Aree interne, quattro sfide per la sanità territoriale: «Fondi, digitale, acquisti e personale»

Nasce l'Intergruppo parlamentare sulla prevenzione e le emergenze sanitarie nelle aree interne. A TrendSanità parlano Campitiello (Ministero della Salute), Petralia (FIASO), Lorenzin (Commissione Bilancio Senato)

Mentre al Senato è in corso di approvazione il decreto sulle liste d’attesa, pochi metri più avanti, a Palazzo Giustiniani, si fanno le presentazioni dell’Intergruppo parlamentare sulla prevenzione e le emergenze sanitarie nelle aree interne. Il focus è su quei territori “marginali” che inglobano realtà montane e piccole isole, in cui i servizi essenziali (salute, traporti, istruzione) faticano ad arrivare.

Si inizia dai dati che smentiscono subito l’idea che si tratti di territori e di una parte della popolazione, appunto, marginale: sono 13 milioni di abitanti, il 22,7 per cento della popolazione italiana. Le conseguenze di questo isolamento si identificano in più fenomeni, come l’aumento di patologie trascurate, la ridotta natalità e il trasferimento dei più giovani verso le aree urbane più grandi, con successivo aumento della quota di popolazione anziana, gli eventi climatici estremi sempre più frequenti.

Nelle aree interne in Italia vivono 13 milioni di abitanti: si tratta del 22,7% della popolazione italiana

Uno scenario emergente «che si basa sulla concezione della spesa sanitaria non più come costo, ma come investimento», afferma il senatore Guido Quintino Liris, Capogruppo della 5ª Commissione permanente del Senato, nonché Presidente del nascente intergruppo parlamentare. Rafforzare la sanità territoriale nelle aree interne è nell’agenda di Governo e il lavoro da svolgere non sarà dei più semplici.

Necessità di investire e rendere il Paese unito

Si parte da un concetto, la frammentazione dell’Italia. Infatti, la carenza di opportunità nei comuni periferici e ultraperiferici motiva una fetta della popolazione ad andarsene, rendendo questi territori sempre meno attraenti. Ma non solo, diventano la sede per creare «condizioni favorevoli per malattie croniche importanti, che portano a patologie come diabete e obesità», riferisce la senatrice Daniela Sbrollini, Vice Presidente 10ª Commissione permanente del Senato. Infatti, si stima che in questi territori risiedano circa 1,5 milioni di diabetici.

Anche il PNRR sottolinea la necessità di costruire una rete di servizi sanitari di prossimità e punti facili di digitalizzazione

Inevitabile l’accenno al PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, cioè il documento strategico predisposto dal Governo per rilanciare, a seguito del covid-19, la struttura economico-sociale del Paese – che ha come obiettivo, sostiene la Senatrice, di «costruire una rete di servizi sanitari di prossimità, con ospedali e case della comunità diffuse sul territorio, con punti facili di digitalizzazione, con un ruolo alla telemedicina, alle farmacie dei servizi, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta».

Gli anziani e la carenza del personale

Mentre le aree interne si svuotano, gli anziani restano, insieme a tutti coloro che faticano a trovare alternative. Ed è alla terza età che il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, rivolge il suo pensiero: «In questo scenario, la realizzazione nelle aree interne del 30 per cento delle case di comunità e di più del 20 per cento degli ospedali di Comunità previsti dal PNRR permetterà di rafforzare anche in queste zone la capacità di risposta del Servizio Sanitario Nazionale». Ma la sanità è in vita soprattutto grazie ai professionisti che si mettono a disposizione, per questo, aggiunge il Ministro, «è stato individuato un pacchetto di misure per incoraggiare medici a operare in zone montane, senza contare l’aumento di 250 milioni di risorse destinate all’assistenza domiciliare e di 500 milioni di euro per la Telemedicina».

Telemedicina, uniformare gli acquisti e il cruccio dei punti nascita

Citata più e più volte nel corso della conferenza, la telemedicina sembra rappresentare la vera chiave di successo per avvicinare il sistema sanitario a chi vive una forte situazione di disagio. Ne è certa la senatrice Beatrice Lorenzin, Membro della 5ª Commissione permanente del Senato, che, dialogando con TrendSanità, sostiene quanto la medicina cambi e migliori di continuo, partendo da un concetto: perché trattenere una persona in ospedale quando può tornare a casa nella metà del tempo?

«Indubbiamente – afferma la Senatrice – siamo indietro sulla medicina territoriale e una grande debolezza delle aree interne sono i punti nascita, dato che un’ostetrica per imparare vuole formarsi nei posti dove si fa pratica». Altro aspetto da migliorare è l’uniformità degli investimenti, che devono avere caratteristiche precise, come gli elisoccorso acquistati senza radar notturni, «un errore che a oggi non dovrebbe accadere, la legge di Murphy ci insegna che le emergenze capitano sempre la domenica sera».

Calamità naturali e ridotta prevenzione

Si parla anche di un’Italia che ondeggia tra le scosse nell’area vulcanica dei Campi Flegrei, un Paese in cui «la percezione del rischio, nonché della prevenzione, viene a mancare», afferma il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci. «Le aree interne – prosegue – sono rimaste in fondo all’agenda, ma il problema diventa sanitario quando non siamo nelle condizioni di assicurare a un paziente grave le strutture per curarsi».

Di prevenzione parla a TrendSanità anche Maria Rosa Campitiello, da poco ufficialmente alla guida del Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del Ministero della Salute, una prevenzione da prevedere «per tutte le fasce di età, dai neonati e fino agli anziani». In ballo ci sono diversi progetti, uno in particolare riguarda la strategia nazionale per le aree periferiche. «Abbiamo speso 281 milioni di euro per una perfetta integrazione sanitaria tra territorio, ospedali ed enti, finalizzata per il supporto delle aree interne», conclude Campitiello.

Screening diagnostici bloccati e nuovi casi covid-19

Ambulatori pieni e camici bianchi in affanno. A immortalare la condizione che vivono i medici di medicina generale è Gianmarco Rea, Segretario regionale Lazio SIMG, che segnala l’urgenza a incentivare gli screening di diagnostica di primo livello (cioè le misure di prevenzione sanitaria, come ad esempio i test del sangue occulto) da affidare alla categoria. Un esempio sono anche i tamponi da covid-19, i cui casi sono in aumento, perché «non dobbiamo essere in pandemia per gestire al meglio un’emergenza – sostiene Rea – la mancanza di un medico di medicina generale è un incentivo all’isolamento del territorio».

Il grande cambiamento sanitario passa dal digitale

Ma se queste aree interne rappresentassero, invece, la dimora perfetta per sperimentare innovazione e tecnologia? A chiederselo è Paolo Petralia, Vicepresidente Vicario FIASO che vede questi territori come «il campo di gioco per creare la salute, dove si sperimenta maggiormente il senso di comunità» spiega a TrendSanità. L’ambizione massima – e qui torna l’invito oggetto del convegno a non permettere l’isolamento delle aree interne – è arrivare a una connessione totale, grazie a un prezioso strumento, i device digitali. «Possiamo fare una cosa insieme, costruire le regole per poter permettere un cambiamento: l’ostacolo c’è, ma non è semplicemente la carenza di denaro», conclude Petralia.

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Serena Santoli
Giornalista professionista