Prosegue la rubrica di interviste ai membri del Tavolo Tecnico per lo studio delle criticità emergenti dall’attuazione del Regolamento dell’assistenza ospedaliera (DM70) e dall’attuazione del Regolamento dell’assistenza territoriale (DM77)
Una partenza travagliata e un’ampia estensione a 54 membri (che pur non soddisfa tutti). Questo giovedì, 20 luglio, si insedierà il Tavolo Tecnico chiamato ad affrontare le problematiche professionali, organizzative ed assistenziali emerse durante la disamina del DM 70 e del DM 77. Con il Decreto datato 4 luglio, il Ministero della Salute ha istituito presso l’Ufficio di Gabinetto del Ministero il “tavolo tecnico per lo studio delle criticità emergenti dall’attuazione del Regolamento dell’assistenza ospedaliera (Decreto interministeriale 2 aprile 2015, nr.70) e dall’attuazione del Regolamento dell’Assistenza territoriale (Decreto interministeriale 23 maggio 2022 nr 77)”.
I numerosi attori chiamati a dare il proprio contributo si preparano a raddrizzare la rotta della dimensione ospedaliera, di quella territoriale e della fondamentale integrazione fra le due a distanza di otto anni dal primo dei due Regolamenti e alla luce dell’esperienza maturata con la pandemia. Come? Ne discutiamo con gli stessi protagonisti del Tavolo. Tra questi, Melania Salina, Vice Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Fisioterapisti (Fnofi) (qui nella foto insieme al presidente Piero Ferrante), che commenta: “La nostra partecipazione sarà improntata alla massima collaborazione e basata sulle nostre più robuste e specifiche competenze, sempre ricordando che il fisioterapista è centrale in una visione integrata delle cure e della riabilitazione, perché è uno dei professionisti che con più continuità è vicino alle persone fragili ed ai pazienti, affiancandoli in tutti i luoghi della loro cura, riabilitazione e vita quotidiana”.
Che valore ha per voi la vostra presenza nel Tavolo?
Ne siamo particolarmente felici perché viviamo un momento storico per la nostra professione, che dal dicembre del 2022 è formalmente costituita come Ordine autonomo: finalmente possiamo parlare di noi con le Istituzioni alla luce dell’importanza che i fisioterapisti hanno nel sistema salute, che ormai è riconosciuta. In Italia siamo oltre 70mila e lavoriamo trasversalmente a tutti i setting: nel pubblico puro, nel privato accreditato, nelle strutture sociosanitarie e socioassistenziali, nella libera professione.
Come vi approcciate al nascente Tavolo tecnico?
Forse l’errore nel 2015 è stato proprio questo: pensare di “tagliare” l’ospedale senza porsi il problema di come stesse il territorio
Riteniamo che sia necessario fermarsi un attimo e discutere dei due decreti, che in realtà vanno visti come vasi comunicanti: l’uno senza l’altro non può funzionare, indipendentemente da quale parte si guardi: bisogna ridefinire l’ospedale, ma senza un territorio forte non si può fare e viceversa, se non si comincia a rafforzare il territorio non si può ragionare di ottimizzazione dell’ospedale. Forse l’errore nel 2015 è stato proprio questo: pensare di “tagliare” l’ospedale senza porsi il problema di come stesse il territorio.
Laddove sono stati tagliati i posti letto ed è stato ridimensionato l’ospedale, se non c’era un territorio in grado di sostituirlo, il risultato è stato un disastro, in cui a rimetterci sono stati i cittadini rimasti senza risposte. Per questo, siamo senza dubbio concordi e allineati con la scelta del ministro Schillaci di affrontare insieme i due tronconi.
Rispetto alla composizione del Tavolo, credo che non sarà facile lavorare in tanti, ma c’è la possibilità di organizzare dei tavoli di lavoro: potrebbe essere una modalità interessante di operare, perché o questa questione si aggredisce con la consapevolezza della sua complessità e della presenza di numerosi attori in campo, oppure ancora una volta si rischia di fare qualcosa che poi non funziona quando viene calato nella realtà. Pertanto concordiamo con la decisione del ministero di allargare il Tavolo. Chiunque lavori nei processi sa quanto sia difficile far lavorare insieme 54 teste, di cui ciascuno rappresenta un pezzo di interessi, ma questa è la realtà del nostro sistema: il Tavolo potrebbe quindi essere un’ottima occasione, se usata bene, e da parte nostra ci sarà il massimo impegno affinché funzioni.
