Farmaci e dispositivi medici, il nodo del prezzo. Scroccaro: “Attivare un tavolo governativo sui tetti di spesa”

“È necessario attivare un confronto con il nuovo governo sul tema della governance dei farmaci e dei dispositivi medici”. Così Giovanna Scroccaro, presidente del Comitato prezzi e rimborso (CPR) dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), intervenuta al XLIII Congresso Nazionale SIFO al panel 'Monitoraggio della spesa farmaceutica per farmaci e DM: il prezzo è giusto?'

“È necessario attivare un confronto con il nuovo governo sul tema della governance dei farmaci e dei dispositivi medici”. La richiesta arriva da Giovanna Scroccaro, presidente del Comitato prezzi e rimborso (CPR) dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), intervenuta al XLIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (SIFO) al panel su ‘Monitoraggio della spesa farmaceutica per farmaci e DM: il prezzo è giusto?’.

In apertura sono intervenuti Claudio Jommi, Professor of Practice in Health Policy presso SDA Bocconi School of Management, a inquadrare il sistema di attribuzione del prezzo dei farmaci, e Andrea Messori, Centro Operativo, Regione Toscana, sul tema dei determinanti dei prezzi dei dispositivi.

“Il modello attuale prevede che ci sia il tetto di spesa dei farmaci e dei dispositivi medici – ha poi affermato Scroccaro – se c’è uno sforamento il ripiano (noto come ‘payback’) in parte è a carico delle aziende, le quali però chiedono a gran voce di eliminare tetti di spesa e payback. Ma se così fosse, tutta la spesa rimarrebbe a carico delle Regioni con evidenti problemi di sostenibilità e quadratura dei bilanci. È una questione che va discussa quanto prima”.

Gli ultimi dati di AIFA mostrano che c’è un “aumento consistente” della spesa farmaceutica e anche se non disponiamo di analoghi rapporti periodici per i dispositivi, sappiamo che anche la spesa per i dispositivi medici aumenta. “Va fatta però una distinzione – ha precisato la presidente del CPR -. I prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale sono negoziati dall’Agenzia Italiana del Farmaco, mentre i prezzi dei dispositivi medici non vengono contrattati a livello nazionale, sono prezzi liberamente decisi dal produttore e sono le stazioni appaltanti che possono introdurre procedure di acquisto concorrenziali e abbassare i prezzi”.

“Per quanto riguarda poi la negoziazione dei prezzi dei farmaci in AIFA, essa vede due parti – ha spiegato Scroccaro – da un lato c’è un’azienda farmaceutica che propone un prezzo, dall’altro c’è AIFA che, sulla base di attente valutazioni, avanza a sua volta una proposta: solo se si trova un accordo sul prezzo il farmaco viene rimborsato. Bisogna dire – ha poi sottolineato l’esperta – che le aziende farmaceutiche arrivano alla ‘trattativa‘ con dei prezzi che il CPR considera quasi sempre troppo elevati e solo in fase di negoziazione le aziende accettano, almeno in parte, gli sconti proposti dal CPR. Dobbiamo capire, allora, quali sono le motivazioni che supportano le richieste di prezzo dei farmaci avanzate dall’industria e affinare i metodi per definire il prezzo giusto di un farmaco”.

Le aziende auspicano una nuova governance chiedendo uno stop al payback e alle manovre di tagli di prezzi mentre le Regioni vogliono capire come fare per sostenere le spese crescenti

Le industrie sostengono che i prezzi dei farmaci e dei dispositivi medici sono “giustificati” alla luce della spesa sostenuta per il loro sviluppo, “ma anche del fatto – ha proseguito Scroccaro – che questi farmaci e dispositivi medici, seppure costosi, potranno comunque produrre dei risparmi sul sistema salute”. Dall’altro lato le Regioni registrano una spesa “sempre più crescente” e faticano a rilevare i risparmi paventati dall’industria. Il confronto è dunque “urgente”: le aziende di settore auspicano una nuova governance “chiedendo uno stop al payback e alle manovre di tagli di prezzi – ha aggiunto ancora Scroccaro – mentre le Regioni vogliono maggiore chiarezza per capire come fare per sostenere queste spese crescenti”.

