Uso dello smartphone e minori: dove finisce l’uso e comincia la dipendenza?

Non è la quantità, ma la qualità che fa la differenza. Con la psichiatra Cinzia Bressi, un’analisi sul confine tra uso funzionale e dipendenza, e sul ruolo chiave di scuola e genitori nel promuovere equilibrio e salute mentale

A dodici anni un bambino trascorre in media oltre quattro ore al giorno davanti allo schermo di uno smartphone [Common Sense Media, 2023]. Non si tratta solo di un cambio nelle abitudini ludiche, ma di un fenomeno neuro-comportamentale che preoccupa pediatri e neuroscienziati. Secondo studi di imaging cerebrale [Hutton et al., 2019], l’uso prolungato di dispositivi digitali può influenzare negativamente lo sviluppo della sostanza bianca cerebrale, cruciale per il linguaggio e l’autoregolazione.

In Germania, un’indagine longitudinale condotta fra il 2018 e il 2024 ha mostrato come sintomi di uso problematico dello smartphone siano aumentati soprattutto fra ragazzi e bambini più piccoli, correlandosi a una diminuzione significativa della qualità della vita. Capire quindi il perché (e non solo quanto) i più giovani fruiscono delle nuove tecnologie come gli smartphone potrebbe rivelarsi determinante per proteggerne il benessere mentale.

Per aiutarci nel percorso di analisi, abbiamo chiesto di inquadrare il fenomeno a Cinzia Bressi, Professoressa Associata di psichiatria presso l’Università degli Studi di Milano.

Quali sono i principali segnali clinici che possono indicare un uso problematico o un abuso dello smartphone nei minori?

Cinzia Bressi

«I primi segni clinici che si possono rilevare come indice di consolidamento di un utilizzo problematico o di un abuso dello smartphone riguardano la comparsa di disturbi del sonno, calo delle prestazioni accademiche e isolamento sociale.

In particolare, l’uso eccessivo di Internet, specialmente nelle ore serali, può interferire con il ritmo circadiano e compromettere la qualità del sonno, portando a insonnia, affaticamento e difficoltà di concentrazione; la tendenza a procrastinare e a distrarsi con contenuti online riduce l’efficienza nello studio e nel lavoro, con conseguenti peggioramenti nelle performance scolastiche [Kumar et al., 2018; Wang et al., 2019] e l’uso compulsivo della rete può portare a un minor investimento nelle relazioni, causando un graduale distacco dalle interazioni offline [Ko et al., 2012]. A lungo termine, la priorità data alle attività online può portare a conflitti familiari e difficoltà nelle amicizie, aumentando il rischio di marcato distacco e incapacità nel gestire legami reali e nello sviluppo di adeguate capacità comunicative [Kuss et al., 2014; Chung et al., 2019].

Diversi studi evidenziano, inoltre, una correlazione tra Internet Addiction e maggiore vulnerabilità negli adolescenti e nei giovani adulti a sviluppare disturbi mentali quali depressione e ansia [Kawabe et al., 2016]. La dipendenza può diventare una strategia disfunzionale per affrontare il disagio emotivo, aggravando i sintomi nel lungo periodo.

Comparsa di disturbi del sonno, calo delle prestazioni accademiche e isolamento sociale sono tra i primi segni clinici di un uso problematico dello smartphone

Infine, l’utilizzo dello smartphone per periodi di tempo prolungati può portare a conseguenze che impattano anche la salute fisica, come disturbi muscoloscheletrici (dolori alla schiena, tensioni muscolari e sindrome del tunnel carpale) e affaticamento visivo come secchezza oculare, emicrania e riduzione della qualità della vista».

Dal punto di vista neuropsichiatrico, quali effetti ha l’esposizione prolungata agli schermi sul cervello in via di sviluppo di bambini e adolescenti?

«L’uso eccessivo di dispositivi digitali può avere diverse implicazioni sullo sviluppo neuropsicologico di giovani cervelli. Innanzitutto, numerosi studi suggeriscono che un’esposizione prolungata agli schermi può influenzare le funzioni cognitive, come l’attenzione, la memoria e le capacità di problem solving. Per esempio, uno studio pubblicato su JAMA Pediatrics ha evidenziato che un uso eccessivo di media digitali è associato a problemi di attenzione e a un minor rendimento scolastico. La ricerca suggerisce che l’esposizione prolungata può interferire con lo sviluppo delle aree cerebrali coinvolte nell’attenzione sostenuta e nella regolazione emotiva. Inoltre, la letteratura scientifica indica che l’uso eccessivo di schermi può influenzare negativamente lo sviluppo del cervello nelle aree legate alla regolazione emotiva e al controllo degli impulsi. Uno studio pubblicato su NeuroImage ha mostrato che l’uso intensivo di dispositivi digitali può essere associato ad alterazioni nella connettività cerebrale, specialmente nelle regioni prefrontali, che sono cruciali per il controllo esecutivo e la pianificazione. In accordo con ciò, uno studio longitudinale di Chen et al. (2023) su 8.324 preadolescenti (9‑11 anni) ha mostrato che un maggiore tempo giornaliero davanti allo schermo è associato a una connettività indebolita tra corteccia prefrontale e striato dorsale, con effetti negativi sul controllo inibitorio e un aumento dell’orientamento verso ricompense immediate.

Gli effetti possono dipendere da molti fattori, come il tipo di attività, l’età, il contesto d’uso e la predisposizione individuale

Un altro aspetto importante riguarda il sonno. Una ricerca pubblicata su JAMA Pediatrics ha evidenziato che l’esposizione agli schermi prima di dormire può disturbare i cicli del sonno, influenzando negativamente lo sviluppo cerebrale e le funzioni cognitive.

Tuttavia, non tutti gli studi concordano: alcune evidenze indicano che l’effetto dipende dal tipo di attività (contenuto educativo versus intrattenimento), dall’età, dal contesto d’uso e dalla predisposizione individuale. La ricerca suggerisce cautela: limitare lo screen time (ad esempio a meno di un’ora al giorno per i più piccoli), promuovere contenuti di qualità e mantenere equilibrio con attività fisiche, sociali e relazionali».

Esistono fasce d’età particolarmente vulnerabili all’abuso degli smartphone? E se sì, perché?

«Diversi studi presenti in letteratura dimostrano che gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti cerebrali conseguenti allo sviluppo di una dipendenza, perché il loro cervello è ancora in fase di sviluppo. Rispetto agli adulti, hanno una minore capacità di autoregolazione e una maggiore impulsività, il che li rende più esposti ai meccanismi di dipendenza digitale. Ricerche di neuroimaging hanno evidenziato che i giovani con dipendenza da Internet presentano connessioni cerebrali alterate rispetto ai loro coetanei che usano la rete in modo sano. Inoltre, vi è una particolare vulnerabilità tra i maschi più giovani, che tendono a trascorrere più tempo online e a sviluppare maggiori difficoltà nel gestire l’autoregolazione.

Gli adolescenti sono più vulnerabili alle dipendenze perché il loro cervello è ancora in sviluppo

In particolare, diversi studi confermano che i maschi tendono a sviluppare un uso più problematico di Internet rispetto alle femmine, con una maggiore predisposizione all’Internet Gaming Disorder (IGD) e all’uso compulsivo di siti di intrattenimento e pornografia [Dong et al., 2022]. Mentre le femmine possono passare molto tempo su Internet, in genere non raggiungono gli stessi livelli di uso patologico osservati nei maschi [Durkee et al., 2012]. Questa tendenza è legata a fattori sia psicologici che comportamentali, come l’impulsività e una minore capacità di autoregolazione».

Qual è la differenza, a livello clinico, tra un uso frequente ma funzionale dello smartphone e un vero e proprio comportamento dipendente?

«Nel contesto dell’attuale società iperconnessa, l’utilizzo quotidiano e intensivo dello smartphone è diventato un comportamento del tutto normale, soprattutto tra adolescenti e giovani adulti. Tuttavia, non sempre un uso frequente è indice di una dipendenza patologica. È quindi fondamentale, dal punto di vista clinico, distinguere tra un uso elevato ma funzionale del dispositivo e un vero e proprio comportamento dipendente. La differenza, come evidenziato dalla letteratura scientifica, risiede non tanto nella quantità di tempo trascorsa sullo smartphone, quanto nella qualità dell’uso, nelle motivazioni sottostanti e nelle conseguenze sul funzionamento psicologico, sociale e comportamentale dell’individuo. Un uso frequente dello smartphone può rientrare in un comportamento funzionale quando risponde a bisogni reali e specifici, come comunicare, informarsi, organizzare attività o fruire di contenuti ricreativi. In questi casi, l’uso del dispositivo è intenzionale, controllato e non interferisce con le attività quotidiane né con il benessere psicologico dell’individuo. Anche un tempo di utilizzo elevato può rientrare nella norma se non è associato a compromissione funzionale, stress soggettivo o sintomi da astinenza. Inoltre, l’individuo riesce a sospendere l’uso del dispositivo senza difficoltà e non manifesta ansia o irritabilità in assenza dello stesso.

