Investire sull’assistenza territoriale e pianificare meglio. Sono queste le due direttrici principali che, secondo i partecipanti al progetto europeo Ahead (Action for Health and Equity Addressing Medical Deserts) permetteranno di contrastare i medical deserts, i deserti sanitari che caratterizzano, seppur in modo diverso, i cinque Paesi che hanno preso parte all’iniziativa: Italia, Moldavia, Paesi Bassi, Romania e Serbia.
I risultati del lavoro, durato 26 mesi, sono stati presentati giovedì 27 aprile al Parlamento europeo all’interno della conferenza “Addressing medical deserts in Europe: a call to action”. Obiettivo: illustrare alle istituzioni europee le principali raccomandazioni, gli strumenti e le proposte concrete, basate sull’analisi e la ricerca condotte nei Paesi del progetto per affrontare il fenomeno della desertificazione medica.
All’interno dell’iniziativa, la situazione italiana è stata analizzata da CittadinanzAttiva, che in un suo recente report ha fotografato in dettaglio la situazione del nostro Paese.
La conferenza a Bruxelles, ospitata dall’eurodeputata italiana Beatrice Covassi, è partita proprio dalle peculiarità italiane: un sistema sanitario frammentato, con grandi differenze territoriali e una carenza di medici di medicina generale. “Oltre 40.000 andranno in pensione nei prossimi cinque anni”, ha ricordato Covassi.
Tra gli elementi di preoccupazione registrati in tutti e cinque i Paesi che hanno partecipato al progetto c’è proprio la carenza di medici, soprattutto di medicina generale, sul territorio. O, nel migliore dei casi, la loro distribuzione non uniforme.
“Abbiamo carenze di figure professionali di tutti i tipi – ha sottolineato Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di CittadinanzAttiva -. Oltre ai medici del territorio, mancano anche gli specialisti e gli infermieri. Il Covid ha esacerbato questa situazione, ma non ne è stato certamente la causa”.
Che la pandemia abbia evidenziato ulteriormente le disuguaglianze e le differenze tra i sistemi sanitari degli Stati membri dell’Unione è sottolineato anche dal rapporto 2021 State of Health in Eu Companion: partendo dall’indicatore di base della densità degli operatori sanitari nei vari Stati membri, i dati disponibili indicano una differenza di 5,6 volte tra le regioni a più alta e quelle a più bassa densità di medici. Il documento ha richiamato dunque l’attenzione sulla necessità di ripensare le strategie per il personale sanitario in tutta l’Unione.
Cos’è un deserto sanitario
All’interno del progetto, sono state elaborate strategie e politiche specifiche per ogni Paese, che sono state attuate in varia misura e con successo. In questo contesto, i partner del consorzio hanno sviluppato una definizione operativa di “deserto medico” per facilitare il processo di individuazione delle aree che potrebbero essere a rischio di compromissione dell’accesso all’assistenza sanitaria per le loro popolazioni: “Un deserto sanitario è il punto finale di un processo complesso chiamato ‘desertificazione sanitaria’, che implica la continua e crescente incapacità di una determinata popolazione di accedere ai servizi sanitari in modo tempestivo e contestualmente rilevante”.
Le regioni che rischiano di diventare un deserto sanitario possono essere identificate dai fattori comunemente utilizzati per descrivere le tre dimensioni dell’accesso all’assistenza sanitaria: barriere fisiche, sociali e politiche. La disponibilità di un numero sufficiente di operatori sanitari emerge in tutte le dimensioni.
Nel dettaglio:
Fattori di accesso fisico
- Disponibilità di medici generici, centri sanitari comunitari, servizi di emergenza, ospedali, farmacisti;
- Distanza dalle strutture sanitarie primarie;
- Tempo medio per raggiungere la struttura sanitaria o il paziente, utilizzando i servizi di emergenza
Fattori sociali
- Sensibilità culturale e adeguatezza al contesto dell’assistenza offerta;
- Aspettative della popolazione
Fattori politici
- Strategie di sviluppo regionale e rurale;
- Strategie per le risorse umane per la salute; decisioni politiche sulla disponibilità e la distribuzione del personale sanitario di base; metodi di retribuzione; regolamentazione, comprese le strategie per l’abilitazione e lo sviluppo professionale continuo;
- Strategie per le strutture di assistenza sanitaria primaria e la loro gestione;
- Strategie per i servizi specialistici (come la distribuzione degli ospedali specializzati o i servizi forniti);
- Costo dei servizi per il paziente e finanziamento del sistema sanitario.
Ascoltare a livello locale
Katarzyna Ptak-Bufkens, Policy Officer presso l’Unità responsabile della performance dei sistemi sanitari nazionali della Direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare (Sante) della Commissione europea, ha sottolineato come, quando si parla di deserti sanitari, siano da considerare anche gli aspetti sociali. Dello stesso avviso anche Dorota Tomalak, vice capo unità del Segretariato generale del Comitato europeo delle regioni: “Se una persona in un’area rurale non riesce a raggiungere l’ospedale o il medico più vicino, è solo un problema di distribuzione del personale sanitario o anche di offerta di trasporto pubblico?”.
Sebbene le aree considerate marginali non siano solo quelle rurali, infatti, è qui che si registrano le disuguaglianze maggiori rispetto alle aree urbane. E non solo in termini sanitari, ma in generale di accesso a diversi servizi, dai trasporti all’istruzione.
“Occorre fare considerazioni più ampie – ha proseguito Tomalak – che vadano oltre la sanità. Per esempio: bene la telemedicina, ma occorre che in quel territorio ci sia una buona connessione internet e che le persone siano in grado di utilizzare la tecnologia. Gli anziani, per esempio, difficilmente saranno a proprio agio con queste nuove tecnologie e avranno bisogno di essere assistiti nel capire come funzionano. La tecnologia è una soluzione, ma non deve essere considerata la soluzione”.
L’esperta ha citato il caso della Francia, che ha provato a contenere il problema grazie alle farmacie, che fanno da mediatrici tra i cittadini e i livelli più alti del Servizio sanitario nazionale. Un modello simile a quello che dovrebbe essere in Italia la farmacia dei servizi.
Proprio perché non si può pensare di mitigare gli effetti dei deserti sanitari restando dentro i confini della sanità, il progetto Ahead ha evidenziato come sia fondamentale coinvolgere i vari portatori di interesse, a partire da quelli locali, per capire davvero quali sono i loro bisogni.
“Ascoltare le comunità locali è fondamentali – ha ribadito John Wynn-Jones, Past President dell’Europa, l’European Rural and Isolated Practitioners Association – È importante avere un approccio bottom-up”. L’esperto è tornato a sua volta sull’importanza delle cure primarie: “La maggior parte delle consultazioni avviene sul territorio, non in ospedale – ha ricordato – Se miglioriamo le cure primarie, avremmo anche migliori outcome di salute”.
A livello locale, poi, vanno coinvolte anche le istituzioni: “Non abbiamo un unico Servizio sanitario europeo – ha ribadito Tomalak – e i due terzi dei sistemi nazionali sono a loro volta decentrati. Per questo è importante coinvolgere in questo processo anche i politici locali. Senza di loro, nessun cambiamento sarà mai possibile”.
A livello politico, poi, si possono prendere alcune decisioni importanti, come per esempio evitare di concentrare i centri di ricerca nelle città. “In Australia ci sono centri di ricerca rurali che funzionano bene e sono attrattivi – ha riportato Wynn-Jones – È poi importante intervenire anche nel percorso di studi: un medico in formazione dovrebbe obbligatoriamente trascorrere un lungo periodo in un’area marginale”.
La capacità di pianificare
Un altro elemento emerso come comune in tutti i Paesi che hanno preso parte al progetto è l’importanza di una corretta pianificazione, che non sempre è semplice da fare. Riuscire ad avere una visione di cosa potrebbe essere la sanità nei prossimi 10-20 anni, però, è fondamentale per intraprendere azioni efficaci.
Anche per queste considerazioni, da qualche mese è partita una Joint Action sempre finanziata dal programma europeo Eu4Health, coordinata da Agenas e che coinvolge 19 Stati membri. Si chiama HEROES (HEalth woRkfOrce to meet health challEngeS) e il coordinatore per l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali è Paolo Michelutti, presente all’evento conclusivo del progetto Ahead.
“Una pianificazione efficace può contribuire a contrastare il fenomeno dei deserti sanitari”, ha affermato l’esperto, secondo cui le sfide sono tre: i dati, il coinvolgimento e l’empowerment degli stakeholder e il coinvolgimento dei politici.
“Partiamo dai dati: è importante averli, ma dal mio punto di vista lo è ancora di più saperli usare. Spesso in sanità abbiamo a disposizione informazioni che non utilizziamo nel modo corretto”. Sul secondo aspetto, Michelutti ha sottolineato come sia fondamentale riuscire a coinvolgere anche gli operatori sanitari in questo processo: “Sono tanti, ma possono fornire un valore aggiunto notevole: in Italia sono 30 le professioni sanitarie riconosciute ed è importante riuscire a intercettarle tutte”. Infine, i politici: “Le attività tecniche di cui discutiamo sono funzionali alle decisioni. E chi è chiamato a prenderle è un politico: le conseguenze delle sue scelte avranno un impatto probabilmente dopo 10 o 20 anni. Il rischio maggiore per un policy maker è mantenere lo status quo perché non è in grado di governare il cambiamento. La sfida quindi è supportare i politici con gli aspetti tecnici e comunicare bene ai cittadini le ragioni delle decisioni che si prendono”.