A ragionare sui fattori che determinano il prezzo di farmaci e dispositivi medici anche Adriano Vercellone, membro del Consiglio direttivo SIFO: “La spesa sanitaria aumenta essenzialmente per due fattori fondamentali – ha detto Vercellone, tutor della sessione congressuale – il primo è la cosiddetta ‘transizione epidemiologica’, nel senso che andiamo incontro ad un invecchiamento della popolazione e quindi c’è una transizione verso la cronicità, per cui aumenta l’aspettativa di vita degli italiani, che vivono di più, ma dobbiamo preoccuparci anche del fatto che vivano meglio; il secondo determinante dell’aumento di spesa è legato alla disponibilità di tecnologie nuove, intendendo sia quelle nell’ambito dei dispositivi medici sia dei nuovi farmaci, che sicuramente sono più costose”.

In genere per un farmaco nuovo si parla di un periodo di tempo per lo sviluppo che non è mai quasi inferiore ai 10 anni

Ma un altro determinante che influisce sulla spesa è anche il costo della ricerca: “In genere per un farmaco nuovo si parla di un periodo di tempo per lo sviluppo che non è mai quasi inferiore ai 10 anni – ha fatto sapere Vercellone – con un impegno economico da parte delle ditte che sfiora diversi miliardi di dollari per ogni singola molecola”.

Infine, la spesa per i farmaci e per i dispositivi medici ha un trend in costante aumento. “Il problema, come operatori sanitari, è di essere in grado di avere una spesa connaturata all’obiettivo di salute che vogliamo raggiungere – ha affermato Vercellone – Se noi abbiamo una spesa elevata ma raggiungiamo degli outcome di salute importanti per la popolazione è un discorso, un altro è se a fronte di una spesa elevata non riusciamo neppure ad assicurare qualità negli obiettivi. È importante, allora, che ad una spesa sia sempre e comunque collegato un outcome di salute”.

Nel corso del dibattito, a cui hanno preso parte diversi steakholder, si è discusso quindi dei fattori che determinano i prezzi dei farmaci e dei dispositivi.

Congresso SIFO

Carlo Riccini del Centro Studi Farmindustria, collegato a distanza, ha commentato: “In base ai dati AIFA il nostro Paese è quello con i prezzi più bassi e anche la spesa più bassa rispetto agli altri Paesi europei, pur in presenza di una popolazione più anziana. Bassa anche la crescita della spesa. In Italia non c’è un problema di spesa e di prezzo; se c’è, è che sono troppo compressi sia l’una che l’altro. Lo stesso tema delle carenze ci fa capire che il discorso va gestito in modo diverso, con un approccio basato sul valore e non solo sui prezzi”.

“Quando i prodotti perdono la copertura brevettuale c’è lo stimolo per la stazione appaltante a rinegoziare il prezzo delle forniture e già in passato, ma oggi ancora di più per il continuo ricorso alla gara con unico criterio comparativo del prezzo più basso, che crea tensione rispetto alla definizione del prezzo – ha affermato Massimiliano Rocchi, vicepresidente di Egualia -. Il prezzo è giusto? La risposta è non più, perché oltre al meccanismo che genera sempre più pressione sul prezzo siamo in momento storico e geopolitico estremamente complesso: assistiamo a costanti incrementi dal lato dei fattori di produzione, con il costo delle materie prime triplicato, i trasporti sestuplicati, i semplici costi aerei triplicati, l’energia aumentata del 230% nell’ultimo triennio. Ne derivano inflazione e aumento dei costi dal lato dell’offerta.

Tutti questi fattori concomitanti fanno inevitabilmente dire che non è più possibile avere questa rigidità. La proposta è di andare oltre i modelli attuali e di rendere possibile, in termini ragionevoli, la revisione dei prezzi di aggiudicazione. I contratti che noi sigliamo con le stazioni appaltanti sono storicamente rigidi, ma allo stato attuale questa estrema rigidità crea enormi difficoltà al produttore”.

Annalisa Campomori, direttrice Unità operativa farmacia ospedaliera nord dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, componente del CPR AIFA, ha posto l’attenzione sulla necessità di distinguere fra farmaci in fascia CNN e in fascia C.

“Per i primi, il cui prezzo non è ancora stato attribuito, le strutture del SSN possono avviare procedure di acquisto indipendenti dal processo negoziale – ha affermato -. In molti casi abbiamo visto negli ultimi tempi ditte che offrono contratti quasi simbolici, al prezzo di un euro, e qui io sarei per valutare caso per caso, senza prevedere di farli entrare a priori e nemmeno escludendoli del tutto. Per la fascia C si apre un altro capitolo, perché sono già stati negoziati ma non c’è stato accordo. Su questo credo che lo sforzo per rendere trasparenti i motivi del mancato accordo debba essere condiviso. Il confinamento dei farmaci in fascia C non semplifica, ma anzi complica la governance della spesa, perché favorisce un approccio disordinato tra le Regioni ed espone al rischio di degenerazione in declassamento del SSN”.

