Sono quasi 180 le soluzioni digitali adottate in questi mesi in tutta Italia per assistere i pazienti da remoto. Per alcuni parlare di telemedicina non è tecnicamente corretto, ma la realtà va oltre i tecnicismi: la possibilità di poter assistere i pazienti tramite un pc o uno smartphone sta rivoluzionando la sanità italiana. Il Covid19 ne è stato l’acceleratore, ma ad oggi, secondo l’ultimo rapporto di ALTEMS, Alta Scuola di Economia dei Sistemi sanitari, la maggior parte di queste soluzioni è dedicata ai pazienti cronici e fragili, indipendentemente dal coronavirus. E la telemedicina si sta rivelando essenziale per gestire anche le infinite liste d’attesa causate dai mesi di lockdown.
Le Regioni in questi mesi hanno emesso diverse delibere per disciplinare meglio l’erogazione di questo servizio, prevedendo codici e tariffe (le quali in molti casi, per il momento, coincidono con quelle delle visite tradizionali). Sempre secondo il rapporto ALTEMS, la metà di queste soluzioni digitali è stata utilizzata per erogare servizi di televisita, nel 33% dei casi per il telemonitoraggio e nei casi restanti per consulto, assistenza e contatto con i famigliari.
Eppure, l’orizzonte è meno definito di quello che sembra. I nodi sulle tariffe non sono tutti sciolti, gli aspetti medico legali della telemedicina non sono stati del tutto chiariti e di mezzo ci si mette anche il Codice Deontologico dei Medici secondo il quale la televisita non può sostituire la visita medica.
Che cos’è la telemedicina?
Ad oggi, il documento di riferimento nazionale per l’erogazione di questi servizi sono le Linee di indirizzo Nazionali in Telemedicina sancite in Conferenza Stato Regioni il 20 febbraio 2014.
Quando parliamo di telemedicina facciamo riferimento soprattutto a:
- televisita: la visita virtuale che il medico fa al paziente tramite connessione del pc e che dovrebbe essere erogata su piattaforme dedicate e certificate, anche se in questi mesi i medici hanno usato diversi strumenti come il telefonino o programmi di videochiamata come Skype o Zoom. È un atto sanitario a tutti gli effetti, dal quale può risultare una diagnosi e una prescrizione di farmaci, se necessari;
- teleconsulto: è un consulto online tra medici in merito a un paziente specifico, senza la presenza fisica del paziente;
- telecooperazione: è un atto in cui un medico aiuta un altro medico o professionista sanitario impegnato in un’attività specifica;
- telemonitoraggio: consiste nel monitorare i parametri del paziente attraverso specifici device che rilevano informazioni come glicemia, peso corporeo, pressione del sangue, saturazione. La registrazione e trasmissione dei dati può essere automatizzata o realizzata da parte del paziente stesso o di un operatore sanitario.
Le televisite erogate in questi mesi si possono considerare telemedicina? Quelle fatte con WhatsApp o altre piattaforme popolari di videochiamata no perché, come ci ha spiegato Francesco Gabbrielli nella nostra live Telemedicina ai tempi del COVID-19 dello scorso 9 giugno, la televisita intesa come telemedicina prevederebbe, sia da parte del medico, sia da parte del paziente, l’uso di dispositivi elettronici (pc o device) certificati. Quindi quello a cui si è assistito in questi mesi, nella maggior parte dei casi, sono state videochiamate che difficilmente possono essere classificate come televisite.
Questo è un aspetto tecnico su cui si sta lavorando, ma mette in luce quanta strada ancora occorra fare per rendere la telemedicina efficiente, sicura ed erogata in modo omogeneo e certificato in tutto il paese. Il documento prodotto dal Centro Nazionale per la Telemedicina dell’Istituto Superiore Sanità (Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria COVID-19) è stato realizzato anche con lo scopo di aiutare medici e strutture sanitarie ad erogare questi servizi in modo efficiente nei mesi dell’emergenza sanitaria. A fine luglio poi è arrivato un ulteriore testo, preparato dalla commissione Salute della Conferenza Stato Regioni (Erogazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale a distanza), valido per tutte le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, che delinea in modo omogeneo tutto quello che si può fare con la telemedicina a livello di visite specialistiche, prevedendo una equiparazione, dal punto di vista dei servizi erogati, tra le televisite e le visite in presenza. Proprio per questo ultimo aspetto, che solleva dubbi deontologici, la FNOMCEO, Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, ha chiesto la sospensione del documento, invocando un tavolo di lavoro comune sulla telemedicina.
