Sfide e opportunità per un invecchiamento sano

Le profonde trasformazioni demografiche influenzano sanità, lavoro, economia e welfare. Non si tratta solo di una sfida: è l’occasione per ripensare modelli di sviluppo sostenibili e inclusivi, valorizzando il contributo di tutte le generazioni

L’Italia è il secondo Paese più anziano in Europa

Analizzando i dati dell’ultimo Rapporto annuale dell’ISTAT (2025), emerge con chiarezza il profilo di un Paese che invecchia più rapidamente degli altri, con il 24,7% dei residenti che ha 65 anni e più. Una tendenza confermata anche dai dati Eurostat, secondo cui l’Italia si colloca tra i Paesi con la più alta percentuale di popolazione anziana, preceduta soltanto dal Principato di Monaco, dove gli over 65 rappresentano il 27,2% della popolazione.

L’Italia registra peraltro un elevato indice di dipendenza degli anziani: nel 2025, per ogni persona con 65 anni o più si contano meno di tre individui in età lavorativa (15-64 anni), con un rapporto pari al 39% [ISTAT, Indicatori demografici, 2025]. Inoltre, l’indice di vecchiaia – il rapporto tra la popolazione over 65 e quella under 15 – ha superato il 200%, evidenziando una presenza di anziani più che doppia rispetto a quella dei giovani [ISTAT, Rapporto annuale 2025, 2025].

Il 24,7% degli italiani è over65 e gli anziani sono il doppio dei giovani

Questo fenomeno, aggravato dal calo delle nascite, determina una progressiva riduzione della popolazione, in particolare nella fascia in età attiva, oggi pari al 63,4% del totale, in calo rispetto all’anno precedente. Le conseguenze si riflettono in una contrazione del mercato del lavoro e in una diminuzione delle risorse destinate al sistema previdenziale.

Chi sono e come stanno gli anziani oggi nel nostro Paese?

In questo scenario complesso e delicato, si rende necessario un cambiamento di paradigma che riconosca la longevità come una risorsa, a partire da una riflessione sulle condizioni di vita degli anziani. Oggi, la popolazione convenzionalmente definita anziana (con più di 65 anni) gode mediamente di una buona salute e di anni in più da vivere in modo attivo e socialmente partecipato, anche grazie ai progressi della medicina, al miglioramento delle condizioni di vita e al tempo libero legato al pensionamento.

Serve un cambio di paradigma che valorizzi la longevità, ripensando le condizioni di vita degli anziani

La quota di persone anziane che si percepisce in buona salute è aumentata significativamente, passando dal 29,4% nel 2009 al 37,8% nel 2023. Parallelamente, si è registrata una diminuzione delle situazioni di multi-cronicità, spesso associate a condizioni invalidanti. È inoltre più che raddoppiata, nell’arco di vent’anni, la percentuale di over 64 che praticano sport: dal 6,7% nel 2003 al 16,4% nel 2023 [ISTAT, Invecchiamo bene?, 2025]. Tuttavia, persistono marcate differenze di genere: considerando l’intera popolazione, il 32,9% degli uomini pratica sport con continuità e il 9,7% in modo saltuario, mentre tra le donne le percentuali si riducono rispettivamente al 24% e al 7,5% [ISTAT, 2024].

Oggi la coincidenza tra età pensionabile e vecchiaia appare inadeguata

La soglia dei 65 anni come età per definire gli anziani si rivela quindi una concezione sempre più superata, legata a prassi consolidate nel tempo che, come ricorda Axel von Herbay in un articolo pubblicato su The Gerontologist (2014), risalgono alla prima legge pensionistica tedesca del 1889, che fissava l’età pensionabile a 70 anni, successivamente abbassata a 65 nel 1916 e poi divenuta uno standard a livello internazionale. Tuttavia, oggi la coincidenza tra età pensionabile e vecchiaia appare inadeguata, poiché gli over65 continuano a svolgere un ruolo attivo e determinante non solo all’interno della famiglia, ma anche nel tessuto sociale, in particolare attraverso il volontariato. Lo confermano i dati del Censimento permanente delle istituzioni non profit dell’ISTAT, aggiornato al 31 dicembre 2021 e pubblicato il 23 luglio 2024, secondo cui i volontari sopra i 65 anni sono circa un milione. Di questi, quasi un quarto opera in organizzazioni dedicate ad attività ricreative e di socializzazione, mentre circa un quinto è attivo nei settori dell’assistenza sociale e della protezione civile.

