Resistenza agli antibiotici: un nemico silenzioso alimentato dal cambiamento climatico

«È fondamentale riconoscere il legame tra riscaldamento globale e AMR, per evitare che le generazioni future debbano affrontare un’emergenza sanitaria senza precedenti». A TrendSanità Alessandro Miani, presidente Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), e Shouro Dasgupta, ricercatore CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici)

Si è appena chiusa la Cop29 a Baku in Azerbaigian. Trovare un accordo sui nuovi impegni condivisi a livello internazionale per contrastare il cambiamento climatico è stato molto difficile e le contestazioni non mancano.

L’accordo raggiunto, in estrema sintesi, stanzia circa 1.300 miliardi di dollari (circa 1.250 miliardi di euro) di aiuti, ma di questi soltanto 300 miliardi arriveranno come contributi e prestiti a basso interesse da parte dei Paesi sviluppati. I soldi sono destinati ai Paesi in via di sviluppo, meno responsabili delle emissioni di gas serra ma più colpiti dagli effetti del riscaldamento globale, per liberarsi dal carbone, dal petrolio e dal gas che causano il surriscaldamento del pianeta e per affrontare i danni causati dalle condizioni climatiche estreme.

Tutti gli altri soldi dovranno essere raccolti non si sa bene come, forse da finanziatori privati, aziende, tasse o altro, cifre che nei fatti devono essere ancora stanziate e definite.

Ogni riferimento esplicito della “transizione” verso l’uscita dai combustibili fossili, il principale risultato della Cop28 di Dubai, è scomparso, nonostante i tentativi dell’Unione europea, osteggiata dall’Arabia Saudita. Rimane una priorità per il futuro, ma senza monitoraggio concreto.

La resistenza agli antibiotici è una minaccia crescente e il cambiamento climatico la sta peggiorando

Eppure, il cambiamento climatico non aspetta. E non è solo una questione di temperature che salgono e ghiacciai che si sciolgono. C’è un altro nemico silenzioso che sta crescendo all’ombra del riscaldamento globale: la resistenza agli antibiotici.

La risposta alla domanda se il cambiamento climatico stia peggiorando l’antibiotico resistenza è un chiaro “sì”, come confermato da Nature. L’equazione è semplice: il riscaldamento globale favorisce la crescita dei batteri, l’aumento delle infezioni richiede più antibiotici e l’uso massiccio di questi ultimi alimenta la resistenza.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra il 2017 e il 2020 il numero di infezioni resistenti da batteri come Neisseria gonorrea, Escherichia coli e Salmonella è aumentato del 15%. La causa? Un uso errato o eccessivo degli antibiotici, che spinge i batteri a fare ciò che l’evoluzione li obbliga a fare: mutare e adattarsi.

Gli eventi meteorologici estremi, come uragani, siccità e inondazioni, sono un’altra faccia del problema. Questi disastri spesso compromettono l’accesso all’acqua pulita e aumentano il rischio di infezioni. In Florida, dopo l’uragano Ian del 2022, è stata rilevata una concentrazione anomala di batteri resistenti nelle acque costiere, a dimostrazione di come il cambiamento climatico possa incentivare la proliferazione dei super-batteri.

A TrendSanità ne abbiamo parlato con Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) e Shouro Dasgupta, ricercatore del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC).

Cambiamento climatico: un terreno fertile per la diffusione di AMR

Una delle ipotesi dei ricercatori è che l’aumento della temperatura possa accelerare il tasso di replicazione dei batteri, migliorando così la loro capacità di evolversi in forme più resistenti. Un’altra possibilità è che i batteri, affrontando lo “stress” del calore insolito, subiscano cambiamenti nell’espressione genica che promuovono la produzione di proteine in grado di difenderli contro gli shock termici, rendendoli contemporaneamente meno suscettibili ai farmaci.

«Il riscaldamento globale e l’antibiotico resistenza (AMR) sono due delle più gravi minacce per la salute pubblica e l’ambiente nel XXI secolo – ci dice Miani.

