Una disciplina complessa, in continua evoluzione: gli appalti e le gare in sanità sono un tema delicato e articolato, che richiede a chi se ne occupa un continuo aggiornamento. Come è stata affrontata a livello di Unione la questione durante la pandemia? Quali sono le principali difficoltà della materia? Abbiamo approfondito l’argomento con il ricercatore in diritto amministrativo dell’Università di Torino Paolo Patrito.
Il quadro normativo
In linea generale, i contratti pubblici possono essere affidati solamente all’esito di una procedura competitiva, cui possono partecipare gli operatori economici di tutti gli Stati membri, in virtù dei principi di massima concorrenza e non discriminazione. La normativa di riferimento è costituita, a livello europeo, dalle direttive n. 23, 24 e 25 del 2014 (rispettivamente in tema di concessioni, appalti e settori speciali), e, a livello nazionale, dal D.Lgs. n. 50/2016, che ha recepito le predette direttive.
“Occorre, però, distinguere tra appalti sopra la soglia comunitaria e sotto la soglia comunitaria: per i primi si applica per intero la normativa richiamata; per i secondi, che non sono espressamente disciplinati dalle direttive, si applicano le specifiche disposizioni dettate dal legislatore nazionale e i principi generali del diritto europeo nel caso in cui l’appalto in questione possieda un ‘interesse transfrontaliero certo’, ossia quando, sulla base di alcuni indici individuati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, si possa presumere che l’affidamento dell’appalto in questione sia appetibile, per così dire, a imprese stabilite in altri Paesi membri”, precisa Patrito. “A tale disciplina non sfuggono i contratti in tema di sanità, cui, in linea di massima, si applicano le citate fonti normative, europee e nazionali”.
Anche in sanità vanno garantiti i principi di massima concorrenza e non discriminazione
Dal lato dell’Amministrazione, al fine di sfruttare l’economia di scala e conseguire risparmi di spesa, vige l’obbligo, in capo a tutti gli enti appartenenti al servizio sanitario nazionale, di approvvigionarsi, per i servizi e le forniture ricadenti nelle categorie merceologiche dell’ambito sanitario, mediante il ricorso alle centrali di committenza. L’art. 1, comma 548, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, prevede che “gli enti del Servizio sanitario nazionale sono tenuti ad approvvigionarsi, relativamente alle merceologiche del settore sanitario, come individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, avvalendosi in via esclusiva, delle centrali regionali di committenza di riferimento, ovvero della Consip s.p.a.”.
Sono ammesse deroghe solamente “a seguito di apposita autorizzazione specificamente motivata resa dall’organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei Conti, qualora il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali” (art. 1, comma 510, l.n. 208/2015).
Il nodo della libertà prescrittiva del medico
La disciplina non è esente da interpretazioni e perplessità. “Alcuni problemi derivano proprio dalla centralizzazione degli acquisti: in particolare, può essere pregiudicata la ‘libertà prescrittiva’ del medico, ossia la preferenza clinica per un dispositivo medico o farmaco piuttosto che per un altro, proprio in ragione della uniformità degli acquisti imposta a livello regionale, attraverso le centrali di committenza regionali, o statale, attraverso la Consip – commenta Patrito -. Sul punto, la giurisprudenza si è espressa più volte e, recentemente, ha ritenuto che i farmaci esclusi dalla procedura perché l’offerta è superiore alla base d’asta potranno sempre essere prescritti dai medici, a condizione che il relativo costo non gravi sul Servizio Sanitario Nazionale. Un esempio è la discussa sentenza del Tar Piemonte del 14 luglio 2020, n. 465”.
Appalti e gare in sanità al tempo del Covid
La pandemia ha influito in modo notevole sull’approvvigionamento di dispositivi medicali e farmaci. Assumono particolare rilievo la Comunicazione della Commissione — Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19 pubblicata sulla GUCE 2020/C 108 I/01 del 1° aprile 2020, e il conseguente Vademecum dell’Anac per velocizzare e semplificare gli appalti pubblici.
Partendo dal presupposto che “gli acquirenti pubblici degli Stati membri si trovano in prima linea per quanto riguarda la maggior parte di questi beni e servizi. Essi devono garantire la disponibilità dei dispositivi di protezione individuale quali mascherine e guanti protettivi, dispositivi medici, in particolare ventilatori polmonari, altre forniture mediche, ma anche di infrastrutture ospedaliere e informatiche”, la Commissione ha individuato alcuni strumenti al fine di contrastare efficacemente la pandemia.
Alla ricerca di semplificazione, a volte le norme vengono rese più complesse
“Si tratta, in particolare, della possibilità di ridurre in modo considerevole i termini per accelerare le procedure aperte o ristrette; del ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione; del ricorso all’affidamento diretto a un operatore economico preselezionato, purché quest’ultimo sia l’unico in grado di consegnare le forniture necessarie nel rispetto dei vincoli tecnici e temporali imposti dall’estrema urgenza; della ricerca di soluzioni alternative e l’interazione con il mercato – afferma Patrito -. Ad esempio, è possibile contattare i potenziali contraenti, nell’Unione Europea e al di fuori, telefonicamente, via e-mail o di persona; incaricare agenti che abbiano contatti migliori sui mercati; inviare rappresentanti direttamente nei paesi che dispongono delle necessarie scorte e possono provvedere a una consegna immediata; contattare potenziali fornitori per concordare un incremento della produzione oppure l’avvio o il rinnovo della produzione”.
Complicazione normativa e procedure farraginose
Il tema, è evidente, è complesso. Secondo Patrito, è proprio questo l’aspetto che presenta maggiori criticità: “I profili maggiormente problematici, relativi a tutti i contratti pubblici, e non solo a quelli nell’ambito sanitario, attengono alla notevole complicazione normativa che affligge la materia, ai continui interventi normativi, alla farraginosità delle procedure: si tratta di temi che da anni sono al centro dell’attenzione, ma che non paiono ancora aver trovato un’adeguata soluzione; anzi, al contrario, sembra di assistere ad un continuo aggravamento degli stessi, forse anche in ragione di quello che è stato definito approccio panpenalistico alla materia, il quale, tra l’altro, implica sempre maggiori oneri procedurali in capo all’Amministrazione”.