Su 268 Paesi analizzati, 65 prevedono la gravidanza per altri (Gpa). In 35 di questi si può accedere alla forma solidale. Sono questi i primi risultati della mappatura (in divenire) dell’Associazione Luca Coscioni, che ha recentemente depositato tramite i parlamentari iscritti sia al Senato che alla Camera la propria proposta di legge.
In queste settimane si sta discutendo anche della proposta di Fratelli d’Italia di istituire il reato universale per la Gpa, vietata in Italia dalla legge 40/2004. Di fatto, si tratta di punire i cittadini italiani che accedano alla pratica all’estero, dove la pratica è legale.
Dopo il via libera della Commissione Giustizia della Camera, il testo sarà discusso in Aula il 4 luglio.
“Un reato universale viene introdotto perché c’è una comunità internazionale che identifica un fatto come reato – spiega Filomena Gallo, avvocata e segretaria dell’associazione Luca Coscioni –. Pensiamo per esempio alla pedofilia o ai crimini di guerra, condannati in tutti gli Stati. Il solo fatto che esistano Paesi che normano in varie forme la gravidanza per altri ci fa capire che non può essere un reato universale. La proposta italiana vuole imporre una volontà unica anche agli altri Paesi, invadendo la loro sovranità territoriale”.
Se dovesse essere approvata, la legge prevederebbe che chi rientri dall’estero e sia sospettato di Gpa venga iscritto al registro degli indagati e partano delle indagini: “Siccome ci sarebbe un minore da tutelare da genitori criminali, è probabile che questo sia allontanato dai suoi genitori. Questo non significa tutelare la famiglia”, aggiunge Gallo.
La gravidanza per altri solidale
La proposta di legge formulata dall’Associazione Luca Coscioni prevede la gravidanza per altri solidale. “Si tratta di un testo a cui abbiamo lavorato, con altre associazioni ed esperti, fin dal 2016 – precisa Gallo –. Il documento è stato presentato pubblicamente più volte, per recepire le eventuali criticità di cui non avessimo tenuto conto”.
La proposta di legge prevede un percorso condiviso tra la gestante e la coppia o persona singola che accede alla fecondazione assistita con gravidanza per altri
Il 12 giugno il testo è stato depositato sia al Senato sia alla Camera ed è in attesa di discussione. “La nostra proposta di legge prevede un percorso condiviso tra la gestante e la coppia o la persona singola che accede alla fecondazione assistita con gravidanza per altri”. Sono previste una serie di indagini diagnostiche, mediche e psicologiche al termine delle quali la donna può confermare la propria disponibilità.
L’articolo 5 del Codice civile vieta alle persone di poter disporre a scopo commerciale del proprio corpo. È il motivo per cui in Italia materiale biologico come sangue, organi e midollo è donato senza ricevere alcun compenso.
L’articolo 12 comma 6 della legge 40 recita: “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.
“Il divieto alla commercializzazione è legato al quadro normativo italiano – rileva Gallo –, ma in questo momento la Gpa solidale non viene applicata perché manca una legge”.
La tutela della gestante
Sebbene la proposta della Coscioni non sia commerciale, prevede il rimborso delle spese che attengono a una gravidanza
Sebbene la proposta della Coscioni non sia commerciale, prevede il rimborso delle spese che attengono a una gravidanza. “Poiché ciascuno è un caso a sé, non è possibile stabilire a priori un importo minimo o massimo. L’importante è che le spese siano documentate”. E qui si intendono i costi per le visite mediche, indagini, ma anche per il cambio di alimentazione, per l’attività sportiva necessaria a rimanere in salute, per i vestiti da indossare durante la gravidanza. “Sono comprese anche le spese legate all’iter di ripresa fino a 6 mesi dopo al parto e una polizza assicurativa della stessa durata per tutelare la gestante dai rischi connessi con la gravidanza”.
Le altre caratteristiche riguardano la gestante, che deve avere un’età inferiore ai 42 anni, deve essere madre di figli viventi ed economicamente indipendente. “I medici ci dicono che le gravidanze oltre i 42 anni sono più delicate, quindi per la tutela della salute della donna è stato introdotto questo limite. Il fatto di essere già mamma significa conoscere il percorso di una gravidanza e l’aspetto dell’indipendenza economica è una forma di protezione: il bisogno non deve indurre a una disponibilità”.
Proprio per tutelare al massimo la gestante, la proposta prevede l’estensione del reato di induzione in schiavitù previsto dal nostro ordinamento: “Qualsiasi forma di induzione di una donna a portare avanti una gravidanza per altri configura reato ed è punibile con una reclusione fino a 20 anni”.
Infine, verrà istituito un registro nazionale delle gestanti per altri e ciascuna potrà prestare il suo aiuto al massimo per una volta nella vita (due nel caso della stessa famiglia).
Per qualunque controversia dovesse insorgere tra le parti, sarà il tribunale, con un provvedimento d’urgenza, a intervenire.
“Si tratta di una base normativa che riteniamo buona, ma che rappresenta solo il punto di partenza per una discussione – dice Gallo -. Siamo pronti ad accogliere interventi migliorativi”.
Inoltre la proposta normativa prevede che sia modificato l’articolo 5 della legge 40/04, permettendo l’accesso a tutte le tecniche di fecondazione medicalmente assistita a tutti coloro che ne hanno bisogno, quindi anche singole o coppie dello stesso sesso.
L’intervento del tribunale
Vista la delicatezza del tema, l’intervento del tribunale in caso di controversie è considerato fondamentale
Vista la delicatezza del tema, l’intervento del tribunale in caso di controversie è considerato fondamentale. “Facciamo un esempio concreto: la gestante ha diritto a cambiare idea fino al momento di trasferimento in utero dell’embrione. Ma che cosa succede se lo fa dopo il parto?”.
Da una parte va tutelato il diritto di cambiare opinione, dall’altra però si è deciso di intraprendere un percorso normato che prevede che al parto vi sia la rinuncia dello stato di madre e l’acquisizione piena della qualifica di genitori legittimi della coppia o del singolo che accede alla fecondazione assistita con gravidanza per altri. “Visto il percorso che è stato fatto, non può essere una questione che si risolve tra le parti, deve intervenire un giudice per capire le motivazioni. Ogni situazione può essere diversa dall’altra, quindi riteniamo che l’intervento del tribunale sia più idoneo”.
È importante ricordare che quando si accede a questi percorsi, i gameti possono essere della coppia, oppure si può accedere all’eterologa. Tuttavia, nel caso in cui ci sia bisogno di un gamete femminile, questo non può essere della gestante. La donna dunque porta avanti un percorso dove non c’è un legame genetico con il nascituro.
“Qualche anno fa ci fu un caso di scambio di embrioni – ricorda Gallo –: una coppia ha avuto un trasferimento di embrioni non suoi e non ha avuto la gravidanza. L’altra ha avuto il trasferimento di embrioni non suoi e c’è stata una nascita. Il giudice ha deciso di lasciare il frutto della fecondazione assistita a questa coppia anche se non c’era nessuna corrispondenza genetica. Cosa sarebbe accaduto se le due coppie fossero entrate in contatto diretto? Non siamo noi in grado di intervenire in situazioni del genere, per questo motivo lo farà un tribunale”.