Governance farmaceutica, silos, payback, canali distributivi, fondi ad hoc, analisi HTA. Partnership pubblico-privato. Da dove si deve ripartire per rendere efficiente il sistema ed evitare ogni anno di misurare sforamenti e richiedere onerosi ripiani da parte di aziende e Regioni?
Nella Diretta Live dello scorso 6 luglio, intitolata Governance farmaceutica: come superare la logica dei silos e migliorare la sostenibilità del SSN?, abbiamo parlato di questo con Francesco Trotta, Dirigente Ufficio Monitoraggio della spesa farmaceutica AIFA e Carlo Riccini del Centro Studi Farmindustria.
Le percentuali dei tetti di spesa farmaceutica sono cambiate con l’ultima finanziaria, ma in sostanza non è cambiato nulla. La compensazione è qualcosa di tecnicamente fattibile ma ci vuole una legge per renderla realizzabile. Si parla sempre di tentare un approccio più olistico e trasversale, di superare le logiche legate alla spesa convenzionata e a quella ospedaliera (e aggiungiamoci anche ai fondi per i farmaci innovativi) ma poi per questioni di contabilità (e di volontà politica) queste logiche a silos non si vogliono o possono superare.
Nell’ultima assemblea di Farmindustria, il Ministro della Salute Roberto Speranza ha fatto intendere che l’epoca dei silos e dei payback sia finita. Ma chi ci crede davvero?
Governance farmaceutica: l’annosa questione del payback e dei silos
Siamo di fronte a un meccanismo così complesso da poter essere cambiato solo con un atto politico: “Il sistema dei tetti di spesa – spiega Riccini – nasce nel 2007, quindi il primo tetto di spesa è stato pensato con dinamiche totalmente differenti rispetto ad oggi, dinamiche che andrebbero modificate”. Come ricorda Riccini, stiamo parlando comunque di un paese che registra un sottofinanziamento pubblico del 20% in termini pro capite e qualsiasi sistema con un sottofinanziamento del genere sarebbe sotto stress. Aggiungere il metodo dei tetti di spesa in un sistema così sotto pressione, non può che peggiorare le cose.
“Nel 2013 – riprende l’esperto di Farmindustria – quando abbiamo cominciato per la prima volta a misurare il tetto di spesa ospedaliera, già nel primo anno c’era lo sfondamento di circa 800 milioni di euro. È un sistema che nasce già incapiente”.
Quindi, le diverse leve che possono essere introdotte devono rispondere a obiettivi di breve e lungo periodo, modificando i tetti in base ai trend di spesa e alla domanda di salute, che è quello che effettivamente è stato fatto con l’ultima Legge di Bilancio dove, ferma restando la percentuale del 14,85% per la spesa farmaceutica rispetto al fondo sanitario indistinto, si rimodulano i tetti, riducendo il tetto della spesa convenzionata dal 7,96% al 7,30% e aumentando il tetto per gli acquisti diretti al 7,55 % dal 6,89%. Queste percentuali, in sede di definizione della nuova legge di Bilancio, possono essere cambiate annualmente, fermo restando il valore massimo del 14,85% della spesa sanitaria.
L’Italia sconta un sottofinanziamento pubblico del 20% in termini pro capite
“Occorre introdurre un meccanismo ricorsivo, anno per anno – riprende Riccini – possibilmente senza vincoli (cioè senza giudizi pendenti che possano bloccare un processo di allocazione efficiente delle risorse) perché altrimenti la somma di situazioni inefficienti, come il sottofinanziamento complessivo e la distribuzione disomogenea tra i tetti, dove in uno ci sono delle risorse in eccesso e nell’altro in difetto, porta ad aggravare la situazione di stress”.
Secondo l’esperto di Farmindustria, dal 2017 al 2021, le risorse non spese tra avanzi in convenzionale e avanzi in fondi innovazione sono di circa 5 miliardi e mezzo e sono pari alle richieste di ripiano.
“Nel breve periodo le due misure di adeguamento flessibile dei tetti sono importanti, ma da un punto di vista più strategico occorre superare i silos, perché altrimenti continueremo a trovarci di fronte a una coperta corta. In Italia questo superamento non può essere immediato a causa dei vincoli contabili. Quello che si potrebbe fare è utilizzare strumenti che già abbiamo: nel 2017 fu introdotta in legge di bilancio una norma per il monitoraggio dei farmaci innovativi legati al tema dell’antiepatite, in cui si anticipava che, qualora il monitoraggio avesse dato dei risultati di evidenza di costi evitati, questi avrebbero potuto essere reinvestiti nella farmaceutica”.
