Il 65% dei cittadini si rivolge al privato a causa delle liste d’attesa troppo lunghe nel pubblico. È quanto emerso dall’ultima indagine di Altroconsumo sulla sanità privata, che ha evidenziato come nell’ultimo anno l’81% degli italiani che ha provato a prenotare una prestazione sanitaria o una visita nel Servizio sanitario nazionale abbia avuto difficoltà. Di questi, una parte ha scelto di pagare di tasca propria a fronte di una riduzione dei tempi. Il 5%, invece, ha rinunciato del tutto alle cure.
“Si tratta di numeri significativi: la sanità privata dovrebbe sempre essere una scelta, non un ripiego – ha commentato Laura Filippucci, economista ed esperta di temi sanitari per Altroconsumo –. Le motivazioni possono essere tante: dalla scelta del professionista che seguirà il paziente per l’intero iter a orari più flessibili rispetto al pubblico. Quando però ci si rivolge al privato per una mera questione di tempi significa che il Servizio sanitario nazionale non sta svolgendo bene il suo ruolo”.
Soprattutto, vuol dire discriminare tra chi può permettersi un esborso maggiore e chi invece no.
Oggi il problema delle liste d’attesa è più sentito che mai a causa dello stop delle prestazioni erogate a causa del Covid: il Ministero della Salute ha stimato che nel 2020 siano state rinviati circa 30 milioni di appuntamenti. Per contro, però, è stato stanziato un fondo proprio per permettere un recupero più veloce, anche se non sempre ha portato ai risultati sperati.
L’indagine di Altroconsumo sulla sanità pubblica e gli italiani è stata svolta tra il 5 e il 10 maggio 2022. L’associazione ha parallelamente indagato costi e tempi d’attesa di un campione di cinque prestazioni (elettrocardiogramma, risonanza magnetica della colonna, gastroscopia, ecografia addome completo e visita ginecologica) in 195 strutture private di dieci città italiane: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma e Torino.
I costi della sanità privata
“Con questa indagine, che ripetiamo periodicamente, vogliamo analizzare come si muove la sanità privata e, allo stesso tempo, fornire al cittadino un’indicazione sulle tariffe medie per le prestazioni più richieste, in modo che possano orientarsi in un mercato che è ancora poco trasparente”, dice Filippucci. L’analisi ha considerato le strutture e non i singoli professionisti che lavorano privatamente nel proprio studio.
Il risultato mostra una fortissima eterogeneità dei costi, anche all’interno della stessa città. “È un dato che ci aspettavamo e che può essere in parte giustificato da alcuni elementi – spiega l’esperta –. Prima di tutto la collocazione: una struttura in centro avrà costi più elevati di una di periferia; poi il prestigio della stessa, legata ai professionisti che vi lavorano o alle macchine utilizzate. Ancora, il tipo di servizi offerti. Per la gastroscopia, per esempio, alcune strutture forniscono una camera di appoggio in cui il paziente può passare le ore successive all’esame. Infine, anche gli orari di apertura più o meno flessibili incidono sul prezzo finale. Tuttavia questo non giustifica alcune differenze molto significative che abbiamo registrato”.
Va detto che in Italia sono circa 12 milioni le persone che beneficiano di un fondo sanitario integrativo: “Alcune tariffe, quindi, potrebbero non essere pagate in toto dal cittadino. Delle strutture che abbiamo analizzato, l’80% ha una convenzione diretta con un’assicurazione o un fondo sanitario”.
Il report evidenzia differenze superiori al 500% nella stessa città: a Milano per una risonanza magnetica alla colonna si spendono dai 95 ai 620 euro (+553%)
Il report di Altroconsumo ha evidenziato differenze superiori al 500% nella stessa città: a Torino una gastroscopia in un centro privato ha una forbice che va dai 132 euro agli 800 (+506%). A Milano per una risonanza magnetica alla colonna si spendono dai 95 ai 620 euro (+553%).
A Napoli, una visita ginecologica può costare 30 euro, oppure 150 (+400%). A Genova, per l’ecografia addome completo si spendono da 47 a 140 euro (+198%).
E le differenze riguardano anche un esame poco costoso come l’elettrocardiogramma: a Bari si va dai 15 ai 60 euro (+300%).
In base alle prestazioni considerate e alle città coinvolte nell’indagine di Altroconsumo, Milano si attesta la più costosa per la sanità privata: i prezzi sono più alti del 171% rispetto a Palermo, che risulta essere la città meno cara della classifica. Seguono Torino (+150%), Roma e Firenze (rispettivamente +48% e +43%).
Le prestazioni analizzate
L’ecografia addome completo è un esame molto richiesto erogato in numerose strutture. Se prenotato tramite il Servizio sanitario nazionale, l’attesa è generalmente lunga (nella stessa inchiesta condotta nel 2018 da Altroconsumo nelle città di Milano, Roma e Palermo, durava in media 50 giorni). Al contrario, nelle strutture private, è possibile sottoporsi all’esame dopo sei giorni. Solo nel 6% dei casi l’attesa supera le due settimane.
In media, la prestazione costa 111 euro, ma i prezzi variano molto: a Roma e Milano si può arrivare a spenderne oltre 200, invece a Napoli il costo scende a 41. In tutte le città analizzate sono state riscontrate differenze di prezzo tra le strutture superiori al 100%.
La gastroscopia può prevedere qualche opzione a pagamento, come la sedazione (può essere compresa o meno nel costo di prenotazione) o una camera d’appoggio post-esame; inoltre, andrebbero aggiunti ulteriori 50-70 euro per la biopsia. L’attesa è dai sei ai nove giorni e il costo medio è di 308 euro (nella precedente rilevazione di Altroconsumo, effettuata nel 2018, era più basso del 12%), ma può aumentare fino a 800 euro.
Le differenze di prezzo riscontrate tra le diverse città e tra una struttura e l’altra della stessa città sono rilevanti: si va da 130 euro di Palermo fino a 800-750-620 euro rispettivamente a Torino, Roma e Milano. Le città più convenienti sono Bari, Napoli e Palermo.
La risonanza magnetica alla colonna vertebrale è tra gli esami più prescritti, ma non tutte le strutture la erogano. In media, l’attesa prima dell’esame è di otto giorni e il costo è di 215 euro (nel 2018 il prezzo medio era più alto: 257 euro).
Per questa prestazione non è raro superare i 600 euro, anche se in diverse città è stata rilevata almeno una struttura in cui il servizio costa meno di 100. Dall’indagine emerge che il costo va dai 51 ai 620 euro. A Palermo, la città più economica, si paga mediamente 119 euro e l’attesa è di 10 giorni. A Milano, la città più cara, la tariffa media è 340 euro e si aspettano quasi due settimane.
Un altro tra gli esami più prescritti è l’elettrocardiogramma, infatti viene offerto da molti laboratori e l’attesa è molto breve (di soli quattro giorni); spesso viene condotto durante la visita cardiologica. Ha un costo generalmente basso, nel 14% dei centri sanitari costa meno di 25 euro, ma si tratta di una tariffa sempre variabile compresa tra i 13 e 88 euro. In media si spendono 39 euro.
Oltre a quattro prestazioni, il report ha considerato anche una visita medica: quella ginecologica, nella quale è soprattutto il professionista a fare la differenza. Nella sanità privata è possibile scegliere da chi essere seguiti in modo continuativo (cosa che non sempre avviene nel pubblico).
In media si attendono sette giorni e si spende attorno ai 70 euro, ma il 16% delle strutture coinvolte (23 su 140) applicano una tariffa inferiore. Solo nel 12% dei casi la visita comprende l’esame periodico del pap test (singolarmente costa in media 34 euro, ma anche in questo caso il prezzo può variare dai 10 agli 80 euro).
A Napoli una visita ginecologica costa in media 77 euro, a Bari 147. A Milano, Napoli e Palermo, si sta sotto i 50 euro.
Quando i costi di pubblico e privato si avvicinano
Se si confrontano i risultati di questa indagine con quelli dell’analisi condotta nel 2018, si nota che solo la gastroscopia prenotata privatamente subisce un notevole aumento di prezzo (+12%), passando da una media di 275 euro a 308.
Rispetto a quattro anni fa, invece, cambia in maniera significativa quanto si paga con il Ssn rispetto alle strutture private: secondo i risultati del 2018, si arrivava a spendere fino a 60 euro a ricetta con il Servizio sanitario nazionale e il costo delle strutture private si avvicinava più frequentemente a quello pubblico.
Grazie all’eliminazione del superticket nel 2020, oggi per una singola ricetta non si paga più di 36 euro e il Ssn non è in nessun caso più caro del privato
Grazie all’eliminazione del superticket nel 2020, oggi per una singola ricetta non si paga più di 36 euro e il Ssn non è in nessun caso più caro del privato. Ci sono però casi in cui i costi risultano simili, ad esempio per un’ecografia dell’addome a Genova, Napoli e Palermo si paga meno di 50 euro nel 6% dei casi (in dieci centri), quando il ticket è di 36,15 euro; per la visita ginecologica in quattro centri di Milano e Napoli (il 3%) si paga meno di 40 euro, quando il ticket è di 21 euro. Ma è soprattutto il costo dell’elettrocardiogramma che, nel privato, si avvicina di più al ticket in termini assoluti: nel 14% delle strutture per questo si spende infatti meno di 25 euro.
Altroconsumo mette a disposizione un servizio online dove è possibile mettere a confronto tutti i costi delle cinque prestazioni considerate nelle 195 strutture dell’indagine.
Margini di miglioramento
In futuro pubblico e privato saranno chiamati sempre più a collaborare, nell’interesse del cittadino e della sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Sebbene non manchino gli esempi di collaborazioni virtuose, in questo momento spesso le strutture che afferiscono a questi due mondi si differenziano per modalità organizzative, gestionali e risorse.
“L’anima della nostra associazione è essere dalla parte dei consumatori, in questo caso dei pazienti – ricorda Filippucci –. Da cittadina, non posso fare a meno di notare come nel privato alcuni aspetti funzionino meglio, per esempio le modalità di prenotazione. Sono sempre più numerose le strutture che mettono online le proprie agende in modo che l’utente, per alcune prestazioni, possa fissare da solo la data e l’orario che preferisce. Sembra una sciocchezza, invece semplifica di molto la gestione della prenotazione. Mi chiedo perché questo non potrebbe essere implementato anche nel pubblico, laddove invece ancora troppo spesso assistiamo al fenomeno delle agende chiuse, pratica ormai vietata per legge da anni”.