L’invecchiamento della popolazione è in costante crescita. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), entro il 2030 le persone di età pari o superiore a 60 anni passeranno da 1 miliardo del 2020 a 1,4 miliardi e le persone di età pari o superiore a 80 anni raggiungeranno nel 2050 i 426 milioni, il triplo rispetto all’attuale dato.
Allo stesso modo aumentano la prevalenza e l’incidenza delle malattie croniche che rappresentano la principale causa di morte nel mondo. Determinante, nella genesi di questo fenomeno, è proprio l’aumentata sopravvivenza della popolazione.
La prima mappatura nazionale
Quindi, alla luce di questi dati, che possono solo aumentare, i problemi di salute della popolazione sono e saranno sempre maggiori e questo, richiede un cambio di paradigma nella risposta assistenziale, ovvero lo spostamento da un’assistenza di tipo tradizionale ospedaliera ad una assistenza erogata direttamente al domicilio della persona. Una riprogettazione che, anche alla luce della letteratura più recente, si configura come la soluzione più efficace ed efficiente per ridurre l’incidenza di complicanze e ricoveri ripetuti.
Nel nostro Paese, secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2021 le cure domiciliari hanno coinvolto 1.170.130 casi con un’incidenza di 1982 prese in carico ogni 100.000 abitanti. Il 75% circa aveva un’età superiore a 65 anni e circa il 9,7% presentava una malattia terminale.
Di fronte alla necessaria ridefinizione della domanda di salute, considerando “la casa come primo luogo di cura”, sono stati introdotti nuovi modelli assistenziali e ruoli infermieristici, in particolare quello dell’Infermiere di famiglia e di Comunità in ambito territoriale ma l’importante carenza di infermieri, criticità importante, influisce direttamente sulla qualità e l’accessibilità delle cure sanitarie.
In questo scenario la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche – FNOPI ha promosso uno studio nazionale AIDOMUS-IT, prima mappatura nazionale dei servizi territoriali, con l’obiettivo di esaminare la presa in carico infermieristica e la qualità delle cure in ambito territoriale/domiciliare dal punto di vista dei pazienti, dell’operatore, dell’organizzazione ponendo lo sguardo anche sui costi. All’indagine condotta nel 2023, hanno aderito 77 ASL su 110, per una copertura del 75,3% della popolazione residente nel Paese.
L’apprezzamento dei pazienti
I pazienti: hanno espresso nella quasi totalità una valutazione positiva sull’assistenza ricevuta e il 91,7% dichiara di essere sempre stato trattato con cortesia e rispetto dagli infermieri, l’86% di aver percepito che si stessero sempre prendendo cura di loro, l’83,3% di essere stato ascoltato attentamente, l’82% di essere stato sempre informato dagli infermieri su tempi e modi del loro intervento. Soddisfatti, ma non completamente, sono stati i pazienti con bisogni più complessi. Proprio in relazione a questo dato e, in considerazione del fatto che questi pazienti rappresenteranno sempre di più il target delle cure domiciliari, viene sottolineata dagli autori dello studio la necessità di implementare percorsi costruiti sulla base della complessità dei bisogni assistenziali.
Infermieri soddisfatti del lavoro sul territorio (83,3%), ma nella categoria cresce la sfiducia…
Gli infermieri: hanno dichiarato di essere soddisfatti o molto soddisfatti del proprio lavoro (83,3%). Ma, il 20,1% degli intervistati ha dichiarato che, se potesse, lascerebbe il lavoro nei successivi 12 mesi.
Circa un terzo dei partecipanti (37%) ha dichiarato un carico di lavoro medio-alto, mentre il 10,3% un carico elevato. Invece, rispetto al clima del gruppo di lavoro e la possibilità di erogazione di cure sicure, il 65,8% ha riportato punteggi migliori (³75) con una media di punteggio di 76,9. Rispetto alle condizioni psicosociali nei luoghi di lavoro, il 65,8% ha riferito una criticità media, il 27,3%, invece, una criticità elevata.
Contrastare la violenza
Il 36,9% dichiara di aver subito tre o più episodi di violenza negli ultimi 12 mesi. Il 20,5% dichiara di aver subito un episodio di violenza negli ultimi 12 mesi, il 2,6% ha dichiarato una violenza verbale con contatto fisico negli ultimi 12 mesi. Solo il 25,9% dei partecipanti dichiara di aver svolto un corso post-base specifico per l’assistenza domiciliare.
L’organizzazione: nonostante l’attenzione ai bisogni di salute e l’impegno per una risposta tempestiva ai bisogni rilevati sul proprio territorio, è risultata abbastanza eterogenea relativamente ai servizi erogati e alla presa in carico soprattutto dei soggetti fragili. Questo, di fatto, consente con grande difficoltà di offrire una risposta uniforme ai bisogni degli assistiti, soprattutto di quelli con una elevata complessità assistenziale.
Attraverso strutture, quali case della comunità o unità di degenza infermieristiche – ancora scarse – sarebbe possibile incrementare la quantità e la complessità degli interventi erogati in ambito territoriale, senza il coinvolgimento delle strutture ospedaliere, con un evidente impatto in termini di risposte ai problemi di salute del cittadino e di riduzione dei costi sanitari.
Oggi la distribuzione della tipologia di servizi disponibili e delle relative risorse non sembra essere sempre in linea con la densità abitativa e dunque con le richieste della popolazione, contrariamente a quanto sottolineato dalla letteratura riguardo alla “necessità di adattare il più possibile i modelli alle esigenze dell’utenza”.
Il tema dei costi
I costi giornalieri di un infermiere che opera nel servizio di cure domiciliari, considerando 6,84 accessi/pazienti al giorno, sono pari a 138,73 euro. Questi costi comprendono il tempo speso a domicilio – circa 24 minuti ad accesso – quello per raggiungerlo, per ritornare presso la struttura, e per le attività di back-office.
L’analisi e la stima dei costi consentono, inoltre, di valorizzare economicamente il reale “peso” delle attività assistenziali svolte dall’infermiere al domicilio della persona: rapportandole al tariffario ambulatoriale del 2023, il valore della produzione garantita dagli infermieri è pari a 636,31 euro/giorno.
Il personale e l’offerta del SSN
Come sottolineato dagli autori nelle conclusioni dello studio, in caso di mancata erogazione strutturata del servizio e ulteriore carenza infermieristica, si rischia di non poter garantire adeguatamente tali prestazioni in regime pubblico e convenzionato, costringendo il cittadino al ricorso all’out of pocket.
In conclusione, e in estrema sintesi, i risultati complessivi dello studio sottolineano la non più procrastinabile implementazione di modelli che prevedano il coinvolgimento di infermieri con formazione specifica nelle cure territoriali determinanti per far sì che davvero la casa sia, o diventi, il primo luogo di cura.