È appena entrato in vigore, il 30 giugno 2024, anche se alcune disposizioni saranno applicabili solo da gennaio 2025, ed è stato presentato come una vera e propria riforma.
Con il Decreto n. 62, uno degli attuativi della “Legge sulla Disabilità”, a distanza di 15 anni, l’Italia recepisce i principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata dal Parlamento italiano nel 2009.
Approvato il 15 aprile 2024, il decreto introduce importanti modifiche alle normative nazionali riguardanti disabilità, prestazioni sociali e integrazione. Per tutto il 2025, sarà poi avviata una fase di sperimentazione che prevede l’applicazione a campione delle disposizioni previste.
L’analisi degli esperti per TrendSanità
Analizzano e commentano il decreto con TrendSanità, Nicola Panocchia, Responsabile U.O.S. Emodialisi e Terapie extracorporee pazienti acuti U.O. C. Nefrologia, Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS Roma e coordinatore del Comitato scientifico “Carta dei diritti persone con disabilità in ospedale”, Alessandro Chiarini, Presidente Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità (CONFAD), Barbara Rosina, Presidente dell’Ordine degli assistenti sociali e Vincenzo Falabella, Presidente FISH onlus.
Una prospettiva di equità
Per la riforma autorizzata l’assunzione di medici, professionisti sanitari e amministrativi: ma c’è il dubbio risorse e carenza di personale
L’obiettivo è migliorare la vita e l’inclusione delle persone con disabilità attraverso semplificazioni e riordino delle normative. Si aggiorna la definizione di disabilità e si rivedono i processi di valutazione per garantire maggiore efficienza e accuratezza, riducendo i ritardi burocratici e migliorando l’accesso ai servizi. Si promuove la valutazione multidimensionale per realizzare il progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, considerando la persona nella sua interezza per favorire un’inclusione completa e consapevole.
Arriva l’accomodamento ragionevole
Introdotto il concetto di “accomodamento ragionevole”, che offre la possibilità di richiedere specifici adattamenti per garantire inclusione e pari opportunità. La digitalizzazione dei processi punta, invece, a snellire le procedure per una gestione più trasparente e accessibile. Tra le altre novità, c’è il Garante nazionale delle disabilità, con il compito di vigilare sul rispetto dei diritti e di garantire l’applicazione delle normative.
Come funziona?
«Il procedimento si articola in 4 fasi – ci spiega Falabella: rileva gli obiettivi della persona e definisce il profilo di funzionamento, nei differenti ambiti di vita liberamente scelti; individua le barriere, i facilitatori e le competenze adattive; formula le valutazioni inerenti al profilo di salute, ai bisogni della persona e ai domini della qualità di vita; definisce gli obiettivi da realizzare con il progetto di vita. Si arriva quindi al progetto di vita individuale, andando in primo luogo a superare la frammentazione delle prestazioni, piani di sostegno, interventi, servizi, che sono ricomposti e armonizzati in una nuova e unitaria prospettiva esistenziale che assurge a livello essenziale. Attraverso poi il budget di progetto, costituito dall’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private, attivabili anche in seno alla comunità territoriale, si assicura l’integrazione delle risorse, promuovendo la “destandardizzazione” e le soluzioni generative oltre alle canoniche offerte delle reti dei servizi».
Si adotta la classificazione internazionale ICF
«Si interviene sulle procedure di accertamento della disabilità, semplificando il processo di valutazione di base che è affidata all’INPS come soggetto unico accertatore a livello nazionale. Tale valutazione sarà accompagnata dall’adozione della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF). Successivamente, su richiesta della persona con disabilità e/o suo familiare, è attivata la valutazione multidimensionale, svolta con metodo multidisciplinare fondata sull’approccio bio-psico-sociale e affidata alle unità di valutazione multidimensionali, composte da soggetti stabili e da altre figure variabili» continua Falabella.
Le parole sono importanti
Con la riforma cambia la definizione di “condizione di disabilità” descritta ora come una compromissione duratura fisica, mentale, intellettiva del neurosviluppo o sensoriale che può ostacolare la piena partecipazione in diversi contesti di vita. Si stabilisce che la parola “handicap” sia sostituita con “condizione di disabilità” e che espressioni come “persona handicappata”, “portatore di handicap”, “persona affetta da disabilità”, “disabile” e “diversamente abile” siano sostituite con “persona con disabilità”.
Nuovi strumenti: una riforma attesa
«Questo decreto ha un grandissimo pregio – ci dice Panocchia –, quello finalmente di mettere nero su un bianco, non solo un nuovo lessico, ma la filosofia che è dietro la convenzione ONU. I vantaggi sono molti, il problema è capire come sarà calato nella realtà. Ma da un punto di vista dei principi, è un atto direi innovativo che getta le basi per cambiare il paradigma della disabilità».
Sostegni calibrati sulle persone
Prosegue Rosina: «Introduce sicuramente importanti cambiamenti, riconoscendo il diritto a una vita indipendente, al di là delle difficoltà legate alla disabilità stessa. I sostegni saranno calibrati in base alle situazioni personali, sociali e familiari e ai desideri e alle aspettative delle persone, migliorando le loro capacità di inclusione e partecipazione alla vita sociale. L’introduzione del budget di progetto poi stabilisce le risorse e i sostegni necessari. La riforma attribuisce, inoltre, chiare responsabilità ai Comuni, ai servizi sociali e socio-sanitari e al terzo settore, creando un sistema in cui nessuno può sentirsi esonerato dal proprio ruolo».
