La digitalizzazione della sanità riguarda anche le persone

Il rapporto “Digital Health 2030: verso una sanità data-driven” di The European House – Ambrosetti evidenzia lo stato dell’arte del nostro Paese e le opportunità che si aprono grazie ai fondi del Pnrr, a patto di riuscire a connettere le tecnologie con le persone

Una scarsa cultura digitale, programmi informatici che non si “parlano”, carenza di competenze e di risorse, frammentazione territoriale: da anni sono questi i principali ostacoli alla digitalizzazione dell’Italia, in particolare della Pubblica amministrazione.

E questi dati sono confermati anche dai numeri: quelli del Desi 2022, per esempio, mostrano un Paese che, seppur in miglioramento, si colloca ancora sotto la media europea per quanto riguarda il livello di digitalizzazione.

Daniela Bianco“Quando è arrivata la pandemia, stavamo scontando un ritardo importante rispetto ad altre Nazioni – conferma Daniela Bianco, partner e responsabile dell’area Healthcare per The European House – Ambrosetti – Pensiamo per esempio al fascicolo sanitario elettronico: in alcune Regioni esisteva già, eppure era utilizzato pochissimo. Negli scorsi mesi, invece, molti di noi hanno scoperto l’utilità degli strumenti digitali per scaricare il Green pass o accedere ai risultati dei tamponi effettuati”.

Per fornire una fotografia dello stato della digitalizzazione nel nostro Paese e delineare le sfide per il futuro, The European House – Ambrosetti ha recentemente presentato il libro bianco “Digital Health 2030: verso una sanità data-driven”. Si tratta di una pubblicazione nell’ambito dell’iniziativa Meridiano Sanità Sicilia, realizzata insieme al Cefpas della Regione Siciliana.

Ogni edizione – questa è la terza – approfondisce una tematica differente: “La prima era dedicata all’attrattività del sistema sanitario, la seconda al turismo sanitario e questa alla digitalizzazione della sanità, anche in conseguenza dell’accelerazione in atto e dei contenuti del Pnrr sia nella Missione 6 che nella Missione 2”, spiega Bianco.

Il documento ha poi un focus sulla Sicilia, una Regione che nel 2018 ha avviato programma di Agenda digitale trasversale a tutti i settori della Pubblica amministrazione.

Quanto siamo digitali

Il tema della digitalizzazione ha iniziato a entrare nelle agende politiche una ventina d’anni fa: risale ai primi anni Duemila, per esempio, l’istituzione di un Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie all’interno del Governo Berlusconi II.

Alcune tappe fondamentali sono poi state l’approvazione del Codice dell’Amministrazione digitale, che disciplina la digitalizzazione della Pubblica amministrazione e l’istituzione dell’Agenzia per l’Italia Digitale, per realizzare gli obiettivi dell’Agenda digitale italiana, tra cui la digitalizzazione del ciclo prescrittivo e la realizzazione e diffusione sul territorio nazionale del fascicolo sanitario elettronico.

Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, nel 2021 la spesa per la sanità digitale è cresciuta in maniera più significativa rispetto agli ultimi anni (+12,5% rispetto all’anno precedente), raggiungendo un valore di 1,7 miliardi di euro, pari all’1,3% della spesa sanitaria pubblica (29 euro/anno per cittadino).

Le strutture sanitarie sono responsabili di oltre il 70% della spesa per sanità digitale (1,2 miliardi di euro), mentre le Regioni di quasi il 25% (400 milioni di euro).

Il fascicolo sanitario elettronico è oggi presente in tutte le Regioni italiane e a giugno 2022 erano 57,7 milioni i fascicoli attivi, con quasi 385 milioni di referti digitalizzati.

La diffusione di questo strumento tra cittadini e professionisti sanitari presenta una forte variabilità a livello regionale: sono appena 5 le Regioni in cui tutti i medici abilitati lo utilizzano, mentre solo in 4 (Calabria, Emilia Romagna, Lazio e Lombardia) la percentuale di cittadini che ne hanno fatto ricorso negli ultimi 90 giorni supera il 50%.

Il Governo si è concentrato su alcune aree della digitalizzazione sia per il sistema produttivo sia per la PA: il nodo è riuscire a implementare queste soluzioni nella fase di cambiamento politico attuale e rispettare i tempi

Se la pandemia ci ha resi consapevoli dell’importanza della digitalizzazione, i fondi del Pnrr diventano lo strumento per concretizzarla.

“Il Governo si è concentrato su alcune aree della digitalizzazione sia per quanto riguarda il sistema produttivo sia per la Pubblica amministrazione – ricorda Bianco – Sono state compiute delle scelte pragmatiche, scegliendo degli obiettivi ben precisi: medicina del territorio, prossimità, domiciliarità… Il nodo è riuscire a implementare queste soluzioni nella delicata fase di cambiamento politico che stiamo vivendo e rispettando i tempi dettati dal programma”.

L’anno scorso The European House – Ambrosetti ha avviato un osservatorio per studiare la governance e lo stato di attuazione del Pnrr. A 12 mesi di distanza sono stati presentati i primi risultati: “Abbiamo visto che gli interventi avranno impatti strutturali sull’economia, senza limitarsi a produrre solo una crescita una tantum del Pil, ma saranno un acceleratore del nostro prodotto interno lordo che resterà negli anni”. La stima dell’Osservatorio è che il boost durerà almeno per 15 anni, per un importo complessivo di 221 miliardi di euro.

Che cosa fanno gli altri

Il report ha analizzato anche l’evoluzione della digitalizzazione della sanità in alcuni Paesi europei particolarmente virtuosi, come la Finlandia e l’Estonia, evidenziandone le best practice.

L’Estonia ha iniziato il percorso di digitalizzazione del suo sistema pubblico nel 1996 e nel 2008 è partito il programma e-Health.

“Da segnalare l’Health and Welfare Information Systems Centre (Tehik), una piattaforma di scambio dati che connette tutti gli operatori sanitari e consente lo scambio di informazioni con altri database – sottolinea Bianco – I dati sono il fulcro anche dell’approccio Once-Only perseguito all’interno del Paese, che punta ad acquisire informazioni in modo efficiente, mettendole a disposizione di vari enti per risparmiare risorse”. Di fatto, non viene richiesto al cittadino di inserire continuamente i propri dati in base al servizio che sta utilizzando. “Lo step di evoluzione successivo è la creazione di una rete di servizi sanitari internazionale, che è anche un obiettivo della Commissione Europea con la creazione di uno spazio europeo dei dati sanitari”, ricorda Bianco.

Il report ha analizzato l’evoluzione digitale in Finlandia ed Estonia sottolineando la centralità della formazione del personale, non solo sanitario, e della correlazione tra dati clinici e sociali

La Finlandia, invece, è il Paese con uno dei più alti tassi di innovazione: il suo percorso è iniziato nel 1992. “Il 27,9% di tutti i laureati hanno una laurea Stem, contro una media europea del 25,8%. Lo sviluppo del settore della telefonia mobile del Paese negli anni ha favorito la digitalizzazione della Nazione e della sanità, mentre il sistema Kanta raccoglie i dati sanitari e sociali”.

Il Kanta Services è stato sviluppato nel 2013 ed è considerato la pietra miliare della digitalizzazione della riforma dei servizi sanitari e sociali della Finlandia. È un sistema nazionale di informazione sanitaria che consente l’archiviazione centralizzata delle cartelle cliniche elettroniche dei pazienti e la conservazione dei dati a lungo termine. I cittadini possono accedere alle proprie informazioni in qualunque momento.

Nel 2018 l’archivio dei dati del paziente è stato integrato da un database per i servizi sociali, rendendo così la Finlandia l’unico Paese al mondo in cui i dati clinici e sociali sono stratificati l’uno sull’altro.