Quali sono le vostre priorità riguardo al DM 70 e al DM 77?
Gli standard del DM 70 in linea di massima ci soddisfano. Sul DM 77, che ci vede maggiormente interessati, non ci siamo. La figura del fisioterapista non ha ancora trovato il giusto riconoscimento e una collocazione adeguata anche termini di affidamento di processi e riconoscimento di standard adeguati, ovvero: ad esempio, quanti fisioterapisti è opportuno che siano calcolati sulla base di una percentuale di over 65enni? Nel resto d’Europa ci sono standard precisi, noi qui siamo ancora molto vaghi e ogni regione fa un po’ come crede. Un discorso analogo si può fare per le strutture intermedie sociosanitarie e socioassistenziali: qual è lo standard adeguato per garantire una buona funzione di riabilitazione o abilitazione, qual è il ruolo del fisioterapista all’interno di queste strutture?
Non possiamo pensare che la vita media si allunghi, ma che gli ultimi vent’anni si passino in condizioni di disabilità importante
Per altro, i numeri italiani (i non autosufficienti sono 4 milioni e le proiezioni dell’ultimo rapporto di Italia Longeva ci dicono che ci sarà un incremento terrificante) denotano un bisogno di abilitazione spaventoso nel Paese, che va di pari passo con il tema dell’invecchiamento della popolazione e con il supporto alla cronicità: non possiamo pensare che la vita media si allunghi tanto, ma che gli ultimi vent’anni si passino in condizioni di disabilità importante. Il fisioterapista in questo senso può essere un elemento chiave, al fianco dell’infermiere: questa coppia di professionisti nel futuro dovrà essere molto più valorizzata, come due facce della stessa medaglia.
Noi stiamo anche ragionando sui modelli di innovazione da proporre sempre all’interno delle strutture intermedie, case di riposo, Rsa, perché non vogliamo dimenticare cosa è successo durante la pandemia. Adesso mediamente lo standard di minutaggio di presenza del fisioterapista è di cinque minuti per posto letto, ma è chiaro che in cinque minuti non si fa nulla. Per questo nulla stiamo avviando delle riflessioni insieme ad alcuni importanti fornitori di servizi per dare significato a questi minuti.
Come pensate di farlo?
Il fisioterapista nelle strutture non deve avere il ruolo di un erogatore di prestazioni, bensì di gestione in ottica abilitante del processo assistenziale
Il fisioterapista nelle strutture – secondo noi, ma per fortuna stiamo trovando molto ascolto – non ha un ruolo di erogatore di prestazioni, bensì di gestione in ottica abilitante del processo assistenziale. Si tratta di un compito completamente diverso, che consiste nell’impostare i tempi, di strutturare gli orari e gli interventi; qualcosa che con i necessari ausili e le nuove tecnologie può davvero modificare e rendere abilitante un ricovero che altrimenti, anziché a un miglioramento, porta a una perdita di funzionamento.
Il nostro apporto in termini di contenuti e soluzioni operative deve essere abilitante all’assistenza
È un fenomeno che conosciamo: persone che entrano nelle strutture, vi restano a volte anche anni e vivono un lento e progressivo decadimento. Per questo il nostro apporto in termini di contenuti e soluzioni operative deve essere abilitante all’assistenza. Ovviamente questo vogliamo farlo insieme al nostro sparring partner principale, che sono gli infermieri: loro sono i responsabili dell’assistenza pura, mentre noi possiamo essere i responsabili della componente riabilitativa. Speriamo di partire a breve con una sperimentazione che dimostri nei fatti come è possibile rendere diverse queste strutture che adesso hanno significative criticità: dobbiamo sforzarci di fare di più, anche alla luce delle esperienze del nord Europa in cui sono gestite in maniera molto differente e molte sono dirette proprio dai fisioterapisti, perché il paradigma è un altro: non si tratta di usare un paradigma di compensazione, in cui tu non ce la fai più e allora lo faccio io, ma di lavorare sul patrimonio residuo, potenziandolo.
Infine, vogliamo ribadire che, al di là delle polemiche che hanno accompagnato il DM 77, in realtà in quel momento non si potesse fare altrimenti, perché in ballo c’era il PNRR e con esso gli impegni presi con l’Europa. Può però essere migliorato. Riteniamo che ci siano le condizioni per farlo e anche per poter dare un contributo concreto.