Gli esperti iniziano a comprendere come questi due fenomeni siano strettamente legati, alimentandosi a vicenda in un circolo vizioso che potrebbe compromettere la capacità dell’umanità di rispondere a future emergenze sanitarie.

Alessandro Miani

L’aumento delle temperature causato principalmente dalle attività umane sta alterando i modelli climatici globali, con un impatto diretto su ecosistemi, biodiversità e salute umana. Secondo un importante studio pubblicato su Nature Microbiology, l’aumento delle temperature globali sta creando le condizioni ideali per la proliferazione dei microrganismi resistenti agli antibiotici, accelerando la crescita di batteri resistenti.

Allo stesso tempo, il caldo estremo può abbattere i meccanismi di difesa del sistema immunitario umano, facilitando l’infezione. Inoltre, l’intensificazione dei fenomeni climatici estremi, come inondazioni, uragani e siccità, aumenta la contaminazione ambientale.

Le inondazioni, ad esempio, possono provocare il rilascio di batteri resistenti presenti in acque contaminate, sollevando un rischio per le popolazioni vulnerabili. Il cambiamento climatico, pertanto, e lo confermano diversi studi, non solo stimola la diffusione dell’AMR, ma rende anche più difficile il trattamento delle infezioni, complicando la gestione delle emergenze sanitarie globali».

I batteri “mutati” non solo sopravvivono, ma trasmettono queste caratteristiche ad altri batteri, rendendo il problema sempre più grave

Conferma Dasgupta: «A causa dei cambiamenti climatici, le pressioni ambientali che influenzano la resistenza antimicrobica potrebbero essere alterate. L’aumento delle temperature può accelerare la crescita batterica e rendere le regioni più inospitali particolarmente adatte alla crescita dei batteri.

Temperature dell’acqua più calde possono anche accelerare la crescita dei patogeni trasmessi per via acquatica, come il Vibrio, mentre una maggiore frequenza di alluvioni può diffondere i batteri da fonti contaminate verso nuove zone. Vibrio, Salmonella, Escherichia Coli, Legionella e Borrelia Burgdorferi sono tra quelli principalmente implicati».

Specie più resistenti

«L’aumento delle temperature – conferma Miani – accelera il metabolismo dei batteri. Per ogni aumento di 1°C, l’incidenza di infezioni da batteri resistenti come Escherichia coli e Klebsiella Pneumoniae cresce del 4,2%. Anche la temperatura dell’acqua ha un impatto significativo: un incremento di 1°C può aumentare il tasso di crescita di Vibrio Cholerae del 30%, incrementando il rischio di epidemie di colera.

In Europa, il riscaldamento ha facilitato la diffusione di patogeni come Vibrio Vulnificus, con un aumento del 200% delle infezioni lungo le coste dal 1980 al 2010. Temperature più alte permettono ai batteri di espandersi in nuove regioni e di proliferare in ecosistemi alterati. Ad esempio, le alghe crescono più rapidamente in acque calde, fornendo un habitat ideale per i batteri patogeni.

Per ogni aumento di 1°C, l’incidenza di infezioni da batteri resistenti come Escherichia coli e Klebsiella Pneumoniae cresce del 4,2%

Il climate change poi aumenta anche la frequenza e l’intensità di eventi meteorologici estremi come inondazioni, uragani e ondate di calore che causano non solo danni diretti, ma favoriscono la diffusione dei patogeni. In Bangladesh, durante le inondazioni del 2017, i casi di diarrea causata da batteri resistenti sono aumentati del 30%. L’uragano Katrina nel 2005 ha provocato un’epidemia di infezioni batteriche con un aumento del 50% nei casi di Staphylococcus Aureus resistente alla meticillina».

Un circolo vizioso, riscaldamento globale e consumo di antibiotici

«Un altro aspetto spesso trascurato – continua Miani – è come il cambiamento climatico influenzi i modelli di consumo di antibiotici. Le alterazioni nei regimi agricoli, causate da cambiamenti nei modelli meteorologici, portano a un uso intensivo di antibiotici in agricoltura, sia per curare gli animali malati che per stimolarne la crescita.

Le alterazioni nei regimi agricoli, causate da cambiamenti nei modelli meteorologici, portano a un uso intensivo di antibiotici in agricoltura

Il riscaldamento globale sta, infatti, creando condizioni più favorevoli per la diffusione di malattie animali (come quelle trasmesse da parassiti), portando i produttori a somministrare più antibiotici per prevenire o trattare infezioni.

Studi recenti pubblicati su JAMA Network Open nel 2022 hanno evidenziato come il cambiamento climatico aumenti la vulnerabilità alle infezioni alimentari e contribuisca al fenomeno dell’AMR, aggravando la crisi sanitaria mondiale».

Shouro Dasgupta

«Temperature più elevate – aggiunge Dasgupta – possono aumentare la frequenza delle interazioni batteriche, facilitando il trasferimento di geni di resistenza agli antibiotici attraverso meccanismi come la coniugazione, la trasduzione e la trasformazione.

Per i plasmidi, trasposoni e integroni può accadere più facilmente negli ambienti più caldi. Temperature più alte possono, inoltre, comportare un maggiore utilizzo di antibiotici per l’aumento dell’incidenza di infezioni, il che a sua volta può selezionare ceppi resistenti.

Allo stesso tempo, temperature più elevate possono migliorare la persistenza degli antibiotici nell’ambiente, creando una pressione selettiva per i batteri resistenti».

Emergenza sanitaria e disuguaglianze

Secondo l’OMS, l’AMR è responsabile di circa 700.000 morti all’anno a livello globale, un numero che è destinato ad aumentare se non si prendono misure urgenti.

Prosegue Miani: «Le morti derivano principalmente da infezioni batteriche, come polmonite, tubercolosi, sepsi e infezioni del tratto urinario, che diventano resistenti ai farmaci di prima linea. Il cambiamento climatico peggiora ulteriormente questa situazione, creando nuove sfide per i sistemi sanitari già sotto pressione. Le popolazioni più vulnerabili, come quelle che vivono in aree a rischio di catastrofi climatiche o in condizioni di povertà, sono più suscettibili agli effetti di entrambe le minacce.

Le regioni più povere, che hanno un accesso limitato alle cure sanitarie e agli antibiotici di qualità, sono, infatti, quelle più esposte agli impatti del cambiamento climatico».

Risposta globale, strategie di mitigazione e adattamento

«Fronteggiare l’AMR in un mondo che sta affrontando il riscaldamento globale richiede un approccio integrato che unisca la prevenzione alla lotta contro le infezioni resistenti agli antibiotici – conclude il presidente SIMA.

La comunità internazionale sta iniziando a prendere sul serio questa interconnessione, come dimostra l’inclusione dell’AMR tra gli obiettivi globali di sviluppo sostenibile (SDG 3).

Il global warming non colpisce solo la salute fisica delle persone, ma amplifica le disuguaglianze socio-economiche

L’uso di fitofarmaci naturali e farmaci omeopatici potrebbe essere una strategia promettente. I fitofarmaci, derivati da piante con proprietà antimicrobiche, hanno dimostrato efficacia contro batteri resistenti, come mostrato da studi che evidenziano l’efficacia di estratti di aglio e tè verde.

L’estratto di aglio, ad esempio, ha ridotto del 70% la crescita di Escherichia coli resistente, mentre l’estratto di tè verde ha diminuito del 50% la proliferazione di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina».

Conclude il ricercatore di CMCC: «La COP probabilmente non è il contesto più adatto per parlare di resistenza antimicrobica. Tuttavia una maggiore consapevolezza sull’AMR può certamente rientrare tra le sue finalità, soprattutto tra i decisori politici, anche se le conferenze dedicate alla salute pubblica/globale sono più appropriate per questi argomenti».

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Ivana Barberini
Giornalista specializzata in ambito medico-sanitario, alimentazione e salute