Sul tema dei farmaci CNN è tornato Adriano Leli, direttore di Intercent-ER: “Questi farmaci hanno logiche di acquisto completamente diverse da tutto il resto che compriamo. Avere un prodotto con meccanismi di costi differenti non aiuta”.

Poi ha sottolineato l’importanza di alcuni aspetti, tra cui le tempistiche. “C’è il tema critico dei tempi. Se il tempo in cui il farmaco rimane in fascia C o CNN è molto rapido, i riflessi non si vedono; se invece si allunga, le criticità tendono a emergere. In questi giorni è circolata una prima bozza del nuovo Codice degli appalti, che all’articolo 1, ed è un’assoluta novità, conferma che l’obiettivo dello stesso Codice è di stipulare contratti con tempestività e al miglior prezzo-qualità. Credo sia una svolta: avere tempi più brevi per le procedure d’acquisto porterebbe a risultati incredibili dal punto di vista dell’efficacia complessiva dell’acquisto. Inoltre servirebbe avere criteri di valutazione flessibili rispetto alla normativa attuale e anche su questo aspetto sembra che il codice abbia tolto il vincolo 70-30 lasciando maggiore spazio al provveditore. Infine, potrebbe essere molto utile avere contratti sui farmaci a durata differenziata. Noi abbiamo una data di scadenza uguale per tutti, ma sarebbe meglio ragionare per principio attivo, avendo visibilità di quello che sarà dopo, ad esempio l’uscita di farmaci generici”.

Lorella Lombardozzi, dirigente area politica del farmaco Regione Lazio, ha chiosato: “Gli spunti di riflessione emersi nella mattinata sono essenzialmente tre. Innanzitutto c’è il tema dei farmaci CNN. Il momento in cui si è deciso di introdurre questa nuova classe è stato un po’ destabilizzante, perché non era facile la gestione. Nella nostra Regione si è deciso di attuare un contratto regionale con tutte le aziende che hanno farmaci in fascia CNN, che definisce regole di tempistiche e prevede alcuni casi. Ma non tutti i farmaci in fascia CNN seguono questa procedura. La seguono quelli che non hanno al momento alternativa terapeutica, quindi dove ci sono vari competitor risulta inutile questo tipo di contrattualizzazione. Il problema è per le aziende che non la accettano: è il caso della fibrosi cistica, per la quale aspettiamo che il farmaco venga classificato. Questo provoca un qualche difficoltà perché ci sono associazioni di pazienti che si sentono un po’ discriminate.

Sui farmaci in fascia C ci sono casi in cui non si arriva alla definizione del prezzo, nonché classi che non arrivano mai alla classificazione in negoziabilità. Un esempio sono vaccini, poi ci sono gli anestetici. Lì intervengono le gare”.

Un contributo alla discussione sul settore dei DM è arrivato da Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici: “Il tetto di spesa al 4,4% è stato fissato nel 2015, in piena emerge finanzianzaria, con molte Regioni in piano di rientro, affinché l’Italia non andasse in default necessari tagli lineari. Anche se non credo comunque nell’efficacia del provvedimento, questi tagli lineari, che hanno portato come conseguenza al payback, possono aver avuto un senso allora. Ora forse i tempi sono maturi per riprendere la discussione sul tema pensando a come superare il concetto di tetto di spesa per il motivo che i DM sono tanto intimamente connessi a qualunque prestazione sanitaria che a volte la addirittura la tecnologia modifica la prestazione sanitaria stessa. Ad esempio gli strumenti di laparoscopia hanno rivoluzionato le tecniche chirurgiche e i costi a esse collegati.

Se si parla di tetto ai DM, in realtà si parla di tetto alle prestazioni. Allora bisognerebbe ragionare su quanto costa e di cosa c’è bisogno per gestire una certa patologia. È un salto culturale oltre che organizzativo, che secondo noi è urgente perché altrimenti la logica del payback e sforamento dei tetti inquina tutto il sistema”.

Gellona ha anche messo in dubbio l’efficacia del nuovo Osservatorio prezzi: “Se pensiamo a categorie omogenee di DM, dobbiamo individuare molto bene sia le categorie che le sottocategorie. Per esempio i cateteri sono prodotti molto diversi e certamente hanno anche prezzi molto diversi. L’obiettivo della spesa è corretto e condivisibile, ma si dovrebbe ragionare meglio sugli strumenti per raggiungerlo. Noi siamo assai preoccupati delle misure di taglio lineare”.

Per approfondire

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Adriana Riccomagno
Giornalista professionista in ambito sanitario