Sfide e criticità: competenze e contributi
Nelle valutazioni mancano i contributi di medico curante, specialista e caregiver
«Abbiamo già segnalato delle criticità – ci informa Chiarini –, come la semplificazione del sistema di valutazione, i rimandi a un numero consistente di atti regolamentari successivi, non ancora in essere, che lasciano nell’incertezza la messa in pratica delle norme previste, la mancanza, nella redazione del progetto di vita, del medico curante, del medico specialista e del caregiver familiare, preso in considerazione solo nel caso di un “eventuale” coinvolgimento. C’è poi la questione irrisolta delle risorse, della “compartecipazione al costo per le prestazioni che la prevedono”. Si tratta di ambiguità che, se non superata, rischia di compromettere la corretta valutazione e l’adeguata presa in carico, fino alla mancata realizzazione dei progetti di vita secondo lo spirito della normativa.
Il tema risorse e personale
«Per questo – sottolinea ancora Chiarini – monitoreremo l’impatto che tutto questo avrà sulla vita reale delle persone e delle famiglie con disabilità, affinché sia sempre tenuta nella giusta considerazione la dignità di ogni persona e che alle dichiarazioni d’intenti segua la concretezza dei diritti. Inoltre, la responsabilità della valutazione di base passa all’INPS che dovrà gestire una mole di lavoro non indifferente e non è chiaro come e se sia stato considerato l’aspetto organizzativo di questo nuovo processo. Il decreto autorizza poi l’assunzione di nuovi medici e funzionari amministrativi e sanitari. Ma con l’attuale situazione del SSN trovare personale medico ci sembra piuttosto arduo».
L’esigenza di garantire formazione
Aggiunge Falabella: «La preparazione dei soggetti coinvolti, sarà cruciale per l’efficace attuazione delle nuove disposizioni. Il decreto prevede la formazione per tutti i soggetti coinvolti nella valutazione di base e multidimensionale, con risorse dedicate per il 2024 e il 2025. Tuttavia, la reale prontezza dell’INPS e degli altri enti coinvolti dipenderà dalla tempestività e dall’efficacia di questa formazione e dalla capacità di implementare le nuove procedure in modo coerente e uniforme su tutto il territorio nazionale. La fase di sperimentazione in nove province, dal 1° gennaio 2025, sarà un banco di prova fondamentale per valutare la prontezza e l’efficacia operativa del sistema».
Si parte con 25 milioni di euro
Attualmente il decreto prevede una dotazione iniziale di 25 milioni di euro per il fondo dedicato al progetto di vita individuale, oltre alle risorse per la formazione (20 milioni di euro per il 2024 e 30 milioni di euro per il 2025). Il fondo per il progetto di vita è piuttosto esiguo rispetto alla platea dei beneficiari. In Italia il fondo sanitario si attesta a poco più di 140 miliardi di euro, mentre il fondo sociale per la disabilità ammonta a poco più di 2 miliardi di euro. Un divario enorme, che va colmato con importanti risorse specifiche.
Coordinare norme ed enti
«La gestione della transizione verso il nuovo sistema – continuano gli esperti interpellati da TrendSanità – richiederà poi una coordinazione efficace tra vari enti e livelli di governo per superare ostacoli burocratici e operativi. Importante sarà la fase di sperimentazione, che dovrà coinvolgere le associazioni per garantire quella sussidiarietà prevista dal nostro ordinamento. Il Decreto riveste una portata storica, una sfida che il Paese dev’essere in grado di saper cogliere».
Per Panocchia «essere pronti a gestire le nuove disposizioni è la vera sfida. Il coordinamento diventa più complesso, un punto di forza ma anche di debolezza se le persone non imparano a collaborare. I fondi, quindi, potrebbero servire in buona parte proprio per finanziare l’avvio del sistema, non i bisogni immediati delle persone con disabilità. Un’altra problematica è il progetto di vita della persona con disabilità intellettiva severa, dove entrano in gioco anche i caregiver e gli accomodamenti ragionevoli sono più complessi. Resta comunque un provvedimento importante, atteso da anni, forse altrettanto rilevante della legge 104, che cambierà il modo di vedere la disabilità».
Assistenti sociali: tra le novità del decreto, ma con riserva
La fase di sperimentazione in nove province, dal 1° gennaio 2025, sarà un banco di prova fondamentale
«La riforma del sistema di supporto per le persone con disabilità apporta modifiche significative per garantire una vita indipendente e promuovere inclusione e partecipazione sociale – spiega la Presidente Rosina – poi evidenzia che «i sostegni saranno personalizzati, tenendo conto delle situazioni personali, sociali e familiari, nonché delle aspirazioni delle persone. Tuttavia, permangono alcune criticità, come la disparità regionale nella spesa per i servizi sociali, che varia significativamente da un territorio all’altro. È prevista una formazione congiunta per le diverse figure professionali coinvolte nei progetti di aiuto, per superare le differenze culturali tra le professioni. Ma è essenziale garantire la presenza degli assistenti sociali nelle valutazioni multidimensionali per assicurare una completa previsione dei bisogni sociali. Attualmente, la nostra professione è interscambiabile con lo psicologo o gli educatori professionali, ma la dimensione sociale è una competenza specifica degli assistenti sociali. Non è una questione di corporativismo, ma di riconoscimento delle specificità professionali, di formazione e competenze differenti. Insisteremo affinché il legislatore riconosca l’importanza della presenza degli assistenti sociali per parlare realmente di integrazione, inclusione e diritti. La riforma rappresenta comunque un passo avanti verso un sistema di supporto più equo e inclusivo, ma richiede un impegno costante e una supervisione attenta per garantire un uso efficace delle risorse in tutte le Regioni».