I bisogni degli anziani tra presente e futuro

Al fine di riflettere in modo efficace sulle potenzialità e i bisogni di questa fascia di popolazione, è necessario considerare anche i diversi profili e livelli di fragilità, distinguendo tra chi necessita di maggiore attenzione da parte dei servizi all’assistenza e delle politiche e chi può ancora offrire un contributo attivo alla società; per questo motivo risulta fondamentale tenere conto della distinzione tra terza età (65-74 anni), quarta età (75-84 anni) e grandi anziani, ovvero le persone oltre gli 84 anni, riconoscendo tuttavia la variabilità delle condizioni individuali. Questa ultima categoria, in Italia, ha raggiunto i 2 milioni e 422mila individui, pari al 4,1% della popolazione totale, con una prevalenza femminile del 65%.

In generale, le donne vivono più a lungo degli uomini, come confermato dai dati diffusi dall’ISTAT il 31 marzo 2025, secondo cui la speranza di vita alla nascita è stimata in 85,5 anni per le donne e in 81,4 anni per gli uomini. Evidenze che impongono un’attenzione particolare alla distinzione di genere per quanto riguarda le politiche di invecchiamento attivo, poiché la maggiore longevità femminile comporta anche un rischio più elevato di solitudine in età avanzata. Una questione sollevata anche dalla ricerca Auser Vivere la longevità, secondo cui, entro il 2043, le persone sole sopra i 75 anni saranno circa 4,1 milioni, di cui 3 milioni donne.

Il 51% delle famiglie con a carico una persona anziana non autosufficiente dichiara di incontrare gravi difficoltà nel sostenere le spese

Dallo stesso studio emerge inoltre che le famiglie saranno sempre più composte da una sola persona e avranno una capacità minore di fornire assistenza diretta ai familiari anziani. Di conseguenza, si prevede una crisi del modello attuale di assistenza domiciliare che rende sempre più urgente un’integrazione tra i servizi di assistenza sanitaria e sociale. Secondo il CENSIS, infatti, oltre il 51% delle famiglie con a carico una persona anziana non autosufficiente dichiara di incontrare gravi difficoltà nel sostenere le spese per prestazioni e servizi sanitari e socioassistenziali [RBM, 2017]. Inoltre, da un’elaborazione dei dati ISTAT, Auser ha calcolato che nel 2021 la popolazione non autosufficiente in Italia era pari al 28,5% degli over 65 [Auser, 2024].

Verso la prescrizione sociale

In questo quadro, segnato da bisogni crescenti e da risposte familiari e sanitarie sempre più fragili, le risorse di prossimità culturali, sportive e sociali sono centrali per il ripristino della qualità della vita. Affinché ciò sia efficace, è necessario che i servizi offerti dalle comunità locali siano messi a sistema all’interno di una visione di welfare culturale, generativo di nuove energie e prospettive comuni, attraverso politiche integrate che promuovano l’invecchiamento sano e attivo, valorizzando la partecipazione delle persone anziane alla vita sociale e culturale.

Le risorse di prossimità culturali, sportive e sociali sono centrali per il ripristino della qualità della vita

In tale prospettiva, si inserisce anche la crescente attenzione verso la prescrizione sociale, una pratica attiva da oltre tre decenni nel Nord Europa e oggi in espansione anche in Italia. Si tratta di un approccio non clinico che mira a promuovere il ben-essere e la salute di tutte le persone, con un’attenzione particolare a coloro che vivono in condizioni di fragilità, come spesso accade per le persone anziane. Può essere attivata dai medici di base, o dai geriatri nel caso di pazienti anziani, e prevede la prescrizione di attività territoriali, mettendo in relazione l’utente con le risorse e le opportunità offerte dalla comunità.

Gli effetti della prescrizione sociale

Tale approccio rappresenta una risorsa preziosa non solo per la persona che ne beneficia, ma per l’intera collettività, in quanto contribuisce a ridurre la pressione sia sul nucleo familiare sia sul sistema sanitario.

