Terapie digitali per l’insonnia: una nuova frontiera di cura?

Le terapie digitali per l’insonnia sono software che, attraverso algoritmi di intelligenza artificiale (AI) “agiscono” come terapia comportamentale personalizzata. A che punto siamo in Italia?

Le terapie digitali o digital therapeuticsper l’insonnia ricorrono alle nuove tecnologie per trattare uno dei disturbi più diffusi in Italia e non solo e destinato a crescere. Quasi un italiano su tre, infatti, dorme poco e uno su sette dorme male. Sono i risultati di uno studio condotto nel 2019 e pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), l’Università Bocconi e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con l’Istituto Doxa.

Sono dati confermati anche da un altro studio italiano del 2022 pubblicato su Neurological Science, un’indagine epidemiologica osservazionale su una popolazione italiana di età superiore ai 50 anni.

L’insonnia è il disturbo del sonno più diffuso al mondo

Ma l’insonnia è anche il disturbo del sonno più diffuso al mondo. Secondo la Società Italiana di Medicina Generale e l’Associazione Italiana Medicina del Sonno, sarebbe almeno un terzo della popolazione mondiale a soffrire di una forma di insonnia che richiederebbe un intervento terapeutico.

Nello specifico, secondo dati più recenti, l’insonnia colpisce il 10% degli adulti nei Paesi industrializzati, con una netta prevalenza delle donne rispetto agli uomini.

Nonostante questo, però, è un disturbo poco considerato dai medici, e quindi sotto-diagnosticato o non trattato correttamente, ma anche dai pazienti stessi. Si stima che circa il 60% degli insonni, infatti, non si sia mai confrontato con il proprio medico.

Lo studio Morfeo

Tra gli anni 2000 e 2003, l’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS), in collaborazione con i medici di medicina generale, ha portato avanti in Italia due importanti indagini osservazionali, lo studio Morfeo 1 e Morfeo 2, con l’obiettivo di acquisire informazioni sull’epidemiologia dell’insonnia.

Nel primo studio, oltre 700 medici hanno partecipato all’indagine, intervistando più di 3.200 persone. La prevalenza totale dell’insonnia rilevata è stata del 64%: il 44% presentava insonnia con disturbi diurni, mentre il 20% soffriva d’insonnia senza complicanze durante il giorno.

L’indagine evidenziava anche una maggiore frequenza di malattie coesistenti (soprattutto cardiovascolari, muscolo-scheletriche e del connettivo e dell’apparato gastroenterico), un maggior ricorso a visite mediche, esami diagnostici, ecc. e un maggior numero di giorni di malattia e quindi di assenza dal lavoro. A questo si aggiunge una peggiore qualità di vita negli insonni rispetto ai non insonni.

Lo studio Morfeo 2 (quasi 600 medici e oltre 2.700 persone con insonnia) ha confermato l’elevata frequenza di questo disturbo (41%) tra chi si reca dal medico di famiglia: nel 67% dei casi, l’insonnia durava da almeno un anno, ma solamente una piccola percentuale delle persone era in trattamento terapeutico.

Secondo tali studi, molte persone sono portate e sottovalutare la rilevanza clinica dell’insonnia (76%).

Terapie digitali per l’insonnia: quali sono i vantaggi

L’insonnia è un’area di grande interesse per la medicina digitale, poiché le terapie digitali che consentono la somministrazione della CBT (Terapia cognitivo-comportamentale – Cognitive Behavioral Therapy), il trattamento gold standard, possono raggiungere più persone, con risultati quasi sovrapponibili alla terapia “tradizionale”.

Sicuramente consentono, quindi, di estendere l’assistenza sanitaria, risparmiando anche sui costi: minor numero di visite mediche e meno prescrizioni di sonniferi. Basta connettersi a una piattaforma web, senza spostarsi da casa.

L’approccio digitale all’insonnia, per integrarsi alla pratica clinica, richiede un’adeguata formazione

Poi c’è l’automonitoraggio, che stimola a prendersi cura di se stessi e della propria salute. Rimangono però software che non possono sostituirsi del tutto al rapporto con il medico o il terapeuta, il quale resta l’unico in grado di verificare i progressi nel corso del trattamento, intervenendo in caso di comportamenti disfunzionali. Per questo, l’approccio digitale all’insonnia, per integrarsi alla pratica clinica, richiede un’adeguata formazione da parte dei professionisti che curano questo disturbo.

