Puntare sulla prevenzione come strategia di salute pubblica di lungo periodo, supportare campagne mirate di informazione e di sensibilizzazione, investire nella diffusione della diagnostica avanzata e migliorare la capacità di analisi dei laboratori di tutte le regioni.
Sono queste alcune delle riflessioni che emergono dal Policy Brief realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) insieme a Sanofi nell’ambito del progetto dal titolo “Prevenzione e gestione del paziente oncologico”, un ciclo di tre incontri con l’obiettivo di accendere un faro sull’importanza di garantire un accesso equo e precoce alla diagnosi e alle cure nei casi di tre specifiche patologie oncologiche: il carcinoma cutaneo non melanoma, quello polmonare e quello mammario.
Il Policy Brief fa il punto sulle caratteristiche principali, sui dati epidemiologici e sui principali fattori di rischio per ciascuna delle tre patologie oncologiche prese in considerazione. Per ognuna, inoltre, individua i traguardi raggiunti e le criticità ancora da superare al fine di indirizzare le priorità di intervento per la governance del sistema sanitario a livello nazionale (macro), regionale (meso) e territoriale (micro). Ne abbiamo parlato con la Senatrice Maria Domenica Castellone, membro della commissione Igiene e Sanità, con Saverio Cinieri, presidente Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e con Eleonora Mazzoni, Direttore Area Innovazione I-Com.
Senatrice Castellone, nell’ottica della sanità pubblica, quali sono i punti di forza e di interesse del Policy Brief al quale ha collaborato e che, su sua iniziativa, è stato presentato al Senato? Quali prospettive si aprono per i pazienti oncologici in Italia?
Nei mesi in cui si è svolto questo percorso con un focus sull’assistenza e la prevenzione in ambito oncologico abbiamo provato a fare il punto su questo tema, alla luce anche degli insegnamenti che ci ha lasciato la pandemia, che ci ha mostrato chiaramente alcune cose. La prima è che, se c’è una crisi, a pagare di più sono innanzitutto i più fragili, e in questa pandemia tra i più fragili c’erano sicuramente i malati oncologici e tutte le persone che avevano bisogno di sottoporsi agli screening oncologici, che hanno scoperto purtroppo troppo tardi di avere una malattia oncologica. Adesso dobbiamo recuperare questi ritardi, dobbiamo recuperare i milioni di screening diagnostici non effettuati, dobbiamo recuperare le diagnosi tardive di tumore, che hanno dato poca possibilità e speranza di cura a tanti malati oncologici. Per fare questo, la riforma della sanità che è in atto sarà un passo fondamentale perché prevede di spostare la diagnosi, la prevenzione e, in parte anche le cure, dall’ospedale al territorio. È chiaro che per i malati oncologici le cure devono essere condotte a livello super-specialistico e con team multidisciplinari, quindi saranno soprattutto in ambito ospedaliero, però tutti i follow-up, tutta la prevenzione, gli screening, le diagnosi, vanno avvicinate al domicilio del paziente.
Un’altra cosa che la pandemia ci ha mostrato chiaramente è che il diritto di accesso alle cure, il diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione, deve essere garantito in modo unitario su tutto il territorio nazionale, e questo purtroppo fino ad ora non avveniva. In quest’ottica, il Parlamento ha lavorato, già prima della pandemia, per approvare delle leggi che migliorassero la situazione. E in particolare mi riferisco alla legge che istituisce la Rete nazionale dei registri tumori, che finalmente ci permetterà di avere un quadro chiaro, una fotografia, dell’incidenza delle malattie oncologiche su tutto il territorio nazionale. E questo ci servirà per mettere in atto anche campagne di screening indirizzate all’incidenza in determinate aree.
Inoltre, nella scorsa legge di bilancio, abbiamo reso strutturale un fondo che avevamo istituito l’anno precedente con uno dei decreti sostegni, per finanziare i test di Next Generation Sequencing, cioè quella diagnostica molecolare fondamentale per alcuni tumori, come alcuni tumori polmonari o alcuni carcinomi mammari, perché in base a quella diagnosi si può avere accesso a cure mirate.
