Con la legge del 10 gennaio del 2005, l’allora ministro della salute Girolamo Sirchia spegneva le sigarette degli italiani, vietando il fumo al chiuso in tutti i locali pubblici. A distanza di tre anni dall’entrata in vigore della norma il numero dei fumatori era già sceso di un milione. Da un’analisi portata avanti dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2020 è emerso che grazie al divieto è sicuramente cresciuta la consapevolezza dei cittadini rispetto ai danni dell’uso del tabacco.
A questo provvedimento cardine ne sono seguiti altri, tra cui, nel 2016, il recepimento della direttiva europea che ha introdotto il divieto di fumo in macchina in presenza di bambini e donne incinte, nei giardini degli ospedali, così come i nuovi pacchetti con le immagini e il testo che coprono il 65% della superficie per avvisare i consumatori dei rischi collegati al fumo.
In linea con le indicazioni dell’OMS, l’Istituto superiore di Sanità ha affermato che “gli interventi di carattere legislativo rappresentano uno degli strumenti di salute pubblica più efficaci nella lotta al tabagismo. In particolare, le misure che tutelano i non fumatori dal fumo passivo, ovvero i divieti di fumo, hanno effetti positivi sia sui non fumatori che sui fumatori”.
Ora potrebbe toccare alle sigarette elettroniche, nuovo bersaglio dell’azione legislativa del ministro Orazio Schillaci, che ha dichiarato di voler estendere il divieto anche all’aperto in presenza di minori con l’obiettivo di arrivare, nel 2040, a portare al 5% la percentuale dei fumatori fra la popolazione.
Riuscirà la nuova legge a fare da traino a un ulteriore significativo cambiamento? Abbiamo parlato del rapporto fra prevenzione e divieto con Guendalina Graffigna, professore ordinario di Psicologia dei Consumi e della Salute all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona e direttore Centro di Ricerca EngageMinds Hub.
Gli effetti del divieto sulla vendita di sigarette
Dal 2005 al 2020 la legge antifumo ha fatto passare le vendite delle sigarette tradizionali da 92.822 tonnellate nel 2005 a 67.460 tonnellate nel 2018, con una diminuzione pari al 27,3%. Il tutto è successo però nei primi tre anni dall’entrata in vigore della legge, che ha portato ad una diminuzione costante del numero di fumatori che nel 2008 erano scesi fino a rappresentare il 22% della popolazione (26,4% gli uomini, 17,9% le donne). Si trattava probabilmente di un fenomeno legato a quei fumatori che, intenzionati a smettere, avevano trovato nell’entrata in vigore della nuova legge e dei suoi divieti una spinta alla cessazione. La spinta, infatti, non ha retto negli anni successivi: le percentuali di fumatori rilevate nel 2008 sono infatti assolutamente sovrapponibili a quelle registrate nel 2019.
La comparsa sul mercato negli ultimi anni dei prodotti alternativi alla sigaretta tradizionale non ha contribuito a ridurre la prevalenza dei fumatori
Secondo l’analisi dell’ISS la diminuzione nelle vendite delle sigarette tradizionali registrata dal 2005 al 2020 è sicuramente attribuibile da una parte ad una variazione nei consumi (il 18,3% dei fumatori consuma sigarette rollate a mano), ma anche all’ingresso sul mercato di nuovi prodotti quali le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato. Nel 2019, il consumo (prevalente o occasionale) di sigarette elettroniche contenenti nicotina ha riguardato il 4,6% dei fumatori, mentre quello di prodotti a tabacco riscaldato il 3,5%. La comparsa sul mercato negli ultimi anni dei prodotti alternativi alla sigaretta tradizionale non ha contribuito a ridurre la prevalenza dei fumatori. Infatti, i consumatori di sigarette elettroniche o di sigarette a tabacco riscaldato sono fondamentalmente fumatori duali o non fumatori. Sempre dall’analisi del 2020 dell’Istituto Superiore di Sanità è emerso che gli utilizzatori (abituali e occasionali) di sigaretta elettronica sono l’1,7% degli italiani (circa 900 mila persone) e di questi circa l’80% sono fumatori, dunque consumatori duali che fumano la sigaretta tradizionale contemporaneamente alla sigaretta elettronica, e che i prodotti a tabacco riscaldato sono utilizzati dall’1,1% degli italiani (circa 600 mila persone).
