Che la medicina digitale sia qualcosa da attuare urgentemente è chiaro da almeno due anni. Nonostante questo, non è semplice andare oltre i proclami o le liste delle necessità. Sebbene il Pnrr stanzi fondi importanti per digitalizzare le cure, infatti, ad oggi è ancora poco chiaro come queste risorse possano essere messe a terra in maniera efficiente.
C.R.E.A. Sanità (Centro per la ricerca economica applicata in sanità) ha recentemente presentato i risultati di un lavoro realizzato con il contributo non condizionante di Ucb e la collaborazione di clinici e pazienti.
“Raccomandazioni per l’applicazione della Medicina Digitale nei modelli di presa in carico delle persone con patologie croniche reumatologiche e dermatologiche”, questo il titolo dell’approfondimento, punta a fornire alcune indicazioni affinché si consolidi una “disciplina” utile all’inserimento delle soluzioni digitali nei percorsi di presa in carico, i Pdta.
“Sebbene tutto quello che si muove attorno alla sanità in questo momento abbia una forte focalizzazione sulla digitalizzazione, quindi sull’utilizzo di strumenti di e-health, questi non si inseriscono automaticamente all’interno dell’organizzazione sanitaria”, evidenzia Federico Spandonaro, dell’Università San Raffaele di Roma e presidente del Comitato scientifico di C.R.E.A. Sanità.
Il Piano Nazionale Cronicità (Pnc), infatti, ha tra gli obiettivi fondamentali quello di mantenere il più possibile la persona malata al proprio domicilio e impedire o comunque ridurre il rischio di istituzionalizzazione, senza far ricadere sulla famiglia tutto il peso dell’assistenza al malato. Il Dm 77 e la Missione 6 del Pnrr confermano questa scelta come fondamentale per l’ammodernamento del Servizio sanitario nazionale. Eppure, quando si cerca di calare queste indicazioni nella pratica, non si trovano modelli strutturati.
La medicina digitale nei Pdta
Affinché questo avvenga, per gli esperti sono necessari una serie di passaggi. “Il primo è inserire la medicina digitale nei Pdta – spiega Spandonaro – In questo modo, diventerebbero prestazioni previste all’interno del percorso che il cittadino si aspetta”.
A partire da qui, il team ha realizzato una sperimentazione focalizzata sui percorsi di reumatologia e dermatologia, due malattie croniche che impattano pesantemente sul Ssn e che coinvolgono un gran numero di pazienti.
Nonostante il forte interesse attuale per gli strumenti di e-health, questi non si inseriscono automaticamente all’interno dell’organizzazione sanitaria
“Inoltre, ci siamo chiesti quali fossero i fattori abilitanti affinché questo processo potesse effettivamente realizzarsi – osserva Spandonaro – Infatti non basta dire di voler inserire un teleconsulto in una certa fase del percorso diagnostico terapeutico, ma occorre capire quali sono le condizioni affinché tutto questo funzioni”.
Da un punto di vista metodologico, sono stati due gli elementi importanti:
1. gli esperti hanno effettuato una ricerca su quelli che erano i Pdta in questi settori e quindi scattato una fotografia di ciò che era già stato fatto;
2. è stato istituito un board che comprende i rappresentanti delle varie società scientifiche, ma anche delle associazioni dei pazienti.
“In quest’ultimo frangente, abbiamo cercato di individuare, attività per attività all’interno dei Pdta, dove aveva senso introdurre una soluzione di tipo digitale – spiega Spandonaro – Alla fine, abbiamo fatto una survey con il panel per capire quanto fossero ritenuti importanti gli inserimenti”. Questo perché la sensibilità dei clinici rispetto a quella dei pazienti non è la stessa sui diversi passaggi. E una certa variabilità esiste anche tra medici di medicina generale e specialisti, pur concordando in linea generale sull’importanza di questi strumenti.
I fattori abilitanti
Il Pnc e il Pnrr sottolineano l’importanza strategica dell’impiego di modelli, tecniche e strumenti della sanità digitale nella gestione della cronicità; sebbene la pandemia abbia velocizzato i processi di innovazione digitale, la diffusione di tali strumenti rimane difforme sul territorio nazionale e con soluzioni differenti.
La proposta di raccomandazione elaborata dagli esperti del C.R.E.A. con il board di associazioni di pazienti e società scientifiche analizza dunque le diverse fasi del percorso del paziente, definendo per ognuna le opportunità di utilizzo delle soluzioni digitali, legandole al “profilo” dei pazienti per i quali sono ritenute consigliabili. Per ciascuna soluzione sono anche stati evidenziati i fattori “abilitanti” da considerare per un loro inserimento efficace ed efficiente all’interno delle organizzazioni sanitarie.
Le soluzioni digitali, come la televisita, possono non essere adatte a tutti i tipi di pazienti, ed è bene definirlo nel Pdta di riferimento
“In questo modo, abbiamo cercato di identificare tutte le soluzioni che potevano essere inserite, tentando di stabilire per quali pazienti potessero avere senso: rinunciare a una visita in presenza e fare una televisita, infatti, non è per tutti – commenta Spandonaro – Può funzionare per un paziente stabile con una patologia medio-grave, mentre per chi ha una malattia più seria probabilmente è necessaria la visita in presenza. Si tratta di un esempio ovvio che però non sempre viene rimarcato”.
Infine, il team di esperti ha analizzato anche a quali standard devono rispondere queste tecnologie e che tipo di cambiamenti sono necessari all’interno dell’organizzazione per inserirli.
In particolare, il progetto ha evidenziato come la digitalizzazione debba garantire una comunicazione strutturata tra professionisti e pazienti, oltre che tra i diversi professionisti coinvolti nelle aree di assistenza.
Il fascicolo sanitario elettronico rappresenta, poi, lo strumento preposto alla condivisione della documentazione: si ritiene, però, necessario che possa contenere anche le prestazioni effettuate dai pazienti fuori dal Ssn, come anche che sia consentita la visualizzazione della documentazione prodotta in realtà regionali diverse da quelle di residenza. “Tra i problemi maggiori, infatti, c’è quello dello scambio delle informazioni e dell’interoperabilità dei sistemi”, osserva Spandonaro.
Il nodo della territorializzazione
La metodologia utilizzata per la reumatologia e la dermatologia è applicabile anche ad altre malattie croniche.
L’implementazione a livello locale delle raccomandazioni proposte richiede, tuttavia, il superamento di alcune problematiche legate al dimensionamento dei professionisti, alla loro formazione sull’utilizzo delle tecnologie digitali, alla remunerazione riconosciuta per le nuove prestazioni, e anche alla riorganizzazione delle modalità di lavoro, alla luce della necessità di integrazione tra professionisti dei diversi setting assistenziali e tra questi ed i pazienti.
La metodologia utilizzata per la reumatologia e la dermatologia è applicabile anche ad altre malattie croniche
“I clinici, per esempio, sono stati tutti concordi nel dire che questi strumenti hanno come finalità centrale quella di aumentare la collaborazione tra professionisti e tra professionisti e pazienti, ma si sono anche preoccupati di farci sapere che, per raggiungere gli obiettivi stabiliti, serve tempo – osserva Spandonaro – Tempo che in questo momento non hanno, senza considerare che l’azienda sanitaria non è remunerata per queste attività e dunque poco incentivata a metterle in atto. Esistono insomma una serie di questioni al contorno che vanno risolte”.
In definitiva, la ricerca ha permesso di evidenziare come l’inserimento delle soluzioni digitali nei Pdta debba rispettare esigenze di efficacia ed efficienza sia clinico-assistenziali che economico-tecnologiche, avendo anche individuato alcuni key-indicator adottabili a livello regionale o sub-regionale (area vasta, azienda sanitaria etc.) per monitorare la diffusione delle soluzioni di sanità digitale.
La vera sfida sarà capire se queste soluzioni saranno implementabili in tutti i territori italiani: “L’Italia è stretta e lunga: il rischio è di limitarsi agli investimenti grazie alle risorse che arrivano, senza parallelamente fare le riforme che servono per sostenere l’uso efficace di questi investimenti, che quindi andrebbero persi – commenta Spandonaro – Se per esempio il fascicolo sanitario elettronico rimarrà un repository e non farà un balzo in avanti, è inutile fare un teleconsulto, perché i dati del paziente saranno incompleti”.
La vera sfida sarà capire se queste soluzioni saranno implementabili in tutti i territori italiani
Per l’esperto, durante la pandemia la digitalizzazione ha subito un’accelerata importante poiché è stato possibile lavorare in deroga e senza problemi di risorse.
“Superata la fase emergenziale della pandemia si è visto che una serie di riforme che attendevamo non sono ancora avvenute: al di là dell’aspetto tariffario, che comunque non è irrilevante, occorrerebbe lavorare sugli aspetti di responsabilità giuridica, sui quali non mi sembra si stia muovendo molto”.
Conclude Spandonaro: “La mia impressione è che alcune regioni che storicamente hanno una tecnostruttura più solida andranno avanti comunque, mentre altre, mancando questo accompagnamento in termini di riforme, dell’organizzazione e delle regole generali, rischieranno di rimanere al palo o di fare un passo indietro”.