), che sta ora dominando il picco di inizio autunno».

Perché è importante studiare l’evoluzione convergente di un virus?

«Perché alcuni virus (tra cui SARS-CoV-2), a differenza delle specie animali, mutano tantissimo e in poco tempo. Di SARS-CoV-2, in soli 5 anni, oggi ne conosciamo oltre 5.000 tipi diversi. Tutta questa precisione nella classificazione è stata riconosciuta per la prima volta grazie all’enorme sforzo di laboratori in giro per il mondo che hanno sequenziato e ancora oggi (sebbene con minore intensità) sequenziano il genoma virale, ma trova la sua base nella pressione immunitaria (dovuta a precedenti infezioni o vaccinazioni) a livello di popolazione. Come nell’eterna caccia tra polizia e ladro, anche il virus muta continuamente per poter sfuggire al sistema immunitario. In particolare la proteina Spike muta per sfuggire agli anticorpi neutralizzanti. Per la prima volta le tecniche moderne ci permettono di osservare questo fenomeno in modo granulare».

Prevedere le varianti in anticipo, può cambiare il modo in cui programmiamo le campagne vaccinali? Quanto siamo vicini a questo scenario?

«Credo che questo scenario sia già oggi possibile. Dopo le prime ondate COVID sostenute da una singola variante, tutte le ondate successive hanno visto la compresenza di tante varianti. In un tale scenario, scegliere il “ceppo” vaccinale con 5-6 mesi di anticipo solo sulla base della frequenza diventa molto rischioso, quanto trovare la posizione di un ago in un pagliaio. In quel lasso temporale il lignaggio dominante diventa quasi sempre un altro, spesso con molte mutazioni di differenza, e quindi il vaccino scelto ha una protezione subottimale.

ConvMut offre strumenti predittivi preziosi per vaccini e anticorpi monoclonali, ma il suo impatto dipenderà dalle decisioni degli enti regolatori

Magari in frequenza assoluta non sono ancora maggioritarie, ma c’è un trend che indica una chiara pressione selettiva che di lì a poco si svilupperà. Ad esempio, dopo i primi anni in cui a mutare era solo la porzione di legame al recettore (RBD) della proteina Spike, negli ultimi anni sta mutando molto di più la porzione all’estremo opposto, come se là ci fosse ancora molto “spazio evolutivo”. Non escludo che in un futuro imminente gli enti regolatori (WHO, EMA, FDA) non proporranno più uno specifico ceppo (come quello attuale, LP.8.1), ma un insieme di mutazioni che saranno assemblate in un costrutto sintetico, ovvero un virus che non esiste in natura. Mentre questo era quasi impossibile ai tempi dei vaccini che richiedevano virus interi attenuati o morti, tutto questo oggi è diventato relativamente facile nell’era dei vaccini a mRNA».

In che modo il software può accelerare la ricerca e la produzione di vaccini e i processi decisionali di EMA e OMS?

«I processi decisionali umani sono destinati ad avere ancora una certa latenza, ma qui possono diventare più “attuali”. L’esempio eclatante è stato il vaccino basato sulla variante XBB. Al momento in cui è stato commercializzato, quella variante praticamente non circolava più nella popolazione. Questo non significa che quel vaccino non abbia avuto una residua efficacia protettiva, ma sicuramente avremmo potuto fare di meglio se fosse stato più simile a ciò che circolava al momento della somministrazione, se si fosse potuto prevedere quali mutazioni convergenti si stavano accumulando. ConvMut rende possibile proprio questo».

Le aziende che producono anticorpi monoclonali potrebbero trarre vantaggio da questo modello predittivo anche per ridurre i tempi di risposta?

«Sappiamo come, anche in un’epoca d’oro per i monoclonali come quella del COVID in cui molte aziende hanno ricevuto finanziamenti pubblici, il tempo minimo tra disegno e commercializzazione è stato sempre superiore all’anno. Questo ha portato a molti fallimenti, ovvero anticorpi anti-Spike che hanno perso attività poche settimane o mesi dopo che il loro uso era stato approvato. Qui ConvMut può aiutare a indirizzare la pipeline su cui un’Azienda decide di investire in sperimentazioni cliniche (lunghe e costose). Se un’azienda vede che sta aumentando la prevalenza di una data mutazione che rende inefficace l’anticorpo che stanno sviluppando, fermare le sperimentazioni cliniche in corso può consentire ingenti risparmi. Al contrario vedere quali porzioni della proteina sono relativamente stabili nel tempo aiuta a identificare i bersagli migliori e quindi a focalizzare lo sviluppo preclinico». 

