“Questo progetto nasce nell’ambito del Piano nazionale complementare al PNRR e ha come finalità principale quella di trasferire nuove tecnologie – in parte già disponibili per altre applicazioni, ma in parte da sviluppare ex novo – verso il mondo sanitario, con l’intento di renderlo più efficiente e adeguato alle attuali necessità”. Così Guido Cavaletti, responsabile scientifico del progetto Anthem e prorettore alla ricerca dell’Università di Milano-Bicocca.
La collaborazione tra quest’ultima (l’ente proponente), il Politecnico di Milano, l’Università di Bergamo e l’Università di Catania e altri 19 enti coinvolti intorno a 28 progetti–porta appunto il nome di Anthem (AdvaNced Technologies for HumancentrEd Medicine), l’hub tecnologico avanzato per la medicina del futuro.
Parliamo di oltre 200 ricercatori appartenenti a 10 tra università ed enti di ricerca, 8 tra strutture sanitarie, sociosanitarie e di ricerca medica e 5 tra imprese ed enti privati, ed è previsto un reclutamento di 80 tra ricercatori e tecnologi e di 65 dottori di ricerca.
Un’iniziativa ambiziosa, che consentirà di realizzare dispositivi e strumenti digitali per la raccolta dati a supporto di soluzioni di medicina di prossimità, sviluppare strumenti di monitoraggio e valutazione dei fattori ambientali, di stile di vita e patologici nelle popolazioni fragili e croniche, implementare metodologie di terapia oncologica per quei tumori non trattabili mediante approcci convenzionali.
Il progetto, avviato dall’Università di Milano-Bicocca, fa leva su un impegno profuso non indifferente. A questo proposito, Cavaletti precisa: “Il tempo ha costituito un fattore chiave nella fase preparatoria, ma è stato piuttosto limitato se confrontato alla complessità del lavoro: in sostanza, sono stati necessari circa sei mesi dalla prima bozza alla definitiva approvazione del progetto. Le criticità maggiori che abbiamo incontrato? Senza dubbio la necessità di far coesistere progetti differenti (che abbiamo definito “pilots”), ma che dovevano disegnare un quadro complessivo coerente ed armonico, e le diverse esigenze e organizzazioni dei 23 partner pubblici e privati che compongono il team di ricerca”.
La multidisciplinarietà quale elemento cardine dell’iniziativa
Forte di un investimento complessivo di oltre 123 milioni di euro, finanziato dal Piano nazionale complementare al PNRR, il progetto Anthem – che opererà in profonda sinergia con l’ecosistema economico e industriale, le amministrazioni locali e la società civile in ambito di innovazione sanitaria e assistenziale a livello locale e nazionale – intende raggiungere, nel prossimo quadriennio, un obiettivo principale: colmare, con l’ausilio di tecnologie e percorsi multidisciplinari e innovativi, il gap esistente nell’assistenza sanitaria dei pazienti fragili e cronici all’interno di specifici territori caratterizzati da patologie orfane di terapie.
Qui lavorano insieme medici, biologi, fisici, chimici, economisti, ingegneri, esperti informatici, di sanità pubblica e imprenditori
Proprio in relazione all’approccio multidisciplinare dell’iniziativa, Cavaletti rimarca: “Non è solo un aspetto importante, costituisce proprio l’elemento-chiave essenziale. In questo contesto lavorano insieme medici, biologi, fisici, chimici, economisti, ingegneri, esperti informatici, di sanità pubblica nonché imprenditori. Si tratta di un’orchestra che, se riuscirà ad esprimersi bene insieme, sarà in grado di completare un progetto destinato a proseguire ben oltre il termine del finanziamento, attraendo nuovi partner e risorse aggiuntive, ma soprattutto restituendo prodotti di valore alla comunità”. È opportuno sottolineare che le attività progettuali saranno coordinate, gestite e monitorate dalla Fondazione Anthem, con sede a Milano.
