Poco più di un mese fa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare European Food Safety Authority (EFSA) ha ridotto di 20 mila volte la dose giornaliera di bisfenolo A per i suoi effetti nocivi sulla salute. Un’ottima notizia. E adesso? L’attenzione non deve calare, anzi, è bene che aumenti, soprattutto per i prodotti sostituitivi. Ne parliamo con Stefano Gotti, professore di Anatomia umana dell’Università degli Studi di Torino, ricercatore del gruppo di Neuroendocrinologia del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO).
Professore, il contributo del NICO è stato fondamentale nello scoprire i rischi legati all’esposizione al bisfenolo che hanno orientato la decisione dell’EFSA. Come?
Storicamente il laboratorio di Neuroendocrinologia si è sempre interessato agli aspetti che tengono in considerazione il sistema endocrino e quello nervoso insieme. In particolare il nostro capo, il professor Giancarlo Panzica, che ci ha lasciato a luglio dello scorso anno, ha lavorato molto sugli ormoni, in particolare su quelli che chiamiamo ormoni gonadici, come testosterone, estradiolo e progesterone; una serie di studi ha messo in evidenza come questi agiscano anche sul sistema nervoso. Questo avviene sia nel periodo dello sviluppo, per indirizzare i caratteri sessuali e l’encefalo verso il sesso maschile o femminile, sia nello sviluppo stesso dei circuiti nervosi ma anche nella vita adulta.
Gli ormoni vengono prodotti sia dalle gonadi che, come si è scoperto successivamente, alla fine degli anni ’80, anche dal sistema nervoso: sono chiamati neurosteroidi. Dopo l’importante scoperta, molti hanno cominciato a indagare queste dinamiche. Il professor Panzica si è interessato poi in modo particolare al tema degli interferenti endocrini (anche definiti distruttori endocrini): sostanze che vanno appunto a “disturbare” il sistema endocrino. Sono sostanze in parte di origine naturale, ma nella maggior parte dei casi sono prodotti dall’uomo, trattandosi per la maggior parte di manufatti di origine industriale.
Il collegamento con le nostre tematiche di ricerca è che molte di queste sostanze mimano l’azione degli ormoni e alcune, su cui si è lavorato di più, mimano ormoni gonadici, proprio come il bisfenolo A (BPA). Adesso i rischi legati a questa molecola sono stati accettati a livello comunitario; quindi, si spera che la Comunità europea recepisca l’indicazione dell’EFSA e legiferi di conseguenza, anche se si apriranno altre questioni.
Cos’è il bisfenolo A?
Il bisfenolo A è una molecola molto simile all’estrogeno (estradiolo) e il motivo per cui era molto usato – sperando che non lo sia più – è che veniva utilizzato come additivo nelle plastiche e nelle resine per renderle più morbide: si usava nei giochi per la dentizione per i lattanti oppure nelle tettarelle dei biberon. Col tempo ci si è resi conto, però, che, ad esempio, se il prodotto viene esposto ad alte temperature si può determinare il rilascio di una parte di plastiche nel liquido che queste contengono.
Il bisfenolo A era dappertutto: eravamo, e forse lo siamo ancora, continuamente esposti
Ma il bisfenolo A non si usava solo nei prodotti per bambini: si trovava anche nelle bottiglie d’acqua e nei contenitori di latta per alimenti, che sono rivestiti all’interno da un film – appunto di BPA – che isola il cibo dal metallo. Il bisfenolo A era dappertutto, compresi gli scontrini: eravamo, e forse lo siamo ancora, continuamente esposti.
Quali sono i rischi dell’esposizione al bisfenolo A?
Il problema che è stato posto dal nostro gruppo di lavoro e grazie anche alle numerose indicazioni in tal senso provenienti da tanti altri gruppi (il che ha permesso di arrivare alle restrizioni da parte dell’EFSA) è che la molecola base è identica all’estradiolo; quindi, nel momento in cui veniamo a contatto con essa, questa passa nel nostro organismo e può legarsi agli stessi recettori cui si legano gli estrogeni: si comporta cioè come un ormone, andando a interferire con gli equilibri normali dell’apparato endocrino.
Diversi studi hanno dimostrato che c’è veramente un’alterazione del sistema endocrino
Ci siamo domandati cosa succede se negli organismi, e in special modo in quelli che sti stanno sviluppando, si aumenta la quantità di estrogeni rispetto a quella prodotta normalmente? Una serie di studi fatti da noi e da molti altri gruppi di ricerca ha messo in evidenza che c’è veramente un’alterazione del sistema endocrino. Nella sua decisione l’EFSA ha citato la pericolosità per il sistema immunitario, ma è solo la punta dell’iceberg.
Uno degli studi più recenti che abbiamo realizzato dimostra che i bisfenoli potrebbero avere un effetto sull’esordio e sul decorso di malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla. Un altro lavoro ha indagato gli effetti dell’esposizione ai bisfenoli in gravidanza e allattamento: non solo nascono meno cuccioli, ma le cucciolate ottenute da madri esposte a bisfenoli hanno una mortalità maggiore rispetto al gruppo di controllo. In generale i topi esposti ai bisfenoli, sia maschi che femmine, hanno mostrato minore fertilità, e le femmine uno sviluppo puberale precoce. Una completa alterazione degli aspetti riproduttivi.
Se l’EFSA ha ridotto di ben 20mila volte la dose giornaliera tollerata e la Comunità europea dovrebbe legiferare recependone l’indicazione, perché rimane la preoccupazione?
L’industria si attiverà con dei sostituti, soggetti, almeno all’inizio, a controlli meno rigorosi rispetto a quelli a cui era sottoposta la sostanza “incriminata”
Quando alle industrie viene richiesto di sostituire un elemento bisogna chiedersi: perché veniva usato? L’industria si attiverà con dei sostituti, soggetti, almeno all’inizio, a controlli meno rigorosi rispetto a quelli a cui era sottoposta la sostanza “incriminata”. Per il BPA esistono già dei sostituti usati dalle industrie, e sono sempre bisfenoli. Cambia una parte di molecola, quindi si chiamano per esempio bisfenolo S, il nome del più usato, su cui abbiamo cominciato a lavorare nello studio sulla sclerosi multipla: è sostanzialmente identico al bisfenolo A, quindi si comporta allo stesso modo. Ma per i sostituti ci vuole molto più tempo per una regolamentazione, quindi se la dose di bisfenolo A è stata ridotta di tantissimo dall’EFSA, il problema è che per i sostituti non c’è attualmente una regolamentazione.
I bisfenoli sono l’unico problema?
No. Alcuni colleghi stanno valutando altre sostanze. Per esempio in alcune zone d’Italia, prima in Veneto e di recente anche in Lombardia, è emersa un’esposizione elevata ad alcune sostanze, per- e polifluoroalchiliche (Pfas), cui è collegata una notevole riduzione della fertilità. Un nostro nuovo progetto sviluppato insieme a loro vuole studiare l’esposizione a più sostanze contemporaneamente proprio per valutarne l’effetto sinergico.
Per quanto riguarda il bisfenolo A, molti ricercatori a livello internazionale sostengono che non è solo un interferente endocrino, ma che è anche obesogeno: l’esposizione potrebbe cioè portare all’obesità. Uno dei massimi esperti del settore, Jerry Heindel, Direttore dello Healthy Environment and Endocrine Disruptor Strategies, ha detto chiaramente in diversi suoi interventi che non è più possibile spiegare l’obesità nei Paesi occidentali solo con lo stile di vita sbagliato. Si parla di un’epidemia di obesità: c’è qualcos’altro che sta dietro al fenomeno. Numerosi studi che si stanno facendo a livello internazionale puntano a capire se c’è una predisposizione all’obesità data dall’esposizione probabilmente in età giovanile ad alcune di queste sostanze. Il problema è che questi effetti sono sottili, subdoli e a lungo termine.