La prescrizione sociale determina un aumento della qualità di vita che si traduce in un risparmio economico

Lo dimostrano i dati di un recente report commissionato dal Department for Culture, Media and Sport (DCMS) del Regno Unito, con l’obiettivo di stimare il valore economico dei benefici generati dagli interventi artistici e culturali sulla salute e il ben-essere [DCMS, 2024]. Secondo questa analisi, per la popolazione over 65, la partecipazione a un laboratorio museale di 12 settimane può tradursi in un miglioramento della qualità della vita, stimato in un beneficio economico annuo pari a 1.310 sterline per persona [DCMS, 2024]. Se il 25% dei visitatori settimanali dei musei in questa fascia d’età prendesse parte a tali attività, i benefici complessivi per la società ammonterebbero a circa 19 milioni di sterline all’anno [DCMS, 2024]. Questa stima considera anche la possibile riduzione del ricorso a servizi sanitari e assistenziali, grazie al miglioramento dello stato di salute generale degli over 65  [DCMS, 2024]. Per cui, i risultati offrono un prezioso contributo al potenziale ritorno economico della prescrizione di attività artistiche e culturali, rafforzando l’idea che investire in cultura generi benefici misurabili anche sul piano socio-sanitario.

La prescrizione sociale come prevenzione

La prescrizione sociale è innanzitutto una misura preventiva che, soprattutto in riferimento alle persone anziane, facilita l’accesso a servizi e attività in grado di ridurre il rischio di isolamento, migliorando non solo le connessioni sociali ma anche l’umore. Si configura come un antidoto che previene il peggioramento delle condizioni di salute, spesso legate alla sedentarietà, con una conseguente riduzione del ricorso a farmaci, cure specialistiche e ricoveri. Al contempo, nutre la qualità della vita nella gestione di patologie complesse, come l’Alzheimer, e di situazioni in cui, pur non potendo curare, la prescrizione sociale può creare opportunità per alleggerire il peso della malattia e della cura, attraverso la condivisione con i propri cari o caregiver di attività semplici, ma capaci di restituire vita ai giorni.

In riferimento ai bisogni specifici della popolazione anziana, la prescrizione sociale può riguardare una vasta gamma di attività e servizi, quali: opportunità di volontariato e impegno civico, forme di supporto sociale e di accompagnamento, attività artistiche e culturali, esercizio fisico, programmi di apprendimento permanente, forme di supporto abitativo e finanziario. Questi ambiti sono anche richiamati nel kit di strumenti su come implementare la prescrizione sociale pubblicato dalla World Health Organization (WHO) nel 2022 [WHO, 2022] e tradotto e diffuso in Italia dal Cultural Welfare Center (CCW) [CCW, 2022].

La prescrizione sociale in Italia

In Italia non esiste ancora un quadro nazionale sul modello della prescrizione sociale. Tuttavia, non mancano esperienze di sviluppo locale o regionale che, seppur ancora isolate, rappresentano percorsi promettenti in termini di efficacia e co-gestione tra settori: da quello socio-sanitario a quello culturale, coinvolgendo diversi livelli istituzionali, il terzo settore e le università, in vista di una possibile e auspicabile implementazione su scala nazionale.

In Italia non esiste ancora un quadro nazionale sul modello della prescrizione sociale, ma singole esperienze isolate

In parallelo, il dibattito sulla prescrizione di attività artistiche e culturali si sta facendo sempre più acceso e partecipato anche a livello istituzionale. Ne è un esempio il primo convegno organizzato dal Ministero della Cultura e promosso dal Sottosegretario Lucia Borgonzoni, intitolato “La prescrizione dell’arte che cura”, tenutosi a Roma il 4 giugno. Tra le principali prospettive emerse, è prevista la condivisione in Conferenza Stato-Regioni di un accordo con musei e parchi archeologici statali, che permetterebbe alle persone affette da patologie neurodegenerative di accedervi gratuitamente sulla base di una prescrizione medica. Tra gli obiettivi futuri, anche la formazione di personale specializzato in materia.