Recentemente la Food and Drug Administration (FDA) americana ha approvato una terapia digitale per l’insonnia (Somryst) che si può utilizzare attraverso un’applicazione scaricabile su qualsiasi device, come uno smartphone o un tablet, per il trattamento degli adulti con insonnia cronica. Stessa cosa accade nel Regno Unito, dove le linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), l’ente pubblico deputato alla salute nel Regno Unito, indicano un App (Sleepio) come possibile alternativa ai farmaci, che possono anche causare dipendenza e non sono privi di effetti collaterali. 

Anche l’impatto economico non è indifferente, perché l’App costa meno di un trattamento tradizionale e permette alle persone di completare le sessioni con i propri tempi.

Come funzionano?

Non si tratta di una videochiamata ma di un percorso on line con una struttura ben precisa. Si accede a un portale o a un’App che richiederà alcune informazioni attraverso dei test “di ingresso” per capire il tipo di insonnia. Poi sarà elaborato un programma con delle sessioni da seguire in base agli obiettivi prefissati. Sono previsti anche dei colloqui on line con un esperto per monitorare l’andamento della terapia.

Abbiamo parlato di terapie digitali applicate all’insonnia con Laura Palagini, psichiatra, esperta di CBT presso la U.O. Psichiatria II dell’Azienda Universitario-Ospedaliera Pisana che sta avviando, insieme a un team di professionisti, uno studio per avvalersi del digitale nel trattamento dell’insonnia cronica, e con Luigi De Gennaro, Segretario dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno e professore ordinario di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica alla Sapienza di Roma.

Cosa sono le terapie digitali per l’insonnia cronica?

Laura Palagini

“La terapia di prima scelta per l’insonnia, in particolare l’insonnia cronica, è la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT), che è un adattamento delle terapie adottate per l’ansia e la depressione – risponde Palagini -. Ci sono diverse modalità di somministrazione di questa terapia e tutte standardizzate. A parte l’incontro di persona con il clinico o in gruppi, da qualche anno si può seguire anche via web. Ci sono, infatti, alcuni portali organizzati in cui è possibile seguire una terapia online, ma al momento non in italiano. I professionisti che se ne occupano non sono molti, sicuramente aumenteranno e ciò consentirà di raggiungere più persone possibili”.

Luigi De Gennaro

Le terapie digitali sono da recepire positivamente, come tutto quello che accorcia la distanza tra paziente e questa terapia, che è la scelta di prima linea – interviene De Gennaro -. A patto che comunque siano sottoposte a verifiche scientifiche e a studi di efficacia, anche perché si tratta di software diversi tra loro. Il mio parere personale è che consentono di arrivare ai pazienti che comunque non seguirebbero una terapia ’di persona‘ e quindi sono per questo molto utili. Poi mi auguro che mettano in moto un meccanismo virtuoso per cui si recupera la fiducia nella CBT”.

Prosegue Palagini: “Il progetto su cui stiamo lavorando è costituito da un gruppo di ricerca che comprende specialisti della CBT per l’insonnia in Italia. Stiamo costruendo, insieme agli esperti che si occupano della parte tecnica, un portale su cui inseriremo i contenuti: la distinzione del sonno, il controllo degli stimoli e la ristrutturazione cognitiva. Svilupperemo quindi delle modalità digitali per permettere al paziente di usufruire di una terapia online. Ci sono anche dei manuali di self-help, io stessa ne ho tradotto uno in italiano, in cui ogni capitolo corrisponde a una tecnica da mettere in atto. Tuttavia viviamo in un mondo sempre più online e per questo un’App è certamente più agevole”.

Curare l’insonnia con un App: a che punto siamo?