L’art. 78 del Codice Deontologico
Mentre le Regioni continuano a deliberare su come erogare servizi di telemedicina, la FNOMCEO ha voluto chiarire la propria posizione inviando, a fine luglio, una lettera al Ministro della Salute Roberto Speranza, al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome Stefano Bonaccini e al coordinatore della Commissione Salute della conferenza Luigi Icardi, per spiegare le motivazioni per cui la televisita non può essere paragonata alla visita medica. Come si legge all’art. 78 del Codice di deontologia medica: “Il medico, facendo uso dei sistemi telematici, non può sostituire la visita medica che si sostanzia nella relazione diretta con il paziente, con una relazione esclusivamente virtuale; può invece utilizzare gli strumenti di telemedicina per le attività di rilevazione o monitoraggio a distanza, dei parametri biologici e di sorveglianza clinica”. È dunque evidente, secondo la FNOMCEO, che il medico può e deve rifiutarsi di certificare fatti che non abbia constatato personalmente (“direttamente”) o che non siano supportati da riscontri oggettivi e deve rifiutarsi di certificare fatti che non corrispondano al vero.
Tutti aspetti che andranno chiariti al più presto, altrimenti si rischia di avere una telemedicina “zoppicante”.
I nodi da sciogliere
Oltre agli aspetti deontologici, le questioni da affrontare per fare funzionare davvero la telemedicina in Italia sono diverse. Scontiamo un ritardo nell’applicazione della telemedicina dovuto a diversi fattori. Come ci ha ricordato Gabbrielli: “Le linee di indirizzo approvate nel 2012 e rese operative nel 2014… sono state scritte a partire dal 2009. Sono nate già datate e in ogni caso erano linee di indirizzo, non linee guida. La differenza è sostanziale. Negli anni successivi le Regioni avrebbero dovuto implementare queste linee di indirizzo, ma è stato fatto molto poco”. Un altro aspetto da considerare è la tariffazione per le prestazioni di telemedicina che non è stata chiarita del tutto e oggi le regioni deliberano in modo diverso anche su questi aspetti. Sulla questione della tariffazione è intervenuto Silvestro Scotti, segretario FIMMG, che durante la nostra live dello scorso giugno ha spiegato: “Dalla telemedicina tutti si aspettano una sorta di economia di scala: se con la televisita non c’è accesso alle strutture, non si usano gli strumenti dell’ambulatorio e non si impiega personale…perché dovrebbe costare come la visita tradizionale?”. Per rendere la telemedicina appetibile occorrerebbe fare un’analisi costi-benefici puntuale: al netto dell’emergenza Covid19, in un periodo normale, se telemedicina e visita in presenza hanno gli stessi costi, qual è il vantaggio (al di là dell’eventuale outcome clinico migliore che ad oggi è ancora da dimostrare) nell’usare la prima anziché la seconda?
Uno degli aspetti critici riguarda la tariffazione delle prestazioni a distanza
Cosa ne pensano i medici?
Nonostante i dubbi deontologici e operativi da chiarire, ai medici la telemedicina piace. O almeno così sembra secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con il Centro Studi della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale).
Le soluzioni di telemedicina sono viste con grande interesse dai professionisti della salute
Il 95% dei medici di medicina generale vede nelle risorse della telemedicina la risposta per gestire, negli scenari post-Covid, la salute e le cronicità. Le soluzioni di telemedicina, il cui utilizzo appariva già in aumento prima dell’emergenza Covid, sono giudicate di grande interesse per la professione: l’88% dei medici è interessato ad utilizzare il teleconsulto con gli specialisti, il 60% la telecooperazione, il 74% le risorse destinate alla telesalute, il 72% quelle per la teleassistenza.
Secondo altri studi svolti dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, la percezione dell’utilità della telemedicina da parte dei medici, rispetto all’anno scorso, è completamente diversa: oggi hanno cambiato idea (in senso positivo) il 36% dei medici specializzati e il 62% dei medici di medicina generale.
Sempre secondo queste analisi, nella gestione dei pazienti cronici per i MMG il 30% delle visite si potrebbero fare da remoto, percentuale che passa al 24% nel caso di visite specialistiche.
Le best practice in Italia
Dai sistemi per gestire pazienti neurologici, alle app che si prescrivono per le donne con diabete gestazionale fino a sistemi pensati per le cronicità e poi trasformati per gestire il Covid19 da remoto. Come sempre il nostro Paese, nei momenti di difficoltà, mette a frutto il genio e l’intraprendenza che lo contraddistinguono. E anche se i problemi sono tanti, i dubbi sono numerosi e la deontologia non troppo chiara, sono tanti i casi di successo di telemedicina (o comunque la vogliamo chiamare) del nostro Paese.
Quali strumenti servono per governare i processi e come si misurano gli effetti dell’innovazione?
Vi raccontiamo queste tre esperienze, coordinate dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano di cui abbiamo parlato nella nostra live di luglio, Malattie croniche e Telemedicina.
Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano
Migliaia di pazienti con disturbi neurologici a cui assicurare continuità assistenziale nonostante il lockdown, nonostante il coronavirus e qualsiasi altro ostacolo. “Abbiamo puntato fin da subito alla digitalizzazione e all’innovazione – ci ha raccontato l’Ingegnere Francesca De Giorgi, Direttore dei sistemi informativi – per garantire la continuità di cura, evitare le criticità dovute all’interruzione dei percorsi diagnostici terapeutici, e assicurare la gestione dei pazienti pediatrici della neuropsichiatria infantile. Il vero fattore di successo è aver puntato ad una soluzione abbastanza facile e disponibile in fretta: a fine marzo era già diffusa in tutta la struttura. Dal nostro punto di vista non si tratta però ovviamente di una gestione relativa alla sola emergenza ma una vera e propria transizione verso un nuovo sistema di assistenza al paziente”.
Al Besta hanno voluto testare la soddisfazione dei pazienti somministrando un questionario che, tra le 50 domande previste, ne destinava alcune sulla qualità del servizio digitale ricevuto: il 90% degli intervistati si è detto molto soddisfatto e il 100% non ha trovato alcuna difficoltà nella comunicazione con il medico, questo a sottolineare quanto lo spauracchio di un impoverimento della relazione medico paziente forse sia solo, appunto, uno spauracchio.
Provincia autonoma di Trento
Nella Provincia autonoma di Trento concetti come salute digitale sono il new normal già da qualche anno, grazie all’ecosistema di sanità digitale chiamato Trentino Salute 4.0. Tra i percorsi di cura più digitalizzati vi sono quelli dedicati alla cardiologia e al diabete. Quest’ultimo è iniziato con la gestione delle donne con diabete gestazionale in gravidanza a cui i medici prescrivono… una app. Il professionista prescrive (come qualsiasi altra prestazione) questa applicazione tramite la quale la paziente può registrare parametri come la glicemia e tenere un diario sulle sue condizioni di salute. “L’aspetto interessante – commenta Diego Conforti, Direttore Ufficio Innovazione e ricerca – è che queste informazioni sono condivise in tempo reale con il clinico di riferimento e quindi in caso di allerta, il medico può intervenire”. Per prescrivere la app è bastato introdurre nel nomenclatore tariffario questa prestazione come telemonitoraggio ai pazienti diabetici. “Abbiamo fatto la stessa cosa anche con la cardiologia, per monitorare da remoto i pazienti con dispositivi e device impiantabili”. Allo stesso tempo si sta studiando una app prescrivibile per i pediatri, tramite la quale si può fare una televisita, chattare o mandare al medico foto del paziente. L’idea è di estendere l’uso di queste app prescrivibili a tutti gli ambulatori di medicina specialistica della Asl della provincia autonoma di Trento.
Asl di Foggia
Nella provincia di Foggia già dal 2017 è stato implementato un sistema per gestire i pazienti cronici e fragili, che in questa provincia hanno un’età media elevata e sono sparsi su un territorio molto esteso. “Per noi la telemedicina quindi non è una novità – ha commentato l’ingegnere Tommaso Petrosillo, Direttore dei sistemi informativi – Avevamo realizzato un sistema modulare e quando è arrivata l’emergenza Covid siamo stati in grado di adattarlo. In due settimane siamo riusciti a realizzare una app dedicata alla gestione da remoto dei pazienti Covid, interfacciata con gli appositi strumenti medicali”. Il sistema sta continuando ad evolversi: l’approccio modulare adesso consentirà di gestire tutti i malati cronici, partendo dalle dimissioni protette in ospedale fino ad arrivare ai monitoraggi e ad altre funzionalità. Per Petrosillo, è stato facile implementare la telemedicina: “È stato semplice perché i tempi sono maturi, perché abbiamo interiorizzato i processi e le tecnologie di oggi ci permettono di interfacciare in modo più semplice tutti gli strumenti”.
Mettere a sistema e condividere tutte queste esperienze
Questi esempi dimostrano il potenziale straordinario della telemedicina. E occorre fare tesoro non solo di queste soluzioni tecnologiche, ma anche delle esperienze che se ne traggono e delle competenze che si sono sviluppate per implementarle: “È importante ragionare – commenta Paolo Locatelli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano – in un’ottica di riuso non tanto della soluzione tecnologica ma dell’esperienza organizzativa: come sono stati usati gli strumenti per governare i processi, come è stato gestito il tema della privacy e della sicurezza dei dati, come sono stati misurati gli effetti dell’innovazione in termini di efficacia ed efficienza? Solo mettendo a fattor comune quest’esperienza riusciremo a percorrere la strada giusta per portare a sistema la telemedicina e in più generale la sanità digitale”.
Condividere, mettere a sistema le esperienze, evitando frammentazioni, sistemi disomogenei e dispersivi che non solo rendono inefficiente la telemedicina, ma possono causare disuguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari.
La tecnologia è pronta. Le infrastrutture ci sono. È il momento giusto.