Il PNRR e i fondi europei che arriveranno in Italia potrebbero essere l’occasione per compiere un salto di livello e introdurre dei sistemi che permettano di efficientare la spesa farmaceutica: il potenziamento del fascicolo sanitario elettronico e, in generale, la digitalizzazione dei dati in sanità sono opportunità per compiere un cambiamento strutturale, a cominciare ad esempio da alcuni progetti pilota di monitoraggio di terapie costose, come quelle avanzate.
Il PNRR e i fondi europei potrebbero essere l’occasione per compiere un salto di livello
Per Francesco Trotta la variazione introdotta con l’ultima finanziaria va nella direzione di riequilibrare i tetti di spesa, mentre sul payback, per il momento non vede alternative: “È una clausola di salvaguardia che ci garantisce la sostenibilità della spesa farmaceutica. In un mondo ideale i tetti non dovrebbero esserci, questo però si potrebbe fare solo dopo aver rafforzato tutta la fase di programmazione e identificato i fabbisogni di salute in modo molto, molto attento”.
Spalmare l’avanzo della convenzionata sulla spesa ospedaliera è qualcosa che tecnicamente si può fare, ma al momento non si fa. “In questi ultimi anni ho visto tante proposte in questo senso in sede di approvazione della Legge di Bilancio – continua Trotta – il punto è che bisogna
contemperare esigenze di tipo politico, organizzativo, regionale con quelle che sono esigenze di altro tipo”.
I fondi per i farmaci innovativi servono davvero?
Per Trotta questi fondi rappresentano un po’ un ibrido: “Si tratta di risorse aggiuntive, ma se questo modello dovesse essere adottato in generale, tutti chiederebbero dei fondi dedicati speciali e a quel punto la gestione di complicherebbe. Come fai a dire che i fondi per gli innovativi vanno bene e i fondi per i farmaci ‘abcd’ invece no?”. Anche in questo caso, per superare la logica dei fondi, la risposta è sempre la stessa: rafforzare la programmazione. Senza dimenticare le esigenze di contabilità del mondo della farmaceutica.
La divisione per silos non si può abbandonare dall’oggi al domani: “Ci vuole una fase di doppio binario – rimarca il dirigente Aifa – dove prima di abbandonare quello che hai, devi essere sicuro di dove andrai, anche perché occorre rispettare vincoli di contabilità pubblica nazionale e poi internazionale”.
Rivedere la distribuzione
Uno dei motivi per cui la spesa diretta è sempre così alta risiede anche nei canali distributivi che ricomprende (diretta e per conto) perché ci sono intere categorie di medicinali che potrebbero essere gestite sul territorio, evitando al paziente inutili corse in ospedale e concentrando gli acquisti in corsia solo per i farmaci innovativi o inseriti nei piani terapeutici. Forse andrebbero ripensati gli attuali canali distributivi.
“Credo che qui la discussione debba svincolarsi dal tema della spesa e affrontare il concetto dell’appropriatezza – riprende Riccini – perché è chiaro che in una fase di riorganizzazione del SSN e di forte discussione sul tema di riorganizzazione della medicina territoriale, bisogna prendere atto che le terapie che sono naturalmente di tipologia territoriale devono essere gestite a quel livello, proprio per una questione di appropriatezza”.
Le terapie di carattere territoriale devono essere gestite a quel livello, proprio per una questione di appropriatezza
Questa centralità del territorio nasce anche dalla presenza di due fenomeni: l’invecchiamento della popolazione e la cronicizzazione di alcune malattie, molte delle quali sono curate a domicilio. “Se guardiamo all’oncologia – sottolinea l’esperto di Farmindustria – le terapie orali sono cresciute moltissimo. Quindi è chiaro che occorrerà dotare la medicina generale di un canale distributivo capillare che funzioni, invertendo un trend che appartiene a un’epoca in cui si guardava con troppa enfasi solo sul costo di acquisto del singolo principio attivo”.
Aifa è stata testimone di questa graduale centralità del territorio, anche attraverso l’emanazione di apposite note che permettevano ai medici di medicina generale di prescrivere farmaci che appartenevano al mondo ospedaliero: “La pandemia lo ha dimostrato – sottolinea Trotta – il territorio è importante, le norme vanno in questa direzione, c’è la remunerazione aggiuntiva decisa dal governo per favorire la capillarità del servizio reso sul territorio e si sta andando anche verso un maggiore coinvolgimento della medicina generale. Guardiamo i provvedimenti presi durante l’ultimo anno, le note AIFA sui nuovi anticoagulanti orali, sulla BPCO, sulla cronicità. Occorre però valutare la sostenibilità dell’introduzione di questi farmaci sul territorio e anche lì noi ragioniamo su questi sotto tetti (convenzionata e acquisti diretti), però in generale dovremmo ragionare guardano il fondo nel suo complesso, 14,85%”.
Come valutare la sostenibilità di un farmaco
Ci sono farmaci che generano risparmio perché costano meno, come i biosimilari o gli equivalenti. Ce ne sono altri, che costano molto, come gli innovativi, che possono però generare un risparmio sul fronte sanitario, evitando ulteriori costi di cura e ospedalizzazioni.
Ma questo risparmio andrebbe monitorato, ad esempio usando analisi di HTA.
“Ci sono delle esperienze in questo senso – ha ripreso il dirigente Aifa – ma non c’è qualcosa di strutturato. Qui stiamo comunque parlando di qualcosa che entra in gioco successivamente all’introduzione sul mercato del farmaco. Questo tipo di risparmi generati prevedono delle attività di approfondimento dedicate, ma soprattutto necessitano di un prerequisito fondamentale, cioè un’infrastruttura di dati interconnessi. Per capire il reale risparmio generato non dobbiamo solo monitorare i dati individuali dei pazienti, ma capire anche quali siano i costi evitati o evitabili, dai ricoveri agli accessi in pronto soccorso o anche altre conseguenze. Andando, ad esempio, a guardare i dati dell’Inail sulle giornate di lavoro perse o guadagnate, in relazione alla gestione della malattia”.
Pubblico-privato: una cooperazione possibile per gestire la spesa farmaceutica?
La pandemia ha messo in evidenza che pubblico e privato, Stato e aziende farmaceutiche, insieme possono fare la differenza, arrivando a produrre vaccini efficaci in meno di un anno. Potrebbe essere una strada percorribile in Italia anche per riuscire a governare la spesa farmaceutica in generale. “Prendiamo l’esempio della ricerca sui vaccini – ha commentato Riccini-. La sperimentazione può essere velocissima tecnicamente, ma diventa accessibile solo se c’è dietro una grande organizzazione dei sistemi. L’esempio dei vaccini anti-Covid è lampante, ma il ragionamento vale per qualsiasi percorso di cura, perché comunque il place in therapy dei trattamenti è una questione di grande organizzazione. E quando parlo di organizzazione mi riferisco a competenze, flessibilità delle strutture, dialogo tra le istituzioni e le aziende”.
La sperimentazione può essere velocissima tecnicamente ma diventa accessibile solo con una grande organizzazione dei sistemi
Ci vuole un orizzonte di prevedibilità, un quadro chiaro grazie a cui le aziende possono anticipare quello che sta avvenendo e, se possibile, fornire anche suggerimenti per migliorarlo. Il tema della prevedibilità non è solamente una questione di gestione operativa, ma anche di attrattività del sistema paese, per anticipare eventuali problemi o evitarli.
Pertanto, il tema del dialogo tra pubblico e privato, vale a dire una sorta di early dialogue per mettere in comune le informazioni e avere un contraddittorio preliminare potrebbe essere utile anche per il governo della spesa farmaceutica.
La Real World Evidence: una nuova frontiera per definire il valore dei farmaci?
Quando parliamo di farmaci, non ci riferiamo più solo a pillole o sciroppi: i farmaci sono sempre più innovativi, anche nel senso della sperimentazione. Terapie agnostiche, farmaci orfani, terapie geniche sono cure che si possono testare solo su numeri esigui di popolazione e che spesso non hanno alternative di riferimento su cui si può dimostrare il valore terapeutico aggiunto, come vuole il recente decreto prezzi. La sfida, quindi, è riuscire a valutare il valore di questi farmaci nonostante i numeri esigui di pazienti su cui sono sperimentati. Un’idea potrebbe essere quella di fare una disamina a posteriori. Ad esempio, usando dati di Real World Evidence per creare una base più solida su cui innestare accesso e rimborsabilità.
“I trial randomizzati e controllati si possono fare anche per i farmaci orfani – ha sottolineato Trotta –. Ma parlare di Real World Evidence per valutare i farmaci mi pare complicato. La RWE va bene per valutare le strategie dei silos di cui abbiamo parlato prima, per misurare gli effetti indiretti o individuare la popolazione target di riferimento. Ma per valutare l’efficacia dei farmaci possiamo solo affidarci ai trial randomizzati e controllati”.
All’Assemblea di Farmindustria dello scorso 8 luglio, il ministro Roberto Speranza ha annunciato che è arrivato il tempo di rivedere un modello di programmazione della spesa sanitaria basato sui silos chiusi, un modello nato in un’epoca che di fatto non esiste più e che, secondo il titolare della Salute, è tempo di lasciare definitivamente alle spalle, insieme ai tetti e al payback.
Vedremo nei prossimi mesi se l’annuncio del ministero si trasformerà in fatti. Il settore salute, in generale, e la farmaceutica, nello specifico, potrebbero diventare strategici per l’economia del paese. Ma tutto questo passa necessariamente per un sostegno pubblico più robusto rispetto a quello fornito fino ad oggi.