Il futuro, anche della terapia oncologica, è certamente una cura sempre più personalizzata, sempre più indirizzata alla singola persona, al singolo paziente
Il futuro, anche della terapia oncologica, è certamente una cura sempre più personalizzata, sempre più indirizzata alla singola persona, al singolo paziente. Fino ad oggi questi test erano rimborsati solo in alcune Regioni, quelle più virtuose, perché sono diagnosi molto costose: con questo fondo, che va implementato (perché 5 milioni di euro non sono sufficienti a coprire tutto il fabbisogno, ce ne vorrebbero circa 27), il nostro obiettivo è di permettere a tutti i cittadini, su tutto il territorio nazionale, di poter accedere a quel tipo di diagnosi.
Quindi possiamo dire che sicuramente sono stati fatti dei passi in avanti, e soprattutto è cambiato un po’ il clima politico perché, finalmente, gli investimenti in salute e anche gli investimenti in ricerca sono tornati al centro dell’agenda politica.
Dottor Cinieri, qual è l’impegno di Aiom per affrontare l’innovazione in oncologia e quali sono le priorità sulle quali lavorare a livello di sistema Paese?
Il Policy Brief al quale abbiamo collaborato affronta alcuni argomenti scientifici molto importanti in cui Aiom, la società scientifica che rappresento e che costituisce la casa madre degli oncologi medici, è molto presente e attiva.
Ormai siamo ben consapevoli che l’innovazione in oncologia è una certezza e un dato di fatto. E sappiamo anche che gli oncologi medici italiani sono pronti a gestirla. Ad esempio, anche durante la pandemia, la nostra società scientifica ha consentito, con raccomandazioni, linee guida e numerose attività svolte anche nel formato online, che la classe degli oncologi medici proseguisse con il costante e attento processo di formazione. Però abbiamo bisogno di una regia corale: non siamo noi oncologi da soli a governare l’innovazione perché per gestire i nuovi farmaci, le nuove strategie terapeutiche, le nuove diagnosi e l’evoluzione scientifica che avviene ai nostri giorni abbiamo bisogno del supporto sia delle associazioni dei pazienti sia delle istituzioni, in primis il Ministero della Salute e poi l’ente regolatorio italiano, cioè Aifa. Dico questo perché in questi mesi di pandemia si è sviluppata ancor di più l’oncologia di complessità e siamo ormai capaci di individuare, per ogni paziente o per piccoli gruppi, il bersaglio molecolare che ci permette di prescrivere trattamenti nuovi e innovativi.
Le nuove terapie, che sono specifiche e colpiscono cioè soltanto la cellula malata, richiedono però un sistema fortemente interconnesso per effettuare le diagnosi e individuare il target molecolare
Le nuove terapie, che sono specifiche e colpiscono cioè soltanto la cellula malata, a differenza della chemioterapia, richiedono però un sistema fortemente interconnesso per effettuare le diagnosi e individuare il target molecolare. Per questo motivo Aiom si sta muovendo anche su tavoli ministeriali per la diffusione dei sistemi NGS (Next Generation Sequencing) che permettono, attraverso una valutazione genica, di scoprire qual è l’alterazione molecolare, se presente, nella singola patologia. Infine, abbiamo bisogno che tutto questo sistema sia correlato alle indicazioni dell’ente regolatorio per la prescrivibilità dei farmaci.
È importante che l’oncologia italiana non rimanga indietro. L’oncologia italiana, che è stata fondata da Gianni Buonadonna e, per la parte chirurgica, da Umberto Veronesi, ha alle sue spalle una storia che ci ha permesso di essere fra le prime nazioni al mondo, e questo si riverbera positivamente sulla sopravvivenza dei pazienti. A tutt’oggi siamo fra le prime nazioni al mondo come risultati clinici: ad esempio, al recente Congresso ASCO siamo stati rappresentati da ben 8 relazioni orali in plenaria da parte di oncologi medici italiani, che hanno dimostrato la nostra attenzione a recepire tutto quello che la scienza ci sta dando e la nostra partecipazione attiva al processo di costruzione della scienza.