“Di fronte ad una forma di divieto, le persone percepiscono inconsciamente frustrazione: tendenzialmente a nessuno di noi piace essere messo davanti a un limite – ha spiegato la professoressa Graffigna –. Le persone fortemente dipendenti e non in grado di elaborare razionalmente l’utilità sociale del divieto sono portate a sviluppare la cosiddetta ‘reattanza’, che si manifesta con tutti quei comportamenti di ribellione vera e propria verso il divieto oppure tramite la messa in atto di strategie per aggirare la regola”.
Diverso invece è l’impatto che una nuova restrizione avrà psicologicamente sulle fasce della popolazione che, per motivi diversi, non aveva ancora contratto il vizio del fumo: “I più giovani e le persone che ancora non hanno messo in atto il comportamento su cui agisce il vietato avranno un impatto benefico molto forte. L’azione infatti tenderà a venire fortemente inibita, scoraggiata e valutata come più nociva di come veniva percepita prima dell’entrata in vigore della norma”.
Dove vuole arrivare la nuova legge
Lo scopo dichiarato è di creare una “generazione libera dal tabacco” entro il 2040
Il ministro Schillaci, con il suo piano di arrivare al 5% dei fumatori nel 2040, ha deciso di prendere di mira anche i consumatori di tabacco elettronico, con l’obiettivo di far entrare in vigore le nuove restrizioni nell’ottobre 2023. Per gli “svapatori” e per i consumatori di prodotti del tabacco riscaldato, se la legge verrà approvata, fumare diventerà vietato anche in altri luoghi all’aperto, in presenza di minori e donne incinte, oltre che nei luoghi chiusi. Sarà anche proibita la pubblicità dei nuovi prodotti contenenti nicotina e dei dispositivi per consumare il tabacco riscaldato. In sostanza, sarà fatta un’estensione della legge Sirchia, che ha da poco festeggiato il suo 20esimo anniversario, anche per tutti quei prodotti venduti come l’alternativa più salutare alla sigaretta tradizionale.
“Dovranno essere adottate misure atte a garantire a tutti i cittadini la massima tutela della salute, fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività – ha annunciato il Ministro in Commissione Affari sociali della Camera –, tenendo conto della costante crescente diffusione nel mercato di nuovi prodotti e delle sempre più numerose evidenze sui loro possibili effetti dannosi per la salute”.
L’obiettivo dichiarato è quello di creare una “generazione libera dal tabacco” entro il 2040, in accordo con gli obiettivi del Piano Europeo contro il cancro 2021.
Leggi ed engagement, le basi per una corretta prevenzione
Il piano antifumo, secondo gli esperti, non dovrebbe essere l’unica misura a disposizione del governo per agire efficacemente sulla prevenzione dei comportamenti a rischio per la salute, come il fumo o l’abuso di alcol.
È fondamentale far capire alle persone che sono artefici della propria salute
“I divieti sono sicuramente utili a tutelare i non fumatori e a creare una consapevolezza sociale della reale pericolosità di alcuni comportamenti. Questo provvedimento sarà sicuramente positivo perché cambierà la rappresentazione sociale della sigaretta elettronica – ha aggiunto la docente di psicologia dei consumi e della salute, Graffigna –: da un punto di vista psicologico la sigaretta elettronica oggi è percepita come meno nociva. Imporre un divieto porterà invece l’opinione pubblica a problematizzarne molto di più la rappresentazione, insinuando la presenza di dubbi e di elementi di rischio”.
D’altro canto, scoraggiare e vietare i comportamenti a rischio per la salute non dovrebbero essere le uniche frecce all’arco della prevenzione, per quanto efficaci. Secondo Graffigna, che dirige un centro di ricerca sull’engagement che sono in grado di raggiungere le varie campagne di comunicazione legate a vari temi fra cui la salute, è necessaria una strategia multidisciplinare: “Il concetto di engagement si applica anche alla prevenzione perché è fondamentale far capire alle persone che sono artefici della loro stessa salute. Non si può parlarne solo a posteriori perché i divieti non basteranno, da soli, a non farci ammalare”.
L’azione legislativa, insomma, non può e non dovrebbe limitarsi ad agire in acuzie, ma programmare una campagna di prevenzione che inizia dalla scuola dell’obbligo e educa il cittadino a farsi parte attiva della propria salute.