Trump sale al potere e firma per far uscire gli Stati Uniti dall’OMS

Tra i primi provvedimenti con effetto immediato firmati ieri dal neo-presidente USA Donald Trump c'è l'uscita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Che cosa significa?

Martedì 20 gennaio, Donald Trump si è insediato come 47° presidente degli Stati Uniti. Tra i primi provvedimenti con effetto immediato, il neo-presidente ha firmato un decreto per avviare l’uscita degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Una mossa simbolica e politica che rievoca le sue critiche già espresse durante il primo mandato.

I tempi e le implicazioni del ritiro

Il ritiro non sarà immediato. Una risoluzione del 1948, adottata al momento della fondazione dell’OMS, stabilisce che gli Stati Uniti devono fornire un preavviso di un anno e onorare gli obblighi finanziari per l’anno fiscale in corso. Questa tempistica potrebbe trasformare il ritiro in una leva politica per negoziare riforme interne, come una redistribuzione dei contributi e una revisione della governance dell’organizzazione.

Abbandonare l’OMS avrà conseguenze significative. I Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) perderanno l’accesso ai dati globali dell’OMS, una risorsa cruciale per monitorare epidemie emergenti e sviluppare vaccini e terapie. Inoltre, gli Stati Uniti rinuncerebbero al loro ruolo di leadership nelle politiche sanitarie internazionali, rischiando di essere esclusi da decisioni strategiche come il trattato pandemico globale e le future elezioni per il direttore generale dell’OMS.

Le reazioni internazionali

L’OMS in una nota si è detta rammaricata della decisione di Trump e ha auspicato un ripensamento, dichiarandosi pronta a impegnarsi in un dialogo costruttivo per mantenere la partnership.

Anche l’Unione europea si è augurata un dietrofront, aprendo timidamente a una possibile riforma dell’Organizzazione Mondiale.

Guido Rasi, Ordinario di Microbiologia presso l’Università Tor Vergata di Roma, Consulente del Ministro della Salute e già Direttore esecutivo di EMA e direttore Generale di AIFA, interpellato da TrendSanità commenta: «L’OMS serve. Per la salute pubblica mondiale sarebbe una perdita enorme se non ci fosse più e non lavorasse. Detto questo, deve cambiare passo, essere potenziata e depoliticizzata. Deve cambiare radicalmente. È un’istituzione che ha delle regole che potevano andare bene per una gestione di vent’anni fa. Oggi serve un altro passo, un altro approccio. Soprattutto per la qualità delle decisioni che vengono prese. Quando ero in EMA ho avuto degli scontri durissimi, ad esempio sul disegno di alcuni studi, ma su molte cose, come per la malaria, hanno fatto progressi fondamentali, e senza l’OMS non saremmo dove siamo. L’OMS ci vuole, però deve funzionare meglio».

Un nodo politico e sanitario

Mentre l’amministrazione Trump punta a cercare alternative per affrontare le emergenze sanitarie globali al di fuori dell’OMS, resta il rischio di un isolamento americano sul piano della cooperazione internazionale. Nonostante le critiche mosse all’OMS, la sua capacità di coordinare gli sforzi globali, specialmente nelle aree più vulnerabili, è stata storicamente cruciale.

La scelta di Trump, oltre a influenzare la salute globale, potrebbe anche avere un impatto sul vantaggio competitivo delle aziende farmaceutiche statunitensi, che dipendono dai dati che i paesi condividono con l’OMS per sviluppare innovazioni in campo medico.

Con un anno di tempo per il ritiro formale, la decisione americana resta un capitolo aperto, ma segnala già un cambio di rotta che potrebbe ridefinire il panorama della cooperazione sanitaria internazionale.

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista