Si chiama Nevra ed è un’Associazione di pazienti, di familiari e di professionisti sanitari, impegnata a sostenere le persone che soffrono di dolore neuropatico a origine traumatica. Nata nel 2022 come associazione senza fini di lucro, Nevra è iscritta al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), il registro telematico istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e nel corso del 2023, ha costituito il suo comitato scientifico composto da esperti e ricercatori, con il preciso mandato di assicurare che le iniziative promosse dall’associazione siano radicate su basi scientifiche rigorose.
«Va riconosciuta come patologia autonoma disgiunta dalla lesione che l’ha originata»
«L’obiettivo di Nevra è il riconoscimento del danno da dolore neuropatico come patologia autonoma, disgiunta dalla lesione da cui trae origine e come tale meritevole di una sua valorizzazione economica. Fino ad oggi il dolore neuropatico è sempre stato considerato un sintomo e non una malattia vera e propria – commenta a TrendSanità Roberta Scarpellini, avvocato, Presidente di Nevra e fondatrice dell’Associazione –. Nevra intende altresì promuovere la conoscenza del dolore neuropatico come tipologia di dolore cronico che scaturisce dalla lesione di nervi centrali o periferici, in conseguenza di eventi traumatici. Scopo dell’Associazione è anche quello di favorire un’attività di informazione e di divulgazione verso i clinici, le unità cliniche territoriali e anche verso i pazienti che molto spesso non sanno riconoscere il proprio dolore come di carattere neuropatico. Bisogna rimarcare che questa sofferenza individuale e disabilitante si ripercuote anche nella sfera privata, sui caregiver e a livello sociale nelle relazioni personali, affettive, sportive e sessuali. Questa condizione di sofferenza si riversa altresì nella sfera lavorativa determinando una significativa assenza dal posto di lavoro».
Chi ne soffre in Italia?
«Il report Censis-Grunenthal 2023 ha fornito una fotografia significativa sul dolore cronico in Italia. Sono circa 10 milioni gli italiani che ne soffrono, i quali pesano sui privati e sul Servizio Sanitario Nazionale per circa 62 miliardi. Il 7-8% delle persone che ne soffrono hanno dolore neuropatico di origine diversa e di questa percentuale il 20% è riferibile a dolore neuropatico di origine traumatica» spiega ancora Scarpellini.
Il dolore neuropatico spiegato dallo specialista
A spiegare da un punto di vista scientifico quali sono le peculiarità del dolore neuropatico TrendSanità ha chiamato il professor Cesare Bonezzi, Responsabile Scientifico del Centro di Terapia del Dolore presso la Salvatore Maugeri Foundation.
«Il dolore cronico nelle persone che ne soffrono, deve essere distinto in primario (come la fibromialgia) e secondario come il dolore neuropatico post traumatico, per le caratteristiche differenti, ma soprattutto, il dolore si può distinguere in due componenti fondamentali: il sistema sensitivo che porta l’impulso dalla periferia al cervello e il sistema percettivo che elabora l’impulso e permette di sentire il dolore. Questo sistema percettivo è fatto di fenomeni cognitivi, psicologici, sociali e memorie. Quindi abbiamo due possibilità di cronicità secondaria, ovvero, la cronicità legata alla lesione (ho l’artrosi al ginocchio e avrò sempre male, ma il dolore è una conseguenza di quella cronicità); nel secondo caso, la lesione del nervo produce dolore cronico perché tale lesione non è guaribile, non scompare e continua ad inviare impulsi. Inoltre, l’elaborazione di questi impulsi può essere talmente esagerata da creare una condizione ancora più complessa. Il concetto di dolore neuropatico nasce in un congresso svoltosi a Buenos Aires nell’anno 1996».
«L’elaborazione del dolore neuropatico è soggettiva – continua l’esperto – poiché, quando si lede un nervo si ha una percezione sgradevolissima, in quanto ciò che arriva al cervello, non è un unico impulso codificato, ma è un ‘caos di impulsi’. Le lesioni possono essere periferiche o centrali. I classici dolori neuropatici periferici sono, ad esempio: da sindrome del tunnel carpale, da lombosciatalgie e da amputazioni. Il dolore legato alle lesioni midollari o delle vie nervose più centrali si definisce dolore neuropatico centrale. In tutti questi casi, si ha una cattiva elaborazione del messaggio che parte e va al cervello, e, di conseguenza, un dolore di una sgradevolezza maggiore. Il concetto di sgradevolezza è legato al fatto che la persona che ne soffre non sa interpretarlo, non solo neurofisiologicamente, ma anche emotivamente. A questo punto abbiamo un dolore che non è interpretabile e, quando manca la codifica, il dolore diventa molto più angosciante perché coinvolge le aree sensitive e le aree connesse alla depressione, all’ansia e alla paura. Quando c’è un danno neurologico ed abbiamo la perdita di funzione, oltre al dolore che si associa e si accumula abbiamo una disabilità che diventa un’invalidità».
Cosa si può fare per le persone che soffrono di dolore neuropatico?
«Possiamo anche curare il dolore neuropatico – conclude Bonezzi – anche se la cura non è la soluzione, ma diventa la gestione permanente della persona; infine possiamo documentarlo, così come avviene nei centri specializzati. Chi soffre di dolore neuropatico sono persone che ne sono affette cronicamente ed hanno bisogno di una continua relazione di aiuto terapeutico, sia diretto con strumenti, sia come relazione d’aiuto, perché, molte volte, basta certificare, far chiarire al paziente cosa prova per migliorarne la condizione».
«Nevra, nei suoi intenti – rimarca ancora Roberta Scarpellini – cercherà di individuare, con l’ausilio del comitato scientifico, una metodica di valutazione, al fine di giungere ad una tabella che sia riconosciuta dai medici di medicina legale, per poter tradurre ed obiettivare, nei limiti del possibile, questa componente di sofferenza che non è assolutamente da inquadrare come una sofferenza morale o psicologica come il danno morale, tradizionalmente a tutti noto, ma come una patologia a parte, come se fosse un danno biologico ex novo».
Il racconto a TrendSanità dalle persone che ne soffrono
Paolo P., libero professionista, ha una storia di impatto con il dolore che inizia con l’incidente, con una fase acuta di circa 3 mesi, dove l’intensità di dolore – dice – era totalizzante e che descrive come «bruciore fortissimo, un fuoco, come se mi appoggiassero un ferro da stiro sulla parte lesionata e mi strappassero la pelle di dosso. Oltre a scosse elettriche e ad impulsi violentissimi. Ad oggi, a 13 anni di distanza dall’incidente ho una sensazione di costrizione molto forte; come se la mia mano, il braccio e la spalla siano stritolate con una corda; ho inoltre, una sensibilità alterata. Ad esempio, quando ricevo una carezza è come se mi sfregassero con la carta vetrata».
La sensazione sopra descritta assume il termine medico di allodinia per indicare un dolore provocato da uno stimolo che, normalmente non provocherebbe nessuna sensazione dolorosa. È una sensazione tattile che si trasforma in una sensazione fastidiosa, se non addirittura, dolorosa.
Paolo prosegue affermando che «la sensazione di dolore provocata ad esempio, da una botta diventa, paradossalmente, occasione di distrazione dal dolore neuropatico».
Il paradosso ‘dell’altro’ dolore che ‘distrae’ è una realtà che, a volte, sposta l’attenzione dal dolore cronico, come riferisce Paolo «se prendo il classico “mignolino” nello stipite della porta di notte, per un certo tempo, questa cosa mi distrae da quel dolore principale che ormai è cronicizzato. La mia vita è vissuta in compagnia di un dolore costante che oggi posso definire dolore e fastidio».
Dopo un anno, trascorso in ospedale a seguito dell’incidente, Paolo P., persona affetta da neuropatia periferica, spiega ancora che è stato necessario trasferirsi in una regione con un clima più mite rispetto alla sua residenza originaria. Ha tratto beneficio dallo stare all’aria aperta e sotto il sole per gran parte del tempo. Questo perché, come suggerito anche dal chirurgo, un clima mite, come quello marino, tende ad attenuare le sensazioni di dolore neuropatiche che, purtroppo, si amplificano in climi più freddi o umidi. «Tutto ciò, purtroppo – conclude Paolo – è avvenuto senza ricevere alcun riconoscimento di invalidità o disabilità per la condizione dolorosa».
Dolore interminabile, che sento anche quando dormo
La narrazione di Simone A., contabile, persona con dolore neuropatico causato da siringomielia secondaria, ovvero di origine post-traumatica, descrive un livello di dolore in costante crescendo dall’anno dell’incidente, il 2003, fino a raggiungere una condizione di algia invalidante, anche in conseguenza di diversi interventi operatori, con conseguente impossibilità di deambulazione e monoplegia di un arto. «Il mio dolore – racconta Simone – è costantemente presente e sono costretto a prendere farmaci, tra cui oppiacei, poiché il livello di dolore che percepisco senza farmaci è insopportabile. Non sento il dolore esterno, ma quelli che si sviluppano, diciamo, dal midollo spinale sono devastanti e sono presenti sempre, di giorno e di notte tanto da sentire dolore anche nel sonno. Dolore interminabile da renderlo a tutti gli effetti non solo disabilitante, ma soprattutto invalidante anche a livello lavorativo. Il mio vivere costretto in una gabbia di ferro. Questa è la sensazione avvertita da quasi metà del mio corpo, come se fossi avvolto e costretto in una rete metallica. La terapia farmacologia a cura di oppiacei – ha concluso Simone – mi limita fortemente nelle attività sociali e lavorative e per tale motivo ho dovuto ridurre al minimo la somministrazione dei farmaci per non vedere azzerata la mia autonomia psico-fisica».