“L’idea è di sviluppare un’App tutta italiana – afferma la psichiatra Palagini -. Del resto in molti Paesi europei la terapia digitale dell’insonnia è ormai una realtà, mentre da noi non sono ancora disponibili né App, né portali in lingua italiana. Pertanto, è importantissimo per noi lavorare in questa direzione. Io stessa ho provato a lavorarci qualche anno fa, quando è stato lanciato il primo portale in inglese per la CBT. Si chiama Sleepio e le indicazioni mediche sono rappresentate da vignette, tutte da tradurre. L’impresa si è rivelata troppo impegnativa economicamente, quindi stiamo cercando di sviluppare un nostro progetto. È necessario colmare questa lacuna, altrimenti restiamo indietro”.

“Da una parte c’è una letteratura evidence based che in qualche modo certifica che questi trattamenti sono sostanzialmente (non completamente) efficaci e paragonabili alla terapia in presenza” – risponde il Segretario AIMS -. “Dall’altra, c’è l’esempio della Scozia. Il parlamento scozzese, infatti, ha recentemente deliberato che tutti gli assistiti del sistema sanitario scozzese possono avere accesso gratuitamente a una di queste App come appunto Sleepio. Una parte dell’Europa, quindi, è già fortemente orientata a “sfruttare” le nuove tecnologie anche per l’insonnia”.

Le terapie digitali per l’insonnia possono essere una nuova frontiera di cura?

“Assolutamente sì – afferma Palagini. Lo confermano i dati statistici degli altri Paesi. Certamente anche la nostra App, poiché il nostro gruppo fa parte dell’European Insonmia Network, sarà costruita secondo gli standard europei. Questo ci consentirà di raggiungere più insonni possibili, perché stiamo parlando di un problema che riguarda moltissime persone”.

Secondo i dati, circa la metà degli insonni cronici non cerca trattamento di alcun tipo

Aggiunge De Gennaro: “Il punto è che nonostante la CBT sia considerata, ormai da anni, dalle società scientifiche il trattamento di prima linea per l’insonnia cronica, i pazienti non la scelgono perché, secondo i dati, circa la metà degli insonni cronici non cerca trattamento di alcun tipo. Questo testimonia che l’insonnia, nella percezione dei pazienti, non è vista come una malattia, mentre, invece, lo è. Inoltre, nella scelta tra cura farmacologica (che attualmente prevede l’uso di altri principi attivi oltre le benzodiazepine, come gli inibitori orexinergici), che presenta un’efficacia immediata ed è facilmente accessibile, che non richiede nessuno sforzo al paziente, né economico, né personale, e la CBT, vince la prima. La CBT, infatti, come cura non basata sui farmaci, non gode di troppa fiducia anche perché i risultati non sono immediati, occorrono poco meno di una decina di incontri con il terapeuta. Insieme poi all’aspetto economico, sono tutti fattori che ostacolano la scelta verso la CBT. Quindi, le terapie digitali tentano di superare questo gap tra le indicazioni scientifiche e la praticabilità”.

Perché l’insonnia sta diventando un disturbo sempre più diffuso?

L’insonnia cronica, cioè che riguarda più della metà della settimana, per almeno tre mesi, come detto riguarda circa il 10% degli italiani. Altra cosa sono i sintomi di insonnia, che possono colpire praticamente tutti.

Ci sono poi popolazioni più a rischio, come le donne, con una prevalenza due-tre volte più alta rispetto agli uomini, in tutte le fasce di età, soprattutto durante la menopausa o la gravidanza. Poi gli anziani, perché si modifica la struttura del sonno che favorisce l’insonnia e si anticipano i ritmi circadiani. Nei giovani è molto frequente, gli adolescenti in modo particolare, perché fisiologicamente hanno un ritardo di fase di sonno che si scontra con l’organizzazione della società. In pratica si devono alzare nel momento in cui si trovano nella fase profonda del sonno. Ci sono fattori predisponenti che in parte sono genetici e in parte legati all’età, al sesso e alle caratteristiche psicologiche della persona. Diventa però acuta quando ci sono degli eventi stressanti che, negli ultimi anni, si sono moltiplicati, diventando veri e propri traumi collettivi. Anche l’esposizione prolungata alla luce non naturale, come l’illuminazione serale, ai device o una vita piena di impegni durante il giorno e così via, ha cambiato i nostri ritmi circadiani e ci ha allontanato dalla regolarità naturale, alterando il sonno. Dormiamo molto meno dei nostri antenati.

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