“Questi esempi evidenziano due aspetti, su tutti – riflette Bianco – Da una parte il nodo della formazione: quando guardiamo alla percentuale di laureati Stem, noi siamo sempre nella seconda metà della classifica. Dall’altra, l’importanza di intrecciare i dati sanitari con quelli sociali, un grande achievement di queste trasformazioni che probabilmente è più lontano per il nostro Paese”.

Nel banking o nel settore dei viaggi la transizione digitale è stata rapidissima e non ce ne siamo accorti: può succedere anche in sanità, se tecnologia e persone camminano insieme

Secondo l’esperta l’innovazione non è una progressione, ma ci sono dei salti: “Pensiamo al banking o al mondo dei viaggi: in questi settori abbiamo avuto una transizione digitale velocissima e non ce ne siamo accorti. Ormai oggi facciamo tutto con le App. Cosa avremmo pensato se ce l’avessero detto 10 anni fa? Ritengo che questo possa succedere anche per la sanità, a patto che tecnologia e persone viaggino a braccetto: è indispensabile la formazione del personale, non solo di quello sanitario, ma anche degli amministrativi e di chi ha un ruolo gestionale. Tutti devono sapere come gestire i processi in modo digitale”.

Infine, un occhio di riguardo per il procurement: “Un sistema sanitario che vuole evolvere digitalmente, che vuole rispondere alla velocità del digitale, deve adeguare i suoi tempi. È normale che le tecnologie siano più veloci delle risposte che i vari sistemi possono dare. Oggi spesso le modalità di acquisto di servizi e tecnologie sono troppo lente e vanno allineate con la realtà che ci circonda”.

Il caso della Sicilia

Tra gli aspetti che rallentano la digitalizzazione – e non solo – del nostro Paese c’è anche la frammentazione regionale. “Esistono aree del Sud Italia che negli ultimi anni si sono distinte per alcune attività importanti, anche nell’ambito sanitario – premette Bianco – Penso per esempio alla Puglia e al lavoro che ha fatto sulla telemedicina, oppure alla Campania, che negli ultimi anni ha creato a livello produttivo alcuni cluster importanti, oltre ad avere delle eccellenze di ricerca”.

Una Regione come la Sicilia è complicata per tanti aspetti: “Per la storia politica del passato, per la diversità, anche per le dimensioni, con le varie Asp che hanno possibilità diverse di lavoro”.

Stiamo parlando di un’isola che a sua volta ha altre isole da gestire, con una popolazione con un reddito procapite più basso rispetto ad altre aree del Paese”.

All’interno della Missione 6 del Pnrr, la Sicilia, con i suoi 800 milioni di euro ricevuti, è la terza Regione italiana per allocazione delle risorse

La Sicilia deve inoltre scontare una certa obsolescenza per quanto riguarda gli edifici: molte delle risorse che arriveranno dal Pnrr saranno infatti destinate all’ammodernamento delle strutture e delle tecnologie, permettendo di continuare un processo di svecchiamento della sanità iniziato da alcuni anni. All’interno della Missione 6 del Piano, la Sicilia, con i suoi 800 milioni di euro ricevuti, è la terza Regione italiana per allocazione delle risorse, che saranno impiegate soprattutto per le Case della comunità, la digitalizzazione e la sicurezza degli ospedali.

Sul fronte del capitale umano, arrivano segnali positivi dall’aumento di risorse qualificate, con un incremento dei laureati Stem del 90% negli ultimi 10 anni (rispetto a un +70% a livello nazionale) e alcune politiche volte a favorire il “rientro dei cervelli” in Sicilia.

Adesso si tratta di sfruttare l’esistente, integrandolo con le nuove tecnologie: la Sicilia è la prima Regione italiana per Comuni coperti dalla banda larga e ultralarga. Affinché l’investimento non sia vano, va integrato con una digitalizzazione capillare, puntando anche sulla formazione del personale medico.

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista