Distribuzione diretta, oltre il valore puramente economico

La distribuzione diretta non è solo uno strumento di ottimizzazione della spesa farmaceutica, ma può comportare vantaggi significativi per i pazienti in termini di risultati di salute, valorizzando le competenze professionali dei farmacisti ospedalieri. Ne parla a TrendSanità Vito Ladisa, Direttore SC Farmacia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano

La distribuzione diretta non è solo uno strumento di ottimizzazione della spesa farmaceutica, ma può anche comportare vantaggi significativi per i pazienti in termini di risultati di salute, valorizzando le competenze professionali dei farmacisti ospedalieri. Ne parla a TrendSanità Vito Ladisa, Direttore della Struttura Complessa di Farmacia della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nonché Responsabile scientifico di un Gruppo di Miglioramento ECM sul tema “Il farmacista ospedaliero nella distribuzione diretta: la collaborazione con i clinici e il counselling al paziente” organizzato da Dephaforum con il contributo non condizionante di Biogen.

Dottor Ladisa, partiamo dal contesto: quali sono gli obiettivi della distribuzione diretta dei farmaci da parte delle farmacie ospedaliere? Da che cosa nasce e quale valore può avere, oltre al mero significato economico?

Introdotta dalla Legge 405/2001 per ragioni di risparmio economico, la distribuzione diretta ha acquisito nelle farmacie ospedaliere un ruolo più ampio. Permette un monitoraggio continuo dei farmaci ad alta tecnologia, richiede collaborazione con i clinici e garantisce un counseling per i pazienti. Oltre all’efficienza dei costi, questo sistema punta a migliorare la gestione terapeutica, l’aderenza ai trattamenti e la riduzione dei rischi di eventi avversi, aumentando così la probabilità di esiti di salute positivi per i pazienti.

Introdotta dalla Legge 405/2001 per ragioni di risparmio economico, la distribuzione diretta ha acquisito nelle farmacie ospedaliere un ruolo più ampio

Sebbene l’aspetto economico sia una delle funzioni della distribuzione diretta, è fondamentale evidenziare che uno dei suoi obiettivi rimane quello di garantire l’accesso sicuro e continuativo alla terapia e promuovere un’adesione consapevole e costante al trattamento prescritto. Sebbene vi siano differenze tra le diverse classi di farmaci, questo principio costituisce lo spirito centrale della distribuzione diretta.

Come avviene al momento la distribuzione diretta nelle diverse realtà coinvolte nel vostro progetto e quali criticità sono emerse?

Vito Ladisa

In Lombardia si osservano disomogeneità significative nella distribuzione diretta dei farmaci tra le diverse strutture ospedaliere, ad esempio a causa delle distinte caratteristiche organizzative di enti come gli IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) e le ASST (Aziende Socio Sanitarie Territoriali).

In alcune realtà, la distribuzione dei farmaci avviene attraverso ambulatori e non tramite le farmacie ospedaliere, compromettendo un accesso centralizzato e qualificato per i pazienti. A che cosa si deve questa situazione? Ad esempio, e questo è da sottolineare, perché a volte non sono disponibili farmacisti per svolgere questa funzione: nel nostro sistema sanitario non mancano solo medici e infermieri, ma la carenza di professionisti riguarda anche i farmacisti ospedalieri, risorsa limitata nella nostra regione, che non consente di assicurare la gestione ottimale del servizio.

Inoltre, si notano differenze anche negli orari di apertura tra i servizi di distribuzione diretta per le terapie domiciliari e quelli dedicati alla dispensazione di terapie ospedaliere, limitando ulteriormente l’accesso dei pazienti ai farmaci. Queste variazioni influiscono sulla continuità e sulla qualità delle cure, determinando disparità tra i pazienti a seconda delle strutture di riferimento.

Questo è il primo aspetto da considerare: una delle idee emerse dal Gruppo di Miglioramento è cercare di uniformare questi percorsi, garantendo l’accesso del paziente alle farmacie ospedaliere e non agli ambulatori, come avviene attualmente in alcune realtà. Serve quindi rivedere l’organizzazione interna, anche nel numero di professionisti, con l’obiettivo di raggiungere una uniformità organizzativa volta a favorire l’accesso alla terapia del paziente ed evitare iniquità dovute ai diversi sistemi.

Per garantire percorsi della distribuzione diretta tramite le farmacie ospedaliere è necessario rivedere l’organizzazione interna, anche nel numero di professionisti

Esiste inoltre una distinzione tra la distribuzione diretta e la farmacia territoriale, intesa come un’estensione della farmacia ospedaliera (e non come farmacia al dettaglio o di comunità). Tale differenziazione crea un disallineamento nel servizio: da un lato, la distribuzione diretta per i pazienti dimessi, a seguito di prescrizione ambulatoriale ASST; dall’altro, la distribuzione territoriale per patologie specifiche, come le malattie rare o l’emofilia, con prescrizioni provenienti da contesti diversi. Questa distinzione, che genera confusione tra i percorsi, entrambi afferenti alla territorialità, dovrebbe essere superata.

Quali best practice sono emerse?

Le best practice emerse dal confronto riguardano quelle realtà in cui la distribuzione diretta è pienamente centralizzata attraverso le farmacie ospedaliere ed è pienamente monitorata grazie, ad esempio, a sistemi informativi correlati, a software prescrittivi dedicati che permettono non solo di seguire in maniera più semplice la cronologia di trattamento del paziente, ma anche di costruire un’analisi di tipo farmaco-economico sul percorso terapeutico del singolo paziente: conoscendo i tempi di dispensazione, il numero di volte che il paziente è andato a ritirare un determinato farmaco, è possibile costruire con il paziente stesso un percorso di verifica dell’aderenza e della compliance, di cosiddetta farmacoutilizzazione.

Le best practice riguardano le realtà in cui la distribuzione diretta è pienamente centralizzata e monitorata grazie a software prescrittivi dedicati

Queste interessanti best practice sono legate strettamente alla figura del farmacista. Come detto inizialmente, uno dei problemi che abbiamo evidenziato è la dispensazione attraverso gli ambulatori, quindi attraverso gli infermieri e i clinici. Questo compito è invece fondamentale che sia appannaggio del farmacista, come emerso dal nostro Gruppo di Lavoro. Non è necessario immaginare un altro ruolo perché è proprio competenza del farmacista dispensare la terapia e assicurarne l’appropriatezza. È ovvio che si ritorna a un altro punto critico: abbiamo la forza lavoro, abbiamo le risorse per fare questo tipo di attività, abbiamo gli spazi dedicati? In alcune realtà, quello che manca è anche un punto reale di distribuzione. Non si tratta di una criticità ma di un processo organizzativo che richiede un commitment da parte di tutti: del farmacista, del clinico, della direzione strategica, dell’alta dirigenza.

Se manca questo, diventa più difficile raggiungere gli obiettivi che ci si propone.

Perché i biosimilari possono costituire un caso particolare, all’interno della distribuzione diretta?

Il biosimilare, per sua natura, ha caratteristiche tali da poter sostituire il farmaco originator, favorendo la liberazione di quelle risorse economiche che possono essere investite in attività, o meglio, in terapie innovative, a maggior costo, a migliore impatto economico.

Nell’ambito della distribuzione diretta, effettuare un’analisi attenta dei biosimilari disponibili, valorizzando la collaborazione con il clinico e quindi il counseling al paziente, ci permette di assicurare a più pazienti un farmaco efficace, il biosimilare, garantendo l’accesso alla terapia e anche favorendo un cost-saving che non rimane solo un risparmio economico, ma può essere trasferito in altre terapie ad alto costo.

Quindi la distribuzione diretta è utile in relazione anche al concetto di non sostituibilità per i biosimilari perché può prevedere una interazione diretta con il clinico il quale può interloquire immediatamente con il farmacista ospedaliero, cosa che non può avvenire nelle farmacie retail o di comunità.

Concludendo, se dovesse indicare tre priorità sulle quali lavorare per migliorare l’attività delle farmacie ospedaliere in relazione alla distribuzione diretta dei farmaci, su che cosa si concentrerebbe?

Innanzitutto, ogni farmacia ospedaliera deve avere un punto di erogazione dei farmaci, un punto che ci permetta di sviluppare il nostro ruolo, anche clinico. Non dimentichiamo che il ruolo dei farmacisti ospedalieri è prima di tutto di carattere sanitario, non amministrativo, quindi è necessario sviluppare maggiormente questo aspetto della professione, anche con spazi dedicati e orari adeguati per l’utenza.

La distribuzione diretta ha un suo forte valore di appropriatezza prescrittiva e aderenza terapeutica, oltre all’impatto puramente economico

Successivamente è necessario prevedere una formazione che valorizzi l’attività di distribuzione diretta, oggi non sempre percepita come una mansione di valore dagli stessi farmacisti ospedalieri. Attraverso un percorso che consenta di comprendere che cos’è la distribuzione diretta, non solo come atto dispensativo legato ad un risparmio, ma con la funzione altrimenti non facilmente raggiungibile di favorire l’accesso ai pazienti di una determinata terapia, è possibile recuperare il valore di questa modalità di distribuzione del farmaco come un atto clinico, come un momento di counseling e interazione con il paziente da utilizzare al meglio.

In ultimo, partendo da quello che ci siamo detti all’inizio, le farmacie ospedaliere devono misurare queste attività non solo come risparmio economico, ma come valore aggiuntivo che il farmacista ospedaliero anche in un ambito di distribuzione diretta è in grado di dare. E questo è quello che il farmacista ospedaliero deve dimostrare alla Direzione strategica. Potrà sembrare utopistico perché gli obiettivi principali della Direzione strategica riguardano soprattutto i risparmi, però attraverso un corretto governo della distribuzione diretta, attraverso il counseling, attraverso analisi di farmacoutilizzazione, è possibile dimostrare che la distribuzione diretta ha un suo forte valore di appropriatezza prescrittiva e aderenza terapeutica, oltre all’impatto puramente economico.

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Rossella Iannone
Direttrice responsabile TrendSanità