Quello che chiediamo è quindi meno burocrazia, più velocità, più sistemi interconnessi, più diagnosi precise e più indicazioni sui nuovi farmaci. Solo così potremo assicurare a tutti i nostri pazienti la terapia giusta per il singolo paziente.
Dottoressa Mazzoni, la gestione del paziente oncologico è un tema da sempre molto delicato e a maggior ragione con lo tsunami Covid che si è abbattuto sul nostro SSN. Il vostro studio è molto complesso e interessante, quali sono le priorità che ne emergono? Pensate che possano esserci delle ricadute pratiche sul SSN, e in che termini?
I principali risultati dello studio sono soprattutto in termini di policy perché quello che è emerso con la pandemia è il grande ritardo nella prevenzione e nella gestione del paziente oncologico che scontiamo ancora oggi. Questo ci porta, innanzitutto, a riflettere sull’importanza della prevenzione: come attesta l’Ocse, il 40% dei casi di cancro può essere prevenibile, non solo tramite la prevenzione primaria ma attraverso tutti gli strumenti di gestione del paziente, dalla terapia alla tipologia di cura alla diagnostica, che permettono di evitarne gli esiti clinici più sfavorevoli. Prevenzione quindi non solo in termini di prevenzione del rischio ma di prevenzione secondaria o terziaria, per alcune tipologie di tumore. Quindi la prima priorità è investire in prevenzione e farla diventare uno strumento di politica sanitaria di lungo periodo, percepito dai cittadini in questa maniera, utilizzando anche i fondi stanziati dal Pnrr come opportunità economica per ristrutturare, all’interno dell’assistenza territoriale, anche questo elemento della sanità pubblica.
La prima priorità è investire in prevenzione e farla diventare uno strumento di politica sanitaria di lungo periodo, percepito dai cittadini in questa maniera, utilizzando anche i fondi stanziati dal Pnrr
L’altra priorità sono le informazioni, e quindi il rafforzamento, a partire dal Registro dei tumori, di tutti i dati che ci consentono di capire la reale incidenza e prevalenza delle patologie e il loro collegamento con i fattori di rischio.
Un’altra priorità trasversale emersa dal lavoro di ricerca che è alla base del Policy Brief riguarda il rafforzamento degli strumenti di diagnostica avanzata e il Next Generation Sequencing con l’obiettivo di farlo diventare una possibilità di accesso per tutta la popolazione con copertura da parte dei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Perché ad oggi il fondo, benché reso strutturale dalla passata legge di bilancio, basta forse per coprire i pazienti di una sola tipologia di tumore, e per i pazienti con tumore al polmone neanche per la totalità. È sicuramente un passo in avanti, ed è importantissimo che sia rifinanziabile attualmente ma l’obiettivo è di farlo diventare davvero una scelta strutturale del nostro sistema.
Fondamentale è anche l’ampliamento e la diffusione (direi quasi, la “pubblicità”) delle reti che si occupano della prevenzione e della gestione dei pazienti, come ad esempio la rete italiana di screening per il tumore al polmone e la rete di senologia per quanto riguarda le donne che convivono con un tumore alla mammella.
Personalmente sono molto soddisfatta della partecipazione degli stakeholders allo studio: abbiamo potuto constatare una partecipazione attiva e costante ai tavoli di lavoro da parte di tutti gli attori coinvolti, e a tutti i livelli, a partire dal Ministero della Salute, con la Direzione della prevenzione sanitaria, alle società scientifiche, alle associazioni di pazienti e fino al Parlamento. Questo appoggio delle istituzioni a livello centrale e a livello territoriale ci fa ben sperare affinché possano esserci delle ricadute pratiche nel SSN, e proprio con questa finalità abbiamo voluto concludere il documento con degli strumenti che siano davvero riconoscibili a livello nazionale, regionale e territoriale, proprio perché sappiamo che le politiche sanitarie devono essere gestite, alla fine, soprattutto dal territorio.