Le Value Added Medicines (Vam) hanno un potenziale inespresso. In gran parte a causa di colli di bottiglia presenti nei processi regolatori degli iter di valutazione dell’innovazione e delle relative negoziazioni prezzo-rimborso. Occorre prendere coscienza del valore che questi farmaci possono ancora esprimere nei casi di repurposing, riformulazione o combinazione di molecole e far sì che ci sia un framework di valutazione ad hoc. A beneficio di un più ampio e sostenibile accesso alle terapie da parte di medici e pazienti.
Sono i punti su cui si sono trovati concordi gli esperti che si sono confrontati su questa materia nel corso dell’evento “Farmaci, salute e innovazione: le nuove frontiere delle Vam” organizzato con il contributo di Egualia.
“L’importanza delle Vam è racchiusa nel fatto che esse offrono ai clinici e ai pazienti opzioni terapeutiche aggiuntive e si inseriscono nel percorso di personalizzazione delle cure, oltre a toccare il tasto della razionalizzazione delle risorse”, ha detto Geremia Seclì, coordinatore del Gruppo Vam di Egualia.
Sì, perché si tratta di molecole che possono esprimere nuovo valore terapeutico anche dopo la scadenza del brevetto, ad esempio grazie all’estensione dell’indicazione terapeutica o all’individuazione di nuove indicazioni. Quello che gli addetti ai lavori chiamano “valore incrementale”, che però deve essere misurato e quantificato, anche nell’ottica di poter riconoscere ai titolari dell’Aic (Autorizzazione all’immissione in commercio) una giusta remunerazione. Ed è qui che entra in gioco il discorso della sostenibilità. Giacché è facile intuire che il prezzo negoziabile per una nuova indicazione terapeutica sarà più contenuto rispetto a quello di una nuova molecola perché un farmaco “riproposto” per nuovi utilizzi è frutto di investimenti inferiori rispetto a un farmaco “nuovo”.
Alla ricerca di nuovi percorsi
L’importante però è riuscire a trovare “un percorso riconosciuto per la valutazione dell’accesso e del rimborso delle Vam”, ha spiegato Gianluca Trifirò, Ordinario Farmacologia, Università degli Studi di Verona – “Motivo per cui è stato redatto un Expert Opinion che evidenzia come le Vam rappresentano un contesto eterogeneo di molecole che richiede una maggiore definizione e classificazione dei potenziali benefici. E che spiega come sia necessario riuscire a garantire prove sostenibili e fit for purpose per l’accesso al mercato, anche attraverso schemi di valutazione dedicati”.
Ed è così che sono stati identificati cinque domini in cui le Vam possono apportare benefici e rispondere a bisogni di cura insoddisfatti:
Si tratta delle caratteristiche che definiscono il valore dell’innovazione incrementale del farmaco, che è ben diverso dal valore dell’innovazione breakthrough
- nuove indicazioni per patologie prive di alternative terapeutiche
- miglioramento dei risultati clinici, documentato anche da studi Real World
- miglioramento della qualità di vita dei pazienti
- conseguente riduzione della spesa sanitaria privata sostenuta dai pazienti
- riduzione della spesa sanitaria pubblica dovuta a una migliore gestione della patologia
In altri termini si tratta delle caratteristiche che definiscono il valore dell’innovazione incrementale del farmaco, che è ben diverso dal valore dell’innovazione breakthrough.
Il nodo della raccolta dei Real World Data
Se ciò è vero, si apre però un punto critico. Quello della raccolta strutturata di queste evidenze. Così che il valore incrementale possa essere valutato anche in fase di negoziazione dei prezzi. “Oggi sono i pazienti a riferire questi aspetti al proprio medico. Ma manca la possibilità che ciò venga segnalato anche alle autorità regolatorie per un’adeguata valutazione. Ecco perché nasce l’esigenza di avere studi clinici capaci di raccogliere questi dati real word”, ha avvertito Antonietta Martelli, ordinario di Farmacologia, Università degli Studi di Genova.
Sottolinea Claudio Jommi, Professor of Practice di Health Policy, SDA Bocconi School of Management: “In effetti la Real world evidence (Rwe) supporta proprio la proposta di valore. Ma è un tema che presenta due vincoli normativi. Da un lato il riconoscimento degli effetti delle Vam. Il decreto prezzi di oggi dice che un farmaco è valutato in base alla sua efficacia. Ed è facile comprendere che bisogna ampliare il discorso del concetto di valore del farmaco. C’è poi il nodo dei dati e della loro raccolta. Se da un lato essi sono fondamentali per sostenere le Vam, dall’altro è indubbio che sarebbe molto difficile reclutare pazienti ad hoc per uno studio clinico classico per dimostrare il valore di queste molecole. Oltre al fatto che la Rwe scaturisce dalla somministrazione del farmaco nella vita reale, ovvero in condizioni ben diverse da quelle controllate dei trial clinici che già conosciamo”. Così come l’aderenza alla terapia, uno dei punti costituenti il valore incrementale delle Vam, è valutabile meglio quando il farmaco è assunto da pazienti che vivono nel quotidiano. Per non parlare della valutazione del risparmio socio-economico correlato ai mancati accessi al Pronto soccorso derivanti da una migliore compliance del paziente.
“O negoziamo l’accesso al farmaco sulla base di ipotesi e simulazioni, o attiviamo percorsi di raccolta dati real world che permettano di valutare se le promesse di outcome del farmaco sono state raggiunte”
E allora una delle domande di fondo è: quando raccogliere questi dati? Risponde il professore della Bocconi: “O negoziamo l’accesso al farmaco sulla base di ipotesi e simulazioni, o attiviamo percorsi di raccolta dati real world che permettano di valutare se le promesse di outcome del farmaco sono state raggiunte”. A prescindere da quale tra queste due opzioni venga scelta, resta però un’altra criticità da superare. Quella del soggetto deputato alla raccolta dati. Che naturalmente dovrebbe essere la classe medica ma che vedrebbe questa ulteriore incombenza aggiungersi alla propria attività quotidiana, già molto fitta.
Prezzi e rimborsi ad hoc
Tra i nodi da sciogliere secondo Massimo Riccaboni, Professor of Economics, Director of AXES research unit, Imt Lucca ed ex componente Cpr di Aifa, ci sono quelli regolatori. “Per alcune Vam le Real world evidence sono aspetti qualificanti” e andrebbero considerati quando si parla di accesso e rimborsabilità. Oltre al fatto che manca una scala per la valutazione della Rwe. Suggerisce Riccaboni: “Ci dovrebbe essere un prezzo temporaneo da rinegoziare dopo la raccolta e la valutazione di questi real world data. Alle Vam andrebbe riconosciuto anche un premio di prezzo. Però questo ragionamento in Italia è riservato ai farmaci che producono un valore terapeutico aggiuntivo”, dimostrato con i trial clinici. Cosa che non può valere per le Vam giacché “questo tipo di valore è valutabile solo attraverso i Rwe”. Insomma il classico caso del cane che si morde la coda. Per uscirne una proposta potrebbe essere “istituire un protocollo specifico per le Vam. Definendo però i casi in cui questi farmaci non vadano equiparati ad altri farmaci già esistenti”.
Repurposing fra criticità e opportunità
Tra le opportunità di utilizzo delle Vam il repurposing è sicuramente una delle più interessanti. Ma molti ostacoli si frappongono tra la teoria e la pratica. Ha spiegato Marta Baldrighi, Policy and Science Officer di Medicine for Europe: “Non esiste un percorso regolatorio dedicato alle Vam; non ci sono incentivi adeguati a questo tipo di innovazione (incrementale, ndg); non è riconosciuto il premium price nel processo di negoziazione del prezzo di una Vam”.
Resta inoltre da capire come generare i dati che dimostrino che si può usare un vecchio farmaco per nuove indicazioni. Tre le alternative possibili secondo Baldrighi: “Per la riformulazione di un farmaco è fondamentale il know-how del titolare dell’Aic. Infatti è probabile che la richiesta di nuova indicazione arrivi proprio da esso sette-otto anni prima della scadenza del brevetto. Ma è anche possibile che questa richiesta sia formulata da un consorzio. Come quello ‘Remedi4all’”. Sotto la guida dell’European infrastructure for translational medicine (Eatris) 24 soggetti operanti nel campo della ricerca clinica e traslazionale, del patient engagement, nel settore regolatorio, della governance, dell’Hta e del prezzo-rimborso collaborano per agevolare il repurposing delle molecole.
“Terza opzione è la raccolta dati fatta dalle associazioni di pazienti. Come accade con il progetto “Stamp” della Commissione europea gestito da enti no profit e accademia. Che però ha un grande limite. I dati raccolti non sono quelli che interessano le agenzie regolatorie. Oltre al fatto che è richiesto uno sforzo proattivo da parte dei ricercatori per contattare il titolare dell’Aic”.
Risulta quindi chiaro che, tra le azioni utili a favorire il repurposing dei farmaci, tre siano prioritarie:
- stabilire un percorso regolatorio ad hoc
- riconoscere l’importanza del titolare dell’Aic
- ottenere un premium price adeguato per le molecole sviluppate in repurposing
E in Italia?
Detto questo, quanto sarebbe possibile introdurre un siffatto ragionamento nel nostro Paese? Secondo Guido Rasi, Ordinario Microbiologia all’Università degli Studi “Tor Vergata” e già direttore esecutivo dell’Ema, “il valore aggiunto e l’opportunità di avere interessi condivisi tra paziente, medico e payer è chiara. Così come è etica la possibilità di incentivare le Vam. Bisogna capire quale livello di autority deve essere preposta a valutare il valore aggiunto di questi farmaci. Ciò dipende dal tipo di molecole e dal tipo di estensione/nuova indicazione richiesta. Credo che, specialmente per i farmaci breakthrough, la raccolta dei dati Rwe debba iniziare subito dopo l’immissione in commercio. Occorre che l’Hta e il regolatorio pianifichino in anticipo quale evidenza bisogna mostrare con l’utilizzo dei Rwe”.
Sull’importanza del tema in ottica di sostenibilità si è anche espressa Amelia Filippelli, componente Comitato Prezzi e Rimborso di Aifa, ribadendo che le problematiche per il rimborso dei farmaci già ben conosciuti nella pratica clinica sono da discutere: “Le innovazioni devono essere disponibili per i pazienti, ma a prezzi accessibili. Per questo, pubblico e privato devono interagire con largo anticipo rispetto al repurposing. Si tratta di un’opzione rispetto a cui Aifa è favorevole, anche per rendere l’accesso al farmaco più sostenibile”.