AI e tecniche di Machine Learning per la governance dei dati
Entrando nello specifico, gli ambiti di intervento di Anthem sono quattro, ognuno coordinato da un ateneo:
- tecnologie e gestione di dati per la diagnostica e la cura (ente coordinatore: Università di Bergamo; enti affiliati: Università di Milano-Bicocca, Università di Messina, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Diapath, Istituto Mario Negri, Ferb Onlus, Asst Bergamo Est, Asst Monza, Asst Papa Giovanni XXIII);
- ambienti smart e sensori innovativi per la medicina di prossimità (ente coordinatore: Università di Milano-Bicocca; enti affiliati: Università di Bergamo, Università della Calabria, Artemide, Asst Papa Giovanni XXIII – che di recente ha attivato un sistema di tracciamento automatico (indoor tracking) che consente di localizzare in real-time le principali attrezzature elettromedicali ed informatiche mobili così come il percorso dei pazienti dalla degenza alla sala chirurgica –, Ats Milano, Asst Bergamo Est, Asst Monza, Ferb Onlus);
- ricerca di fattori di rischio e strumenti per il monitoraggio dei pazienti cronici (ente coordinatore: Politecnico di Milano; enti affiliati: Humanitas University, Università del Salento, Ab Medica, Chiesi Farmaceutici);
- soluzioni terapeutiche innovative per patologie orfane (ente coordinatore: Università di Catania; enti affiliati: Politecnico di Milano, Istituto Oncologico del Mediterraneo, Humanitas University, Università della Calabria, Università di Messina, Università del Salento, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, A.O. Cannizzaro, Biogem).
“Il filo conduttore è l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e del Machine Learning per ottimizzare la gestione della grande quantità di dati generati da queste attività”, riprende Cavaletti. Precisando poi che “la scelta degli ambiti di intervento risulta influenzata in parte da quanto osservato negli anni scorsi, durante cui è emersa una certa carenza del nostro sistema sanitario nella gestione del territorio di fronte alla emergenza pandemica, ed in parte dallo sviluppo di quella che viene definita digital pathology, ovvero la capacità di ottenere, interpretare e archiviare in modo sicuro e fruibile informazioni allo stato attuale poco disponibili esaminando i campioni biologici con le tecniche classiche”. E ancora, “il terzo elemento di scelta è stato quasi obbligato in progetti di frontiera come questo: cercare di arrivare a trattamenti più efficaci e non per forza farmacologici per malattie, oggi, poco curabili (come nel caso dei tumori cerebrali maligni)”.
Creare sinergie in ambito di innovazione sanitaria e assistenziale
L’iniziativa Anthem agirà su contesti territoriali e sistemi sanitari specifici e rappresentativi della diversità del Paese non solo in termini di organizzazione e tecnologia, ma anche di densità di popolazione, presenza di ospedali e di strutture di prossimità, facilità di accesso, efficienza diagnostica e terapeutica, utilizzo delle tecnologie digitali.
Saranno coinvolte cinque regioni (Lombardia, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia), le comunità montane, come la Val Seriana e la Val Brembana in provincia di Bergamo, e le comunità metropolitane e distrettuali (Milano, Monza e Brianza, Napoli, Taranto, Bari, Lecce).
In Europa, a fronte di un’aspettativa di vita ben superiore agli 80 anni, la “vita in salute” vale solo 64 anni
È quindi di un progetto di respiro nazionale che “nel rispetto delle identità regionali, vuole unire le eccellenze di ricerca e di impresa presenti in tutto il Paese per migliorare la vita dei cittadini. Non dimentichiamoci che in Europa, a fronte di un’aspettativa di vita ben superiore agli 80 anni, la “vita in salute” vale solo 64 anni. Vogliamo dare un contributo ad aumentare entrambe ma, soprattutto, a ridurre una differenza che ha costi altissimi per i soggetti interessati, le loro famiglie e la società tutta”, puntualizza Stefano Paleari, presidente di Fondazione Anthem.
Vero e proprio hub tecnologico avanzato per la medicina del futuro, questo progetto rappresenta, nelle parole di Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università di Milano-Bicocca, “un’opportunità per costruire sinergie e filiere in ambito di innovazione sanitaria e assistenziale e un’occasione di contatto con attori istituzionali e industriali all’avanguardia”.