In questo scenario si inseriscono gli sforzi del CCW – coordinati dalla Presidente Catterina Seia e dalla Vicepresidente Annalisa Cicerchia – per il lancio di una survey nazionale, con confronto internazionale, finalizzata a mappare le esperienze di prescrizione sociale di attività artistiche e culturali in Italia.

Longevità attiva: un’opportunità da valorizzare

Il rafforzamento della rete sociale e l’incremento delle occasioni di socializzazione e apprendimento possono rappresentare una risposta al rischio di declino cognitivo e di isolamento della popolazione anziana.

Come scrive la neuroscienziata italiana Michela Matteoli nel suo libro “La fioritura dei neuroni. Come far sbocciare la nostra intelligenza per tutta la vita” (2024), l’apprendimento ha effetti diretti e benefici sul cervello anche in età avanzata. L’acquisizione di nuove competenze contribuisce a preservare la materia bianca, contrastando il naturale e progressivo assottigliamento della mielina, fondamentale per la trasmissione degli impulsi nervosi: maggiore è il suo spessore, tanto più efficiente risulta la connessione tra le diverse aree cerebrali. Attività come leggere, studiare o imparare una nuova lingua favoriscono la formazione di nuove sinapsi, rendendo il cervello più reattivo e contribuendo nel tempo alla costruzione di un patrimonio di connessioni sinaptiche che costituisce una sorta di riserva cognitiva, in grado di rallentare il declino mentale e attenuare l’impatto di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer, oltre che degli effetti fisiologici legati all’invecchiamento.

L’apprendimento contribuisce a preservare la sostanza bianca nel cervello, rallentando il declino mentale

Gli effetti benefici dell’apprendimento si riflettono anche nei dati che mettono in relazione il livello di istruzione con le condizioni di salute in età avanzata. Tra gli over 65, la quota di persone in buona salute è del 28,2% tra coloro che hanno al massimo la licenza elementare, mentre sale al 50% tra i laureati [Auser, 2024].

Oltre all’apprendimento, anche le iniziative culturali e sociali rivolte agli over 65 giocano un ruolo fondamentale, poiché stimolano gli interessi e rafforzano le reti relazionali. Attività come andare al cinema, ad esempio seguendo una rassegna tematica, assistere a uno spettacolo teatrale, visitare un museo o un sito archeologico rappresentano occasioni preziose per dare significato e vitalità al tempo.

Analogamente, valorizzare in modo sistematico l’impegno degli anziani nel volontariato significa riconoscere e sostenere il loro ruolo attivo all’interno della società, rafforzandone al contempo il senso di appartenenza alla comunità.

Il contributo delle persone anziane si estende anche e soprattutto all’ambito familiare: dalla cura dei propri cari non autosufficienti (come, ad esempio, i grandi anziani) all’accudimento dei nipoti, dal sostegno economico alla famiglia alla gestione quotidiana della casa, si tratta di un insieme di attività che riveste un significativo valore economico e sociale.

Conclusioni

In questo scenario, tra un’offerta culturale strutturata e il pieno riconoscimento del valore sociale delle persone longeve, dovrebbero svilupparsi le politiche per l’invecchiamento attivo non come insieme di interventi temporanei o attività ricreative isolate, ma come strategie sistemiche e durature, capaci di generare inclusione, autonomia e protagonismo.

Le politiche per l’invecchiamento attivo devono diventare strategie sistemiche che favoriscano inclusione e autonomia

Questo approccio richiede un impegno prioritario da parte delle istituzioni pubbliche, ma trova nel terzo settore un alleato essenziale che, grazie alla sua capillarità territoriale e alla profonda conoscenza dei bisogni locali, può svolgere un ruolo decisivo nell’attivare risorse di prossimità, creare opportunità di partecipazione, sostenere la coesione sociale e promuovere nuove forme di cittadinanza attiva in età avanzata.

In un simile quadro, una persona anziana in buona salute non solo riduce la pressione sul sistema sanitario e sui servizi socio-assistenziali, ma rappresenta una risorsa preziosa, poiché il suo impegno sociale genera valore economico, culturale e relazionale, a beneficio dell’intera comunità.

Bibliografia

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Elena Rosica
Junior researcher CCW (Cultural Welfare Center)