Uso frequente non significa sempre dipendenza: serve distinguere tra abitudine funzionale e comportamento patologico

In contrapposizione, si parla di comportamento dipendente quando l’uso dello smartphone presenta caratteristiche simili a quelle dei disturbi da uso di sostanze o da gioco d’azzardo, quali perdita di controllo, uso compulsivo, sintomi da astinenza, tentativi falliti di ridurne l’uso e persistenza del comportamento nonostante le conseguenze negative

La distinzione tra uso frequente e dipendenza da smartphone si basa su tre dimensioni principali.

La prima è il controllo del comportamento: nell’uso funzionale, l’individuo mantiene la capacità di autoregolarsi; al contrario, nella dipendenza, l’uso avviene anche contro la propria volontà (egodistonico), con un pattern compulsivo e ripetitivo.

La seconda è la motivazione dell’uso: l’uso sano è spesso guidato da finalità concrete, mentre la dipendenza è associata all’uso del dispositivo come strumento per regolare stati emotivi negativi, come ansia, noia o solitudine.

Infine, la terza è l’impatto sul funzionamento quotidiano: solo nel caso di dipendenza l’uso dello smartphone determina un deterioramento significativo della qualità della vita, con compromissione delle relazioni, rendimento scolastico o lavorativo, e salute mentale».

Qual è il ruolo della scuola nel prevenire o contenere l’abuso degli smartphone tra gli studenti? Esistono buone pratiche educative efficaci da un punto di vista psichiatrico?

«Negli ultimi anni, l’uso dello smartphone da parte degli adolescenti è diventato sempre più pervasivo, pertanto, essendo la scuola ambiente privilegiato di crescita e formazione, essa assume un ruolo centrale nel contrastare l’uso problematico dei dispositivi elettronici e nel promuovere un approccio più consapevole e responsabile alla tecnologia. Tuttavia, è importante chiarire che non si tratta semplicemente di “vietare” l’uso dello smartphone, ma piuttosto di educare all’equilibrio: aiutare gli studenti a capire quando, come e perché usare (o non usare) un dispositivo digitale. Per farlo in modo efficace, la scuola deve intervenire su più livelli, combinando regole, educazione e relazioni. Molte scuole, in Italia e nel mondo, hanno adottato regole più o meno rigide sull’uso dello smartphone durante l’orario scolastico. In alcuni casi si tratta di un divieto totale, in altri di limitazioni parziali, come la consegna dei telefoni all’inizio della giornata.

Non si tratta semplicemente di “vietare” l’uso dello smartphone, ma piuttosto di educare all’equilibrio

Tuttavia, il solo divieto non basta, un approccio più efficace consiste nell’aiutare gli studenti a sviluppare competenze emotive e digitali, in modo da renderli autonomi nel gestire la propria relazione con lo smartphone. Questo significa, ad esempio, insegnare loro a riconoscere i segnali di uso compulsivo, a regolare il tempo trascorso online, a gestire la noia senza ricorrere subito a uno schermo. Un ulteriore elemento chiave nella prevenzione è il coinvolgimento degli studenti stessi come protagonisti del cambiamento. La cosiddetta peer education, ovvero l’educazione tra pari, si è dimostrata particolarmente efficace nel contesto scolastico. Promuovere una cultura scolastica basata su relazioni autentiche, dialogo e sostegno reciproco non solo aiuta a ridurre l’abuso di tecnologia, ma rafforza la salute mentale complessiva degli studenti. Infine, è essenziale che le iniziative scolastiche siano in sinergia con le famiglie. Quando scuola e genitori collaborano, condividendo valori, regole e strumenti, la prevenzione diventa più efficace e duratura. Questo approccio integrato è alla base dei programmi di promozione della salute mentale riconosciuti anche dalle principali organizzazioni internazionali, come l’OMS».

Come possono i genitori impostare regole e limiti sani sull’uso dello smartphone senza danneggiare il rapporto con i figli o alimentare conflitti?

«Sulla base delle più recenti linee guida, la comunità scientifica suggerisce una serie di accorgimenti:

  • stabilire regole chiare e condivise: è fondamentale coinvolgere i figli nel processo decisionale, spiegando le ragioni delle regole e ascoltando le loro opinioni. Gli esperti sottolineano che la comunicazione aperta e la partecipazione dei figli nella definizione delle regole favoriscono l’adesione e riducono i conflitti
  • impostare limiti temporali e orari: secondo le linee guida dell’American Academy of Pediatrics (2016) è utile stabilire limiti di tempo giornalieri e orari specifici (ad esempio, nessuno smartphone durante i pasti o prima di dormire). Questo può aiutare a creare routine sane e a prevenire l’uso eccessivo di schermi
  • essere un esempio positivo: anche i genitori stessi dovrebbero fare un uso equilibrato degli schermi, poiché i bambini tendono a imitare i comportamenti degli adulti. Molteplici ricerche vanno in questa direzione
  • favorire attività alternative: promuovere attività sociali, sportive o creative aiuta a ridurre la dipendenza dagli schermi e a rafforzare il rapporto familiare; attività offline di qualità migliorano il benessere emotivo e le relazioni familiari
  • utilizzare il dialogo e il rinforzo positivo: invece di punizioni, è risultato più proficuo lodare i comportamenti corretti e discutere apertamente con una comunicazione efficace di ciò che preoccupa il genitore. Diversi studi suggeriscono che che un approccio basato sulla comunicazione empatica riduce i conflitti e favorisce l’adozione di comportamenti sani
  • creare zone libere dagli schermi: ad esempio, la camera da letto dovrebbe essere un’area senza dispositivi, come la televisione. La raccomandazione dell’American Academy of Pediatrics (2016) sottolinea l’importanza di ambienti senza schermi per un sonno di qualità e relazioni più strette».

Per concludere, quali sono le sue considerazioni su questo fenomeno?

«Come sempre, in adolescenza, occorre prestare maggiore attenzione alla persona in via di sviluppo e ai suoi comportamenti. Qualora si ravvisi un’alterazione dell’umore, un distacco dalle relazioni non solo intrafamiliari (“fisiologiche” in questa fase della vita dell’individuo), la riduzione della ricerca di attività extrascolastiche che precedentemente creavano piacere all’adolescente (attività ricreative, sportive, per esempio, così come le uscite con gli amici e interesse per relazioni “romantiche”), disturbi del sonno, maggiore irritabilità senza eventi scatenanti, sarà necessario potenziare la comunicazione con l’adolescente. Sia il genitore che l’insegnante devono attivarsi sinergicamente per incrementare vicinanza empatica e affettiva (da parte dei genitori) e contenuti psicoeducativi (da parte degli insegnanti) sulla regolazione delle proprie emozioni e delle difficoltà proprie della crescita che nascono dal confronto con sé stessi e con l’Altro. Chiarire che le esperienze emotive difficili non vanno evitate ricercando un piacere immediato, una gratificazione certa e subitanea (smartphone e pc) ma riconosciute ed elaborate con l’aiuto di figure adulte significative (genitori, altri familiari, insegnanti, esperti) è fondamentale.

Come sempre, in adolescenza, occorre prestare maggiore attenzione alla persona in via di sviluppo e ai suoi comportamenti

L’attiva comunicazione focalizzata soprattutto sul significato delle esperienze emotive difficili o spiacevoli dovrà essere indirizzata a riconoscere l’utilizzo di meccanismi difensivi disfunzionali (evitamento, negazione, repressione emozionale fino all’ isolamento sociale) e lo svelamento del significato di contenuti emozionali che vanno accolti, anche se accompagnati da ansia, disturbi dell’umore e difficoltà relazionali che andranno interpretati ed elaborati come “fatiche” necessarie e opportunità nel percorso di crescita della personalità dell’adolescente».

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Silvia Pogliaghi
Giornalista scientifica, esperta di ICT in Sanità, socia UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione)