Come sta la sanità pubblica italiana? È questa la domanda che ricorre in questo 2024 con il consueto duello verbale della politica: da una parte il Governo e la maggioranza soddisfatti per l’aumento di fondi e dall’altra le opposizioni (e non solo) che ne lamentano la carenza.
Per capire meglio la situazione e le prospettive, rivolgiamo cinque domande a chi ha rivestito e riveste ruoli preminenti dentro e fuori il Governo e le istituzioni. Abbiamo cominciato dagli ex ministri della Salute con le interviste a Beatrice Lorenzin, Giulia Grillo, Roberto Speranza, Mariapia Garavaglia, Renato Balduzzi, Livia Turco. Oggi le 5 domande sono per Walter Ricciardi che, dal 2014 al 2019, ha guidato l’Istituto Superiore di Sanità.
1 – LE RIFORME
Il prossimo futuro vedrà la popolazione anziana diventare sempre più ampia, con l’aumento dei tassi di cronicità, di poli-patologici e di non autosufficienti. Basteranno PNRR, DM 77, telemedicina e fascicolo elettronico ad affrontare queste sfide?
«La priorità è quella di portate il fondo sanitario nazionale ad un livello adeguato. Poi ci sono sicuramente delle riforme che possono aiutare il sistema a migliorare. Senza risorse non si possono fare riforme efficaci. Ma le risorse vanno anche gestite in modo migliore in concerto tra Stato e Regioni».
2 – IL DECLINO
I dati ci dicono che già oggi il nostro Servizio sanitario nazionale non è più universalistico: il 50% delle visite specialistiche ambulatoriali sono pagate privatamente, così come il 33% degli accertamenti diagnostici ambulatoriali. Il 7% della popolazione rinuncia alle cure, addirittura il 24% tra gli anziani. E l’aspettativa di vita cala. Il SSN è ancora un nostro punto di forza?
«Oggi vedo un certo declino nella qualità, soprattutto nella leadership e nella metodologia con cui vengono affrontati questi problemi complessi»
«La situazione del nostro servizio sanitario nazionale è estremamente grave. Il diritto costituzionale alla salute viene costantemente negato a milioni di cittadini, evidenziato dalla presenza di lunghi tempi di attesa e dalla mancanza di cure per molti. La Corte dei Conti certifica che le risorse allocate sono insufficienti, nonostante le affermazioni governative riguardo agli incrementi di finanziamenti, che saranno pure numericamente ad un livello più alto, ma sono strutturalmente insufficienti e molto al di sotto della media degli altri Paesi. È urgente riconoscere la priorità della sanità anche con decisioni bipartisan. Ci deve essere la consapevolezza che il declino della sanità e della salute dei cittadini porta perdite di prodotto interno lordo, perdita di competitività e insoddisfazione diffusa dei cittadini».
3 – I PRIVATI
Sanità privata convenzionata, sanità integrativa, sanità classificata, cooperative: tra privato e pubblico la competizione è corretta?
«Il rapporto tra settore pubblico e privato richiede una revisione. Se gestito in maniera controllata e trasparente, il coinvolgimento del privato può essere utile, includendo sia entità senza fini di lucro che a scopo di lucro. Il privato è fatto di privato sociale, di privato no profit, e di privato for profit, sono tutte realtà legittimamente abilitate a contribuire. Ma se questo viene fatto con una regia pubblica, nell’efficacia e nell’efficienza va bene, altrimenti è semplicemente Darwin: un mercato privato incontrollato che può indebolire il sistema sanitario nazionale, portando a vincitori e vittime. È essenziale trovare un equilibrio che valorizzi le capacità del settore privato senza compromettere l’efficacia del sistema sanitario pubblico».
4 – LE SOLUZIONI
Per salvare realmente la sanità pubblica si deve immaginare un enorme aumento del finanziamento del SSN (e allora la domanda è come reperire le risorse?) o prendere atto che il sistema non è sostenibile e farlo diventare selettivo come prestazioni offerte e come partecipazione gratuita degli utenti?
«Dopo aver assistito al disastro delle Regioni più povere, vedremo questo declino estendersi anche alle Regioni ricche…»
«Torno sul concetto iniziale: servono risorse adeguate, allineate con il resto d’Europa, e va ripensato il rapporto tra centro e periferia. È questo uno dei nodi fondamentali: lo Stato deve tornare ad avere un ruolo di guida forte e deve garantire tutta una serie di evidenze. Per farlo ha bisogno di avere istituzioni più stabili e robuste: un Istituto Superiore di Sanità più forte, un’Agenas più forte, un’Aifa più forte e, ovviamente, un Ministero della Salute più forte. Solo così, con una guida adeguata, si possono aiutare le Regioni ad erogare le prestazioni essenziali. Altrimenti, dopo aver assistito al disastro delle Regioni più povere, vedremo questo declino estendersi anche alle Regioni ricche…».
5 – I RIMPIANTI
Una cosa che farebbe se tornasse indietro nel tempo, ai mesi in cui era a capo dell’Istituto Superiore di Sanità a viale Regina Elena…
«Sono stati degli anni fantastici perché, onestamente, bisogna dire che tra il 2014 e il 2019 noi abbiamo fatto delle cose veramente rilevanti: penso alle politiche sui vaccini, penso a tutta una serie di misure che hanno messo in luce l’Italia come guida a livello internazionale sulle politiche sanitarie. I dati sull’aspettativa di vita e sulla qualità del nostro SSN hanno raggiunto l’apice in quegli anni. Anche nella gestione della pandemia e nelle scelte fatte come primo Paese occidentale ad essere colpito pesantemente, è stata riconosciuta internazionalmente la nostra eccellenza. Oggi vedo un certo declino nella qualità, soprattutto nella leadership e nella metodologia con cui vengono affrontati questi problemi complessi. I problemi complessi possono essere affrontati soltanto da leader competenti e da soluzioni adeguate, se questo non succede ne risente il Paese».