Rendere ConvMut accessibile gratuitamente per tutti e in grado di lavorare su dati rilasciati in tempo reale sarebbe un’ottima base di partenza

Chi dovrebbe gestire e utilizzare questi dati predittivi? C’è il rischio che restino confinati alla ricerca, invece di diventare strumenti di prevenzione?

«Le scelte sono chiaramente nelle mani degli enti regolatori che raccomandano oggi la scelta dei ceppi vaccinali, OMS in primis. Non è un caso che siamo già in contatto con l’OMS per validare e presentare ConvMut e ci aspettiamo identico interesse da EMA e FDA. Il rischio che l’inerzia e il conservatorismo degli enti regolatori lasci ConvMut confinato alla ricerca c’è, ma resto fiducioso che i produttori di vaccini e anticorpi monoclonali ne apprezzino l’utilità. Alla fine sono quelle aziende a rischiare i loro capitali se i loro prodotti non funzionano bene».

Il farmacista clinico come ponte tra clinico e paziente

Il farmacista clinico è una figura professionale consolidata nei Paesi anglosassoni, ma ancora poco diffusa in Italia. Si tratta di un professionista che rappresenta un vero e proprio “raccordo attivo” tra clinico e paziente, garantendo l’uso appropriato, sicuro ed efficace dei farmaci e contribuendo in modo diretto alla qualità dell’assistenza.

Con la dottoressa Anna Marra (Direttrice del Dipartimento Farmaceutico Azienda Ospedaliero-Universitaria e Azienda USL di Ferrara) approfondiamo il significato di questo ruolo, il suo inserimento nei team multidisciplinari e le prospettive di sviluppo nel nostro Servizio Sanitario Nazionale.

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AI e medicina: innovazione, etica e multidisciplinarietà al meeting SIIAM 2025

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Professionisti, ricercatori, sviluppatori e clinici si sono dati appuntamento a Napoli per il terzo Annual Meeting della Società Italiana di Intelligenza Artificiale in Medicina (SIIAM), dedicato quest’anno al tema “AI per la medicina italiana. Navigare tra innovazione, sviluppo e pratica clinica”. L’obiettivo: esplorare come l’intelligenza artificiale possa diventare uno strumento concreto per una sanità più equa, accessibile e coerente con i valori del Servizio Sanitario Nazionale. Il programma, strutturato in quattro sessioni dinamiche e interconnesse ispirate alla “rosa dei venti”, ha guidato partecipanti e relatori in un percorso tra governance sanitaria, innovazione tecnologica, sviluppo applicativo e pratica clinica.

La scienza deve incontrare la tecnologia e l’esperienza clinica, ridisegnando una medicina capace di mettere la persona, e non il dato, al centro

Hanno aperto i lavori Luigi De Angelis, Presidente SIIAM, Francesco Baglivo e Giacomo Diedenhofen, Presidenti Annual Meeting, per guidare i partecipanti in un itinerario multidisciplinare, in cui la conoscenza scientifica incontra la tecnologia e l’esperienza clinica, ridisegnando una medicina capace di mettere la persona, e non il dato, al centro.

«Un convegno di alto profilo scientifico» – ha sottolineato Diana Ferro, Presidente del Comitato scientifico – “che ha messo in luce la multidisciplinarità e l’eccellenza dei risultati presentati nei contributi pubblicati su Recenti Progressi in Medicina: un segnale incoraggiante per un settore in espansione, fondato sulla collaborazione e sull’integrazione di competenze diverse anche molto diverse tra loro».

AI per la medicina italiana: principi, prospettive e innovazione

Il meeting si è aperto con i saluti di Paolo Antonio Netti, Delegato del Rettore dell’Università di Napoli Federico II per EIT Health. Subito dopo è intervenuto Gennaro Piccialli, Direttore del CESTEV, che ha sottolineato «la necessità di una contaminazione tra biologi, ingegneri, medici, chimici e altre figure professionali». Tutte persone che, pur parlando linguaggi tecnici diversi, devono imparare a dialogare quando si parla di salute.

L’intervento di Serena Battilomo del Ministero della Salute e direttrice dell’Ufficio del Sistema informativo sanitario nazionale ha annunciato l’entrata in vigore, il 10 ottobre 2025, della legge 132 “Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale”. Si tratta della prima regolamentazione italiana sull’intelligenza artificiale, basata su principi di trasparenza, ricerca, sperimentazione, sviluppo, adozione e applicazione di modelli e sistemi di AI. «L’obiettivo – ha spiegato Battilomo – è promuovere un uso corretto, trasparente e responsabile di queste tecnologie, in una prospettiva antropocentrica, che metta sempre la persona al centro». Allo stesso tempo, la legge prevede una vigilanza attenta sui rischi economici e sociali e sull’impatto dell’AI sui diritti fondamentali, per garantire che l’innovazione proceda in equilibrio con l’etica e la tutela della collettività.

