Prima la pandemia, poi la guerra tra Russia e Ucraina, la crisi economica e quella energetica, senza dimenticare lo spauracchio della minaccia atomica di questi giorni. È evidente che negli ultimi anni il benessere mentale della popolazione mondiale sia stato sottoposto a forti sollecitazioni, confermate dai dati: l’Organizzazione mondiale della Salute (Oms) ha stimato un aumento globale del 25% di ansia e depressione nel 2020. E l’impatto economico di questi disturbi non è banale: si calcola che ogni anno siano 12 miliardi le giornate di lavoro perse a livello mondiale a causa di ansia e depressione, per una spesa superiore a un trilione (un miliardo di miliardi) di dollari. In Europa, i costi complessivi legati alla salute mentale ammontano a più di 600 miliardi di euro (pari al 4% del Pil totale dell’Unione) e si prevede che entro il 2030 i disturbi di salute mentale rappresenteranno più della metà dell’onere economico globale dovuto alle malattie non trasmissibili.
In Italia i sistemi di sorveglianza Passi e Passi d’Argento hanno aggiornato gli indicatori relativi a “depressione” e “insoddisfazione per la propria vita”. Tra il 2020 e il 2021 i sintomi depressivi hanno riguardato circa il 7% degli adulti tra 18 e 69 anni, percentuale che con l’aumentare dell’età raggiunge il 17% (tra gli ultra 85enni).
Inoltre, per il biennio 2020-21, si stima che il 18% delle persone anziane si ritenga poco o per niente soddisfatto della propria vita.
Il 10 ottobre si celebra la Giornata della Salute mentale, per cercare di tenere alta l’attenzione su uno spettro di problemi che interessa moltissime persone: secondo l’ultimo Rapporto mondiale dell’Oms sulla salute mentale, pubblicato nel giugno 2022, su un miliardo di persone che vivevano con un disturbo mentale nel 2019, il 15% degli adulti in età lavorativa presentava un disturbo di salute mentale. E le più recenti linee guida dell’Organizzazione sulla salute mentale sul lavoro raccomandano per la prima volta la formazione dei dirigenti per sviluppare la capacità di prevenire ambienti di lavoro stressanti e per rispondere meglio ai lavoratori in difficoltà.
L’Oms ha inoltre rilevato come le risorse dedicate alla salute mentale siano scarse: nel 2020 i governi di tutto il mondo hanno speso in media poco più del 2% dei loro budget sanitari e molti Paesi a basso reddito hanno dichiarato di avere meno di un operatore di salute mentale ogni 100.000 persone.
Il contesto ambientale
A fine settembre sono stati presentati a Bruxelles i risultati dell’indagine “Headway – Mental Health Index” condotta da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Angelini Pharma.
“Headway” è un’iniziativa sulla Salute mentale lanciata nel 2017 con l’obiettivo di creare una piattaforma multidisciplinare per la riflessione strategica, l’analisi, il dialogo e il confronto tra le diverse esperienze europee nella gestione delle persone affette da disturbi di salute mentale. Nel 2022 è stato prodotto un report con l’indice di salute mentale aggiornato per i vari Paesi dell’Unione (più il Regno Unito). Per la prima volta l’analisi ha considerato anche il contesto ambientale.
“Questo determinante è inteso in tre dimensioni – rileva Daniela Bianco, partner e responsabile dell’area Healthcare per The European House – Ambrosetti – l’ambiente fisico, quello naturale e il contesto socio-economico e di stabilità politica. Quest’ultimo, in particolare, è molto d’attualità: nel 2021 è stato rilevato un forte aumento dell’incertezza, che ha conseguenze dirette sulla salute mentale delle persone. Il benessere mentale dipende non solo da fattori individuali o genetici, ma anche del contesto in cui viviamo”.
Altri indicatori (sono 55 quelli presi in analisi) hanno poi evidenziato che elementi che hanno a che fare con il cambiamento climatico, come disastri naturali, l’aumento delle temperature e l’inquinamento atmosferico, hanno un impatto sullo stato di salute mentale delle persone, soprattutto per quanto riguarda gli stati d’ansia e di depressione. Da queste considerazioni deriva “un grande warning alle istituzioni europee, che dovrebbero considerare anche questi determinanti quando discutono di strategie salute mentale a livello europeo”, osserva Bianco.
A livello europeo il report ha evidenziato un peggioramento generalizzato di molti indicatori relativi a instabilità politica e recessione economica.
Oltre al determinante ambientale, nel documento sono stati considerati tre altri pilastri: lo stato di salute mentale della popolazione, la reattività del sistema ai bisogni di salute mentale in ambito sanitario e quella sul posto di lavoro, a scuola e nella società.
“In generale i Paesi del Nord Europa sono più avanzati in questo tipo di politiche – afferma Bianco – Mentre su alcuni indicatori, come le ore di sole o il clima, queste Nazioni possono avere valori più bassi, a livello di policy e welfare a supporto del benessere mentale hanno da anni attivato una serie di interventi”.
In coda alla classifica troviamo invece Bulgaria, Romania e Slovacchia.
L’Italia a metà classifica
L’Italia si colloca a metà classifica: “È positivo il fatto che la pandemia abbia innalzato i livelli di attenzione sul tema della sulla salute mentale – riflette Bianco. Le categorie più colpite dalle conseguenze del lockdown e dell’isolamento risultano essere le donne e gli adolescenti”.
Tra i punti di forza del nostro Paese, la capacità di gestire in modo integrato, con il modello community care, le persone affette da disturbi di salute mentale. “L’Italia ha una grande tradizione in questo, dalla legge Basaglia in poi”, ricorda Bianco.
Ce la caviamo meno bene invece quando si tratta di promuovere la salute mentale e prevenire episodi depressivi o attacchi d’ansia. “Dobbiamo lavorare nelle scuole, negli ambienti di lavoro e in generale nella società per migliorare questi aspetti”, continua Bianco.
Una recente ricerca nazionale sulla salute mentale realizzata da Bva Doxa per il Festival della Salute Mentale RO.MENS per l’inclusione sociale e il pregiudizio, organizzato dal Dsm dell’Asl Roma 2, ha evidenziato come nel nostro Paese, sebbene persista un sentimento di vergogna a parlare delle proprie difficoltà quando hanno a che fare con la salute mentale, andare dallo psicologo non sia più un tabù. Il 78% del campione preferirebbe parlarne solo in famiglia, non con amici e conoscenti. Il 22% preferirebbe non farlo con nessuno. Per il 76%, però, andare dallo psicologo non è qualcosa da tenere nascosto.
L’analisi ha evidenziato come siano i ragazzi tra i 14 e i 24 anni a essere più a rischio di sviluppare disturbi di salute mentale, anche in seguito della pandemia.
Un’indagine realizzata dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e l’Istituto Superiore di Sanità per capire gli effetti della pandemia sul neurosviluppo e sulla salute mentale dei minori ha riportato quella che viene definita “una vera e propria emergenza della salute mentale”.
I professionisti hanno osservato un aggravamento dei disturbi già diagnosticati e l’esordio di nuovi problemi in soggetti vulnerabili. Sono aumentati i casi di alterazione del ritmo sonno-veglia, discontrollo degli impulsi, disturbi del comportamento alimentare, ideazione suicidaria, tentato suicidio, autolesionismo e ritiro sociale.
Progressi troppo lenti
L’Oms ha evidenziato come i progressi nell’ambito della salute mentale siano stati lenti. Per esempio, nel 2013 il 45% dei Paesi dichiarava di avere politiche e piani per la salute mentale. Questa percentuale nel 2021 è salita al 51%, mentre l’obiettivo fissato entro il 2020 sarebbe stato l’80%. Il tasso globale di mortalità per suicidio nel 2019 è sceso del 10% rispetto al 2013, ma resta lontano dal traguardo del 33% fissato per il 2030.
Per colmare le lacune dei servizi di salute mentale e affrontare gli effetti della pandemia, l’Oms ha lanciato, nel settembre 2021, la nuova Coalizione paneuropea per la salute mentale.
Quattro gli obiettivi principali:
- la creazione di una piattaforma per lo scambio di informazioni e l’advocacy;
- la creazione di buone pratiche e prospettive a livello regionale per la gestione e l’attuazione delle politiche;
- lo stimolo per la ricerca sulla salute mentale, le sue componenti e i modi per fornire assistenza e prevenzione;
- la creazione di un facilitatore del dialogo sulla salute mentale per determinare politiche e piani nazionali.
La Coalizione è uno strumento operativo all’interno del Quadro d’azione europeo per la salute mentale 2021-2025. L’obiettivo è promuovere e implementare un approccio globale alle riforme che riguardano salute mentale, consentendo agli Stati membri di mantenere la propria diversità.
In questo periodo, infatti, sono diverse le iniziative attuate dalle varie Nazioni per promuovere la salute mentale.
La Svezia nel 2021 ha attuato una formazione sulla salute mentale rivolta a 270.000 dipendenti pubblici il cui carico di lavoro è stato influenzato dalla pandemia. Il programma fa parte di un approccio globale a livello nazionale per la promozione di una vita lavorativa sostenibile.
Nel 2022, il Regno Unito ha elaborato un nuovo piano decennale intergovernativo per la salute mentale e il benessere, aprendo una consultazione pubblica. Gli obiettivi sono prevenire le malattie mentali, migliorare il supporto alla salute mentale in tutto il Paese e mettere sullo stesso piano salute mentale e fisica.
A partire da aprile 2022, i cittadini francesi con più di 3 anni possono beneficiare, a determinate condizioni, di un pacchetto di 8 sedute gratuite all’anno da uno psicologo rimborsato dal servizio sanitario nazionale. L’iniziativa è stata finanziata con 50 milioni di euro per il 2022 (per circa 200.000 pazienti).
A dicembre 2021, invece, la Spagna ha annunciato un nuovo piano da 100 milioni di euro per migliorare i servizi di salute mentale (si tratta del primo in 12 anni). Le misure comprendono una linea telefonica diretta per la prevenzione dei suicidi, attiva 24 ore su 24.
Infine, in Italia il Governo ha varato nel luglio 2022 il “bonus psicologo”, destinato ad aiutare le persone alle prese con gli effetti della pandemia ad accedere ai servizi di salute mentale. Nel mese di agosto sono state stanziate ulteriori risorse, arrivando alla quota complessiva di 25 milioni di euro.
Che cosa si può dire, guardando al futuro? “È sempre difficile fare previsioni quando le variabili sono molteplici e interrelate – premette Bianco – Dalla nostra e da altre analisi, però, appare chiaro che lo scenario attuale è destinato a peggiorare se non si interviene con misure strutturali. Il problema è che se mancano le risorse economiche non si possono immaginare, né tantomeno attuare, gli interventi necessari per la salute mentale. L’auspicio è che si possa capire che la salute mentale e fisica sono elementi fondamentali per la crescita economica e sociale, oltre che per la tenuta sociale di un Paese”.