Tecnologia e bene comune: l’AI come strumento di cura

Giulia Panizza, in rappresentanza di FIAGOP (Federazione Italiana delle Associazioni di Genitori di bambini e adolescenti con tumori o leucemie), ha richiamato l’attenzione sui possibili rischi di distorsione delle tecnologie e sulla necessità di orientare l’innovazione verso il bene comune, con una particolare attenzione alla tutela delle persone più fragili.

«Ci vuole coraggio e cambiamento»

L’intervento di Alberto Eugenio Tozzi, membro dell’Advisory Board SIIAM e responsabile del settore Innovazione all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, ha messo in luce come ricerca e innovazione debbano procedere insieme, generando un nuovo valore condiviso. L’innovazione in medicina, ha spiegato Tozzi, «si fa con i pazienti, con le famiglie e con una formazione specifica per i clinici». L’intelligenza artificiale può oggi supportare la predizione e la prevenzione, nonché la scoperta di nuove molecole come la baucima, antibiotico promettente nella lotta all’AMR (antimicrobico resistenza). Tra le frontiere più interessanti, la creazione di “digital twin”, copie digitali di microrganismi e sistemi biologici, capaci di simulare scenari clinici complessi. Ma, ha sottolineato Tozzi, «tutto ciò va tradotto nella pratica», con una corretta gestione dei dati clinici, lo sviluppo di nuove competenze e una reale multidisciplinarità, per ridurre l’“AI divide” e accompagnare la trasformazione dei sistemi sanitari e della pratica clinica. «Ci vuole coraggio e cambiamento», conclude.

Verso un’AI sicura e trasversale

Maria Di Marzo, dell’Area Innovazione e Strategia del Farmaco di AIFA, ha ribadito l’importanza di un’intelligenza artificiale antropocentrica, sicura e trasversale, capace di coinvolgere competenze diverse e di integrarsi con normative orizzontali che riguardano farmaci e dispositivi medici. L’AI può, infatti, contribuire allo sviluppo di nuovi farmaci, anche riducendo l’uso di modelli animali, e ottimizzare le procedure regolatorie, rendendo più efficienti i processi decisionali. Di Marzo ha citato, inoltre, la rete europea DARWIN, una piattaforma di dati condivisi tra partner europei per progetti di ricerca scientifica e regolatoria, segnalando il lavoro in corso per la definizione di linee guida sull’uso dell’AI nello sviluppo del farmaco. Servono però, ha concluso, nuove competenze anche tra i regolatori e una collaborazione più stretta con il mondo della ricerca.

Ha chiuso la sessione Chiara Maiorino, di EIT Health, che ha invitato a «mantenere al centro non solo il paziente, ma anche il cittadino, prima che diventi paziente». Maiorino ha evidenziato l’importanza di azioni mirate di supporto all’AI, di sostegno alle startup e soprattutto di formazione ed educazione del personale sanitario, dei caregiver e dei dirigenti, spesso in difficoltà nel tenere il passo con l’evoluzione tecnologica.

AI e salute pubblica: dall’epidemiologia digitale all’innovazione in medicina di comunità

Angelo D’Ambrosio (ECDC di Stoccolma) ha affrontato il tema delle ICA (infezioni correlate all’assistenza) e del ruolo che l’intelligenza artificiale può avere nella loro prevenzione e gestione. Ha sottolineato la necessità di un maggiore controllo sulle infezioni ospedaliere e di più tempo e personale dedicato, spesso oggi insufficienti. L’AI può offrire un supporto decisivo nella previsione, nella rilevazione in tempo reale, nella sorveglianza e nella prevenzione delle infezioni. Nella presentazione di diversi studi che hanno analizzato le capacità predittive dei modelli di AI, spesso caratterizzate da buone performance ma da una specificità ancora limitata, resta comunque imprescindibile per D’Ambrosio l’aspetto umano.

«Nella pratica clinica non tutto è bianco o nero e non tutti i modelli di intelligenza artificiale hanno la stessa efficacia. Le opportunità sono numerose, ma serve maggiore standardizzazione e la costruzione di competenze locali solide, in grado di rendere l’AI realmente utile e integrata nei contesti sanitari»

Beatrice Delfrate (AGENAS) è intervenuta sul ruolo dell’intelligenza artificiale in sanità e sulla necessità di partire dalla formazione. «Il clinico deve saper usare la tecnologia – ha ribadito – e il PNRR può accelerare questo processo, anche per strumenti già disponibili come la telemedicina». L’obiettivo è uniformare le conoscenze di base su tutto il territorio nazionale, per garantire equità e coerenza tra le regioni

Delfrate ha presentato anche la piattaforma dell’Agenzia per le cure primarie, concepita come un supporto all’attività di diagnosi e cura dei professionisti sanitari, a sostegno di un sistema sanitario più efficiente e integrato. L’AI sta cambiando il volto della sanità e con l’AI Act e la legge 132 si delineano le regole di una governance solida e attenta alla sicurezza dei dati. Tra le sfide ancora aperte, i rapporti con il Garante per la privacy in merito all’uso dei dati. L’intelligenza artificiale – ha concluso – può supportare diagnosi e cure, aiutare i medici di medicina generale e contribuire a creare una nuova mentalità digitale, che includa anche la formazione su come costruire prompt efficaci per interagire con gli strumenti di AI.

Umanizzazione delle cure: quando la tecnologia migliora la relazione con i cittadini

Gianpaolo Ghisalberti, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese, ha raccontato l’esperienza senese nell’utilizzo di un chatbot per le relazioni al pubblico di un’azienda ospedaliera. Un percorso che dimostra come la tecnologia possa supportare l’umanizzazione delle cure e rafforzare la centralità della persona assistita. L’uso dell’avatar, dalle sembianze di miss Italia 2024 o di un infermiere dell’ospedale, rappresenta una tappa di un cammino più ampio, che ha già visto l’introduzione di carrozzine elettriche per persone con disabilità, del progetto DAS per garantire copertura internet e telefonica e di strumenti di realtà virtuale pensati in particolare per i bambini sottoposti a cure lunghe e complesse.

L’avatar, ha spiegato Ghisalberti, nasce dall’esigenza di fornire informazioni rapide e accurate alle persone, risultato di un lavoro articolato di organizzazione e strutturazione dei dati all’interno di un grande ospedale pubblico.

Intelligenza artificiale e robotica per la salute e la sicurezza sul lavoro

Giovanna Tranfo, direttrice del Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale dell’INAIL di Roma, è intervenuta sul tema “Intelligenza artificiale e robotica nella ricerca sulla salute dei lavoratori”. L’INAIL è impegnato in attività di ricerca e prevenzione e utilizza l’AI come strumento per analizzare grandi quantità di dati, automatizzare revisioni della letteratura, tradurre testi e sperimentare soluzioni di realtà virtuale applicate alla sicurezza. L’intelligenza artificiale può essere un prezioso aiuto per gli ausili negli ambienti di lavoro, dove è fondamentale valutarne efficacia e rischi (come, ad esempio attraverso sensori che consentono la rilevazione in tempo reale di composti organici volatili).

Tra i progetti più innovativi citati da Tranfo figura ErgoCub, un robot umanoide collaborativo progettato per ridurre lo sforzo fisico nelle attività di sollevamento. Dotato di sensori e componenti di AI, è in grado di localizzare e pianificare i movimenti, aprendo nuove prospettive per la sicurezza e il benessere delle persone lavoratrici.

Ritrovare la bussola: dialogo e responsabilità tra innovazione, sviluppo e pratica clinica

Ha concluso la giornata del 10 ottobre una tavola rotonda che ha riunito Guido Scorza (Componente del Garante per la protezione dei dati personali), Carlo Tacchetti (Fondazione D34Health), Guido Gigante (Istituto Superiore di Sanità), Fabio Ambrosino (Il Pensiero scientifico Editore) e Laura Patrucco (Associazione Scientifica per la Sanità Digitale), in un confronto ricco di spunti su alcuni dei nodi centrali dell’intelligenza artificiale applicata alla medicina. Tra i temi affrontati, la tutela della privacy dei dati e la salute come diritto fondamentale, insieme alla spiegabilità dei modelli di AI, condizione essenziale per garantire fiducia e trasparenza.

I relatori hanno sottolineato anche la necessità di rafforzare il dialogo tra sviluppatori e utenti, tra medicina e scienza, per evitare che l’innovazione tecnologica proceda in modo disallineato rispetto ai bisogni reali delle persone e dei professionisti. Nel dibattito è emerso inoltre il problema dell’ipertrofia del publishing medico, che genera un’enorme quantità di studi a fronte di pochi revisori qualificati, e il bisogno di riportare l’attenzione sull’elemento umano ed etico nell’uso delle nuove tecnologie, per non perdere la direzione in un mare di dati e algoritmi.